OndaRock



  1. Suspiria
  2. Witch
  3. Opening To Sighs
  4. Sighs
  5. Markos
  6. Black Forest
  7. Blind Concert
  8. Death Valzer


GOBLIN

Suspiria
(Cinevox) 1977
soundtrack, prog, elettronica

Nella parabola del gruppo di Claudio Simonetti & C., ma anche considerando, più in generale, quella che sarà l'evoluzione della musica italiana degli anni 70, "Suspiria" (1977) rappresenta, a suo modo, un nul plus ultra e un punto di cesura. Una specie di delta nelle cui acque dense e tenebrose affluirono alcune fra le correnti soniche più significative del decennio, appena in tempo, prima che scorressero oltre per sfociare in qualcos'altro. Non tanto o non solo perché, a più di trent'anni dalla sua realizzazione, si eleva ancora come uno dei punti più alti e spettacolari mai toccati nella stagione delle grandi colonne sonore del nostro cinema (un cinema, quello dei generi, che di lì a poco, negli anni ottanta, si sarebbe inesorabilmente trasformato in una specie in via d'estinzione e con esso molti dei musicisti che ne avevano fatto la fortuna). Ma perché nelle otto "sequenze" che compongono la soundtrack dell'omonimo capolavoro di Dario Argento (e dell'horror soprannaturale tutto) allignano, in uno stato di grazia e armonia stupefacente, radici prog, italo e internazionali, riprese dal folklore nordico e mitteleuropeo, minimalismo, inserti e manipolazioni elettroniche che guardano, più o meno scientemente, al kraut e ai Kraftwerk, echi e suggestioni etno e world, sentori di sonorità synth e dark ambientali. In pratica una parte significativa di Settanta e una di Ottanta che s'intersecano in un sottoinsieme decisamente unico e originale.


Ma andiamo con ordine: dopo l'exploit commerciale di "Profondo Rosso" (del film, ovviamente, ma anche dell'album omonimo che ottenne il disco di platino e restò in testa alle classifiche dei 45 per circa un anno), Argento, che ha già in mente di abbandonare il thriller per l'horror tout court con implicazioni neo-gotiche, esoteriche e paranormali, per riscrivere musicalmente i connotati del successore sceglie ancora i Goblin, che l'anno prima avevano pubblicato il loro primo album "in proprio", "Roller" (1976), anch'esso ispirato alla musica per film. Appassionato "non-musicista" e grande sperimentatore nel campo delle colonne sonore che, secondo la sua idea, non dovevano limitarsi a commentare il film suggerendone l'atmosfera e gli stati d'animo, ma configurarsi come vero e proprio "agente sonoro" in grado di rappresentare l'adeguato corrispettivo dello stile visivo prescelto, il regista è il consigliere ufficiale del gruppo e uno dei principali artefici dell'evoluzione musicale che intercorre fra "Profondo Rosso" e "Suspiria" (non per nulla sui titoli di testa figurerà l'iscrizione "musica dei Goblin con la collaborazione di Dario Argento").
Trattandosi di un'opera che reinventa in termini fantastici e fiabeschi i più classici elementi del suo cinema precedente (la suspence spasmodica, le entrate a sorpresa del misterioso assassino, l'efferatezza degli omicidi, la memoria "visiva" della protagonista che fa di lei la vittima e l'eroina predestinata) , Argento raccomanda ai Goblin una partitura meno serrata ed aggressiva, non incentrata sui ritmi snervanti e sui crescendo progressivi, ma più ambientale ed atmosferica. Li incoraggia ad utilizzare tecnologie allora all'avanguardia come il sequencer ma, al contempo, suggerisce d'ispirarsi ad antiche canzoni medioevali (come la nenia del Tre/Quattrocento "Le tre streghe sull'albero" che sarebbe alla base del main theme). Li spinge a recuperare di strumenti antichi come la celesta e il bouzuki (un esemplare unico di proprietà dello stesso Argento) ma anche a realizzare provini che suonino programmaticamente "alla Kraftwerk".

Anche se poi il gruppo (all'apice del suo quartetto storico: Simonetti alle tastiere, Pignatelli al basso, chitarra e occasionali vocals, Morante alla chitarra elettrica ed acustica e Marangolo alla batteria, coadiuvati per l'occasione da Guarini, alle tastiere, e dal fratello di Marangolo, Antonio, al sax), in fase di registrazione, ci mise molto del suo, improvvisando, più o meno liberamente, e stravolgendo quasi tutte le composizioni. Il risultato (eccellente) è quello che tutti possiamo ascoltare. "Suspiria", opener del disco e tema portante del film, è un capolavoro sospensione onirica ed esoterica diviso in tre parti: nella prima il picking acuminato della chitarra e il contrappunto da carillon del vibrafono librano una melodia ossessiva e minimale alla "Profondo Rosso", ma (solo apparentemente) più morbida, regressiva, rituale, facendosi accompagnare dalle folate acide e taglienti del mellotron, dai sordi rimbombi del bouzuki e da malefici sussurri stregoneschi che diventeranno un leit-motiv della partitura; nella seconda c'è un break in crescendo di chiara matrice prog innescato dall'organo da messa nera, dalla chitarra elettrica e dall'entrata poliritmica delle percussioni, con le tastiere sintetiche che ereditano il tema centrale; nella terza, dopo una breve dissolvenza elettronica, il cerchio armonico e rituale si chiude ripetendo la prima parte con variazioni esiziali.
Gli elementi etnici e tribali incorporati nel nuovo Goblin-sound si stagliano con devastante nitidezza a partire dal secondo brano "Witch": apertura quasi pow wow con giri di tamburi e laceranti grida propiziatorie, poi altre voci intonate che, come in una corale satanica, si mescolano ai synth spettrali, ad effetti sonori che simulano un'oscurità tempestosa da Notte di Valpurga, rintocchi di campane e un basso vitreo e cavo che tiene sempre la stessa mesmerica nota. "Opening To The Sighs" è uno spezzone drone che s'interrompe di schianto in montaggio analogico con la successiva "Sighs": siamo ancora in pieno sabba: sibili demoniaci, sospiri, vocalismi da musica d'avanguardia, ritmati dall'arpeggio sostenuto e incalzante della chitarra acustica doppiata dalla celesta.


"Markos" racchiude ed esemplifica tutta l'originalità del patchwork sonoro dispiegato da Simonetti e dai suoi: sonorità tradizionali greche (quasi sirtaki) s'innestano su una trama elettronica dal sapore kraftwerkiano, mentre un basso effettatissimo e riverberato alimenta fraseggi di funk robotico e le percussioni e jazzate entrano ed escono dalla base, a fasi alterne. Nella stupenda "Black Forest" è invece l'anima folk-prog dei Goblin a riguadagnare il centro dell'attenzione, stavolta in chiave gotica e medievaleggiante: fraseggi insistiti di chitarra acustica, arabeschi di organo e mellotron, si sposano col basso di Pignatelli, liquido e ipnotico ai limiti del dub, e con una linea di sax d'estrazione jazz che verso metà del pezzo prendono il sopravvento dando vita ad una vera e propria jam con gli assoli della chitarra elettrica di Morante che si alternano a quelli del sax e del synth, mentre la chiusura, come già in "Suspiria", si ricongiunge all'incipit.
"Blind Concert" riprende brevemente la nenia di "Suspiria" mixandola su un giro di basso disco-funk e corredandolo di screziature elettroniche che sembrano glitch ante-litteram, gli interventi discreti della chitarra elettrica e delle tastiere e i contro-break della batteria accrescono l'inedita tonalità black del pezzo.

Chiude "Death Valzer", che fa riferimento all'accademia di danza classica in cui si svolge l'intero film, e, nell'apparente spensieratezza mitteleuropea, insinua, per contrasto, un sospetto ancor più terrificante: quali putrescenti orrori si celano dietro l'eleganza del Decò? Quale belva immonda attende di partorire morte in soffitta o negli scantinati dell'antico palazzo?