Settore auto:buona la ripresa

berlina_salone_dell_automobile_di_parigi_cruze_chevrolet_europe_02 Buoni i dati per il settore auto nel mese di settembre, nel corso del quale si è fatto registrare il quarto rialzo dell’anno.
Una performace positiva che deve senza dubbio essere attribuita agli incentivi pubblici.
Stando ai dati diffusi dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, infatti, a settembre sono state immatricolate189.476 autovetture nuove, con una crescita sullo stesso mese dello scorso anno del 6,8%.
“Questo è stato ottenuto con qualche forzatura sui chilometri zero, ma è comunque un dato positivo”, commentano al Centro studi Promotor, che ricorda come siamo arrivati al quarto incremento consecutivo di un anno che era iniziato con un calo del 33% in gennaio e del 24% in febbraio.
Il Csp sottolinea comunque non a caso che la decisa inversione di tendenza del mercato automobilistico italiano è dovuta agli incentivi statali in vigore dal 7 febbraio.
La risposta a questo provvedimento è stata piuttosto lenta per un’insufficiente disponibilità di vetture incentivate.
Questo problema è però ormai risolto: “A partire da giugno, infatti, i bilanci mensili delle immatricolazioni chiudono in positivo e si può prevedere che così sarà anche nell’ultimo trimestre dell’anno”, spiegano gli esperti del CsP. Che arrivano a ipotizzare per l’intero 2009 un volume di immatricolazioni di oltre 2 milioni di unità, con un calo rispetto al 2008 contenuto ad appena il 5%.
Il Governo ha deciso di estendere il programma di supporto anche per il prossimo anno, da una parte questo ha impedito che ci fosse una corsa finale all’acquisto, dall’altra garantisce un 2010 più tranquillo.

Vendite al dettaglio: valori ancora negativi

spesa1 Davvero poco incoraggianti i dati diffusi dall’Istat che, nella mattinata di ieri, ha diffuso i dati relativi al mese di luglio per quanto concerne l’andamento delle vendite al dettaglio.
Secondo l’istituto di ricerca i valori non sarebbero positivi, visto che si è registrato un calo dello ,4% rispetto al precedente mese di giugno.
Su base annua il divario sarebbe ancora più marcato se si considera il fatto che rispetto a luglio dello scorso anno il valore delle vendite del commercio fisso al dettaglio ha presentato una diminuzione del 2,6%, somma di una contrazione del 2,1 per cento per le vendite di prodotti alimentari e del 2,8 per cento per le vendite di prodotti non alimentari.
Va anche segnalato che l’istituto statistico sottolinea come la variazione annuale negativa sia il risultato di flessioni dello ,8 per cento per le vendite della grande distribuzione e del 3,7 per cento per le imprese operanti su piccole superfici.
“I nuovi dati relativi alle vendite al dettaglio resi noti oggi dall’Istat, purtroppo, non fanno altro che confermare nuovamente quanto, con insistenza e pervicacia, sosteniamo da tempo” – sostengono Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di e .
In effetti le previsioni effettuate dell’Osservatorio Nazionale , infatti, già da mesi prospettavano, nel 2009, in assenza di interventi tesi a rilanciare la domanda di , una caduta dei consumi dell’ordine del -2,5-3% (per le famiglie a reddito fisso -3,3%), con una minore spesa complessiva, da parte delle famiglie, di oltre 20 miliardi di euro.
“A questo punto si rendono sempre più necessarie le manovre a sostegno delle famiglie che rivendichiamo da tempo, per le quali siamo scesi in piazza nei giorni scorsi”, incalzano le due associazioni.
Che per l’ennesima volta chiedono al governo di lanciare provvedimenti per una detassazione di almeno 1200 euro annui per le famiglie a reddito fisso (colpite dagli effetti della crisi per minori entrate di 980 euro annui, ed addirittura per 300 euro al mese per quanto riguarda le famiglie al cui interno vi è un cassaintegrato) e una serie di misure di sostegno a favore di disoccupati e precari.

Al Nord il lavoro tiene

disoccupazione Già da tempo si discute sulla crisi del mercato del lavoro che nell’ultimo trimestre di quest’anno ha toccato la percentuale del 7,9% di disoccupati. Ciò in termini assoluti significa che i senza lavoro sono 1.982.000, mentre per la fine del 2009 le previsioni sono ancora più nere e la disoccupazione potrebbe toccare ben l’8,8%.
Ma nel resto d’ le cose non vanno meglio. Anzi. Sempre al 31 marzo del 2009 in Spagna il tasso di disoccupazione era pari al 17,4% (+ 6% rispetto a settembre 2008), in Francia all’8,7% (+ 1,3% sul 3° trim. 2008) e in Germania all’8,5% (+,9% su settembre 2008).
Solo il Regno Unito registrava un tasso di disoccupazione inferiore al nostro pari al 7,1% (+1,3% su settembre 2008).
Tuttavia le previsioni tendono a non essere così nere, visto che da più parti si sottolinea che i dati diffusi sono medi nazionali, che presentano delle differenze territoriali molto evidenti, soprattutto in .
“Per questo – dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre – abbiamo cercato di capire qual è la percentuale dei senza lavoro nelle aree più industrializzate del nostro Paese confrontandola con i livelli di disoccupazione registrati nelle regioni più ricche d’”.
Ebbene, nel marzo di quest’anno, il tasso di disoccupazione del Piemonte ha toccato il 7%, quello della Lombardia il 5%, nel Veneto il 4,7% e in Emilia Romagna il 4,1%. Sempre nello stesso periodo nelle tre regioni più ricche della Germania la disoccupazione ha raggiunto l’8,9% nella Nordrhein-Westfalen, il 5,1% in Baviera e il 4,8% nel Baden-Wurttemberg.
Per fare altri confronti con aree più ricche, in Francia, invece, nella Provenza-Alpes- Costa Azzurra la disoccupazione è salita al 10,3% nella Rhone-Alpes all’8,1% e nell’Ile-de-France al 7,4%. Nel Regno Unito la regione londinese ha segnato l’ 8,2%, il South-West il 7,9% e il South- East il 5,3%.
Sconcertante la situazione dei senza lavoro in Spagna. La Catalogna presenta una disoccupazione del 16,2%, la Comunidad de Madrid del 13,5% e l’Andalusia addirittura del 24%.
“Da questo confronto emerge in maniera molto chiara – prosegue Bortolussi – che nonostante un progressivo dei disoccupati anche nelle regioni settentrionali, non siamo un Paese alla deriva, visto che quasi tutti i nostri principali partners economici stanno peggio. Certo, per quegli italiani che hanno perso il lavoro in questi ultimi mesi è poco consolante sapere che nei territori più ricchi d’ c’è chi sta peggio. Ma è altresì vero che in questa fase così delicata bisognerebbe affrontare questo tema con un approccio meno emotivo e basarsi, invece, su una attenta analisi delle statistiche ufficiali”.

Confcommercio: ecco i primi segnali di ripresa

spesa%20supermercato In arrivo i primi segnali della tanto sognata risalita economica.
Stando ai dati diffusi dalla Confcommercio, infatti, i consumi hanno registrato due incrementi fondamentali.
In primo luogo c’è stata una ripresa su base tendenziale, ovvero rispetto a luglio dello scorso anno si è registrato un aumento dello 0,5%, mentre su base congiunturale, e cioe’ rispetto a giugno scorso, e’ dello 0,2%.
Per Confcommercio, si tratta di “un risultato importante che, associato ad altre informazioni, sembra confermare il superamento della fase piu’ negativa del ciclo e l’inizio di una debole ripresa. Certo, l’esiguita’ degli impulsi registrati e il permanere di elementi congiunturali contraddittori non permettono ancora di parlare di una ripresa robusta”.

Banche: mai così sicure

ladro1 Le banche italiane diventano sempre più sicure.
Lo scorso anno, infatti, sono state tentate circa 504 effrazioni, ben il 16% in meno rispetto al 2007, con circa la metà degli tentati assalti, ben il 53%, andati a vuoto.
Tutto merito delle misure di sicurezza messe in campo dagli istituti di credito sempre piu’ tecnologici ed efficienti, che riescono, quindi, a far dormire sonni piu’ tranquilli ai correntisti.
Lo rileva l’indagine annuale sui “Furti ai danni delle dipendenze bancarie” condotta da Ossif – il Centro di ricerca dell’Associazione bancaria italiana – che conferma cosi’ il trend positivo gia’ registrato nel 2008 con il sensibile calo delle rapine allo sportello (-27,3%).
Ma se gli istituti di credito sono diventati molto più sicuri, lo stesso non può dirsi per gli sportelli automatici, che continuano ad essere il mirino preferito dai malviventi, vanificando lo sforzo delle banche che ogni anno investono oltre 700 milioni di euro per perfezionare e potenziare i dispositivi di protezione della filiale, il 25% dei quali e’ destinato esclusivamente alle misure antifurto.
“Il fenomeno dei furti in banca come quello delle rapine – spiega lo studio Ossif – e’ direttamente collegato all’ampio ricorso al denaro contante ed al ritardo nell’utilizzo dei moderni strumenti di pagamento che l’ sconta ancora rispetto al resto d’Europa. Ridurre la circolazione e dunque anche la presenza di contante negli sportelli bancomat, nei caveau e nelle casseforti delle banche, oltre che nelle tasche degli italiani, vuol dire contribuire da un lato all’ammodernamento del paese e, dall’altro, alla maggiore sicurezza delle citta’”.
In particolare, analizzando i dati a livello regionale, emerge che nel 2008 i furti in banca sono diminuiti in 15 Regioni su 20 con il Molise e la Valle D’Aosta che spiccano per l’assenza di episodi di furti e rapine ai danni delle banche. Consistenti cali anche in: Abruzzo (-33,3%, da 6 a 4), Basilicata (-80%, da 5 a 1) e Calabria (-55,6%, da 9 a 4). In controtendenza solo Friuli Venezia Giulia (con 4 tentativi di furto da 1, ma nessuno riuscito), Lazio (con 48 da 38, di cui 30 riusciti), e Lombardia (con 156 da 101, di cui 92 riusciti).
Capitolo a parte per quanto riguarda gli strumenti utilizzati dai rapinatori per attaccare le banche. Secondo l’Ossif, i ladri preferiscano in prevalenza utilizzare, in un caso su tre, mezzi ed arnesi da scasso: dal classico piede di porco alla mazza, passando per i grimaldelli, i cunei e le chiavi. Mentre nel 25,3% dei casi si utilizzano esplosivi e gas. Sono meno gettonati invece i mezzi meccanici, come i trapani, la fresa e il martello pneumatico (11,6%).

PA, in Italia è sempre più costosa

bortolussi-giuseppe-(g) I conti non tornano, almeno se si guarda alla italiana per la Pubblica Amministrazione.
Se, infatti, tra il 2000 e il 2008 in Germania la per la PA è scesa dall’8, al 6,9%, in Italia nello stesso periodo si è registrato un incremento per stipendi e contributi per i dipendenti pubblici, passando dal 10,4 al 10,9%.
I dati sono stati diffusi dal segretario della di Mestre, Giuseppe Bortolussi, che ha sottolineato come nel nostro paese il costo della Pubblica Amministrazione è superiore di ben 4 punti percentuali rispetto alla Germania
“Se la della nostra P.A. fosse pari a quella tedesca – rileva Bortolussi – in rapporto al Pil, potremmo risparmiare circa 60 miliardi di euro ogni anno”.
Notevole il divario anche se si confronta la distribuzione tra i livelli istituzionali dei lavoratori pubblici, visto che in Italia il 57% è alle dipendenze dello Stato, mentre il restante 43% è impiegato tra Regioni, Asl ed Enti Previdenziali, mentre in Germania solo il 12% lavora per lo Stato centrale, mentre il restante 88% è distribuito tra i Lander e gli altri enti locali.
Leggermente diversi i risultati se come termine di confronto si prende la per il personale pubblico in percentuale sulla primaria (ovvero, la al netto degli interessi sul debito pubblico).
Se in Germania il dato risulta in calo, attestandosi intorno al 16,7% nel 2008, in Italia il dato si sarebbe stabilizzato intorno al 25% della primaria, ben 8,3 punti percentuali in più rispetto a quella tedesca.
Il numero dei dipendenti pubblici, dunque, per la , non è troppo in assoluto ma, in rapporto agli abitanti, è maggiore in Italia rispetto ai nostri competitori tedeschi. Infatti, se da noi ci sono 61 dipendenti pubblici ogni mille abitanti (in termini assoluti pari a 3.630.600 unità), in Germania ve ne sono 55 ogni mille abitanti (pari a 4.540.600 unità).
«I risultati di questo confronto - conclude Bortolussi – ci dicono che dobbiamo assolutamente accelerare sul fronte della riforma federalista. Oltre a trasferire ulteriori competenze ed autonomia impositiva agli enti locali, si dovrà assolutamente provvedere alla redistribuzione del personale pubblico per consentire una graduale riduzione dei costi ed un miglioramento in termini di efficienza».

Produzione industriale:prestazioni negative

produzione_industriale Scende ancora l’indice della produzione industriale. Nel mese di luglio infatti si è segnata una diminuzione dell’,2%, , rispetto a maggio, mentre la variazione congiunturale degli ultimi tre mesi è stata pari a -3,9%.
A comunicarlo l’, che aggiunge come il calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno sia stato pari al 19,7%.
Per quanto concerne la produzione auto l’ rende noto come questa sia diminuita in giugno del 31,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (dato grezzo). L’ precisa che il calo corretto per i giorni lavorativi è stato pari al 35,2%. Nel primo semestre dell’anno si è invece avuta una diminuzione tendenziale, depurata dagli effetti di calendario, pari a 36,% mentre l’indice grezzo è risultato pari a -36,6 per cento.

Affitti sempre più cari

assicurazione%20casa Affittare una casa è diventata davvero un impresa impossibile, e questo non perchè non ci siano offerte ma per il fatto che i canoni rimangono elevati ed inaccessibili per la maggior parte delle .
A parlare sono i numeri.
Ad esempio per una casa di 80 mq in un grande centro urbano, il canone medio si aggira intorno a .030 euro mensili, con picchi di 2.000 euro per città come Venezia e Milano.
A fare il resoconto sui livelli medi di affitto in Italia è Suina, il sindacato degli inquilini, che da un’indagine appena condotta ha constatato che l’offerta di affitto è aumentata in seguito agli investimenti sul mattone degli ultimi anni.
Nel rapporto si legge che tra gli alloggi più gettonati si confermano quelli di taglio minore: i monolocali e i bilocali rappresentano il 60% delle offerte contro il 56% della precedente rilevazione. Mentre i trilocali raggiungono il 35% contro il 32%, con punte che arrivano al 54% se situati in zone periferiche (contro il precedente 47%).
Contemporaneamente, come detto, non si riduce il livello dei canoni.
Nel 2008, infatti, il canone medio per un’abitazione in un centro urbano era pari a 740 euro per i contratti registrati e di .100 euro secondo le offerte di mercato. Un aumento, tra il 1999 e il 2008 pari a circa il 150%.
Roma, Milano e Venezia figurano tra le città dove gli affitti sono più cari, mentre Bari, Palermo e Catania registrano i canoni più bassi.
Così per un monolocale il canone oscilla da un minimo di 360 euro al mese a Bari ad un massimo di .100 euro a Roma, per un trilocale si va dai 750 euro di Catania e Palermo ai 2.000 euro di Milano.
Un livello medio dei canoni dei contratti sottoscritti negli ultimi anni che, tuttavia – secondo il Sunia – è incompatibile per le con annui netti inferiori a 20.000 euro (il 77,% delle in affitto). Mentre le attuali offerte del mercato privato incontrano la domanda solo nel caso di superiori a 35.000 euro annui (solo il 3,3% delle in affitto ha un reddito di oltre 30 mila euro).
Pronta la replica di Confedilizia.
L’organizzazione dei proprietari di casa osserva che “proprietari e inquilini hanno oggi un avversario unico, che è il famelico fisco, soprattutto locale. Se in dieci anni i tributi locali sono aumentati di quasi il 120%, i proprietari - osserva – si sono invece limitati a richiedere aumenti del 150% circa. Così che i canoni reali si saranno attestati su una misura tale da coprire sì e no l’aumento delle tasse

Apple, ottimi risultati!

iphone-apple La crisi in atto ha fatto sentire il suo peso, soprattutto nel corso di quest’anno,a nche sulle aziende produttrici di cellulari, le quali hanno dovuto far fronte a gravi perdite.
In questo quadro piuttosto negativo, c’è chi fa eccezione.
Si tratta della Apple, la quale sembra totalmente immune dalle contrazioni negative del , almeno stando ai dati relativi al terzo quadrimestre dell’anno.
Questo primato positivo si deve probabilmente al ritorno in azienda dello storico CEO e co-fondatore, Steve Jobs, o alla qualità e all’alta tecnologia dei prodotti targati Apple.
Qualunque sia la causa, ciò che è certo è che i guadagni della Apple sono aumentati di circa il 15%, con un profitto totale pari a ,23 miliardi di dollari. Un bel salto di qualità, se si pensa che lo scorso anno i ricavi erano stati pari a ,07.
Dei risultati che sono stati capaci di stupire e avrebbero potuto segnare un progresso ancor più marcato per l’azienda se non ci fosse stata di mezzo la crisi economica.
Le attese di Apple per il prossimo trimestre sono di un profitto compreso tra gli 8,7 e gli 8,9 miliardi di dollari.

Commercio globale, contrazione del 10%

A trainare la faticosa uscita dalla recessione sono i Paesi Asiatici, ma la contrazione del commercio globale sarà comunque pari al 10% su base reale quest’anno, contro il meno 9% sino ad oggi previsto.
wto Ad affermarlo il WTO in una nota, confermando quanto affermato in precedenza dal direttore generale, Pascal Lamy, in un’intervista.
Secondo la WTO, la contrazione del commercio globale, che l’anno scorso ha messo a segno un del % su base reale, sta rallentando. Per i paesi sviluppati il calo degli scambi commerciali dovrebbe essere del 14% su base reale e per i Paesi in via di Sviluppo del 7%.
Sempre nel 2008 l’export di beni a livello globale è cresciuto del 15% in termini nominali e quelli dei servizi dell’11%. La si conferma prima potenza nell’export al mondo con un totale di .470 miliardi di dollari, poco al di sopra dei .430 miliardi della Cina.