Federico Fellini

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« Il visionario è l'unico realista.[1] »
(Federico Fellini)

Federico Fellini (Rimini, 20 gennaio 1920Roma, 31 ottobre 1993) è stato un regista e sceneggiatore italiano.

È considerato universalmente uno dei più grandi ed influenti cineasti della storia del cinema. Già vincitore di quattro premi Oscar al miglior film straniero, per la sua attività da cineasta gli è stato conferito nel 1993 l'Oscar alla carriera. Vincitore due volte del Festival di Mosca (1963 e 1987), ha inoltre ricevuto la Palma d'oro al Festival di Cannes nel 1960 e il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1985.

Nell'arco di quasi quarant'anni - da Lo sceicco bianco del 1952 a La voce della luna del 1990 - Fellini ha "ritratto" in decine di lungometraggi una piccola folla di personaggi memorabili. Definiva se stesso "un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo". Ha lasciato opere indimenticabili, ricche di satira ma anche velate di una sottile malinconia, caratterizzate da uno stile onirico e visionario. I titoli dei suoi più celebri film, La strada, Le notti di Cabiria, La dolce vita, e Amarcord - sono diventati dei topoi citati, in lingua originale, in tutto il mondo.

Biografia[modifica | modifica sorgente]

Infanzia e giovinezza[modifica | modifica sorgente]

Federico Fellini nasce a Rimini il 20 gennaio del 1920 in una famiglia benestante. Il padre, Urbano (1894-1956) è un rappresentante di liquori, dolciumi e generi alimentari di Gambettola, cittadina situata a poco più di 20 km a ovest di Rimini. La madre, Ida Barbiani, romana del rione Esquilino, è casalinga. Fellini segue studi regolari, frequentando il Liceo classico Giulio Cesare[2] e rivela già il proprio talento nel disegno, che manifesta sotto forma di vignette e caricature di compagni e professori.

Il suo disegnatore preferito era lo statunitense Winsor McCay, inventore del personaggio di «Little Nemo». Ispirandosi al celebre personaggio, nella sua camera da letto aveva costruito con la fantasia un mondo inventato, nel quale immaginava di ambientare le storie che voleva vivere e vedere al cinema. Ai quattro montanti del letto aveva dato i nomi dei quattro cinema di Rimini: di lì, prima di addormentarsi, prendevano forma le sue storie immaginifiche.

Fellini, fin dall'età di 16 anni, mostrava una grandissima passione per il cinema, infatti, nel suo libro Quattro film, descrive che, tra gli anni 1936 e 1939, usciva di casa senza permesso dei genitori e visitava i cinema nella sua città.

Già prima di terminare la scuola, nel corso del 1938, Fellini prova alcune collaborazioni con giornali e riviste. La Domenica del Corriere gli pubblica qualche vignetta nella rubrica Cartoline dal pubblico, ma la collaborazione più duratura è quella che riesce a stabilire con il settimanale politico-satirico edito da Nerbini, Il 420, sul quale pubblica numerose vignette e rubrichette umoristiche, sino alla fine del 1939. Agli inizi dello stesso anno si era trasferito a Roma con la scusa di frequentare l'Università, in realtà per realizzare il desiderio di dedicarsi alla professione giornalistica.

Gli esordi[modifica | modifica sorgente]

Il giovane Fellini

Fellini giunge nella capitale seguito dalla madre Ida, che nella città ha i suoi parenti, e dai due fratelli Riccardo e la piccola Maddalena; prende alloggio in via Albalonga, fuori porta San Giovanni (nel quartiere Appio-Latino). Si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza. Le prime esperienze del giovane Fellini rivelano che il suo obiettivo professionale non era tanto diventare avvocato (non sosterrà mai un esame) quanto intraprendere il lavoro di giornalista.

Federico Fellini esordisce infatti, pochi mesi dopo il suo arrivo a Roma, nell'aprile del 1939, sul Marc'Aurelio, la principale rivista satirica italiana, nata nel 1931 e diretta da Vito De Bellis. Collabora come disegnatore satirico, ideatore di numerose rubriche (tra le quali È permesso…?), vignettista e autore delle celebri "Storielle di Federico", divenendo una firma di punta del quindicinale. Il suo principale referente in questa fase è il cartellonista e caricaturista Enrico De Seta.

Il successo nel Marc'Aurelio si traduce in buoni guadagni e inaspettate offerte di lavoro. Fellini fa conoscenza con personaggi a quel tempo già noti. Inizia a scrivere copioni e gag di sua mano. Collabora ad alcuni film di Erminio Macario: Imputato, alzatevi! e Lo vedi come sei... lo vedi come sei? del 1939; Non me lo dire! e Il pirata sono io del 1940; scrive le battute per gli spettacoli dal vivo di Aldo Fabrizi.

Fellini e la radio[modifica | modifica sorgente]

Nel 1941 viene chiamato a collaborare con l'Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (EIAR), avviando una breve stagione come autore radiofonico. Per quanto meno nota rispetto all'opera cinematografica, l'attività radiofonica di Fellini è importante poiché segna il suo esordio nel mondo dello spettacolo, nonché l'inizio del sodalizio artistico e affettivo con Giulietta Masina[3].

In questi anni Fellini firma una novantina di copioni, tra presentazioni di programmi musicali, riviste radiofoniche, fino alla celebre serie di 24 radioscene Cico e Pallina. Trasmessa saltuariamente all'interno del programma di varietà Il terziglio fra il 1942 e il 1943, la serie si incentra sulle avventure di due giovani sposi dall'animo semplice e puro[4].

Il ruolo di Cico è di Angelo Zanobini, mentre Pallina è interpretata da una giovane attrice di rivista, Giulietta Masina, che Fellini conosce nel 1942 e che diventerà sua compagna inseparabile e interprete. Tra l'ampia produzione radiofonica di questi anni, anche le riviste scritte con Ruggero Maccari (tra le quali Vuoi sognare con me con Paolo Poli, Riccardo Garrone, Gisella Sofio e Sandra Milo) e la toccante Una lettera d'amore (1942), incentrata su una giovane fanciulla analfabeta che spedisce fogli bianchi al fidanzato e che lascia presagire la poesia di successivi personaggi cinematografici come Gelsomina e Cabiria.

Nel luglio 1943 Giulietta presenta Federico ai propri genitori. Dopo l'8 settembre 1943, quando il proclama di Badoglio rese pubblico l'armistizio con gli Alleati, Fellini, invece di rispondere alla chiamata alla leva, convola a nozze con lei il 30 ottobre. Nei primi mesi di matrimonio vivono insieme nella casa della zia di Giulietta, Giulia, di famiglia benestante (i suoi congiunti possedevano a Milano il calzaturificio «Di Varese» e Giulia era vedova di Eugenio Pasqualin, preside del Liceo Tasso della capitale). Masina e Fellini hanno di lì a poco un figlio, Pier Federico detto Federichino, nato il 22 marzo 1945 e morto appena undici giorni dopo la nascita, il 2 aprile.

Prime esperienze da sceneggiatore[modifica | modifica sorgente]

Federico Fellini (a sinistra) con Moraldo Rossi (a destra) sul set de lo sceicco bianco, al centro l'attore Leopoldo Trieste.

Sempre agli inizi degli anni quaranta (1941-1942), Fellini conosce Tullio Pinelli, scrittore per il teatro. In breve nasce un sodalizio professionale: Fellini elabora idee e schemi, Pinelli li dispone dentro una struttura testuale. In quegli anni Fellini e Pinelli firmano come sceneggiatori i primi grandi successi di Aldo Fabrizi, fra i quali nel 1942 Avanti c'è posto... e Campo de' fiori di Mario Bonnard. Nel 1944, in tempo di guerra, Fellini dipinge caricature per i militari alleati in un locale di una traversa di via del Corso, via Margutta, insieme con il giornalista Guglielmo Guasta e i pittori Carlo Ludovico Bompiani e Fernando Della Rocca.

Nel 1945 avviene l'incontro con Roberto Rossellini. Fellini collabora alle sceneggiature di Roma città aperta e Paisà, considerate le prime pellicole del Neorealismo italiano[senza fonte]. In Paisà Fellini ricopre anche il ruolo di assistente sul set. Sembra, inoltre, che abbia girato, in assenza di Rossellini, alcune scene di raccordo (di certo dirige una lunga inquadratura della sequenza ambientata sul Po[5]). È il suo battesimo dietro la macchina da presa.

Negli anni successivi, Fellini firma nuove sceneggiature. Nel 1948 un soggetto realizzato con Pinelli viene messo in scena: Il miracolo, uno dei due episodi de L'amore, film diretto da Roberto Rossellini. Nell'episodio Fellini è anche attore: interpreta un vagabondo che incontra e seduce un'ingenua pastorella (Anna Magnani).

Seguono sceneggiature per diversi film di Pietro Germi: In nome della legge (scritto con Pinelli, Monicelli, Germi e Giuseppe Mangione), Il cammino della speranza (con Germi e Pinelli), La città si difende (con Pinelli). Ancora, con Alberto Lattuada, scrive la sceneggiatura de Il delitto di Giovanni Episcopo, Senza pietà e Il mulino del Po.

Prime esperienze di regia: Luci del varietà[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Luci del varietà.
Una scena di Luci del varietà
« Un film che diventerà famoso »
(Slogan pubblicitario del film[6])

Nel 1950 Fellini debutta alla regia con Luci del varietà, che dirige con Alberto Lattuada. Oltre alla regia, i due cineasti si cimentano anche come produttori grazie a un accordo basato su una formula di cooperativa[6]. Il soggetto della pellicola è un tema che diventerà un topos narrativo di Fellini: il mondo dell'avanspettacolo e la sua decadenza. Sul set si respira aria ilare e distesa con Lattuada che dirige principalmente i lavori ma con un Fellini sempre presente e attivo[7].

Nonostante il film riceva giudizi positivi da parte della critica, non riscuote gli sperati successi commerciali, piazzandosi come incasso al sessantacinquesimo posto tra i film italiani durante la stagione 1950-51. Il pessimo esito finanziario della pellicola lascia un segno pesante sui patrimoni personali di Fellini e Lattuada e ciò contribuisce a raffreddare definitivamente i rapporti tra i due.

Il debutto assoluto come regista: Lo sceicco bianco[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Lo sceicco bianco.
Fotogramma de Lo sceicco bianco.
« ... Si erano imbarcati tutti in un barcone che era a un chilometro di distanza su un mare immenso. Mi parevano lontanissimi, irraggiungibili. Mentre un motoscafo mi portava verso di loro, il barbaglio del sole mi confondeva gli occhi. Non solo erano irraggiungibili, non li vedevo più. Mi domandavo ‘E ora cosa faccio?...' Non ricordavo la trama del film, non ricordavo nulla, desideravo tagliare la corda e basta. Dimenticare. Poi, però, di colpo tutti i dubbi mi svanirono quando posai il piede sulla scala di corda. Mi issai sul barcone. Mi intrufolai tra la troupe. Ero curioso di vedere come sarebbe andata a finire »
(Federico Fellini a proposito del primo giorno di lavorazione del film[8])
La collaborazione con Nino Rota
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Nino Rota.
In occasione della scelta delle musiche per Lo sceicco bianco, nasce tra Fellini e il compositore Nino Rota un rapporto di collaborazione che coinvolgerà vita e arte di entrambi. Sull'incontro tra i due è nato un aneddoto secondo il quale Fellini, uscendo dalla Lux, notò un signore che aspettava l'autobus. Gli si avvicinò che gli chiese quale autobus stesse aspettando. Rota nominò un numero che non passava di là e mentre il regista cercava di spiegarglielo l'autobus si presentò. Questo racconto, per quanto inverosimile, riassume gli ingredienti che caratterizzeranno il rapporto artistico tra i due, fatto di magia, empatia e irrazionalità[9]. Tra i due si instaurò immediatamente un'intesa formidabile che li portò a collaborare per ben diciassette film. Fellini non si dimostrò mai un amante della musica ma questo non creò difficoltà a Rota, che per i film del regista riminese si adattò volentieri a scrivere marcette dai ritmi marcati e vistosi[9]. L'apice della collaborazione è raggiunto con la marcetta della scena della passerella finale di ; basata su l'entrata dei gladiatori, che divenne l'"inno" del fellinismo[10].

Due anni dopo Le luci del varietà, Fellini giunge al debutto assoluto come regista, con Lo sceicco bianco, con Antonioni coautore del soggetto, Flaiano coautore della sceneggiatura e una grande interpretazione di Alberto Sordi, esempio della capacità di Fellini di valorizzare gli attori più amati dal pubblico. È il momento cruciale nella carriera felliniana: il momento nel quale l'attività di regista prende il sopravvento su quella di sceneggiatore. La gestione delle riprese da parte di Fellini si realizza in una continua rivisitazione della sceneggiatura con l'arricchimento di situazioni e la dilatazione dei tempi. Questo suo modo di operare lo porterà ad alcuni contrasti con il direttore di produzione Enzo Provenzale[11].

Con questo film, Fellini inaugura - grazie anche alla collaborazione con Ennio Flaiano - uno stile nuovo, estroso, umoristico, una sorta di realismo magico, onirico, che però non viene subito apprezzato[12]. Gli incassi al botteghino si rivelano infatti un completo insuccesso, un duro colpo per la casa di produzione di Luigi Rovere.

Anche se vi sono alcuni giudizi positivi - Callisto Cosulich lo definisce "il primo film anarchico italiano" - la maggioranza della critica lo stronca fino a definirlo "...un film talmente scadente per grossolanità di gusto, per deficienze narrative e per convenzionalità di costruzione da rendere legittimo il dubbio se tale prova di Fellini regista debba considerarsi senza appello"[13].

I vitelloni[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi I vitelloni.
« Noi abbiamo passato la seconda metà della vita a cancellare i guasti che l'educazione aveva fatto nella prima »
(Federico Fellini[14])

Gli anni cinquanta sono caratterizzati da profondi cambiamenti nella società e in particolare nell'Italia che si avvia verso l'industrializzazione. I film di Fellini girati in questo periodo nascono proprio da questo contesto[15]. Dopo Luci del varietà il regista gira I vitelloni, che racconta la vita di provincia di un gruppo di amici a Rimini. Questa volta il film ha un'accoglienza entusiastica. Alla Mostra del cinema di Venezia, dove viene presentato il 26 agosto 1953, l'opera conquista il Leone d'argento. La fama di Fellini si espande per la prima volta all'estero, il film è infatti campione di incassi in Argentina e riscuote un buon successo anche in Francia, Stati Uniti e Inghilterra[14].

È il 1953 e il regista riminese, poco più che trentenne, fa ricorso a episodi e ricordi dell'adolescenza, ricchi di personaggi destinati a restare nella memoria. L'articolazione della trama del film in grandi blocchi episodici, qui per la prima volta sperimentata, sarà una consuetudine di molti suoi film successivi.

Il periodo di preparazione e lavorazione del film si svolge senza intoppi, nonostante il budget preventivato dalla produzione sia alquanto modesto[16]. Sebbene molte parti della sceneggiatura abbiano un carattere autobiografico, descrivendo situazioni e personaggi della sua infanzia, il regista riminese preferisce distaccarsi dalla realtà inventando una cittadina fittizia mischiando ricordi e fantasia, come farà vent'anni più tardi con la Rimini di Amarcord.

Allo stesso anno risale la collaborazione di Fellini al film a episodi progettato da Cesare Zavattini, Riccardo Ghione e Marco Ferreri L'amore in città: l'episodio diretto dal regista riminese - Agenzia matrimoniale - è, secondo molti critici, il più riuscito[senza fonte]. Durante la lavorazione di questo cortometraggio, Fellini, si avvale per la prima volta della collaborazione di Gianni Di Venanzo come direttore della fotografia, che poi vorrà avere per e Giulietta degli spiriti.

Il grande successo: La strada[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi La strada.
Fellini e Richard Basehart sul set de La strada

Il grande successo internazionale arriva per Fellini grazie al film La strada, girato nel 1954. L'idea del film si ha intorno al 1952 quando Fellini è alle prese con il montaggio de Lo sceicco bianco[17]. Per motivi strettamente legati alla produzione è però costretto a ritardare il progetto e a girare prima I vitelloni e l'episodio Agenzia matrimoniale, ma in testa ha già chiaramente l'idea che lo porterà alla realizzazione della successiva opera.

La scrittura de La strada avviene a partire da alcune discussioni con Tullio Pinelli sulle avventure di un cavaliere errante per poi focalizzarsi sull'ambiente del circo e degli zingari. Pinelli a tal proposito ricorda:

« Ogni anno, da Roma, andavo in macchina a Torino per rivedere i posti, la famiglia, i genitori. Allora l'Autostrada del Sole non c'era, si passava fra le montagne. E su uno dei passi montani ho visto Zampanò e Gelsomina, cioè un omone che tirava la carretta con un tendone su cui era dipinta una sirena e dietro c'era una donnina che spingeva il tutto. .... Così quando sono tornato a Roma ho detto a Federico: "Ho avuto un'idea per un film". E lui: "Ne ho avuta una anch'io". Stranamente erano idee molto simili, anche lui aveva pensato ai vagabondi, ma la sua era centrata soprattutto sui piccoli circhi di allora... Abbiamo unito le due idee e ne abbiamo ricavato un film »
(Tullio Pinelli[18])

Il film, ricco di poesia, racconta il tenero ma anche turbolento rapporto fra Gelsomina, interpretata da Giulietta Masina, e Zampanò, interpretato da Anthony Quinn, due strampalati artisti di strada che percorrono l'Italia dell'immediato dopoguerra.

Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina, protagonista de La strada nei panni di Gelsomina

La composizione del cast, a cui si aggiunge Richard Basehart nei panni del Matto, fu oggetto di svariate discussioni: in particolare i produttori non erano convinti della partecipazione della Masina, ma si dovettero arrendere alla caparbietà di Fellini. Tra i vari provini per i ruoli di protagonisti c'è da annoverare quello di Alberto Sordi che però non viene ritenuto idoneo per la parte. L'esito negativo del provino congelerà i rapporti tra i due artisti per molti anni[19].

La realizzazione del film fu lunga e difficoltosa. Il budget era assai limitato, tanto da costringere Anthony Quinn, abituato ai fasti delle produzioni hollywoodiane ad adattarsi a un trattamento più "di fortuna". L'attore, comunque, comprese lo spessore artistico della pellicola tanto che in una lettera del 1990 scriverà a Federico e Giulietta: "Per me tutti e due rimanete il punto più alto della mia vita". Tra i vari imprevisti e incidenti che rallentano la realizzazione del film[20] si aggiunge il manifestarsi in Fellini dei primi sintomi della depressione che lo porterà ad avere un malumore incontrollabile[21].

La prima de La strada avviene il 6 settembre 1954 a Venezia. I primi giudizi del film si inseriscono in un contesto di scontro culturale con i neorealisti sostenitori del regista Luchino Visconti che presenta nello stesso periodo il film Senso[22]. Ben altra accoglienza ha il film fuori dai confini italiani, e nel 1957 arriva il primo premio Oscar come miglior film straniero, istituito per la prima volta in quell'edizione, per La strada.

Molti critici hanno provato ad analizzare il film per cercare elementi autobiografici di Fellini, identificandolo principalmente con Zampanò e vedendo nel suo rapporto con Gelsomina una metafora del matrimonio nell'epoca prefemminista[23]. Una diversa chiave di lettura la dà la stessa Masina, che identifica il marito in tutti e tre protagonisti: Gelsomina è il Federico da bambino che contempla la natura e parla con i fanciulli, il vagabondaggio di Zampanò rappresenta alcune delle sue più peculiari caratteristiche mentre il Matto è il Fellini regista che dichiara "vorrei sempre far ridere"[24].

Il bidone e Le notti di Cabiria[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Il bidone e Le notti di Cabiria.

Dopo il successo de La strada sono molti i produttori che si contendono il successivo film del regista, ma dopo aver letto il soggetto de Il bidone molti si tirano indietro. L'unico che accetta di produrlo è Goffredo Lombardo della Titanus.

Fellini durante le riprese delle Notti di Cabiria 1956

L'idea per questa sceneggiatura viene a Fellini dai racconti di un gabbamondo incontrato in una trattoria di Ovindoli durante la lavorazione de La strada. Dopo averne discusso con i collaboratori Pinelli e Flaiano, si cerca l'attore protagonista. Dopo aver scartato molti nomi viene scelto lo statunitense Broderick Crawford, affiancato dal connazionale Richard Basehart (il "Matto" de La strada), Franco Fabrizi e Giulietta Masina. In questo film Fellini si avvarrà della collaborazione di Augusto Tretti, il regista "più folle del cinema italiano", come lo definirono Fellini stesso ed Ennio Flaiano.

Durante la lavorazione, Fellini appare però distaccato dal film, non sente più né il divertimento de I vitelloni, né il sapore della sfida de La strada. Il risultato finale appare alla critica e al pubblico modesto. La "prima" avviene il 9 settembre 1955 a Venezia dopo essere stati costretti a un lavoro di montaggio a tempi di record. La gelida accoglienza avuta alla mostra di Venezia porterà il regista a decidere di non mandare più al Lido nessuno dei suoi lavori, fino a quando presenterà, fuori concorso, Fellini Satyricon nel 1969. Gli incassi de Il bidone sono piuttosto deludenti e anche la distribuzione all'estero non porta i risultati sperati. Alcune delle critiche più ostili parlano di "Un passo falso"[25] o "Non funziona, ma non è trascurabile"[26].

Il successo torna però con il film successivo, Le notti di Cabiria, a cui fa seguito anche il secondo Oscar. Anche in questo caso, protagonista è Giulietta Masina, sempre molto presente nei primi film del regista riminese. Il film conclude la trilogia ambientata nel mondo degli umili e degli emarginati.

Collaborazione con Angelo Rizzoli, gli anni de La dolce vita[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi La dolce vita.
Fellini con Ennio Flaiano e Anita Ekberg.

Negli anni sessanta la vena creativa di Fellini si esprime con tutte le sue energie, rivoluzionando i canoni estetici del cinema.

Nel 1960 esce La dolce vita: definita dallo stesso Fellini un film «picassiano» ("comporre una statua per romperla a martellate", aveva dichiarato[27]), la pellicola - che abbandonava gli schemi narrativi tradizionali - destò scalpore e polemiche perché, oltre a illustrare situazioni fortemente erotiche, descriveva con piglio graffiante una certa decadenza morale che strideva con il benessere economico ormai acquisito dalla società italiana[28].

Il produttore iniziale de La dolce vita fu Dino De Laurentiis, che aveva anticipato 70 milioni di lire.[29] Tra il produttore e Fellini avvenne però una rottura e il regista dovette cercare un altro produttore che ripagasse anche l'anticipo di De Laurentiis.[29] Dopo varie trattative con diversi produttori, il duo Angelo Rizzoli e Giuseppe Amato divenne il nuovo produttore della pellicola.[30]

Il rapporto tra Fellini e Rizzoli è tranquillo e gli incontri fra i due sono cordiali.[31] Il budget viene sforato, anche se di poco: Kezich riporta che secondo fonti ufficiali il film non costò più di 540 milioni, che non era una cifra eccessiva per una produzione impegnativa come quella de La dolce vita.[31]

Interprete del film, insieme con Marcello Mastroianni, la svedese Anita Ekberg, che sarebbe rimasta - con la scena del bagno nella Fontana di Trevi - nella memoria collettiva: la Ekberg sarà ancora con Fellini nel 1962 in un episodio di Boccaccio '70, Le tentazioni del dottor Antonio, assieme ad un esilarante Peppino De Filippo. Il film fu premiato con la Palma d'oro al Festival di Cannes.

La consacrazione: [modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi .
Fellini dirige Mastroianni
« Mi sento un ferroviere che ha venduto i biglietti, messo in fila i viaggiatori, sistemato le valigie nel bagagliaio: ma dove sono le rotaie? »
(Federico Fellini durante la preparazione di [32])

Terminati i lavori per le tentazioni del dott. Antonio, Fellini vive un periodo di scarsa ispirazione. Nella sua mente comincia a girare l'idea di un nuovo film, ma non con un soggetto preciso. Dopo aver trascorso un periodo di riposo presso Chianciano Terme, fa ritorno a Roma con uno spunto per una sceneggiatura: un uomo di mezza età interrompe la sua vita per una cura termale e qui, immerso in un limbo, affronta visite e ricordi. La scelta del protagonista cade quasi subito[33] sull'amico Marcello Mastroianni. Tra i due l'amicizia è intensa tanto che Fellini finirà per identificare nell'attore il suo alter ego cinematografico.

Trovato così il protagonista tutto sembra pronto per iniziare ma sorge un problema di cui Fellini non ha parlato a nessuno: il film non c'è più, l'idea che aveva in testa è sparita. In seguito racconterà che più passavano i giorni più gli sembrava di dimenticarsi il film che voleva fare[34]. Quando è ormai deciso a scrivere una lettera per comunicare la disfatta al produttore Angelo Rizzoli, Fellini viene interrotto da un capo macchina di Cinecittà che lo chiama per festeggiare il compleanno di un macchinista. Tra i festeggiamenti gli arrivano gli auguri per il nuovo film, che ormai non ricorda, ma una volta seduto su una panchina arriva il lampo di genio: il film parlerà proprio di questo, di un regista che voleva fare un film ma non si ricorda più quale, cosicché il protagonista, Guido Anselmi, diventa la proiezione di Fellini stesso[35].

Il film, girato nel 1963, prende il titolo di , poiché questa pellicola viene dopo sei film interamente da lui diretti più tre "mezzi" film, in quanto codiretti con altri registi (cioè Luci del varietà, diretto con Lattuada, l'episodio Agenzia Matrimoniale ne L'amore in città e l'episodio Le tentazioni del dottor Antonio in Boccaccio '70), e in seguito si rivelerà uno dei capolavori del regista. Premiato con un premio Oscar (insieme con quello di Piero Gherardi per i costumi), il film è considerato uno dei più grandi della storia del cinema, tanto da essere stato inserito dalla rivista inglese Sight & Sound al 9º posto nella graduatoria delle più belle pellicole mai realizzate e al 3º nella classifica stilata dai registi.

Il passaggio definitivo al colore[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Giulietta degli spiriti e Fellini Satyricon.
Fellini dietro la macchina da presa

In Giulietta degli spiriti, ancora con la Masina (1965), Fellini adotta per la prima volta il colore, in funzione espressionistica (il suo primo lavoro a colori è comunque Le tentazioni del dottor Antonio).

Il periodo di lavorazione del film è caratterizzato anche da un aumento di interesse, da parte di Fellini, verso il soprannaturale. Frequenta molti maghi e veggenti e in particolare Gustavo Adolfo Rol, pittore, dirigente bancario e sensitivo di fama[36]. È di questo periodo anche l'esperimento con l'LSD a scopo terapeutico, come proposto dal suo psicoanalista Emilio Servadio[37].

L'accoglienza della critica per Giulietta degli spiriti è piuttosto tiepida. I commenti più negativi si espressero con i termini di velleitario, fasullo, ipertrofico, inadeguato. Non mancano alcuni elogi e una piccola minoranza, seppur marginale, parla anche di capolavoro[38]. Il giudizio più severo proviene dal Centro Cattolico Cinematografico che lo accusa di uno "sgradevole impasto che si fa del sacro e del profano". L'insoddisfazione per i risultati, non certo adeguati alle aspettative, creerà, anche, un'incrinatura del rapporto tra il regista ed Ennio Flaiano.

Il film successivo, Il Viaggio di G. Mastorna, già in cantiere, non viene realizzato. Fellini, quarantacinquenne, deve pagare pesanti penali. Si riprende al termine del decennio. La fine degli anni sessanta e l'inizio dei settanta sono anni di intenso lavoro creativo.

Tornato sul set, dopo aver rinnovato completamente la squadra tecnica e artistica intorno a sé, gira nel 1968 un episodio del film Tre passi nel delirio, l'anno seguente realizza un documentario per la televisione (Block-notes di un regista), cui segue il film Fellini Satyricon (1969). È di nuovo grande successo, i problemi degli anni precedenti sono definitivamente alle spalle.

Amarcord ed altri successi[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi I clowns, Roma (film), Amarcord e Il Casanova di Federico Fellini.
Fermo immagine con movimento
« ... Se uno si mette davanti a un quadro, può averne una fruizione completa ed ininterrotta. Se si mette davanti a un film no. Nel quadro sta dentro tutto, non è lo spettatore che guarda, è il film che si fa guardare dallo spettatore, secondo tempi e ritmi estranei e imposti a chi lo contempla. L'ideale sarebbe fare un film con una sola immagine, eternamente fissa e continuamente ricca di movimento. In Casanova avrei voluto veramente arrivarci molto vicino: un intero film fatto di quadri fissi. »
(Federico Fellini in un'intervista a Valerio Riva per l'Espresso[39])
Titoli di testa di Amarcord.

(nell'immagine: Titoli di testa di Amarcord)

« Mi sembra che i personaggi di Amarcord, i personaggi di questo piccolo borgo, proprio perché sono così, limitati a quel borgo, e quel borgo è un borgo che io ho conosciuto molto bene, e quei personaggi, inventati o conosciuti, in ogni caso li ho conosciuti o inventati molto bene, diventano improvvisamente non più tuoi, ma anche degli altri »
(Federico Fellini a proposito del successo di Amarcord)

La produzione successiva di Fellini segue ancora un ritmo ternario: I clowns (girato per la TV, 1970), Roma (1972) e Amarcord (1973) sono tutti incentrati sul tema della memoria. L'autore cerca le origini della propria poetica esplorando le tre città dell'anima: il Circo, la Capitale e Rimini[40]. Il film conclusivo della terna, Amarcord («mi ricordo» in dialetto romagnolo) vince l'Oscar, il quarto per il regista riminese. La notizia della vittoria gli arriva nelle prime ore del 9 aprile 1975, mentre è impegnato su set de Il Casanova. Fellini decide di non andare a ritirare il riconoscimento che verrà consegnato al produttore.

In particolare in Amarcord si trovano molti spunti autobiografici: infatti possiamo riconoscere in Titta, un giovane Fellini che ricorda la sua adolescenza, interpretato dall'esordiente Bruno Zanin. Malgrado ciò, il regista, rifiuta di riconoscere nella pellicola qualsiasi riferimento alla propria vita, asserendo che tutto è frutto della sua immaginazione. Come già nei Vitelloni, non c'è una sola scena che sia girata nei pressi della città romagnola[41].

Gli ultimi lavori[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Prova d'orchestra, La città delle donne, E la nave va, Ginger e Fred, Intervista (film) e La voce della luna.
Giulietta Masina e Marcello Mastroianni sono due attempati ballerini di tip-tap in Ginger e Fred.
« Arrivato sulla soglia della terza età, Fellini come regista è (per sua fortuna e nostra) entrato in quella splendida maturità in cui un mostro sacro riesce a profondere i suoi tesori di bravura per il solo piacere di farlo. Ti lasci portare dalla cavalcata delle invenzioni, e riesci ancora a stupirti (come un ragazzino che ha scoperto da poco il cinema), a ogni sequenza, a ogni inquadratura. Se nella Città delle donne latita la suspense per la storia, o per gli ingredienti, non te ne importa niente di come andranno a finire Snàporaz o Katzone. »
(Giorgio Carbone su La Notte a proposito di "La città delle donne")

Dopo Casanova del 1976 è il turno di Prova d'orchestra (1979), considerato il suo film più "politico" e maturato durante i cosiddetti anni di piombo e La città delle donne (del 1980). Quest'ultimo viene accolto dalla critica con rispetto, lo si descrive come "tipicamente felliniano", "catalogo di evoluzioni registiche", "gioco con alcuni vuoti"[42]. Presentato fuori concorso al XXXIII Festival di Cannes, riceve invece una critica alquanto negativa.

Nel giugno del 1984 prende parte al picchetto d'onore ai funerali del segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, insieme ad altri esponenti del cinema italiano come Marcello Mastroianni e Monica Vitti.

L'ultimo decennio di attività di Fellini è arricchito dagli ultimi capolavori: E la nave va (1983), Ginger e Fred (1985), Intervista (1987), e il lavoro dell'addio al cinema: La voce della luna (1990), da Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni. Quest'ultimo film gli darà la possibilità di avere come protagonisti Paolo Villaggio e Roberto Benigni.

Nel 1992, dopo un periodo di inattività, ritorna dietro la cinepresa per dirigere tre brevi spot pubblicitari, intitolati Il sogno, per conto della Banca di Roma. In quest'occasione tornerà a lavorare con Paolo Villaggio.

Nel 1993 riceve dall'Accademia delle arti e scienze cinematografiche americana il suo ultimo Oscar, il più importante, quello alla carriera.

La morte[modifica | modifica sorgente]

Fellini muore il 31 ottobre dello stesso anno presso il Policlinico Umberto I di Roma, ricoverato per un nuovo ictus, dopo quello che lo aveva già colpito nell'agosto precedente, mentre era convalescente nella sua Rimini. Tali complicanze trombo-ischemiche si verificarono dopo l'intervento subito in Svizzera, nel mese di giugno, per ridurre un aneurisma dell'aorta addominale. Il pomeriggio del 18 ottobre, a causa della disfagia indottagli dai pregressi ictus, un frammento di cibo (mozzarella, per l'esattezza) gli ostruì la trachea causandogli danni irreparabili al cervello per la conseguente ipossia[43]. Il 30 ottobre avrebbe dovuto celebrare le sue nozze d'oro con Giulietta Masina.

I funerali di stato vengono celebrati dal cardinale Achille Silvestrini nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma in piazza della Repubblica. Alla domanda di Giulietta Masina, il trombettista Mauro Maur esegue l'Improvviso dell'Angelo di Nino Rota[44]. Dopo l'ultimo saluto, anche la moglie Masina muore cinque mesi dopo il marito.

Le sue spoglie riposano accanto alla moglie e a quelle del figlio Federichino, morto poco dopo la nascita, nel cimitero di Rimini: sovrasta il luogo dell'inumazione una scultura di Arnaldo Pomodoro dal titolo Le Vele, ispirata al film E la nave va.

A Fellini è intitolato l'aeroporto internazionale di Rimini. Il logo dell'aerostazione riporta la caricatura del regista, di profilo, con cappello nero e sciarpa rossa. È opera di Ettore Scola, logo anche della "Fondazione Fellini" con sede a Rimini.

Dopo la sua morte, tutte le strade che sboccano sul lungomare riminese sono state ribattezzate con i nomi dei suoi film e "ornate" da cartelli con le relative locandine e descrizioni.

Anche la città di Nova Siri, in provincia di Matera, ha dedicato tutte le strade del lungomare alle sue opere.

Immaginati o sognati[modifica | modifica sorgente]

Sono numerosi i soggetti che Fellini pensò di trasformare in film ma che rimasero sulla carta o, addirittura, solo nella sua immaginazione[45].

Il più famoso di questi è Il viaggio di G. Mastorna, una compiuta sceneggiatura felliniana, cui collaborò anche Dino Buzzati. Nel 1966 iniziarono le riprese nella campagna attigua a Cinecittà, vennero girate alcune scene ma per tormentate vicende il film non giunse mai più alla sua conclusione. Rimane celebre la definizione che diede Vincenzo Mollica de Il viaggio di G. Mastorna: «il film non realizzato più famoso del mondo».

Viaggio a Tulun è un soggetto/sceneggiatura di Federico Fellini e Tullio Pinelli che non divenne un film bensì un fumetto. Sul finire del 1985 Federico Fellini compì un viaggio in Messico per visitare i luoghi raccontati negli scritti dello scrittore-antropologo-sciamano Carlos Castaneda. Accompagnò il regista in questo viaggio lo scrittore Andrea De Carlo. Lo scrittore ne ricaverà un romanzo breve, Yucatan, Fellini lo spunto per un film che non farà mai. Le versioni dei due autori confermano un viaggio carico di presagi e di inspiegabili episodi fra il grottesco e il sovrannaturale. Il regista si libererà del peso di quelle sensazioni in un soggetto-sceneggiatura scritto con la collaborazione di Tullio Pinelli cui darà il nome di Viaggio a Tulun, storpiando il vero nome del sito maya: Tulum[46]. Il lavoro venne pubblicato in sei puntate sul Corriere della Sera, nel mese di maggio del 1986[47].

Fellini e il fumetto[modifica | modifica sorgente]

Federico Fellini fu lui stesso un disegnatore professionista e sino al 1948 accompagnò la sua attività di sceneggiatore a quella di vignettista. Da regista, disegnava abitualmente le scene dei suoi film. Collaboravano allo sviluppo dello storyboard, così come all'ideazione dei tipi e delle situazioni, l'artista surrealista Roland Topor e il pittore australiano Albert Ceen, uno degli animatori della "dolce vita".

Quando la sua attività di regista si fece più rada ideò, per i disegni di Milo Manara, anche due fumetti: Viaggio a Tulum e Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet[48]. Viaggio a Tulum nacque dalla sceneggiatura quasi omonima, Viaggio a Tulun[46]. Il fumetto sarà pubblicato, a partire dal 1989, sulla rivista a fumetti Corto Maltese. Il viaggio di G. Mastorna detto Fernet nacque da una compiuta sceneggiatura felliniana e vide la luce nel 1992 sulle pagine della rivista Il Grifo.

Filmografia[modifica | modifica sorgente]

Marcello Mastroianni in una celebre scena di (1963)

Regista[modifica | modifica sorgente]

Sceneggiatore[modifica | modifica sorgente]

Roma città aperta di Roberto Rossellini (1945), a cui Fellini ha contribuito nella sceneggiatura

Attore[modifica | modifica sorgente]

Fellini interpreta sé stesso nel film Roma (1972)

Scenografo e costumista[modifica | modifica sorgente]

Produttore[modifica | modifica sorgente]

Spot pubblicitari[modifica | modifica sorgente]

Direttori della fotografia[modifica | modifica sorgente]

Per i suoi film, Fellini, si è avvalso del supporto di diversi direttori della fotografia:

Programmi radiofonici[modifica | modifica sorgente]

EIAR[modifica | modifica sorgente]

Fellini impegnato nella regia
« Il Terziglio di questa settimana trova al tavolo Brancacci, Folgore e Fellini, che discutono su di un tema popolare e poetico: Il primo amore. Ma fin d'ora vi possiamo dire che i tre autori non sappiamo, se per pudore, per fini umoristici o per altra causa non hanno svolto il tema. Federico Fellini porta al microfono i suoi due personaggi preferiti Cico e Pallina: i fidanzatini. Di che cosa parlano i fidanzati, almeno quelli buoni che sanno ancora sognare? È facile indovinare, delle nozze, della futura casetta, dei bambini. Ecco dei bambini, Cico e Pallina mentre stanno discutendo odono un lamento di un bambino sperduto. Questo spunto serve a Fellini per dipingere uno dei suoi quadretti crepuscolari, delicati, fatti più di intenzioni che di parole, più di sentimento che di passione..." »
(Dal Radiocorriere)

RAI[modifica | modifica sorgente]

Libri[modifica | modifica sorgente]

  • con Bernardino Zapponi, Quattro film, Einaudi
  • La voce della Luna, Einaudi
  • Fare un film, Einaudi
  • Racconti umoristici, Einaudi

Premi e riconoscimenti[modifica | modifica sorgente]

Onorificenze[modifica | modifica sorgente]

Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana
— 27 aprile 1987[50]
Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana
— 18 agosto 1964[51]

Intitolazioni[modifica | modifica sorgente]

A partire dal 2010 il Bari International Film Festival assegna un premio intitolato Fellini 8 1/2 per l'eccellenza artistica.

Opere su Fellini e citazioni[modifica | modifica sorgente]

  • Ennio Flaiano, amico di Fellini, lo cita all'interno del racconto Un marziano a Roma nel ruolo di se stesso:
« Verso le sette ho incontrato pallido, sconvolto dall'emozione il mio amico Fellini. Egli si trovava al Pincio quando l'aeronave è discesa e sulle prime ha creduto si trattasse di un'allucinazione. Quando ha visto gente accorrere urlando e ha sentito dalla aeronave gridare secchi ordini in un italiano un po' freddo e scolastico, Fellini ha capito. Travolto subito dalla folla, e calpestato, si è risvegliato senza scarpe, la giacca a pezzi. Ha girato per la villa come un ebete, a piedi nudi, cercando di trovare un'uscita qualsiasi. Io ero la prima persona amica che incontrava. »
(Ennio Flaiano, Un marziano a Roma ed. Adelphi ISBN 978-88-459-1196-5)

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. ^ Sabrina Ramacci, 101 personaggi che hanno fatto grande Roma, Newton Compton ISBN 9788854129481
  2. ^ «Giulio Cesare»
  3. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film.
  4. ^ Le traversie di Cico e Pallina, interrotte nel 1944, ripresero nel dopoguerra in una serie autonoma intitolata Le avventure di Cico e Pallina; furono prodotte quattordici puntate fino al febbraio del 1947.
  5. ^ Gianfranco Angelucci, Federico Fellini in Sguardi sulla Romagna, 2009, pag. 358.
  6. ^ a b Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.114.
  7. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.116.
  8. ^ Federico Fellini, Fare un film, Torino, Einaudi, 1980, pp. 51-52.
  9. ^ a b Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.125.
  10. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.239.
  11. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.124.
  12. ^ Gianfranco Angelucci, Federico Fellini in Sguardi sulla Romagna, 2009, pag. 359.
  13. ^ Critica apparsa sull'autorevole rivista "Il bianco e il nero"
  14. ^ a b Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.136.
  15. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.130.
  16. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.132.
  17. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.143.
  18. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.144.
  19. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.147.
  20. ^ La Masina è vittima di una slogatura alla caviglia durante le riprese per le scene del convento e di una lesione agli occhi, che la costringe a rimanere bendata per alcuni giorni, a causa delle forti luci volute per ottenere un tono grigio
  21. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.149.
  22. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, pp.151-153.
  23. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.155.
  24. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.156.
  25. ^ Bosley Crowther sul "The New York Times", citato da Tullio Kezich in Federico Fellini, la vita e i film, pag. 171
  26. ^ Pauline Kael ("It doesn't work, but it's not insignificant"), citata da Tullio Kezich in Federico Fellini, la vita e i film, pag. 171
  27. ^ Gianfranco Angelucci, Federico Fellini in Sguardi sulla Romagna, 2009, pag. 362.
  28. ^ Da parte cattolica il film fu accolto molto negativamente. Uno dei pochi che lo difesero, e presagirono l'impatto estetico e sociale del film, fu padre Angelo Arpa, gesuita e filosofo, amico di Fellini per tutta la vita. Arpa pagò personalmente le conseguenze delle sue idee: gli fu impedito per un anno di poter parlare di cinema in pubblico e, successivamente, di partecipare ad attività culturali.
  29. ^ a b Tullio Kezich, op. cit., pagg.14
  30. ^ Tullio Kezich, op. cit., pagg.16-17
  31. ^ a b Tullio Kezich, op. cit., pag.113
  32. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.238.
  33. ^ Dopo aver abbandonato l'ipotesi di Laurence Olivier
  34. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.233.
  35. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.233-234.
  36. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.248.
  37. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.249.
  38. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.255.
  39. ^ citato in Irene Bignardi, Storie di cinema a Venezia, p.108.
  40. ^ Gianfranco Angelucci, Federico Fellini in Sguardi sulla Romagna, 2009, pag. 365.
  41. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.302.
  42. ^ Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, p.332.
  43. ^ L'informazione, riportata dall'amico giornalista Sergio Zavoli sulle pagine www.felliniallaradio.it. URL consultato il 24-03-2009. , era già apparsa all'epoca della morte su alcuni quotidiani. Si veda, per esempio, archiviostorico.corriere.it.
  44. ^ I Funerali di Federico Fellini.
  45. ^ L’abbandono della realizzazione di entrambi i film si deve molto probabilmente al consiglio di Gustavo Rol, grande amico di Fellini, al quale era solito chiedere un parere, così in L’inferno di Zeffirelli: il mago mi disse ‘Quel film non girarlo’. In L. Bentivoglio, ‘’La Repubblica’’, 6 luglio 2008, Incontri misteriosi tra Fellini e Castaneda, ANIM ALIBE martedì 25 giugno 2013, Milo Manara ad Ancona: vi racconto il mio Fellini di S. Novelli, pubblicato in data 16 luglio 2010
  46. ^ a b Antonio Tripodi, Marco Dalla Gassa, Approdo a Tulum: le Neverland a fumetti di Fellini e Manara.
  47. ^ F. Fellini, T. Pinelli, Viaggio a Tulun, Corriere della Sera, 18, 19, 20, 21, 22, 23 maggio 1986
  48. ^ Sull'argomento vedi anche Laura Maggiore, Fellini e Manara, Navarra Editore, Palermo, 2011
  49. ^ 1987 :: Moscow International Film Festival
  50. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  51. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

La Fondazione Federico Fellini e il Centro Sperimentale di Cinematografia hanno pubblicato la BiblioFellini: opera in tre volumi a cura di Marco Bertozzi con la collaborazione di Giuseppe Ricci e Simone Casavecchia.

  • Angelo Arpa, L'Arpa di Fellini, Roma, Edizioni dell'Oleandro, 2001.
  • Tullio Kezich, Su la Dolce Vita con Federico Fellini, Venezia, Marsilio, 1996.
  • Tullio Kezich, Federico. Fellini, la vita e i film, Feltrinelli, 2007. ISBN 978-88-07-81959-9.
  • Damian Pettigrew, Fellini: Sono un gran bugiardo. L'ultima confessione del Maestro, Elleu multimedia, 2003. ISBN 88-7476-122-8.
  • Pino Corrias, Lungo i viali di Cinecittà, catalogo di mondi morti, tra cui il nostro in Luoghi comuni. Dal Vajont a Arcore, la geografia che ha cambiato l'Italia, Milano, Rizzoli, 2006, pp. 187-200.. ISBN 978-88-17-01080-1.
  • Giovanni Scolari, L'Italia di Fellini, Edizioni Sabinae, 2008. ISBN 978-88-96105-01-6.
  • Mario Verdone, Federico Fellini, Editrice Il Castoro, 1994. ISBN 8880330233.
  • Sonia Schoonejans, Fellini, Roma, Lato Side, 1980.
  • Il Radiocorriere, annate e fascicoli vari 1940-1950.
  • Rita Cirio, Il mestiere di Regista, intervista con Federico Fellini, Garzanti, 1994
  • Andrea Minuz, Viaggio al termine dell'Italia. Fellini politico, Rubbettino, 2012.

Voci correlate[modifica | modifica sorgente]

Altri progetti[modifica | modifica sorgente]

Collegamenti esterni[modifica | modifica sorgente]

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