MILANO.IT
stampa | chiudi

LA sentenza a milano

Processo diritti tv Mediaset: Berlusconi condannato a 4 anni anche in appello

Frode fiscale: confermata la sentenza di primo grado, compresa l'interdizione per 5 anni dai pubblici uffici

I giudici della seconda sezione della Corte d'Appello di Milano hanno confermato la condanna a Silvio Berlusconi a 4 anni di reclusione - tre dei quali condonati per l'indulto - per frode fiscale nell'ambito del processo sui diritti tv per le reti Mediaset. Confermata anche la condanna per Berlusconi a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e di 3 anni dagli uffici direttivi. Se il verdetto dovesse essere ribadito anche dalla Corte di cassazione allora Berlusconi, dopo il via libera della giunta autorizzazioni del Senato, potrebbe dover fare un passo indietro dalla politica. I giudici d'Appello di Milano hanno confermato l'assoluzione per Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, tra gli imputati del processo sull'acquisizione dei diritti tv Mediaset. Confermata anche la condanna a tre anni di reclusione per il produttore statunitense Frank Agrama. Confermata anche la provvisionale di 10 milioni di euro a favore dell'Agenzia delle Entrate che dovrà versare Silvio Berlusconi in solido con le altre tre persone condannate.

GHEDINI - Il verdetto, atteso per le 17 di mercoledì, è arrivato poco dopo le 19.30. «La forza della prevenzione è andata al di là della forza dei fatti»: questo il commento dell'avvocato Niccolò Ghedini, legale di Silvio Berlusconi. «Avevamo la consapevolezza che sarebbe andata così», ha aggiunto Ghedini. Ghedini contesta che «non sono stati ascoltati alcuni testi che avevamo richiesto, non si è tenuto in nessun conto i nuovi documenti che avevamo presentato, non si è deciso di aspettare la Corte Costituzionale, la cui decisone è stata addirittura giudicata irrilevante». «In qualsiasi altro tribunale non avremmo mai avuto una sentenza di questo tipo - ha detto ancora Ghedini - se l'imputato non si fosse chiamato Silvio Berlusconi». A chi gli ha domandato se questo verdetto metta a rischio la stabilità politica del governo, Ghedini ha ribattuto: «Non credo ci sia una correlazione, quello che viene messa a rischio è la stabilità del diritto che è una cosa che a me, in quanto avvocato, preoccupa di più».

IL NO DEI GIUDICI - Il collegio presieduto da Alessandra Galli ha rigettato la richiesta avanzata dalla difesa dell'ex premier di sospendere il processo in attesa di una pronuncia della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in relazione a un legittimo impedimento sollevato dalla presidenza del Consiglio. Si è così arrivati al verdetto. A questo punto, Ghedini spera nella Cassazione e nella Corte Costituzionale. Se la Consulta dovesse dar ragione alla Presidenza del Consiglio, il processo dovrebbe tornare a quella udienza del 2010, in primo grado, e i reati oggetto del procedimento andrebbero prescritti fra la fine del 2013 e l'inizio del 2014.

EVASIONE FISCALE - I giudici di primo grado avevano parlato nelle motivazioni alla sentenza, ora ribadita in appello, che Berlusconi è stato «l'ideatore di una scientifica e sistematica evasione fiscale di portata eccezionale» dalla quale «ha conseguito un'immensa disponibilità economica all'estero, ai danni non solo dello Stato ma anche di Mediaset» (vai alla scheda sul processo). Il processo d'appello è durato poco meno di quattro mesi ed è stato caratterizzato da continui scontri tra i giudici e la difesa di Berlusconi. Tra le pagine più aspre del confronto, una visita fiscale ordinata dai magistrati per verificare le condizioni di salute del leader del Pdl ricoverato in ospedale per un'infiammazione agli occhi e il ricorso in Cassazione per trasferire il processo da Milano a Brescia.

Redazione Milano online
stampa | chiudi