Bloggologo

Diario di uno Psicobloganalista. Storie al di qua e al di là della Rete.
martedì, 20 maggio 2008

F & G

"Noi dobbiamo cominciare. se per cortesia si alza..."
"...ma è proprio necessario? Non potete tornare domani?"
"Senta, lei non lavora?"
"Io? Sì, certo che sì."
"Beh, anche noi dobbiamo fare il nostro lavoro. Su, non ci costringa a chiamare le autorità..."
"Eh? Sì, Sì, certo, solo un attimo. Un attimo..."


("Dottore, se deve andare vada, non vogliamo trattenerla."
"No, non preoccupatevi, non vado via. Anzi, scusate se...ehmm...se vi sto..."
"Se ci sta seduto addosso? Eh! Ma non c'è nessun problema. Ci siamo abituati."
"Ah sì?"
"Sì, per noi è indifferente dove si siede. Quello che a noi preme è continuare a vivere."
"..."
"Dottore, ci creda, non avremmo mai pensato che si arrivasse a questo punto."
"..."
"Sembrava che tutto dovesse essere infinito per noi. Il nostro amore, questo cielo pieno di stagioni, le persone che ci venivano a trovare...era...era...meraviglioso."
"E' da molto tempo che..."
"Oh si, ma in verità non sapremmo dire da quanto stiamo qui, vero cara? Ci siamo ritrovati qui. E un tempo c'eravamo solo noi. Forse siamo stati i primi ed era bello per questo. Eravamo pieni di noi e tutti non avevano occhi che per noi..."
"..."
"E io avevo lei. Dottore, non avrebbero potuto darmi qualcosa di più bello. Ma la vede quanto è bella?"
"Sì, è vero. La vedo."
"Eh no, Dottore, non lo stia a sentire. Perchè lei è maschio e non può apprezzare le qualità di lui, invece! Perchè, non è bello lui?"
"Sì, anche lui è bello. Devo dire che siete una coppia veramente armoniosa, anche se si percepisce chiaramente la vostra tristezza."
"Lei non lo sarebbe, Dottore?"
"Tra pochi minuti è la fine per noi, lo sa?"
"Sì, me ne rendo conto."
"Ma forse non si rende conto di cosa finisce."
"..."
"Noi ci vogliamo bene. Ci amiamo davvero! Che importanza ha se siamo quello che siamo? Non meritiamo rispetto?"
"..."
"Che bisogno c'è di annullarci, di farci sparire in un attimo. Di spezzare la nostra esistenza senza alcun vero motivo?"
"..."
"Io, Dottore, sono il maschio e dovrei difendere la mia piccola e tenera compagna. Ma come faccio? Vede in che condizioni sto? Come posso lottare contro un destino più grande di me? E li vede quelli? Guardi come sono pronti, ancora poco e ...non oso pensarci."
"Io vorrei fare qualcosa per voi ma non so proprio come potervi..."
"Lo sappiamo, Dottore, non è certo con lei che ce la stiamo prendendo. Io sono spaventata e non voglio morire. Sono ancora piena di vita e desiderosa di stringermi ancora con lui, per sempre con lui. Sì, per sempre."
"Starete insieme per sempre. Ne sono sicuro."
"Ma tra poco moriremo, dottore. E non lo vogliamo. Non è giusto. Non ci devono fare questo."
"..."
"..."
"..."
"Non può far niente, vero Dottore?"
"..."
"Era diventata la nostra ultima speranza. Quando abbiamo visto che stava per venire da noi io mi sono detta: vedrai che lui ci aiuta. Vedrai che il Bloggologo riesce a fare qualcosa. Te l'ho detto, caro, vero? vero?"
"Sì, me lo ha detto, Dottore. Lo posso confermare, ma io non avevo più speranza. Io lo sapevo che oggi sarebbe stato il nostro ultimo giorno di vita. Quelli ormai non se ne vanno da troppe ore e credo che manchi davvero poco. Stanno preparando i loro attrezzi e nel giro di pochi secondi tutto ciò che è stato tra me e lei non lo sarà più. E non potrò amarla per sempre. Io avrei voluto amarla per sempre, capisce? Maledizione..."
"Sentite..."
"..."
"Facciamo che io mi metto tra voi e loro e non mi muovo. Non permetterò che vi succeda qualcosa. Mi dovranno spostare a forza ma non lo faranno e passerà del tempo prima che chiamino.... E' tutto quel che posso fare...mi dispiace..."
"..."
"..."
"La ringraziamo Dottore, è bello sentire quanto tiene a noi. Ma non c'è più niente da fare, è chiaro, e....e...dobbiamo essere coraggiosi, vero? Promettimi che sarai coraggiosa, tu. Me lo prometti amore?"
"Io...io...non..."
"Promettimi che non cederai...che mi amerai fino all'ultimo istante, fino alla fine. Giuramelo!"
"Io te lo prometto...io ti ho amato da sempre, lo sai. Io sono fatta solo di amore per te e tu lo sai."
"Certo che lo so e io sono per te. Sono qui per te."
"Se solo potessimo toccarci, stringerci..."
"Ma siamo già uniti, carissimo amore. Siamo nati già così, siamo una cosa sola io e te. E lo saremo per sempre."
"Sì, per sempre."
"Dottore! Ma cosa fa?")


"Dottore, ci dispiace ma abbiamo dovuto chiamare il vigile. Insomma, noi dobbiamo lavorare. Non è da persone serie impedirci di fare il nostro lavoro. Ci pagano per lavorare sa? Si alzi adesso."


(e così il dottore si alzò, prese il cappello, vi nascose dentro qualcosa, e andò via, pensieroso, mentre due operai cominciavano a ripulire una vecchia panchina, piena zeppa di scritte. In pochi minuti avrebbero cancellato tutti quei disegni, tutte quelle frasi, tutte quelle parole scritte da chissà quanti innamorati, da persone tristi, da persone sole o infinitamente felici, sedute in quella panchina a darsi coccole o bisticci, con le mani in cerca di carezze o di giornali da leggere.
Quella panchina sarebbe stata riverniciata, riportata a nuova vita, ma nessuno avrebbe potuto più riportare in vita le mille storie di quelle scritte. I sentimenti di chi si era fermato a fermare il tempo in quel modo, scrivendo qualcosa su un severo e odioso professore, o lasciando al cielo due semplici lettere, due piccole iniziali col punto. Due piccole lettere che racchiudevano il più bello dei misteri, il più forte dei signori, il più delicato e potente dei sentimenti: l'amore.

Sembra che i due operai dissero un'imprecazione quando scoprirono che in un punto della panchina qualcuno aveva asportato via una piccola striscia di legno, portandosi via con sè la vita, i sogni e il destino di due piccole lettere. Tre centimetri di legno dove sarebbe vissuto ancora a lungo l'amore. Dove chiunque che avesse saputo leggere avrebbe potuto capire che loro, le lettere, non avrebbero mai smesso di amarsi e di vivere.

Il dottore giunto in fondo alla strada si voltò, e vide in lontananza gli operai, ancora al lavoro sulla panchina. Si voltò e le sue mani tirarono fuori quel pezzo di legno nascosto nel cappello.
Sorrise. Avevano vinto loro.
Su quella scheggia di legno continuavano a vivere "F. & G. FOR EVER".)

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martedì, 13 maggio 2008

La Signora P. V.

"Che emozione! Sono qui."
"Prego s'accomodi."
"Mi lasci camminare piano, voglio gustarmi tutto. Ogni centimetro."
"Ma...prego, prego."
"Mi deve perdonare, sono fatta così."
"Di questo passo, però, per arrivare allo studio ci metteremo un bel po', temo."
"E che male c'è, dottore?"
"Nessuno, certo, ma non credo che sia venuta qui per vedere la sala d'aspetto, no?"
"No? E che ne sa, lei."
"..."
"Mi lasci fare, voglio gustarmi tutto, le ho detto. Voglio che mi rimanga nella mente, voglio che non sparisca troppo presto..."
"Sparire cosa? Sta parlando della sala d'attesa???"
"Sto parlanado di tutto, tutto è molto importante, importantissimo!!"
"Importantissimo?"
"Importantissimo!"
"...Devo dire, signora, che mi sorprende. Nessuno mai ha..."
"...Dottore, nessuno è come sono io. Io sono così, e così devo fare."
"Va bene, rispetto il suo desiderio. Siamo quasi arrivati, ecco, là è lo studio."
"Sono suoi questi quadri?"
"Come lo sa?"
"Sono senza firma, ma belli e con una cornice di valore. Ci avrei giurato che erano suoi."
"Mi fa piacere che riscuotano il suo interesse. Ma in quanto alla firma si sbaglia, provi ad inclinare il capo a sinistra e a guardare cosa disegnano i rami di questo albero, o le anse di quel ruscello, o le pieghe della mano di quel bimbo. Le vede?"
"Straordinario! Mimetizzazione perfetta, non me n'ero accorta. Molto bene, che gioia! Sono eccitatissima!!"
"Eccitatissima? Sono semplici quadri che..."
"Ma anche il muro, i battiscopa, le maioliche. Tutto, tutto! Non voglio perdermi niente di questa seduta."
"Sono davvero perplesso, signora. E assai curioso."
"Lo so."
"Prego, si accomodi, siamo arrivati e...eh? Ah sì, prego, si guardi pure attorno, per tutto il tempo che vuole. Io, se non le dispiace, mi accomodo."
"Sì, Dottore. Mi lasci fare. E' bello qui. Ci sono alcune cose che stonano. Per esempio, quello cos'è? Un cappello in una teca?"
"Oh...è un ricordo, ha un valore personale."
"Sì, mi piacerebbe sapere tutto, tutto, prendere tutto. Questo odore di chiuso, per esempio."
"ehmm...è colpa mia, ma tra una seduta e l'altra il tempo non è mai sufficiente per fare cambiare aria come si vorrebbe, tuttavia se lei..."
"..ma no, non ha capito. Io amo questa aria parlata, questo luogo così protetto, pulito e stanco, pieno di luci soffuse. Non si ha scampo."
"Come ha detto?"
"Ho detto che non si ha scampo."
"Cosa vuol dire? Temo di non capire."
"Ha capito benissimo. Qui non si ha scampo, si deve dire la verità. Ci si deve aprire. Tutto qui invoglia a lasciarsi andare, a stabilire con lei un rapporto genuino, profondo, oserei dire...intimo..."
"Beh...una terapia richiede in effetti un rapporto di reciproca fiducia e sono sicuro che io e lei, se lei vorrà, potremo procedere insieme lungo un viaggio importante.
"Sono pronta. Iniziamo subito, voglio che accada tutto in questa seduta."
"Beh, signora, adesso corre troppo. Questo è il nostro primo incontro, serve solo a..."
"Procediamo Dottore. Non perdiamo tempo."
"Ma signora, dovrebbe essere lei a dirmi il motivo per cui ha deciso di venire qui, no?"
"Io? Ah..beh...sì, forse sì."
"Bene, l'ascolto."
"Le racconto la mia storia!"
"Aspetti, non sarebbe meglio prima delineare qual è il problema principale, e poi eventualmente fare qualche capatina nel passato? Ci sono tante sedute per approfondire bene la storia personale."
"Il mio problema è la mia storia, Dottore!"
"Non capisco ma....continui..."
"Ricordo con intensità il giorno in cui Annalisa perse la verginità."
"Annalisa?"
"Dottore! Ma, mi interrompe sempre?"
"..."
"Ricordo molto intensamente Annalisa, tremava di paura ma fu sopraffatta dal piacere, perchè lui la stimolava in un modo a cui non era abituata, poi fu di nuovo paura, poi dolore, diventò tutto piatto e quasi perse per un momento conoscenza. Furono i baci del suo ragazzo a riportarla dentro il suo corpo e da quel momento fu una cavalcata di forte eccitazione, e i timori che ogni tanto riaffioravano non fecero che farle provare maggiore piacere. Fu indimenticabile."
"Ma...lei era lì?"
"Sì."
"Lì con loro???"
"Sì."
"..."
"Ricordo anche Roberto e la sua cravatta."
"..."
"Fece e disfece il nodo dodici volte, prima di uscire di casa. Controllò la giacca con cura maniacale, le scarpe lucide, a tutti chiedeva se stesse a posto. Sistemò i capelli non so quante volte."
"Roberto...Annalisa...sono suoi parenti?"
"Era nervosissimo, e se avesse potuto sarebbe scappato a gambe levate, perchè in realtà non si sentiva pronto. Ma suo padre era lì, era il suo giorno. Aveva scomesso tutto su Roberto, aveva rinunciato a tutto pur di fare di Roberto un uomo più fortunato del padre e quel giorno, quel giorno, si stava avverando il più bello dei sogni. Ancora un'ora e Roberto avrebbe varcato la soglia della banca. Suo figlio ce l'aveva fatta! Dopo tanti anni di disoccupazione, di rinunce, di malumori. Eccolo, Roberto l'impiegato. Quando si salutarono, proprio dietro l'angolo per non farsi vedere, notai chiaramente le lacrime di entrambi e l'orgoglio negli occhi. Quello che solo le persone oneste possono portare dentro. Provai un tuffo al cuore quando entrai con Roberto."
"Entrò con lui? Li accompagnò, dunque?"
"E ricordo anche i dolori, dottore."
"...continui..."
"Il primo risveglio di Simona, la mattina. No, non era un risveglio. Il fratello era morto nella notte, la corsa agitata in ospedale, lei che era così attaccata a lui. Non si separavano mai, dormivano nella stessa camera...sa quante volte si erano giurati che nessuno li avrebbe mai separati, per nessun motivo? Eppure non ci fu niente da fare, quella notte Simona aveva perso metà della sua voglia di vivere. Suo fratello era morto troppo velocemente per poterlo credere, per poter reagire in alcun modo. E dunque tornarono a casa, stremati e confusi, si coricarono, dormirono un'ora o due, lei e i suoi genitori. E io la vidi là, al risveglio, vidi quell'occhio che riapertosi ci mise un secondo a cercare il fratello e meno di un secondo a chiudersi in una fitta di dolore, schiacciato dalla consapevolezza della realtà: il piccolo Sandro non c'era più e...non sarebbe più stato. Fu il primo giorno di un inferno che durò a lungo, Dottore, a lungo..."
"E'...triste sentirle raccontare questo. Ma non riesco a capire. Lei era là?"
"Dottore, andiamo avanti, il tempo corre, la seduta è quasi finita. La prego."
"No, ascolti, ci sono tante sedute di fronte a noi. E' importante capire questo. Non è necessario avere fretta. Nessun problema si può risolvere nella fretta. Diventiamo superficiali, vogliamo l'impossibile e non ci diamo il tempo di capire."
"E' lei che non capisce. Io devo risolvere il mio problema. Lo devo risolvere oggi, adesso!"
"Adesso?"
"Sì, non ci sarà una seconda seduta per me."
"Ma perchè dice questo? Non possiamo vederci martedì prossimo?"
"Sì, certamente...potremmo, ma, avrebbe senso?"
"Non vuole iniziare un percorso terapeutico? Le terapie richiedono una serie di incontri, tanti quanti sono necessari ad individuare, comprendere e risolvere i problemi per i quali si segue la terapia. Non crede?"
"Per me è diverso. E' il mio destino, il mio problema. E per questo sono qui."
"Per risolvere tutto oggi?"
"Sì, solo con lei posso tentare, anche se so già che non cambierò."
"Non cambierà?"
"No, per quanti racconti posso narrarle, per quante emozioni profonde posso provare a manifestarle, descrivendole per filo e per segno i secondi di terrore, di ansia, di gioia, di felicità, di intensa voluttà, di profondo scoramento, che ho visto negli occhi e nell'anima delle persone che ho visitato, come posso pensare che per me possa esserci un destino diverso, questa volta? Anche qui succederà quello che deve succedere. Anche se mi apro come desidero non riuscirò a cambiare. Non ci riuscirò."
"Oggi forse no, ma non disperi, nelle prossime sedute..."
"...Dottore, la prossima seduta non mi vedrà nemmeno e io del resto non la riconoscerei, proprio perchè la conosco già. Ancora non ha capito con chi ha a che fare? Io sono la Prima Volta."
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martedì, 06 maggio 2008

Sorelle

"Tornerà."
"No, penso di no."
"Stai tranquilla, tornerà. Prima o poi tornerà."
"Non sono così fiduciosa come sei tu. Chi ti dice che tornerà?"
"Oh, suvvia, lo conosci anche tu. Almeno tanto quanto me, no?"
"Appunto. E' via da così tanto tempo che...no, non sono per niente convinta. Non tornerà. Lo sento."
"Controllati, sorella mia. Anche io lo so che è tanto tempo che non torna qui. Ce lo siamo detto così tante volte...ma, te lo dico ancora una volta: non ci ha abbandonate. Non è da lui."
"Non è da lui, non è da lui...ma lui non è qui e non ci aveva mai lasciate per così tanto tempo. E quindi?"
"Altre volte ci ha lasciate da sole, rifletti..."
"E' vero, ma poi, alla fine, è tornato. A volte si era apparentemente scordato di noi, ma non appena ci ha cercato, o quando ha avuto bisogno di noi, si è precipitato a prenderci, ricordi?"
"Sì, me lo ricordo. Me lo ricordo..."
"Ecco, lo sapevo, anche tu stai disperando. L'ho percepito chiaramente. Non sei sicura neanche tu che tornerà, confessalo!"
"No, io sono sicura. Ma rifletti, come può essere...secondo te può fare a meno di noi, per lungo tempo? Avanti, rispondi!"
"No, lo so questo. Ma se...se fosse così? Se avesse deciso di fare a meno di noi, per sempre?"
"Come sarebbe? Perchè mai, noi non lo abbiamo mai deluso. E che abbia bisogno di noi è un fatto certo. Lo devi ammettere anche tu."
"Certo, lo so benissimo che siamo molto importanti per lui, ma..."
"...ed entrambi sappiamo come è fatto. Ha mai tradito la fiducia di qualcuno, lui?"
"No...ma è un dato di fatto, ormai. Quanto tempo è che siamo qui, chiusi in questa stanza buia, senza fare niente? Io non sono un tipo che di solito ha paura ma, devo dire, comincio a sentirmi senza speranze. Io non voglio finire così. Voglio rivedere la luce!"
"E non finirà così. Lui non lo permetterà. Lui tornerà a saremo ancore pronte a rendergli i servigi di cui siamo capaci."
"Non vedo l'ora, sorella mia. Vedrai come lo servirò. Come non ho fatto mai."
"Eh, pure io, sorella."
"Se potessi pulirmi da sola, mi luciderei come un brillante."
"Non sarà necessario, vedrai. Ci penserà lui a toglierci da dosso tutta questa polvere. Lui ci ha sempre rispettate."
"Eccetto quella volta che (ridacchia)..."
"Zitta, non me lo ricordare, come poteva sapere che il laccio del suo giaccone si era arrotolato sul mio braccio?"
"Ah ah ah...che volo che abbiamo fatto quando si è tolto il giaccone! Ah...che ridere."
"Già, io sono finita sul secondo scaffale della libreria, e tu però sei finita peggio."
"Zitta, io ero lì, spiaccicata dietro l'ombrelliera, non so neanche io come non mi si sia rotto qualcosa e se non era per lui che ha spostato tutto quanto non so se mi avrebbero mai ritrovata."
"Esagerata! Ma se ti ho detto che lui ci tiene, ci avrebbe cercate anche tutta la notte. Per questo ti ripeto che lui tornerà, lui verrà qui e saremo di nuovo insieme. Tutti di nuovo insieme, come è sempre stato."
"Quanto mi manca..."
"...manca anche a me, cosa credi?"
"Va bene...sorella mia, voglio ascoltarti. Mi fido di te, cos'altro potrei fare per sperare di rivederlo? Ma mi sento così sola..."
"Mi dispiace non poterti abbracciare, siamo così simili, così vicine, eppure non possiamo toccarci. Dobbiamo fare il nostro dovere, per questo siamo fatte così. Ma stai tranquilla...e non dimenticare una cosa..."
"...cosa?"
"Se lui avesse deciso di non tornare mai più qui, avrebbe mai potuto abbandonare noi, i suoi cari vecchi occhiali?"

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martedì, 26 aprile 2005

La Signora

"Su quel lettino non mi stenderò mai."
"Va bene, si sieda."
"Nemmeno. Resto in piedi."
"Come desidera, del resto me lo aspettavo."
"Mi aspettava? Non è vero. Non ci credo."
"No, mi aspettavo che sarebbe rimasta in piedi."
"E' sempre così. Sarebbe già un miracolo che io potessi stare ferma. Ma sedermi...no, non potrei mai. Non posso fermarmi mai. E tra l'altro è questo il mio problema, dottore."
"E' qui per questo?"
"Sì, esclusivamente per questo."
"Non capisco bene...il suo problema è che non può sedersi? Deve continuare per forza a....camminare, a muoversi in questo modo?"
"E' vero, non posso fermarmi. Devo muovermi, devo andare dove il destino mi chiama."
"Tutti andiamo verso il nostro destino."
"Oh...sì. Tutti. Ma ognuno ha il suo. E il mio mi costringe ad essere in continuo movimento. Andando là e poi lì e poi dopo lì vicino, senza mai potermi fermare. Senza mai un attimo di interruzione."
"Ma si tratta del suo lavoro? E' vaga. Non capisco...può essere più chiara?"
"Di un lavoro si tratta...sì...si può chiamare anche così. Un lavoro. Ma non sono vaga, semplicemente cauta."
"Cauta?"
"Non voglio spaventarla."
"Non mi spavento facilmente, e poi...cosa posso temere io? Sono un essere razionale, nei limiti della normalità. E non vedo niente di minaccioso qui."
"Non aggiunga altro. Sa quante persone si sono spavaldamente pavoneggiate parlando della razionalità, del sangue freddo, del raziocinio superiore? Ma poi vedendomi arrivare, hanno dimostrato la loro codardia e un animo piccolo come il cervello che avevano dentro la testa."
"Non mi sembra così...spaventosa...benchè a dire il vero mette un po' inquietudine il suo abbigliamento...non appena l'ho vista entrare ho subito pensato che..."
"Dottore, quando la Morte sta per toccarti non hai neanche il coraggio di pensare, mi creda."
"L-lei è...è..."
"Sì."
"..."
"Beh, senza parole, dottore?"
"Stavo pensando. Potrebbe mentire, non trova?"
"Potrei, eppure non mento. Sono la Morte."
"Bene, non posso chiederle certo di dimostrarlo. Devo crederci per forza."
"E fa bene. Ma non potrebbe chiedermi di dimostrare niente. Io non decido niente. Io sono la Morte, non sono io la responsabile del giorno e dell'ora del...contatto...con la persona che devo toccare. Io sono solo la Morte. Mi capisce?"
"Sì, quindi...diciamo...io posso stare tranquillo, se non è giunta l'ora mia. Giusto?"
"Ah...dottore. Mi sta facendo scoppiare una risata. Lei sta tremando e si sta preoccupando della sua vita. Ah! L'essere razionale...come tutti gli altri. Stia tranquillo, non sono qui per...uhmm...lavoro."
"E dunque perchè si trova qui? Non riesco ancora ad avere chiara la motivazione che l'ha spinta a venire qui...ma mi ascolta? Si vuole fermare un attimo? E' da quando è qui che sta gironzolando da una parte all'altra dello studio. Sono stanco di seguirla con lo sguardo. Si fermi, per favore."
"Dottore! Lei non mi ha ascoltato. Questo è il mio problema. Per la miseria. Questo!"
"Non può fermarsi? Davvero? Nemmeno per un minuto?"
"No. Nemmeno per un secondo!"
"Ma...ma...provi. Ha mai provato?"
"Dottore, non le posso certo chiedere di mettersi nei miei panni. Ma uno sforzo lo deve fare. Io sono qui per chiederle aiuto, in qualche misura. Ma per la verità ero incerta già prima di entrare qui, sulla sua utilità. E non si offenda se le dico che ora sono ancora più perplessa."
"...sì?"
"...ma certo. Ma come può chiedremi: 'ha mai provato?' Mi ha presa per una deficiente?"
"No, non si innervosisca, ma vorrei vederla provare a fermarsi in modo da capire quale sia l'impedimento. Cosa non le permetta di restare immobile, anche solo per un attimo."
"Non mi posso fermare. Devo andare, devo muovermi, devo camminare sempre, andando dove è destino che io vada. Mi devo trovare in certi posti e poi in altri. Poi tornare e poi riandare. E sono lì, per qualcuno, e lì tornerò quando sarà il momento, per qualcun altro. E mai, dico mai, che io possa fermarmi a pensare. Mai che io possa smettere di essere in cammino verso l'ultima pagina della vita di un uomo, di una donna, di un bambino."
"Non riesco a capire il senso...del problema. Cosa le succede se prova a  fermarsi. Cos'ha in mano?"
"Questa? E' la clessidra, non lo sa che la Morte ha sempre in mano una clessidra?"
"Sì, ma credevo che fosse una rappresentazione mitologica..."
"E invece no. E' ...un regalo, un regalo d'amore... ma non ne parliamo...è meglio..."
"Amore? Vuol dire che lei è innamorata? E' ...ehmm...fidanzata...o..."
"Dottore, la vedo sbigottito! Perchè? Non ho un cuore anche io? Non ho diritto a pensarmi tra le braccia di qualcuno?"
"Ma certo, Signora...solo che...il tono della voce è cambiato, posso farle una domanda?"
"Sarebbe meglio cambiare argomento, ma....va bene, la faccia."
"Il suo amore...è corrisposto?"
"Dottore, lei mette il dito nella piaga. Mi piacerebbe dire di sì. Mi piacerebbe dire che io e lui possiamo amarci alla luce del sole, senza paura. Ma non è così. Lui mi ha amata. E io l'ho amato, con tutta me stessa. Dottore, questa è la verità. Ma adesso, adesso...mi è rimasto solo questo oggetto, che mi dice di lui e del nostro amore impossibile."
"Mi dispiace di sentirla così...spenta, amareggiata. Delusa. Mi dispiace che lei non abbia potuto vivere pienamente il suo amore come avrebbe voluto."
"E come si fa ad amare pienamente il Tempo, Dottore?"
"Il Tempo??"
"E' lui, il mio amore. Questa è la verità."
"Ma...allora...la clessidra, il problema...tutto diventa chiaro."
"Davvero? Lo spieghi anche a me, Dottore. Temo di non capire..."
"Lei corre, signora. Lei non può stare ferma. E se decide di fermarsi qualcosa dentro di sè l'esorta a muoversi, a continuare la sua azione. Si è mai domandata perchè?"
"Sì, ma...."
"...Cosa succederebbe se lei smettesse di...toccare...gli uomini che raggiungono l'ora della loro morte?"
"Beh...diventerei inutile, ma immagino che non sia questo ciò che intende."
"No, infatti. Mi risponda, cosa succederebbe?"
"...succederebbe che gli uomini non morirebbero più."
"Ecco, rifletta su questo. Se a gli uomini venisse concesso di vivere e di non morire cosa conquisterebbero?"
"L'eternità?"
"Esatto. E diventando eterni gli esseri umani chi avrebbero definitivamente ucciso?"
"Dio mio..."
"Sì, Signora. Ha capito, finalmente."
"....sì!"
"Lei non può fermarsi, lei deve portare la morte agli uomini. Ma non c'è cattiveria in lei, non c'è odio nè disprezzo. Lei lo fa perchè non ha alternative. Lei lo fa per un gesto d'amore. Lei uccide perchè nessuno possa arrivare ad uccidere lui, il suo misterioso amante, il Tempo. E l'eternità, con la sua mancanza di un poi, coincide esattamente con la morte del suo ineffabile amante. E' così?"
"Non lo so, non lo so, Dottore. Ma all'improvviso mi sento quieta. Più serena. Sarà per le sue parole? Non so, proprio non so...è come se avesse tolto un velo, e un pensiero è volato via, liberandomi all'improvviso."
"Non lo so neanche io, Signora. Ma...va bene così."
"Io...io...dottore, io devo andare adesso. Devo andare da qualche parte, sono stata qui sin troppo...ehmm....tempo."
"Capisco, è stato un piacere...incontrarla."
"Grazie, Dottore. Sento che in qualche modo mi ha aiutata."
"Di niente, Signora. E' mio dovere aiutare, in qualche modo. Allora...cosa si dice in questi casi...arrivederci?"
"Arrivederci, Dottore...sa bene che non le posso dire addio, neanche se lo volessi."

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