Dalla Sicilia ricercata

di Antonino Mongitore

 

Antonino Mongitore Eletto canonico della cattedrale di Palermo, Antonino Mongitore (1663-1713) si dedica agli studi sulla città natale e alla vicenda siciliana in genere, senza trascurare il versante delle lettere. Nel 1708-14 dà alle stampe a Palermo, presso la stamperia dei Felicella, la Bibliotheca Sicula Sive de scriptoribus siculis. E nella medesima città uscirà nel 1742-43, presso la tipografia Valenza, l'opera Della Sicilia ricercata nelle cose più memorabili, in due volumi curati dal nipote Francesco Serio. È autore di numerose biografie di santi siciliani. Nel fissare le cose "memorabili" della Sicilia ricercata, costantemente in bilico fra la realtà e il mito, il prelato si affida all'autorità dei classici, senza tuttavia esulare dagli studi recenti e coevi. Ricorrono le precarietà del suolo, l'elemento dell'insularità, che puntualmente evoca l'assedio, l'acqua infine, nelle sue possibili varianti: il mare, le sorgenti, i fiumi, i bagni, i laghi, le paludi. Nelle note sul sud-est prevale la parabola camarinese, dall'oracolo della palude alle nemesi del mare, che affonda due intere flotte di romani, mentre tonalità emblematiche assume, in ultimo, la chiosa sul terremoto del 1693. Le note qui riportate sono tratte dal secondo tomo dell'opera, uscito a Palermo nel 1743.

 

ACQUE DOLCI NELLE SPIAGGIE DEL MARE DI SICILIA E DENTRO LO STESSO MARE

[…] In molte spiaggie della Sicilia, ed anche nelle stesse acque del mare sgorgano acque dolcissime. Nel littorale di Scicli v'ha la grotta chiamata dell'Organo; poiché percosso dall'impeto dell'onde, risuona, come un'organo. Al di lei fianco scaturisce dentro mare copiosa sorgente di acqua dolce. Massa Sic. in prosp. par. 2. f. 377.

Nel littorale di Modica pur si vede spuntare una viva scaturiggine d'acqua dolce, in mezzo alcune rocche scoscese, che fanno argine al mare. Poco appresso v'ha la punta della spiaggia, che chiaman Magalugo: ed ivi in una grotticella si ritrova ruscello d'acqua dolce: ed in poca distanza si vede la punta di S. Maria del Ficallo, ove sono alcune rocche nel mare, che versano ruscelli di acqua dolce, bastevoli a provvedere due brigantini. Massa loc. cit.

[…] Il littorale di Ragusa in una sua Cala ha un piccolo fonte d'acqua dolce, che sgorga dentro l'onde salse del mare. Massa cit. f. 375. In una relazione comunicatami anni addietro dal Sig. D. Francesco Paternò Ragusano, ritrovo, che un miglio distante dalla Città, sgorgano dentro il mare due ruscelli d'acqua dolce, che s'alzano a guisa di due colonne all'altezza di 18. palmi: il che mi viene confermato da altri Paesani.

La spiaggia di Spaccafurno si vede piena di rena, ma insieme abbondante di fonticelli di acqua dolce. Massa cit. f. 378.

RITIRAMENTO DEL MARE

[…] Nel terremoto degli 11. Gennaio 1693. con cui fu conquassata tutta la Sicilia, accade nel porto della città d'Agosta, che si ritirò il mare; onde le galee di Malta, che ivi si ritrovavano, ebbero a toccare il fondo: ma ritornato poi con gran furia s'alzò 30. cubiti sopra il suo antico letto, non senza pericolo di restar le galee assorbite, come s'ha da varie relazioni allora stampate. Il Boccone nel Museo di Fisica oss. 1. f. 4. e seg. narra, che questo ritiramento del mare fu due volte nel Porto di Agosta, e di Messina, e tre in quel di Siracusa, e spiaggia di Catania; vi fu ancora in altri luoghi marittimi di Sicilia. E poiché duraron le scosse per qualche tempo nella città di Scicli a 21. Maggio il mare due volte si allontanò dal lido lungi due tiri di sasso. Così pure il Gimma Fisic. subter. tom. 2. lib. 5. cap. 24. f. 266.

MEMORIE DI ALCUNE TEMPESTE, E NAUFRAGJ PARTICOLARI.

Il mare è soggetto alle tempeste, perché da per tutto esposto alle violenze de' venti; e la Sicilia come Isola non va esente, e dalle tempeste, e da' naufragj, de' quali ne reporterò alcuni de' più memorabili. Tralascio quella fiera, e lunga tempesta, che assalì le navi d'Ulisse sul Peloro col naufragio, e morte de' suoi compagni, come narra Omero Odiss. lib. 12. stimandosi favoloso il racconto.

Nella prima guerra Punica avanti la venuta del Redentore 253. anni, navigando i Consoli M. Emilio, e Sergio Flavio coll'armata navale de' Romani nelle coste di Sicilia, nell'avvicinarsi presso le riviere di Camerina, fu assalita da così furibonda tempesta, che di 364. navi solo 80. scamparono il naufragio: l'altre o restaron sommesse nell'onde, o sbalzate ne' scogli furon fracassate. E navibus enim, scrive Polibio lib. 1. n. 37. CCCLXXIIII. solum remanserunt. LXXX. cæterorum navigiorum, alia undis sunt obruta: alia æstu maris ad scopulos, & promontoria allifa, atque fracta, corporibus, & naufragiis tabulis oram universam complerunt. Diodoro Sic. Eclog. lib. 23. n. 12. Scrive di questa tempesta, e naufragio; variando nel numero della perdita delle navi; e così altri appresso l'Inveges nel Paler. antic. f. 400.

Nel 1300. mentre ardea la guerra fra il Re di Sicilia Federico, e'l Re di Napoli: scrive il citato Fazello dec. 2. lib. 9. cap. 3. f. 516. costeggiando la Sicilia il Duca Roberto di Napoli vicino la riviera di Camerina fu assalito da furibonda tempesta, che gli sommerse 22. galee: ed appena poté scampar la vita a capo Passaro: e'l suo Ammiraglio Rogiero Lauria con altra parte dell'armata vicino Eloro collo stesso temporale, ne perdé cinque. Fan menzione di questa tempesta pur Maurolico lib. 4. f. 110. ed Angelo di Costanzo Ist. di Napoli lib. 4. f. 110. ma con più distinzione è narrata la gran perdita, e confusione avvenuta in questa improviva tempesta, commossa nell'està da Niccolò Speziale Ist. di Sicil. lib. 6. cap. 19. f. 700. che l'attribuisce ad arcani, e giudizj di Dio.

FONTE DI DIANA IN CAMERINA

Varie son le opinioni intorno al sito dove fosse l'antica città di Camerina; e non è quì luogo di esaminarlo: sol quì m'attengo a riferire, che presso di essa fu il Fonte di Diana, le cui acque furono stimate prodigiose; poiché se persona impudica infondeva in un vaso delle acque un bicchiere di vino, non potean mescolarli: Dianam, scrive Solino, cap. 11. qui ad Camerinam fluit, nisi habitus pudicæ hauserit, non coibant in corpus unum latex vineus, & latex aquæ. Il Graffero, e del Rio sopra Solino emendan la parola habitus in manus. Così Remnio.

Dianæ fons est, Camerina gignitur unda, / Quam si quis manibus non castis bauserit, unquam / Lætifico tristis non miscet pocula Baccho.

Ne scrivon pure Fazello dec. I. lib. 1. cap. 5 f. 22. & lib. 5. cap. 2 f. 117. e quì egli vi aggiunge, che conosciuta la proprietà di tal fonte, che sospettava della fedeltà della moglie, in questo fonte se n'accertava, e se la ritrovava rea, pagava il fallo colla vita. Mirum porro & illud, quod de fonte hoc Dianæ scriptit Solinus, si quæ mulier impudica acquam ejus vino immiscuisset, fontis iudicio, qui in unum corpus laticem cum mero coire non pateretur, vitam illico scelusque detectum iri: morisque huic fuisse, ut quivis suspectam adulterii uxorem in hoc fonte probaret. Ne iscrivon pure Niccolò Serpetro nel Mercato delle maraviglie della Natura loggia 3. offic. 6. f. 100. Cesio de Mineralib. lib. 1. cap. 6. sect. 12. n. 64. f. 107. Jonston Thaumat. class. 2. lib. 3. art. 6. ed altri.

Il Massa nella Sicilia in prosp. par. 2. f. 74. Scrive di questo fonte secondo l'autorità di Solino, che non ammettessero mescolanza di vino: ma Solino con gli addotti Autori scrive, che ciò avveniva quando eran mescolate da mani non caste.

Gilberto Carlo la Gendre nella sua opera in lingua Francese col titolo: Traitè dell'opinion tom. 2. f. 63. pretende provare, non esser la maraviglia di questo fonte superstiziosa, ma naturale. Mario Arezio de Situ Siciliæ f. 41. ha per favoloso quella fonte: Alter verò fons Dianæ in agro S. Crucis modo Paradisus nuncupatus, de quo Julius Solinus fabulosè meminit.

Ma questo prodigio, scrive Martin del Rio Disq. Mag. lib. 2. disq. 27. sect. 2. f. 132. o è favola, o avveniva per arte diabolica, per accreditare la favolosa Deità di Diana, cui era dedicato il fonte: ed io vi aggiungerei, che il Demonio, con questo artifizio procurava l'uccisione di quelle Donne, che procuravano con al cimento assicurar le fedeltà. Della stessa opinione, ed il P. Ottavio Gaetano Isag. cap. 7. f. 62. & c. 8. n. 2. f. 65. ed il Cimarelli Risol. filosof. cap. 13 f. 114. Apporta il de Rio la ragione di stimar la meraviglia di questo fonte favolosa, o diabolica, perché cessò tal operazione.

Altra maraviglia del lago di Camerina, si legge appresso Gio: Zahn in Specul. Phys. Math. histor. scrivendo, che nel gittarli per ischerzo qualche cosa nel lago, di un subito si svegliavan tempeste, e tuoni; ma quando vi cadea per accidente, se ne stava quieto: In Sicilia lacus Camarinæ dictus cum ad frivolè injecta tempestates, & tonitrua causat, dum verò casualiter quid incidit, quiescit.

CAMERINA PALUDE

Celebre è la Palude di Camerina, che era vicina a questa Città, ed apportava non poco giovamento; nulladimeno corrompendo l'aria era di gran pregiudizio a' Cittadini, onde pensarono di levarla. Ma prima vollero consultare l'Oracolo d'Apolline, da cui ebbero in risposta: Camerinam ne moveas. Ma poiché allo spesso eran molestati da gravissime infermità, e pestilenze; senza far conto dell'Oracolo, badarono al profitto presente, e non al danno futuro: onde seccaron la Palude, e ricuperaron la sanità. Ma dopo poco tempo i nemici ritrovando l'ingresso facile nella Città dal luogo ove era la Palude, che l'assicurava, e muniva, entrarono agevolmente, e la saccheggiarono; pagando la pena del dispreggio fatto dall'Oracolo. Quindi Virgilio Æneid. lib. 3. scrisse:

& fatis numquam concessa moveri / Adparet Camerina procul.

così pure Claudiano de raptu Prof. lib. 2. ed altri, che rapporta Cluverio Sic. ant. lib. 1. cap. 14. f. 194. Fazello dec. 1. lib. 5. cap. 2. ed altri. Quindi nacque il famoso proverbio: Camerinam ne moveas: per additarsi, doversi lasciar le cose nello stato, in cui sono, per non incorrere in male peggiore. Vedi Manuzio a dag. f. 29. Soggiunge il Fazello, che abbenché destrutta la Città, in oggi chiamata Camerana presso Terranova, tuttavia si vede il lago, cagione della sua rovina. Lacus ipse hodie extat, solaque piscium captura infignis Tencas, & Anguillas profert lautatissimas.

LAGO PRESSO RAGUSA

Scrive il Bottone: De immani Trinacriæ Terramoti f. 30. che presso Ragusa nel terremoto del 1693. rotti gli antichi letti dell'acque, radunate in un luogo particolare formarono un lago navigabile: Inibi lacus ita præter modum increbuit, ut lintres pateretur. Ma questo fu effetto del terremoto. Lo stesso avvenne fra le terre dela Cassaro, e Ferla: exundantibus gurgidibus, scrive lo stesso a f. 31. profunda, ac navigabilis palus passuum. circiter 256. ex templo erupit.

FONTE DI SPACCAFORNO

Nella grossa Terra di Spaccaforno ritrovasi un fonte, le cui acque uccidon col tocco i serpenti, come scrive l'eruditissimo Conte Gio: Antonio Ciantar de B. Paulo Apostolo in Melitam naufrago diss. 20. §. 6. f. 417. e ben attribuisce tal virtù all'Appostolo S. Paolo, che eccitò questo fonte nel passar da tal luogo: confermando ciò coll'autorità del P. Manduca nell'Istor. di Malta. Hujusmodi fontes à Paulo in Sicilia prodactos fingillatim recenset prælaudatus Manduca in sua hist. m. s. cap. 10. & 11. ubi inter alia tradit, Apostolum non longè ab oppido Inspicefundo fontem excivisse, cujus aqua contacti angues torpescunt, ac moriuntur.

TERREMOTO AN. 1693

L'Orribilissimo Terremoto dell'anno 1693. è stato senza alcun dubbio il maggiore, e il più pernicioso, che fra tanti avesse danneggiato la Sicilia; e sarà sempre l'infaustissima sua memoria luttuosa negli annali di quest'Isola, tanto per la sua durazione, quanto per la rovina apportata da per tutto. Il giorno di Venerdì 9. Gennajo nell'ora quarta, e menza della notte tutta la Sicilia tremò dibattuta da terribile Terremoto. Nel Val di Noto, e Valdemone fu più gagliardo: nel Val di Mazzara più rimesso. […]

La Domenica 11. dello stesso mese, circa l'ora 21. fu conquassata tutta la Sicilia con violentissimo Terremoto, con la stragge, e danno non accaduti maggiori ne' secoli scorsi. Noterò con la possibile brevità, e ordine i successi principali di questo tragico avvenimento. Cominciò il suo strepitoso moto dalla parte meridionale. L'isola di Malta udì le sue prime scosse; onde restò così conquisa la sua Cattedrale, che bisognò rifabbricarsi. Indi passò alla Sicilia, e alla di lei parte meridionale, e in Val di Noto poco prima, che alla Settentrionale, in cui fu più tardi: onde dalla parte meridionale corse alla settentrionale, come osserva Domenico Bottone de immani Trinacriæ Terræmotu f. 55.

Dalla bocca di Mongibello si vide uscire, circa le ore 20. nuvola tenebrosa, accompagnata da strisce di fuoco, e che si portò a ricoprir la Città di Catania, recando agli abitatori orrore insieme, e spavento. Indi s'udì tremare con orrido mugito la terra. Gonfiate stranamente l'onde del mare, mandò urli cotanto spaventevoli, che parea minacciarle la rovina di tutto il Mondo. Circa lore 21. scosse con violenza così terribile fin dalli fondamenta la Città, che all'istante andò tutta in rovina. I Tempj, Conventi, Palaggi, e altri edifizj di alta mole, tutti precipitarono, sol tanto restando pochi vestigj sopra piè vacillante. Il numero de' morti, restati oppressi sotto le rovine montò a 16. mila.

La Città di Noto circa l'ore 16. traballò per lo Terremoto; onde la maggior parte de' Cittadini cercaron con la fuga lo scampo nelle vicine campagne: né fu vano il lor terrore; poiché ad ora 21. restò tutta desolata, con la morte di tre mila Cittadini, e s'udiron poi mugiti da sotterra.

[…] Le Città d'Aci Aquileia, Lentini, Carlentini, Mineo, Ragusa, Noto, Scicli, Agosta, restaron tutte desolate: come pur le Terre d'Avola, Bagni, Biscari, Bonaccorso, Borello, Bocchieri, Buscemi, Cassaro, Chiaramonte, Fenicia, Ferla, Floridia, Francofonte, Giarratana, S. Gio. la Punta, Licodia, Massa Nunziata, Melilli, Monte rosso, Nicolosi, Aquila, Palazzolo, Sortino, Pedara, Trecastagne, Tremisteri, Trizza, Viagrande.

Tollerarono gravissimi danni, colla rovina di molti edifizj le Città di Siracusa, (dal cui Porto pur si ritirò 3. volte il mare), Caltagirone, Aci S. Antonio, Aci S. Filippo, S. Agata, Didone, Bizini, Comiso, Spaccaforno, Mascali, S. Michele, Militello, Modica, Naso, Niscemi, Palagonia, Scordia, Troina, Vittoria, ed altre.

[…] In questo lagrimevole, e universal Terremoto di Sicilia precipitarono 60. fra Città, e Terre: e moriron oppressi dalle rovine circa 60. mila persone.

Con questi validissimi scotimenti le viscere della terra, tutte si sconvolsero; onde in varj luoghi si seccaron, e altrove scaturiron nuove fonti, e laghi: poiché chiusi gli antichi meati, in altre parti si procuraron l'uscita: alcuni di questi versarono acque calde, e sulfuree: s'apriron molte voragini, da quali fu cacciato fuori alito sulfureo: altrove materia bituminosa: altre parti vomitaron fiamme, e puzzolenti vapori. In un luogo fra Noto, e Siracusa trasportò un pezzo di campo cinquanta passi lontano. Dal monte presso Sortino si spiccò una gran mole, in cui era una cisterna piena d'acqua: si rotolò in giù per mezzo miglio, e si fermò senza sfrantumarsi, e senza versarsi gocciola d'acqua; il che stima cosa incredibile l'erudito Autore della lezione del Terremoto nel tomo 8. degli Opuscoli raccolti al celebre P. Calogerà f. 14. fra la terra della Ferla, e Cassaro due alti Monti restarono appianati. Nella campagna di Catania s'aprì voragine larga otto palmi, lunga 250. passi, con immensa profondità. Altra se n'aprì presso Caltanissetta in lunghezza di due miglia, larga due palmi, di sterminata profondità. Nella via, che da Lentini porta a Catania, apertasi la terra, s'ignottì un mulattiere colle sue mule, ed all'istante si chiuse.

In una delle scosse a 28. Aprile di quest'anno in un luogo fra Militello, e Noto, apertasi una voragine, sprofondò una salmata di terreno, e seco una greggia di capre col suo Padrone, in tanta profondità, che non poté comprendersi il fondo. Altri stravaganti avvenimenti si raccontano dal P. Boccone nel Museo, a cui mi rimetto. Questi, ed altri funesti accidenti diedero materia di Filosofare agl'ingegni.

Né dopo l'orrido, e universal Terremoto cessaron gli scotimenti: per tutto il mese di Gennajo non passò giorno senza sentirsi qualche scossa, in particolare in Catania, Siracusa, Agosta, Lentini, e nel Contado di Modica or più, or meno gagliarda.