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lunedì, luglio 12, 2004

Fuoco ci vuole - Romanzo Blog - 1

Il nero e un rumore di bottiglie fuori. La riga bianca che sale e scende nel buio oltre il finestrino. La luce dello scompartimento invece di illuminare tutta la parete della galleria accende solo quell’onda rugosa che fa su e giù di là del vetro. Su e giù. La vernice tutta crepe e la montagna dietro che sembra ferma stesso mentre si consuma, sfrigolando, lungo il fianco delle carrozze. Un profumo illogico che passa e finisce subito. Ta-ta ta-tam, ta-ta ta-tam. Nello scompartimento sono solo, sotto il sedere la poltrona marrone polimerisudata e sopra la testa il Canaletto ingiallito della "seconda non fumatori". Tremo anche, anche se non fa freddo. Il risveglio di poco fa, quell’immagine ancora. Raccolgo l’ultimo mandarino dallo zaino e gioco un po’ con la buccia cercando di sfiorare la parete della galleria ma non ci arrivo e mi ci incaponisco. È tutto quello che mi concedo contro la paura per domattina. Per Bologna è rimasto poco, prima di arrivare darò un’ultima occhiata agli spartiti. Sento che mi sto riprendendo, un po’ alla volta. Alzo il vetro allora, blocco la buccia contro il finestrino e aspetto a occhi chiusi che parta - nella notte dentro il treno - un morbido ragtime da mezzanotte a Memphis con Bucky Pizzarelli alla chitarra. Per mettere a tacere il fiato pesante dell’Espresso, l’ansia per l’audizione e Sabrine proprio lei che un secondo fa ancora mi sfiorava ma non era mica vero era solo un…  Il buio frigge, salta sul fuoco, s’incunea nelle assi dei binari poi tra gli scarti di un bosco. Tento di spegnermi e invece, siccome è vero che sono ciclotimico e cacacazzi come dicono Grecia e gli Altri, invece di cancellare tutto e annullarmi inizio a fissarmi su duecento cose contemporaneamente e alla fine… A furia di scapuzzeare nello scompartimento mi perdo anche stavolta il finale, e devo allungare al solito due righe sullo spartito per chiudere il pezzo in modo invisibile. Anche quando sono al piano faccio così, galleggio, magari è per questo che suono.

postato da: proiettili | 23:47 | commenti (7)

sabato, luglio 03, 2004

A quelli che stanno fuggendo

In Italia gli scrittori hanno questa strana cosa che o sei già famoso o un agente letterario (vero) non solo non ti serve a niente ma non ti risponde nemmeno al telefono. Che se sei un esordiente ti scontri puntualmente, anche quando vali, con programmi editoriali già chiusi per almeno un paio di stagioni. Che se il tuo primo libro va bene ti vedi opzionare automaticamente - volente o nolente - tutto quello che scriverai per almeno altri dieci anni. Che se hai scritto qualcosa che non vale, molto probabilmente non verrai letto dagli editor medesimi per ciò che scriverai anche dopo un paio di lustri (alla faccia del mutatis mutandis, se il silicio dell'archivio non li inganna). Che se sei andato in televisione e ti sei fatto vedere in giro - o nel giro giusto -, allora è tutta un'altra cosa. Che se il tuo vecchio editore non ti ha trattato come avresti voluto e ti rivolgi a uno diverso, ti scopri screditato nel giro di un un pomeriggio e accusato di poca affidabilità da tutti (tranne il tuo nuovo mecenate, ovviamente). Che la volta dopo proprio perché sei poco affidabile ti trovi intorno pesci piccoli e grossi insieme, e devi imparare a giocare di fino. Che in un mercato piccolo come un paese insomma, o concedi un ballo a tutti quelli del centro storico, uno alla volta, o finisci per rimbalzare vent'anni prima di poter tirare fuori un Montalbano o una Horcinus Orca (posto che tu ne sia capace, ovviamente). L'importante in fondo non è che il tempo e i denari per cento colpi di spazzola prima di andare a dormire, per le ricette di nonna Sofia e l'ennesimo Vespa quotidiano ci sia sempre, anche in libreria? Oppure tutto questo è falso, e la foto che ho appena scattato è solo una dell'album. E allora stanotte, al posto del mohito, nel terrazzo sdentato coi treni che sferragliano sotto, scatterà uno Strega.



postato da: proiettili | 00:15 | commenti (9)