Fenici

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Mappa degli antichi insediamenti Fenici

I Fenici furono un popolo originariamente insediatosi sulle coste orientali del mar Mediterraneo, nei pressi dell'attuale Libano, e del quale si ha notizia fin dal XXI secolo a.C. La civiltà fenicia viene ricollegata ai Cananei dell'antica Palestina, che abitarono nel sud della stessa regione, essendo nei fatti i fenici indistinguibili per lingua (se non per variazioni dialettali) e cultura dal resto dei popoli cananei.

Essi furono soprattutto un popolo di commercianti che utilizzavano il mar Mediterraneo per esportare legname e altri oggetti da scambiare con altri popoli. Conoscevano e sapevano tracciare le rotte ed erano in grado di navigare di notte, prendendo come riferimento la Stella Polare. Praticavano la navigazione sottocosta, per poter attraccare in caso di difficoltà, fare rifornimento di acqua dolce e viveri e commerciare con le popolazioni locali. Seppero produrre, con il legno di cedro, navi molto robuste, adatte per il commercio, che potevano contenere grandi quantità di merci e altre cose a seconda del loro bisogno.

Etimologia[modifica | modifica sorgente]

Il termine "fenici" viene fatto risalire alla parola greca φοίνικες (Phoinikes) (attestata già in Omero come nome di questo popolo), che probabilmente era un termine per designarli e non la parola con cui essi designavano sé stessi; d'altra parte non risulta che i Fenici si siano mai dati una denominazione "complessiva", oltre alle denominazioni delle singole città. L'origine di Phoinikes sarebbe da collegarsi al termine φοῖνιξ (phoìnix), ossia "rosso porpora". Phoinikes indicava il popolo e Phoinike la regione. Le fonti antiche rimarcano più volte come la lavorazione dei gusci dei murici, dai quali si otteneva il pigmento rosso-porpora, fosse una fiorente industria dei Fenici. Purtroppo l'archeologia non restituisce dati relativi a confermare quello che si può leggere nelle fonti perché gli stessi residui di lavorazione venivano successivamente impiegati per la produzione di calce. È peraltro possibile che il nome comune ("porpora") derivi dal nome proprio[1]. Analogo discorso per la parola "cananei", che veniva usata a Ebla (III millennio a.C.) e nell'Antico Testamento, forse connessa con l'accadico kinakhkhu, sempre per indicare la stessa tonalità di colore; l'uso del termine "sidonii" è invece attestato solamente da parte dei Greci e nell'Antico Testamento.[2]

Se l'attribuzione di un nome unitario a questo popolo si deve soprattutto ai Greci, dall'altro la maggior parte della documentazione orientale privilegia le singole città come protagoniste della storia fenicia. In generale, quindi, sono scarsi e poco frequenti i nomi che designano i Fenici come unità, a causa del loro frazionamento: il dibattito sull'esistenza di una loro nazione ha portato a supporre una sorta di confederazione marinara. Di ciò non si possiedono molte tracce, ma viene supposto dal patrimonio culturale comune esistente. I confini cronologici della loro presenza storica sono molto ampi: si attesta una presenza umana sulla costa libanese sin dall'epoca preistorica. L'inizio risale agli anni 1200 a.C., punto di cesura e di partenza per la storia fenicia, anche se si trovano strutture insediative simili (città-stato) sia prima, sia dopo. Il termine finale per la civiltà fenicia è il 333 a.C., data della conquista dell'Oriente ad opera di Alessandro Magno.

Storia[modifica | modifica sorgente]

Le fasi principali dell'epoca propriamente fenicia, anche se con scarsa documentazione babilonese; 539-330 a.C., età del dominio persiano. I confini geografici sono invece costituiti dalla costa siro-palestinese: a nord le città di Arwad[3] e Shukshu[4], a sud Acco, ad ovest la costa mediterranea, ad est la catena del Libano: si tratta di una regione compressa fra la terra e il mare, con una separazione storica dall'entroterra. L'interazione con l'interno avviene soprattutto per il commercio del legno, in particolare il cedro libanese. La circolazione ovest-est (orizzontale) riscontra pochi passaggi, mentre quella nord-sud (verticale) avviene per via marittima. Le città erano fondate sui promontori della costa, con uno o più porti ed un hinterland fino alle montagne (cosiddette "città-stato"); quando possibile venivano utilizzati gli isolotti antistanti la costa, per essere meglio fortificati. Il clima comporta d'inverno piogge fertilizzanti, mentre d'estate la stagione è secca, ma mitigata dall'irrigazione. L'economia si basava principalmente sull'agricoltura (coltivazione del grano, dell'ulivo, della vite, della frutta,in particolare fichi e sicomori), sulla lavorazione del legno e sulla pesca. Erano inoltre esperti di tecniche della lavorazione del bronzo, dell'avorio, dei tessuti e della conchiglia per la porpora. Le risorse erano notevoli, utilizzabili però totalmente in un contesto di scambi.

Sarcofago fenicio di tipo greco, da Antarados, nel nord del Libano.

A causa del naufragio della letteratura fenicia per il materiale scrittorio utilizzato, il papiro, si hanno fonti per lo più esterne. Esistono testi epigrafici diretti, con lo svantaggio di essere stereotipati e laconici: l'inizio dell'uso monumentale è testimoniato dal sarcofago di Ahiram di Biblo (circa 1000 a.C.). Si conoscono anche testi lapidati arcaici (X-IX secolo a.C.), iscrizioni dinastiche (che provano legami ideologici con l'Egitto, soprattutto a Biblo), iscrizioni dell'epoca persiana, funerarie e testimonianze devozionali (da Sidone) e testi funerari (da Tiro). I principali testi esterni sono gli annali assiri, le cronache babilonesi, le iscrizioni persiane, i testi egizi (in particolare il testo di Wenamun e Amarna), l'Antico Testamento, e gli autori classici, che mostrano dei topi di furbizia, disonestà, intraprendenza, soprattutto dalla tradizione erudita, eccezion fatta per Erodoto e gli storici di Alessandro Magno. Una fonte indiretta sono i cosiddetti Annali di Tiro, citati da Giuseppe Flavio attraverso Menandro di Efeso, che coprono i X-VIII e VI secoli a.C., e testimoniano l'esistenza di una tradizione storiografica locale. Le fonti archeologiche sono difficilmente accordabili alle fonti scritte, anche perché è complesso individuare dei marcatori culturali specificamente fenici.

Prima dei Fenici[modifica | modifica sorgente]

La piccola isola di Arwad, oggi in Siria.

Nel I millennio a.C. la Fenicia viene integrata nei grandi imperi, anche se riesce comunque ad espandersi. Benché l'indagine archeologica sia stata difficoltosa, si hanno notizie dal III millennio a.C. di occupazioni di Biblo e Tiro. Sono frequenti le campagne egiziane a scopo soprattutto commerciale, con alcune colonie di mercanti; nel XIV secolo a.C. si affermano Mitanni e gli Ittiti, con un consolidamento parallelo egizio ed una probabile divisione del territorio siro-cananaico in distretti: nelle lettere di El-Amarna si citano infatti le regioni di Canaan, Upu (nei dintorni di Damasco) e Amurru. Le città appaiono prospere, con una certa autonomia ed un territorio ed una cultura propri. Nel XIII secolo a.C. avvengono i primi contatti commerciali con Ciprioti e Micenei, ed inviano coloni a spingersi verso nuovi lidi sempre più ad ovest. Nel 1200 a.C. giungono i Popoli del Mare, ed avviene il conseguente crollo del sistema palatino regionale, contemporaneamente degli altri stati e palazzi. Si hanno tracce di distruzione più labili in Fenicia, con solamente una contrazione degli abitati ed un impoverimento generale. La decadenza del prestigio egiziano, dovuto all'abbandono dei possedimenti asiatici, dona l'opportunità alle città fenice di svilupparsi: indizio di questa situazione è l'episodio di Wenamon a Biblo con Zakarbaal.

Età dell'autonomia politica[modifica | modifica sorgente]

Nel XI secolo si osserva un arricchimento ed un'espansione, il cui centro propulsore è Sidone: da Giustino si ha notizia della fondazione di Tiro. In realtà la città è conosciuta archeologicamente prima di questo periodo, dunque si crede che la città in quest'occasione venne rifondata storicamente. Il secolo successivo è il periodo del predominio di Tiro, con un commercio marittimo sviluppato da Cipro all'Egeo, fino in Anatolia: iniziano a creare veri punti di appoggio, non più solamente frequentazioni occasionali. Protagonista dell'ascesa tiria è re Hiram I (969-936 a.C.) che congiunge le due isole, stringe un'alleanza con Davide e Salomone (come riportato nell'Antico Testamento) e compie una spedizione a Kition (riportata negli Annali di Tiro); forse Israele controllava le vie di comunicazione, e questa sarebbe la ragione dell'alleanza. Sale al trono una nuova dinastia con Ittobaal (887-856 a.C.), che rinnova l'alleanza israelita col matrimonio della figlia; intanto la diplomazia fenicia tende ad appoggiarsi all'Egitto in opposizione agli Assiri.

Età assira[modifica | modifica sorgente]

Nave da guerra assira di produzione fenicia, VII secolo a.C., da Ninive, Palazzo Sud-Ovest, stanza VII, pannello 11 (Londra, British Museum).

Nel IX secolo a.C. si avvicinarono infatti gli Assiri, attratti dalle ricchezze dei porti: Assurnasirpal II comincia ad interessarsi alla zona, ma è con Salmanassar III che avviene la battaglia di Qarqar (853 a.C.), dall'esito storicamente dubbio. Nell'VIII secolo a.C. il dominio assiro è pressante a causa dei tributi che impone alla città della costa: viene inaugurata una nuova espansione con Tiglatpileser III, che determina la fine dell'indipendenza fenicia per le città settentrionali. Salmanassar V conquista Samaria, mentre Sargon II occupa Cipro. Contro Sennacherib si organizza una coalizione siro-fenicia, ma che vede in seguito la fine del regno unito di Sidone e Tiro, da cui il re Luli viene cacciato. Nel VII secolo Asarhaddon, con l'aiuto di Tiro, conquista Sidone nel 677 a.C., la quale viene totalmente distrutta: Tiro rientra in possesso dei suoi territori ed acquista un nuovo predominio. La ribellione di Tiro nel 671 a.C. causa un pesante vassallaggio, anche se ormai l'Assiria è molto più debole sotto Assùrbànipal, che riorganizza le province locali in Simira a nord, Sidone al centro, e Tiro (Ushu) a sud.

Età babilonese e persiana[modifica | modifica sorgente]

L'impero assiro cade nel 547 a.C., a cui segue Nabucodonossor II (604-562 a.C.), che viene contrastato da una coalizione fenicia ed egiziana, con cui si scontra nella battaglia di Karkemiš nel 604 a.C. L'assedio di Tiro dura tredici anni, ed una volta conquistata viene governata da sette sufeti, ossia giudici locali. L'impero vede il suo declino con Nabonedo: subentrano i Persiani, che vengono accolti con favore, dato che promuovono prosperità e autonomia. Ciro II il Grande (559-530 a.C.) ottiene la sottomissione volontaria dei re fenici, Cambise II (530-522 a.C.) effettua una campagna in Egitto, appoggiata dai Fenici, mentre Dario I (521-486 a.C.) riorganizza l'impero in satrapie, istituendo la quinta per la Fenicia, ossia la Transeufratene; Sidone ottiene un certo predominio con la dinastia di Eshmunazar I, Tabnit, Eshmunazar II, Bodashtart. I contatti interni col mondo greco comportano molti influssi artistici filelleni. Fra il V ed il IV secolo a.C. avviene la rivolta dei satrapi, fra cui la stessa Sidone che si ribella e viene massacrata e la popolazione deportata da Artaserse III.

Età ellenistica e romana[modifica | modifica sorgente]

Una volta ricostruita Sidone nel 345 a.C., poiché fondamentale base strategica, si arrende spontaneamente insieme ad Arwad e Biblo all'arrivo di Alessandro. Tiro si oppone e viene cinta d'assedio: il conquistatore unisce l'isola alla terraferma e conquista la città, che tuttavia mostra in seguito una ripresa. La cultura greca, già nota dai commerci, presenta un'accelerazione dell'ellenizzazione: gli influssi artistici e le assimilazioni divine evidenziano un'interazione fra le due culture (Bonnet), ed un fatto lento e con ritorni (Moscati). Dal I secolo a.C. si osserva l'intervento di Roma, che nel 64 a.C. istituisce la provincia di Siria, comprendendo le città fenicie. Il periodo sarà economicamente benefico, arricchito dallo splendore delle città di Tiro e Beirut.

Cultura e religione[modifica | modifica sorgente]

Società[modifica | modifica sorgente]

Busto del faraone Osorkon I, XXII dinastia, con iscrizione del re fenicio Elibaal (Parigi, Louvre).

La monarchia domina su ogni città-stato: ognuna era un'entità autonoma, composta dall'abitato e dalla campagna circostante. Le dinastie sono più o meno stabili ed ereditarie. Il re gode di grande prestigio e potere: c'è una certa continuità politico-istituzionale tra la fine dell'età del Bronzo e del Ferro. A volte appare un'assemblea cittadina, e comunque un affiancamento degli anziani, che prendevano decisioni al posto del re, o molto probabilmente erano esponenti delle classi mercantili. In più erano presenti governatori assiri e sufeti, particolarmente in epoca neobabilonese a Tiro. Le iscrizioni reali da Sidone, Tiro e Biblo mostrano le missioni del re, ossia far vivere il popolo e vigilare sul culto; a Sidone la dea Astarte è la protettrice dei sovrani, che sono scelti dagli dei secondo virtù, che sono personificazioni divine (giustizia e rettitudine). I poteri del re esistono in ambito legislativo, giudiziario, economico, militare e rituale; anche la regina e la regina madre esercitavano un certo potere. Alla centralizzazione dell'età del Bronzo si contrappone una certa intraprendenza dei privati nell'epoca del Ferro. Non si hanno prove di un culto funerario per i monarchi, probabilmente plausibile: lo stesso dio Milk era letteralmente "re divinizzato". Dal IV secolo a.C. è attestata un'assemblea democratica che raggruppa tutti i cittadini, con maggiore rilievo in età persiana; in più vi erano sicuramente altre magistrature individuali e collettive. La gerarchia dei diritti e dei doveri avveniva su una logica binaria: liberi-schiavi, uomo-donna, cittadini-stranieri, di cui i gruppi propulsori erano l'ambiente palatino e le grandi famiglie, soprattutto di commercianti ed imprenditori. Cittadino poteva essere il maschio nato da cittadini; non si hanno notizie sulla condizione del mondo rurale. Gli influssi greci sono osservabili nell'evergetismo (beneficenza per una città), la prossenia (l'ostilità fra Greci e Fenici) e la poliadizzazione. A proposito della condizione degli schiavi, si hanno notizie di una ribellione a Tiro nel IV secolo a.C.; ma le condizioni sono molto variabili, anche con possibilità di affrancamento; va ricordato che i Fenici erano celebri per il commercio schiavistico. La Fenicia era molto aperta agli stranieri, per scopi prettamente commerciali. Non si conoscono dati precisi sulle procedure di ammissione, ma spesso si autogestivano in base ad accordi: ad esempio i Greci erano riuniti in associazioni professionali, a sfondo etnico e religioso.

Scrittura e lingua[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Alfabeto fenicio e Lingua fenicia.
Alfabeto fenicio

Il più importante elemento culturale che si suole ascrivere alla civiltà fenicia è l'invenzione dell'alfabeto. La lingua fenicia, infatti, è stata scritta a partire dalla fine del II millennio a.C. mediante un alfabeto, di tipo consonantico, con ventidue segni scritti da destra verso sinistra. Esso costituisce il punto di arrivo di una lunga evoluzione, che probabilmente prende le mosse dai segni della scrittura detta "protocananaica", a sua volta forse originata da modelli egiziani sulla base di un principio acrofonico. Tale scrittura venne in seguito adottata anche da altri popoli circostanti e dette origine a una serie di altre scritture alfabetiche, non solo semitiche (anche l'alfabeto greco e quello latino derivano in ultima istanza da quello fenicio). Un indubbio, anche se fin qui imprecisato, legame esiste anche con l'alfabeto ugaritico, che ha il medesimo ordine alfabetico e i cui segni possono in gran parte costituire una "resa" con tratti a forma di cuneo di disegni "lineari" come quelli protocananaici e fenici.

Quanto alla classificazione linguistica del fenicio, esso fa parte del ramo cananaico del semitico nordoccidentale, insieme all'ebraico e al moabitico. Nella madrepatria si suppone che il fenicio sia stato in uso fin verso l'era cristiana. La sua varietà parlata a Cartagine (punico) era ancora parlata ai tempi di sant'Agostino.

Iscrizioni in fenicio al di fuori della madrepatria sono state individuate in Cilicia e Siria fin dall'VIII secolo a.C., ma se ne trovano un po' dovunque nel bacino del Mediterraneo. Il fenicio era diviso in diversi dialetti nelle diverse città, in particolare Sidone e Tiro. Una varietà del dialetto tirio era parlata dai coloni di Cartagine, ed è nota col nome di punico (spesso in linguistica si parla di "fenicio-punico"), che a sua volta è attestata in molte località del Mediterraneo occidentale che da Cartagine vennero colonizzate. Alcuni testi in punico ci sono giunti attraverso una trascrizione latina (comprendente anche le vocali) in alcuni passi del Poenulus di Plauto.

Anche la stele di Nora, ritrovata nella località presso Cagliari in Sardegna, è un importantissimo reperto in caratteri fenici.

Mitologia[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi mitologia fenicia.

Le fonti per la religione fenicia sono le iscrizioni dalle città fenicie per i nomi divini, anche se non si possiedono scritti mitologici, liturgici o profetici. Gli autori principali sono: Sancuniatone, sacerdote di Beirut (XII secolo a.C.), riportato da Filone di Biblo, giuntoci attraverso Eusebio, con dubbi sull'autenticità; Damascio, neoplatonico (V secolo a.C.), che cita una cosmogonia di Mecio; Plutarco e Luciano, che forniscono dati sulle credenze; l'Antico Testamento, soprattutto riguardo ai Cananei; i testi di Ugarit, anche se non direttamente comparabile; le fonti puniche, anche se il raffronto è difficile a causa degli sviluppi autonomi.

La religione fenicia appare come un prolungamento di quella cananea del II millennio a.C. Ogni città fenicia costituita uno stato autonomo, con una divinità poliade generalmente associata ad un partner, con determinate funzioni, A Tiro imperava Melqart, insieme ad Astarte, dove era comune il rito dell'egersis, o risveglio annuale. Melqart è il prototipo del re che garantisce ordine e benessere (assimilato ad Eracle), mentre Astarte è la dispensatrice di potere e vitalità, legata al trono e alla fertilità (assimilata ad Afrodite ed Era). A Sidone erano venerati Astarte ed Eshmun, dio protettore e guaritore, assimilato ad Asclepio (Bonnet), la cui triade sarebbe capeggiata da Baal, parallelo ad El (Moscati). A Biblo invece si credeva nella Baalat Gubal (“signora di Biblo”), insieme al Baal di Biblo, che sta all'origine dell'Adonis greco; per loro erano celebrate feste annuali di morte e resurrezione. Altre divinità erano: Reshef, dio della folgore e del fuoco, originariamente nefasto poi benefico; Dagon, dio del grano, dalle origini remote; Shadrapa, conosciuto dal VI-V secolo a.C., “genio guaritore”, rappresentato con serpenti e scorpioni; diversi culti astrali, di scarsa presenza, perlopiù dall'età ellenistica; ipostasi di qualità e funzioni, come il Chusor, inventore e lavoratore del ferro, oppure Sydyk e Misor, divinità della giustizia e della rettitudine.

Da Filone di Biblo è conosciuta la mitologia, in particolar modo l'origine del cosmo, della cultura e degli dei: all'origine sono il vento e il caos, da cui nasce un uovo cosmico, detto Mot. La cultura sarebbe stata creata da Usoos, inventore delle pelli d'animali, mentre al vertice della genealogia divina sarebbero stati Eliun e Berut. Gli dei vivevano nei templi, cosiddetti “bet”, ossia casa o palazzo. Non ci sono pervenute statue a causa del diffuso aniconismo, anche se non eccessivamente rigoroso. Era molto diffuso il culto di stele o betili, nonché di montagne, acque, alberi, e pietre ritenute sacre. Molti santuari e rovine presentano spesso una stratificazione successiva in età cristiana. Asherah è una piccola colonna votiva in legno, analoga al betilo (ossia “dimora degli dei”). Il tempio era un recinto sacro a cielo aperto con una piccola cappella o betilo (o entrambe); davanti ad essi vi era un altare per i sacrifici, con vicino una fonte o un bacino ed un bosco. Le offerte potevano essere cruente o meno (eccezione per il maiale, che era considerato tabù), in cambio dei quali speravano di ottenere la grazia, spesso a sua volta seguita da un ex voto. Si credeva anche nei refaim, esseri dell'aldilà, forse semplicemente persone defunte.

La magia deriva da modelli egiziani, come scarabei ed amuleti: era una pratica comune e diffusa: lo scopo era allontanare il malocchio o colpire i nemici, con formule talvolta incise su lamine di piombo nelle tombe. L'approccio alla religione da parte dei Fenici era più ritualistico che mitologico. L'aldilà era localizzato sottoterra, come un deserto arido e buio; essenziale per i defunti era ricevere una sepoltura ed essere ricordati tra i vivi.

Città e siti[modifica | modifica sorgente]

I principali siti del Levante nel primo millennio.

Nel Tardo Bronzo si contano circa venti località fenicie principali, appartenenti ad otto regni, tutte attorno ad una città portuale più grande; nell'età del Ferro invece sono quattro grandi paesi (Arwad, Biblo, Sidone, Tiro) a cui gli altri afferiscono.

Arwad[modifica | modifica sorgente]

Arwad (Arados) sorgeva su un'isola di fronte ad Antarado (oggi Tartus), dove non ci sono tracce di occupazione fenicia: dal II millennio a.C. è menzionata nei testi di el-Amarna. Dal territorio continentale la città dipendeva per le forniture e le sepolture. La città era governata da un re insieme ad altri uomini della stessa città: probabilmente si trattava di un'aristocrazia mercantile. Sotto il dominio assiro riuscì a mantenersi autonoma, ma perse alcuni territori; lo stesso avvenne con i re babilonesi: la sua strategia politica era di pagare il tributo per vedersi riconoscere la propria autorità. Si tratta di un sito abbastanza esteso, anche se sono poche le tracce archeologiche e gli scavi sistematici; vi erano due porti, ma solamente uno è stato ritrovato. I culti erano vari, fra cui Melqart, Asclepio, Afrodite, Cronos: è stato trovato un santuario federale dedicato a Giove in località Baitokaiké, nell'interno, forse originariamente dedicato a Baal.

Amrit[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Amrit.
La parte centrale del maabed di Amrit.

Amrit (anche Marathos) è costituita da una breve striscia costiera, priva di insenature per uso portuale, con due piccoli corsi d'acqua. A nord si trovano i resti dell'abitato ed il maabed, mentre a sud erano le necropoli e la località di Ai el-Haijat; era legata ad Arado nel periodo fenicio, anche se non apparteneva al suo hinterland. Il maabed fu scavato da Ernest Renan, ed anche successivamente: il suo impianto era genericamente egiziano, ma la costruzione avvenne in periodo persiano. È stato costruito in parte scavando il banco di roccia, in parte aggiungendo blocchi: si tratta di un bacino rettangolare con al centro un basamento risparmiato per costruirci una cappella. L'acqua proveniva da una sorgente vicina, e lungo i tre lati vi erano passaggi porticati con massicci pilastri rettangolari: nel lato nord si trova l'ingresso monumentale con due torri e due altari simmetrici. La cappella centrale era a tetto piano ornata da modanatura a gola egizia e merlature a gradini, mentre il gocciolatoio era composto da due protomi leonine. Il santuario era dedicato probabilmente ad un dio guaritore, forse Eshmun. Vicino c'era anche una fossa cultuale, studiata da Maurice Dunand con un'iscrizione ed un ex voto, che confermerebbero Eshmun e Melqart come destinatari del culto. Nelle vicinanze era una necropoli con diverse tombe scavate nella roccia, con alcuni sarcofagi antropoidi ed alcune tombe sormontate dai cosiddetti megazil, edifici a forma di torre che davano accesso alla camera funeraria, risalenti al IV secolo a.C. Vi era anche uno stadio monumentale scavato nella roccia nel II secolo a.C.: la città era infatti completamente autonoma in età ellenistica.

Biblo[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Byblos.

Biblo, l'antica Gubal, si trova su un promontorio sul mare, con due piccoli corsi d'acqua laterali. La documentazione riguarda almeno quindici grandi fasi di occupazione, dalla preistoria alla conquista araba, che hanno determinato troppe sovrapposizioni e svolgimenti. Durante la fase neolitica (circa 7000 a.C.) vi era un villaggio di pescatori: l'urbanizzazione avviene fra IV e III millennio: la città è sviluppata intorno al santuario della Baalat, con una crescita maggiore dal 2700 a.C. I legami con l'Egitto sono molto stretti, documentati da un vaso in alabastro di un faraone della II dinastia egizia. La cinta muraria presenta contrafforti ed una strada nord-sud principale, mentre le abitazioni sono a pianta regolare con un cortile centrale a due vani, in materiali diversi, ossia mattoni crudi, pietra, legno, ed intonaco argilloso. Fra il 2300 ed il 2200 a.C. vi è una fase di distruzione causata dall'invasione amorrea: la fioritura urbana avviene nel Medio e Tardo Bronzo, con la ricostruzione del tempio delle Baalat e della divinità maschile (Reshef, poi tempio degli Obelischi), che assume la forma che terrà fino in epoca persiana: una cella quadrata con un'antecella ed un portico in un recinto sacro al quale si accede dal cortile, ed una zona esterna con delle dipendenze. Al centro della corte è il grande obelisco con varie installazioni cultuali e piccoli obelischi e cappelle. Le offerte riprese cono la giara Montet (circa 2130 a.C.) con circa mille oggetti di diversa provenienza; da notare a nordest la necropoli K con tombe scavate a pozzo. Nel XVIII-XVI secolo a.C. - nel periodo hyksos - l'abitato si espande, grazie anche ai maggiori rapporti con l'esterno ed una ulteriore ricchezza, documentata anche dallo sfarzo delle tombe. Nel 1200 a.C. si riscontra l'arrivo dei Popoli del Mare, anche se non vi è traccia a Biblo di insediamenti filistei.

Dal XI all'VIII secolo a.C. vi è il periodo dell'indipendenza e poi delle dominazioni, benché queste ultime siano meno note: le strutture difensive vengono rafforzate, e continua l'uso della necropoli reale. Il sarcofago di Ahiram proviene dalla Tomba V, ed appartenne ad un re del X secolo, in cui vi si trova per la prima volta un'iscrizione in alfabeto fenicio: il sarcofago fu voluto da re Ittobaal per il padre, affinché si rispettassero la tomba ed il cimitero. La parte alta del pozzo era adattata a vano per il culto funerario, con un pavimento ligneo su travi incassate; altri due sarcofagi erano nella stessa camera, accantonati. Durante la dominazione persiana si ha una fioritura economica, legata all'attività edilizia del re Yehumilk (probabilmente di origini oscure, poiché non menziona il nome del padre), che realizza un'iscrizione dedicatoria per Baal Shamin ("signore del cielo", che divenne il nome del dio supremo) e alla signora di Biblo. La dinastia prosegue con Abibaal, che offre alla Baalat una statua del faraone Sheshonq, poi seguito da Elibaal e Shipitbaal.

Nel VI secolo a.C. viene costruito un possente terrazzamento a nordest della città, con torri angolari e su queste un edificio rettangolare con due file di pilastri (come nell'Apadana iranica). Fra il V ed il IV secolo a.C. le difese del settore nordest vengono ulteriormente allargate, con l'aggiunta di una linea fortificata. A quest'epoca appartiene l'iscrizione regale di Yehomil, un re abbigliato alla maniera persiana, che in una stele offre alla dea Baalat con fattezze di Hathor: è il tentativo di legittimarsi poiché non è il figlio, ma il nipote del re precedente. A Biblo scavarono per primo Ernest Renan dal 1860, che scoprì la fisionomia egittizzante della città, e poi Novelli Davide, scopritore del sarcofago di Ahiram, ed infine Maurice Dunand dal 1926 al 1973.

Berito[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Beirut.

Beirut (o anche Berito) durante il II millennio a.C. è sottoposta al dominio persiano, sede di attività portuali, che dai testi ugaritici sembra prevalente il commercio di vino. Benché vi sia un'eclissi dal XII secolo alla metà del I millennio a.C., si osserva un rinascita in epoca persiana. Nel II secolo a.C. le si attribuisce il nome di Hodice di Fenicia, ed è un centro commerciale di grande rilevanza, con importanti negozianti e banchieri a Delo. In epoca romana fu sede di un'importante scuola giuridica. Fu esplorata in seguito alle distruzioni della guerra civile, la zona alta risale al Bronzo Antico, con una prima fortificazione nel Bronzo Medio ed una successiva entrata monumentale. C'erano un tempio, con depositi cultuali, e qualche deposizione funeraria in giare; probabilmente erano presenti anche un palazzo ed alcuni edifici amministrativi. Nel Tardo Bronzo si realizza un muro di cinta e dei “glacis”, ossia un leggero pendio protettivo di fronte alle fortificazioni, un sistema rafforzato nell'Età del Ferro, e di nuovo modificato in epoca persiana (V-IV secolo a.C.). La necropoli era in disuso, con le abitazioni della città nella parte bassa. Lo studio della ceramica è fondamentale a Beirut, poiché centro di scambi con l'Egeo e i centri vicini. Nella città bassa c'è il settore dei Suk, con case, settori artigianali,mercantili e industriali, con una necropoli a pozzi nella roccia.

Sidone[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Sidone.

Sidone, la moderna Saida, fu occupata fin dal IV millennio a.C., con poco più a sud i resti di un insediamento calcolitico chiamato Dakerman, poi occupato da una necropoli. Il muro di cinta era realizzato con un'accurata messa in opera esterna. Si conoscono otto tombe di inumati in giare. La regione dell'entroterra di Sidone era ricca di tombe dell'Età del Bronzo, come ad esempio Kafer-Giarra, con tombe del Medio e Tardo Bronzo scavate nella roccia con pozzo e camera. La città aveva un ruolo importante alla fine del Tardo Bronzo, anche se non si possiedono le fonti relative. Appare come la città fenicia egemonica nell'Antico Testamento e in Omero, con ampio uso del termine “Sidonii”. In cuneiforme il nome della città è preceduto dal classificatore “kur” (per “paese”), non come Tiro, preceduta da “uru” (per “città”). Le due città si uniscono nel regno di Tiro e Sidone fra IX e VIII secolo a.C., separate in seguito a causa della ribellione di Sidone contro gli Assiri; in seguito, verrà punita cambiandone il nome in Kar-Asarhaddon. Le aree cimiteriali dell'Età del Ferro sono: Dakerman, a sud, dal XIV secolo a.C. al I secolo d.C., con tipologie diverse di tombe, fra le quali a fossa e sarcofagi; si trattava di una necropoli semplice, dedicata ai ceti medi e bassi della popolazione; Tambourit, a suedt, con una tomba ad incinerazione scavata nella roccia, con alcuni vasi locali ed una pisside geometrica greca della fine del IX secolo a.C.; ‘Ain el-Helweé, sfruttata nell'VIII-VI secolo a.C., con manufatti tipici dell'artigianato fenicio; Sheik Abanoh, contemporanea alla precedente. Le necropoli reali si trovavano sulle colline dell'entroterra: si tratta di tombe scavate nella roccia con pozzo di accesso. Le principali sono: Mogaret Abloun, conosciuta per il sarcofago di Eshmunazar II, in basalto e stile egizio; Aya, celebre per il sarcofago di Tabnit, in basalto e stile egizio; ‘Ain el-Helweé, con diversi sarcofagi antropoidi di scuola greco-ionica. Le iscrizioni dei sarcofagi mostrano un passaggio nel testo dalla seconda alla terza persona al momento di proferire delle imprecazioni, con alcune ripetizioni di intere frasi: si è pensato ad un poema epico. Eshmunazar mostra alcune istituzioni fenice: nessuna identità del re-sacerdote, ma identifica la madre che era sacerdotessa di Astarte, mostrando inoltre la sua politica nei confronti del re achemenide, di cui si guadagnò la fiducia fornendogli supporto navale contro i Greci, anche se il popolo era ostile alla dominazione persiana (tanto da rivoltarsi nel IV secolo a.C. col re Tennes). Sidone stessa è uno dei centri di produzione dei sarcofagi, anche se con scultori greci. Forse costituiva anche la residenza ufficiale assira, ipotizzata dal ritrovamento di una base di colonna con toro rigonfio. Con gli Achemenidi la città ottiene uno statuto particolare ed una residenza persiana, in stile tipico, costruita da maestranze straniere. A sud era il quartiere industriale, per la tintura dei tessuti, scavata da Contenau. A Bostan esh-Sheik era il tempio di Eshmun su terrazze, di epoca neobabilonese (Vi secolo a.C.), di cui si hanno resti di terrazzamento tronco-piramidale, riadattato in epoca achemenide con un podio a grandi blocchi e su di esso un tempio in marmo di tipo ionico, in stile irano-greco secondo Dunand. Fra V e IV secolo a.C. si aggiungono una tribuna con una ricca decorazione a rilievo insieme ad altre strutture. L'edificio si allarga in età ellenistica con un edificio, la piscina di Astarte. Si hanno fasi successive dal III secolo d.C., con una via colonnata, un ninfeo, una chiesa. Sidone prospera in epoca ellenistica sotto i Lagidi, ed è ancora autonoma nel III secolo a.C., inizio dell'era di Sidone. Nel 64 a.C. viene incorporata nella provincia romana di Siria.

Sarepta[modifica | modifica sorgente]

Sarepta, l'odierna Sarafand, dispone di due insenature; è citata in documenti egiziani e siriani dal II millennio a.C., come parte del territorio di Sidone. L'occupazione più antica risale alla fine del Bronzo Medio, ma con un abitato documentato archeologicamente dal Tardo Bronzo, che continua fino alla piena età ellenistica. Sono documentate diverse attività commerciali con le città costiere settentrionali, una vigorosa industria della porpora, tessuti, metalli, ceramica, oreficeria, cerealicoltura e produzione di olio, oltre che ad alcuni quartieri abitativi. Si conoscono collegamenti con la metallurgia di Cipro e delle importazioni micenee: i contatti con Cipro continuano fra il IX e l'VIII secolo a.C., evidenziati da una coppia di semicerchi pendenti. Nella città bassa sono stati identificati due quartieri: uno di ceramisti, ed un'area con due sacelli, uno sull'altro, con diverse planimetrie. Il più antico dei due risale all'VIII-VI secolo, con una pianta rettangolare e l'ingresso sul lato lungo, ed in seguito un altro sul lato breve, insieme ad una banchina ed una tavola per le offerte, ed un incasso nel pavimento di un elemento verticale. Si conoscono molti materiali, perlopiù offerte di tipo fenicio o egizio; è dedicato a Tanit-Astarte, come menzionato da un'iscrizione su avorio del VI secolo a.C., che fa riferimento ad una statua non ritrovata, e che però permette di considerare Tanit originaria della regione. La città fu scavata da Ernest Renan, e poi dagli americani di James Pritchard: è oggi il sito fenicio meglio conosciuto.

Tiro[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Tiro (sito archeologico).

Tiro è una città insulare edificata su uno scoglio (“sur”), originariamente costituito da due isole unite nel X secolo a.C., e oggi legata alla terraferma dalla diga voluta da Alessandro Magno. Un papiro egizio del XIII secolo a.C. distingue Uzzu, la Tiro antica continentale, Tiro porto, la città insulare. L'occupazione del sito risale al III millennio a.C., anche se risulta permanente dal Bronzo Antico: si ha una fase di abbandono fra il 2.000 e il 1600 a.C. è conosciuta dalle citazioni di el-Amarna (un re di Tiro chiedeva al faraone il possedimento della città continentale per mancanza di risorse) e dalla ceramica micenea, che documenta i contati con l'Egeo. Erano due i porti: siconio a nord, ed egiziano a sud, con un complesso sistema di frangiflutti e moli, con torri e bacini. Tiro controllava un ampio territorio con diverse vie di comunicazione, di facile smercio. I rapporti diplomatici ed economici erano soprattutto con Israele, legata alla cessione di località. La documentazione più antica è di Giuseppe Flavio, dagli Archivi di Tiro, da diversi storici di epoca ellenistica, soprattutto riguardo ai rapporti fra re Hirom I e Salomone nel X secolo a.C. Il tempio di Melqart era sull'isola settentrionale, sui ruderi di uno più antico, non ancora scoperto poiché ipotizzato sotto la basilica dei Crociati; forse presenta analogie con il tempio di Gerusalemme, costruito dagli stessi artigiani locali, con pianta longitudinale, ingresso assiale con vestibolo, antecella e cella lunga, secondo la tipologia del Bronzo Medio siriano; l'alzato era in pietra e legno, con merli a gradini e capitelli egittizzanti. Un altro tempio era nell'isola meridionale, che i Greci identificavano per Zeus Olimpo. Altri templi citati dalle fonti erano uno di Astarte ed un altro per Melqart sulla terraferma. Hiram fece anche altri lavori di assetto urbanistico, come la colmata fra le due isole e la costruzione dei porti. Tiro assume una certa preminenza sulle altre città fenicie dall'800 a.C. Perse parte del suo territorio dalla conquista della Palestina settentrionale con Tiglatpileser III (733-732 a.C.) e fu inglobata nella provincia assira nel 662 a.C. con Assurbanipal. L'economia locale si basava sulla navigazione, la tintura delle stoffe, il legno, e il vetro. Le fortificazioni risalgono al IX secolo a.C., anche se ricostruite in età persiana. Rachidijen è la necropoli meridionale, datata al Medio bronzo, con alcuni rinvenimenti occasionali, e diverse tombe a pozzo scavate nella roccia ad incinerazione (IX-VIII secolo a.C.). Dopo la conquista di Alessandro si apre alla cultura greca, prosperando sotto i Lagidi e i Seleucidi, guadagnando autonomia nel II secolo a.C. fu scavata da Renan e Poitchetand. Il vicino sito di Kharayeb presenta un tempio del V-IV secolo a.C. con terrecotte egittizzanti. Umm el Amed, l'antica Hamon, è un complesso sacro di epoca ellenistica, scavato da Dunand e Duru; il santuario è del V secolo a.C., articolato in vari templi e collegato con delle strade. Alcune iscrizioni fenice erano destinate a Milkashart, dio poliade, Baal di Tiro e Baal Shamin; mostra dunque una resistenza della cultura fenicia alle penetrazioni greche in età ellenistica. Akhziv è un sito del II millennio a.C., con una serie di necropoli che mostrano la varietà delle pratiche funerarie del I millennio a.C., con una forte stratificazione sociale. Il corredo è determinato dall'influsso della cultura fenicia.

Cartagine[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Cartagine.

La città di Cartagine, sorta come colonia di Tiro, sviluppò in seguito una grande importanza e per molto tempo fu la "padrona" del mar Mediterraneo.

Mozia[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Storia della Sicilia fenicia.

I fenici si insediarono anche nella Sicilia occidentale, dove fondarono le città di Mothia, Palermo e Solunto.

Siti minori[modifica | modifica sorgente]

  • Tell Kazel si trova nell'attuale Siria, ed è identificabile con l'antica Sumura. Fu importante poiché situata al confine con i regni sotto controllo ittita. Ambita dagli Assiri, ne fecero la capitale della provincia; fu scavata da francesi, siriani e libanesi: l'occupazione comincia nel Bronzo Medio con una fortificazione.
  • Tell Arqa è in Libano, e presenta alcune tombe arcaiche ad incinerazione, e tracce relativamente modeste d'insediamento, ossia delle case ed un santuario.
  • Tripoli è una città oggi libanese, forse fondata nel 761 a.C., conosciuta soprattutto dai livelli persiani: è nota per essere frutto della collaborazione fra tre città, da cui deriverebbe il nome, che avrebbero fondato tre quartieri individualmente. Qui con ogni probabilità si trovava il consiglio delle città fenicie, realizzato in funzione antipersiana. La città ebbe molto prestigio sotto i Seleucidi, e divenne una città-stato autonoma dal 104 a.C.
La città di San Giovanni d'Acri, in Israele.
  • Khalde era probabilmente la Hildua degli annali assiri, e apparteneva al territorio di Sidone. Gli scavi di Saidah hanno trovato duecento tombe del I millennio a.C., sia ad inumazione che ad incinerazione: la necropoli era collegata ad un insediamento ancora inesplorato. A nordovest era il santuario di Deir el-Qala, dedicato al culto di Baal Marqot ("signore della danza").
  • Akko (oggi San Giovanni d'Acri), che costituiva il confine convenzionale della Fenicia. Ospitava un importante insediamento cananeo, sede di un regno alleato dell'Egitto faraonico. Nel I millennio a.C. fece parte periodicamente del territorio di Sidone, di Tiro e di Israele in alternanza. Sotto i Persiani fu un importante centro amministrativo, con un porto a destinazione commerciali e militare, dato che vi risiedevano molti negozianti greci. Nel 312 a.C. fu conquistata da Tolomeo I, che ne distrusse le mura e ne mutò il nome in Ptolemais.

Le attività artigianali[modifica | modifica sorgente]

I Fenici svilupparono straordinarie attività artigianali, in alcune delle quali furono considerati maestri insuperabili. I loro tessuti di lana, tinti con la porpora (un colorante come dicevamo prima derivato da un mollusco chiamato murex o murice) nelle più diverse sfumature del rosso, erano noti in tutto il Vicino Oriente e nel Mediterraneo. Notissime erano le placche d'avorio scolpite, traforate, ricoperte d'oro, di smalti e di pietre colorate con uno stile che gli studiosi chiamano oggi «internazionale», perché associavano influenze disparate dell'Età del Bronzo, egizie, mesopotamiche, siriache, ittite, assire. I fenici inventarono anche la tecnica della soffiatura del vetro mediante cannule di metallo che evitava di produrre l'oggetto in due semiparti che incollate presentavano alla fine la tipica linea laterale di unione. Tuttavia non tutti concordano su questo: secondo altre fonti gli inventori della soffiatura del vetro sembrerebbero essere i Siriani.

Arte[modifica | modifica sorgente]

Pietra incisa con segno di Tanit, V-II secolo a.C., da Arados (Parigi, Louvre).

Il vero scopritore dell'arte fenicia fu l'archeologo francese Ernest Renan (1860-61), i cui studi si aggiunsero agli scavi di Biblo di Pierre Montet e Maurice Dunand. La scarsezza del materiale proveniente dall'area fenicia viene supplita dai materiali delle regioni circostanti, dai dati indiretti, dall'Antico Testamento e dalle raffigurazioni assire. L'arte fenicia si inquadra in quella siriana, con confluenze egiziane, mesopotamiche, egee e anatoliche; sono scarse le aspirazioni alla grande arte, trattandosi di produzione di livello artigianale. L'arte fenicia si caratterizzò per una carenza di unitarietà e di totale originalità e tranne Cartagine, quasi tutti gli altri siti fenici situati sul mare, si rivelarono più che altro empori adibiti al commercio, quindi poco espressivi di manifestazioni artistiche.[5]

Se gli avori sono prevalentemente di stile egittizzante, la glittica deriva dallo stile della Mesopotamia, mentre la ceramica mostra una produzione tipicamente egea, ed inoltre i metalli evidenziano una commistione dell'arte mesopotamica e dell'Anatolia: gli influssi forti e diversi sono corrisposti da interpretazioni locali, che nell'Età del Ferro costituiscono ancora un attardamento delle caratteristiche dell'Età del Bronzo. L'architettura è conosciuta solamente dalle figurazioni assire: tutte le città erano comunque cinte da mura, turrite e merlate, e con case sovrapposte. Immagini della città di Tiro sono state trasmesse dalle porte bronzee costruite da Salmanassàr III e dai celebri rilievi di Sennacherib.

Tre furono i tipi di santuari diffusi: il tempio di derivazione egizia, contraddistinto dall'elemento autoctono della doppia colonna libera nel cortile d'ingresso, il recinto sacro contenente l'altare al centro della struttura, e il tophet caratterizzato da stele e cappelle votive. I Fenici si misero in luce per la produzione di stoffe e di tessuti, nei centri di Sidone e Tiro, e nella lavorazione dei metalli. Gli oggetti ritrovati a Byblos sono decorati con la tecnica della granulazione e del tratteggio.

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. ^ Enrico Acquaro. Cartagine. Un impero sul Mediterraneo, p. 9
  2. ^ Enrico Acquaro, cit., p. 10
  3. ^ C. Bonnet, I Fenici, Carocci, Roma 2005
  4. ^ Sabatino Moscati, Il mondo dei Fenici, Roma 1969
  5. ^ Universo, De Agostini, Novara, 1964, Vol.IV, pag.487-488

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

  • a cura di Sabatino Moscati, I Fenici, Bompiani, Milano 1988
  • Gerhard Herm, L'avventura dei Fenici, Garzanti, Milano 1997
  • Jean-Pierre Thiollet, Je m'appelle Byblos, H & D, Parigi 2005
  • Sabatino Moscati, Il mondo dei Fenici, Roma 1969
  • M. Gras, P. Rouillard, J. Teixidor, L'universo fenicio, Einaudi, Torino 2000
  • C. Bonnet, I Fenici, Carocci, Roma 2005
  • G.Sanna, 'La Stele di Nora/ The Nora Stele. The God, the Gift, the Saint'. PTM ed. Mogoro (Sardegna) 2009

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