Pola

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Pola
città
(HR) Pula
(IT) Pola
Pola – Stemma Pola – Bandiera
Pola – Veduta
Localizzazione
Stato Croazia Croazia
Regione Grb Istarske županije.svg Istria
Amministrazione
Sindaco Boris Miletić (DDI)
Territorio
Coordinate 44°52′N 13°51′E / 44.866667°N 13.85°E44.866667; 13.85 (Pola)Coordinate: 44°52′N 13°51′E / 44.866667°N 13.85°E44.866667; 13.85 (Pola)
Altitudine 0 m s.l.m.
Superficie 51,36 km²
Abitanti 57 765 (31-03-2011, Censimento 2011)
Densità 1 124,71 ab./km²
Altre informazioni
Lingue croato / italiano
Cod. postale 52100
Prefisso 052
Fuso orario UTC+1
Targa PU
Nome abitanti Polesi, Polesani
Cartografia
Mappa di localizzazione: Croazia
Pola
Sito istituzionale
« [...] Sì come ad Arli, ove Rodano stagna,
a sì com' a Pola, presso del Carnaro,
ch'Italia chiude e suoi termini bagna [...] »
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, canto 9 - versi 112-114)

Pola (in croato Pula, in istroveneto Poła, in istrioto Puola, in sloveno Pulj, in tedesco Pola) è una città della Croazia di 57.765 abitanti (al censimento del 2011), la maggiore dell'Istria nonché suo capoluogo storico.

Pola è un importante centro portuale. Tra le attività industriali prevalenti vi sono l'industria alimentare, i cantieri navali e i cementifici. Il monumento più importante è l'Arena (anfiteatro romano), che funge anche da simbolo per la città ed è tra gli anfiteatri antichi di età romana meglio conservati. Pola è sede vescovile con la Diocesi di Parenzo e Pola, suffraganea dell'Arcidiocesi di Fiume.

Storia[modifica | modifica sorgente]

L'Arco dei Sergii (Porta Aurea)

Istri, Romani, Ostrogoti, Bizantini[modifica | modifica sorgente]

(GRC)
« Οἳ μὲν ἐπ' Ἰλλυριοῖο πόρου σχάσσαντες ἐρετμὰ

λᾶα πάρα ξανθῆς Ἁρμονίης ὅφιο ς
ἄστυρον ἐκτίσσαντο, τό κεν φυγάδων τις ἐνίσποι Γραικός,
ἀτὰρ κείνων γλῶσσ' ὀνόμηνε Πόλας. »

(IT)
« Essi i remi posando in un sassoso

Porto del mar Illirio, dal serpente
Della bionda Armonia non guari lunge,
Astiro fabbricaronvi; cui diede
Alcun Greco fra gli esuli un tal nome,
E che in linguaggio lor Pola fu detta. »

(Callimaco, traduzione dell'abate Alberto Fortis, 1771)

Sorta forse su un antico castelliere, si sviluppò in età romana (I secolo a.C.) succedendo all'antica Nesactium, massimo centro degli Istri, situata a una decina di km dall'attuale abitato. Pola fu città fiorente, dotata di prestigiose strutture urbane (fra cui un ampio foro, un arco trionfale, un anfiteatro e due teatri) e ornata di templi a cui si aggiunsero, nei primi secoli dell'era volgare, alcune basiliche cristiane. Sconvolta dalle invasioni barbariche (V secolo), la città entrò, successivamente, nell'orbita dell'Impero Romano d'Oriente (VI secolo).

Nella Serenissima Repubblica di Venezia (1331-1797)[modifica | modifica sorgente]

Sottoposta all'autorità del Patriarcato di Aquileia, nel 1177 si costituì in libero comune, anche se nell'ambito della sfera di influenza di Venezia cui doveva pagare un tributo annuale; ma solo nel 1331 entrò a far parte definitivamente della Serenissima Repubblica di Venezia e vi restò per quasi cinque secoli. Subì anche un terribile assedio da parte dei genovesi nel 1379.

Venezia controllò Pola dal 1331 fino al suo tracollo nel 1797. Per la sua posizione strategica Pola fu utilizzata come porto intermedio tra l'Oriente e Venezia. Le galee veneziane provenienti dall'oriente scaricavano a Pola i loro cannoni per ridurre il pescaggio, in considerazione dei bassi fondali del Canal Grande a Venezia. Le galee veneziane nel tragitto inverso dirette in oriente andavano a Pola a caricare i cannoni.

Il periodo napoleonico (1797-1814)[modifica | modifica sorgente]

Passò in seguito al Trattato di Campoformio all'Impero Austriaco dal 1797 al 1803. Nel 1803 Pola fu occupata dai Francesi, e quindi posta sotto il governo di Trieste. Nel 1805, per decisione di Napoleone, Pola passò sotto il Regno Italico. Dopo la sconfitta di Napoleone nel 1813 e la caduta del Regno Italico ritornò sotto il dominio dell’Impero Austriaco.

Il periodo asburgico (1814-1918)[modifica | modifica sorgente]

Dopo il Congresso di Vienna, Pola fu assegnata all'Impero Austriaco.

Vero punto di svolta per la città furono gli eventi del 1848-49 e la cessione di Venezia all'Italia nel 1866. L'Austria-Ungheria, infatti, fece di Pola la propria base navale militare principale, in sostituzione di Venezia. La costruzione dell'Arsenale fu iniziata nel 1853 assieme a vari potenziamenti del porto. Nell'arco di meno di mezzo secolo Pola, che nella prima metà dell'Ottocento non arrivava a contare 18.000 anime, si trasformò in una città arrivando a più di 41.000 verso la fine del secolo.

Navi da guerra austriache a Pola

Questo provocò la scomparsa della tipica parlata di questo territorio, l'Istrioto, sostituita dal dialetto istroveneto, piuttosto simile al triestino.

Con lo scoppio della Prima guerra mondiale Pola fu dichiarata "Zona di guerra" e una parte dei suoi abitanti di etnia italiana venne internata nei Barackenlager della Stiria. Vi furono molte incursioni italiane, sia aeree, sia di mezzi d'assalto della Regia Marina in una delle quali venne fatto prigioniero e poi giustiziato sul patibolo della città il 10 agosto 1916 il patriota capodistriano Nazario Sauro. La città era sede dell'arsenale della Regia-Imperiale Marina Austro-Ungarica costruito nei primi anni della seconda metà del XIX secolo. L'ultima incursione italiana, avvenuta il 1º novembre del 1918 ribattezzata Impresa di Pola, portò all'affondamento della corazzata Viribus Unitis pochi giorni prima della firma dell'armistizio, con gli incursori ignari che poche ore prima l'Austria aveva ceduto la propria flotta agli slavi i quali, una volta costituito un proprio Comitato dipendente da Zagabria, denominato Stato dei Serbi, Croati e Sloveni, tentarono in tutti i modi di opporsi alla volontà della maggioranza della popolazione che voleva l'annessione all'Italia.

L'annessione avvenne il 5 novembre 1918, ad opera delle truppe italiane, sbarcate nella vicina Fasana.

Pola nel Regno d'Italia (1918-43)[modifica | modifica sorgente]

Alla fine della Prima guerra mondiale, l'Italia ottenne la sovranità sulla Venezia Giulia, di cui Pola divenne una delle nuove province, a sigla PL.[1] In queste terre funzionarono, tra le altre, la scuola elementare Dante, le scuole tecniche, le scuole magistrali, il ginnasio-liceo Carducci, lo stadio Littorio con la squadra del Fascio Giovanni Grion, fondata nel 1918 quando il fascio era ancora un simbolo mazziniano, e che si alternò tra la Prima Divisione, Serie B e Serie C. In città si pubblicava Il Corriere Istriano. Con l'avvento del fascismo, nacquero la casa balilla, i gruppi della Gioventù Italiana del Littorio (GIL) e dei Gruppi Universitari Fascisti (GUF). Nell'agosto 1933 si inaugurò la stagione lirica estiva dell'Arena di Pola, curata dall'ing. Gianni Bartoli Della Telve, futuro primo sindaco democratico di Trieste. La prima opera rappresentata fu Nozze istriane di Antonio Smareglia, compositore polese. Le rappresentazioni attirarono spettatori da tutta l'Istria ma anche da Trieste via piroscafo.

L’arsenale venne ceduto all’industria privata col nome di "Cantiere Scoglio Olivi" che nel corso degli anni trenta entrò nell'orbita dei Cantieri Riuniti dell'Adriatico e la funzione militare della città venne rivolta prevalentemente alle scuole e ai centri di addestramento; nella città avevano la loro sede le scuole CREM (Corpo Reali Equipaggi di Marina), il Reggimento San Marco, la scuola sommergibilisti, la scuola nautica della Guardia di Finanza, un gruppo di idrovolanti e poi anche il reparto con una nave in funzione di bersaglio semovente per le esercitazioni degli aerosiluranti di Gorizia.

L'occupazione tedesca (1943-45)[modifica | modifica sorgente]

L'8 settembre 1943 il IX Corpus Sloveno, inquadrato nella IV Armata jugoslava e forte di 50.000 uomini, informato per tempo dell'imminente proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre, attraversò le Alpi Giulie per dilagare nel Carso e nell'Istria, puntando su Gorizia, Trieste, Pola e Fiume, approfittando dello sbando delle truppe italiane.

La riconquista del territorio giuliano fu effettuata (9 settembre - 15 ottobre) dalle truppe naziste con l'operazione Wolkenbruch ("Nubifragio"), impiegando tre divisioni corazzate SS e due divisioni di fanteria (una delle quali turkmena), che respinsero il IX Corpus infliggendogli perdite pari a circa 15.000 tra effettivi e fiancheggiatori e distruggendo gli abitati utilizzati dagli jugoslavi come basi di appoggio; l'operazione si concluse il 15 ottobre 1943, consentendo agli Italiani, nel frattempo in fase di riorganizzazione dopo l'8 settembre, di ispezionare almeno parte dei siti nei quali, nel frattempo, erano stati infoibati i connazionali.[senza fonte]

La Provincia di Pola, così come quelle di Trieste, Gorizia, Fiume, nonché quella di Udine e quella autonoma, costituita su terra slovena, di Lubiana, furono incluse nell'Adriatisches Küstenland, costituito il 10 settembre 1943 e comprendente un territorio nominalmente ancora soggetto alla sovranità italiana ma posto sotto amministrazione militare tedesca, affidata al Gauleiter Friedrich Rainer e al suo Gruppenfuhrer SS Odilo Lothar Globocnik (nato a Trieste nel 1904 da famiglia originaria di Tržič - all'epoca chiamata Neumarkt -, nell'Alta Carniola) già Comandante delle SS e della Polizia del distretto di Lublino, ed edificatore di Sobibór e Treblinka, responsabile, tra l'altro, della Risiera di San Saba.

Nell'interno, nacquero le prime formazioni partigiane italiane, che combatterono contro l'occupazione nazista ma dovettero guardarsi anche dai partigiani slavi, ostili agli italiani. Le foibe assunsero, da allora, la sinistra e terrificante connotazione che le avrebbero rese l'emblema del tentato genocidio del 1945-1947. Nacque anche un movimento partigiano comunista e filo-jugoslavo, che sostenne il progetto di una "settima repubblica federativa autonoma" italiana all'interno della Jugoslavia.

Il 9 febbraio 1943, verso le 11.30, Pola subì la prima incursione aerea con bombardamento a tappeto. Nonostante la massima parte della popolazione riuscisse a salvarsi nei rifugi antiaerei, i morti furono più di settanta, tra cui Aldo Fabbro, venticinquenne polese calciatore del Napoli.

I 45 giorni dei partigiani titini (1945)[modifica | modifica sorgente]

Nella primavera 1945, dopo la ritirata dei tedeschi, Pola fu invasa dalle milizie partigiane jugoslave. Il Comitato Popolare di Liberazione (CPL) annunciò l'avvenuta annessione alla Jugoslavia. La redazione e la tipografia de Il Corriere Istriano furono utilizzati per stampare Il Nostro Giornale, quotidiano filo-jugoslavo in lingua italiana. In questo periodo iniziarono delle vere e proprie persecuzioni nei confronti degli autoctoni italiani, favorendone l'esodo in massa.

Pola Zona A di occupazione alleata (1945-47)[modifica | modifica sorgente]

I confini orientali italiani dal 1945 ad oggi. Si noti in rosso la Linea Morgan, che divise la regione nel maggio 1945 in Zona A e Zona B in attesa delle decisioni del Trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate. Pola era un'exclave nell'Istria meridionale, e faceva parte della "Zona A"
Particolare della parte della Zona A della Linea Morgan che comprendeva la città di Pola
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Territorio libero di Trieste.

Il 6 giugno 1945, l'accordo Alexander-Tito assegnò Pola come exclave raggiungibile solo via mare all'interno della Zona A del Territorio libero di Trieste, di occupazione alleata, comprendente anche Gorizia, Trieste e Monfalcone. Il resto dell'Istria e Fiume furono invece assegnati all'occupazione militare jugoslava. Il 12 giugno, anziché il 10 come previsto, gli alleati entrarono a Pola. La città attirò rifugiati italiani dal resto dell'Istria, rimasta sotto occupazione jugoslava. Rinacquero in città tutti i partiti, associazioni, sindacati italiani, già soffocati dal fascismo, e poi repressi dai nazisti e dai titini. In agosto nacque la sezione della Democrazia Cristiana di Pola, con Attilio Craglietto, già preside del liceo Carducci e fondatore, in maggio, del Comitato Cittadino Polese per difendere l'italianità della città, e con don Edoardo Marzari, già presidente del CLN di Trieste. Vennero fondate anche sezioni del Partito Socialista, del Partito d'Azione, del Partito Liberale. Il Comitato Cittadino Polese si trasformò in Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) e prese contatti con il CLN di Trieste e i giuliani residenti a Roma. Guido Miglia diresse il nuovo quotidiano L'Arena di Pola, contraltare a Il Nostro Giornale. Nacque anche il settimanale Democrazia. Nei due brevi anni di occupazione alleata Mario Mirabelli Roberti, direttore del Museo dell'Istria, riuscì a far ricostruire il Tempio di Augusto e il Duomo, appena prima che la città passasse nuovamente agli jugoslavi. Il 22 marzo 1946, giunsero in città i commissari (un russo, un francese, un inglese e un americano) della Commissione per lo studio dei confini della Venezia Giulia, emanazione della Conferenza Alleata dei Ministri degli Esteri per la definizione dei confini. Per l'occasione in piazza Foro si confrontarono una manifestazione spontanea della popolazione polese per l'Italia e una manifestazione filo-jugoslava, composta in realtà principalmente di persone venute dai paesi dell'interno della Jugoslavia con pullman organizzati dai comunisti stessi. La polizia del Governo Militare Alleato separò le due fazioni evitando in tal modo lo scontro.

Nel 1946, Carlo Schiffer pubblicò una Carta dei limiti nazionali italo-jugoslavi, in cui riporta, per la popolazione del vasto distretto di Pola, un totale di 87.787 abitanti, di cui 54.074 (64%) italiani, 27.102 (32%) serbo-croati, 771 sloveni, 1.110 altri stranieri. Nell'area urbana di Pola, quella occupata dagli angloamericani, la popolazione era italiana per quasi il 90 %.

L'esodo della maggioranza italiana[modifica | modifica sorgente]

Alla conferenza di Parigi, già nell'estate 1946 apparve chiaro che il compromesso avrebbe consegnato l'Istria e Pola alla Jugoslavia, Gorizia e Monfalcone all'Italia, mentre Trieste con una fascia di territorio limitrofo sarebbe divenuta Stato indipendente. La popolazione a Pola restò incredula e divisa tra pessimisti, per i quali ormai tutto era perduto, e ottimisti, che non vedevano come, dopo due anni di tutela anglo-americana, la città potesse essere di nuovo abbandonata agli jugoslavi. Il 26 luglio 1946 il CLN di Pola raccolse 9.496 dichiarazioni familiari scritte, per conto di complessivi 28.058 abitanti su un totale di circa 31.000, di voler abbandonare Pola qualora venisse assegnata alla Jugoslavia. Le firme del CLN di Pola furono citate da De Gasperi nel suo discorso al Palazzo di Lussemburgo a Parigi.

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Strage di Vergarolla.

Domenica 18 agosto 1946, alle ore tredici, sulla spiaggia di Vergarolla dentro il porto di Pola, diverse mine, forse ventotto, già disattivate, scoppiarono improvvisamente. I morti furono almeno ottanta, imprecisato il numero dei feriti. L'indagine alleata stabilì che non poteva essersi trattato di un incidente, ma nessuno ha mai saputo ufficialmente che cosa fosse successo. La decisione collettiva dell'esodo era già stata chiaramente manifestata prima dello scoppio, tuttavia la realtà, dalle tinte apocalittiche, della strage, sicuramente poté aver provocato nei polesani la sensazione che, qualora fossero restati in città, in caso di passaggio alla Jugoslavia, avrebbero certamente corso un serio pericolo. Solo nel 1997, grazie all'interessamento della piccola comunità italiana rimasta a Pola, venne collocato un cippo nel parco del Duomo, con la laconica iscrizione Vergarola - 18.08.1946 - 13 h. - Grad Pula - 1997 - Città di Pola.

Nell'inverno 1946-47, il CNL di Pola convinse il governo italiano a inviare la motonave Toscana e altri sei motovelieri al giorno, per il trasporto delle masserizie della moltitudine in procinto di abbandonare la città. Altri venti vagoni ferroviari al giorno sarebbero partiti da Pola per l'Italia, attraversando tutto il territorio istriano già sotto occupazione jugoslava. Nacque l'ipotesi di far esodare una comunità di coltivatori a Fertilia, in Sardegna, e di ospitare i lavorati dell'arsenale al porto di Taranto.

Il CLN di Pola trattò con il governo di Alcide De Gasperi anche a proposito della necessità di chiedere l'autodeterminazione per i territori giuliani, al fine di conservare Pola e l'Istria all'Italia. Ma lo Stato italiano non si sentì forse in grado di controllare le condizioni specifiche di eventuali plebisciti, che in Istria, dove era ancora vivo il terrore delle foibe, si sarebbero svolti sotto le minacce e le intimidazioni degli jugoslavi che la occupavano militarmente[senza fonte]. Con ogni probabilità temette inoltre che, giocando la carta del plebiscito, avrebbe perso l'Alto Adige abitato in maggioranza da tedeschi[senza fonte]. Anche il CLN di Trieste fu cauto, e così i giuliani stabilitisi a Roma.

La carta della disperazione, per gli italiani dell'Istria, fu quella proposta dall'avvocato Franco Amoroso, di Parenzo, molto vicino al CLN di Pola, già promotore del plebiscito e spesso non in sintonia con De Berti. Amoroso propose che l'Italia rinunciasse a Gorizia e Monfalcone, e che le offrisse al nascente Territorio Libero di Trieste, a condizione che la Jugoslavia avesse fatto lo stesso con la costa occidentale dell'Istria. Lo Stato libero sarebbe nato in tal modo molto più forte e gli italiani dell'Istria occidentale, costituendo la maggioranza assoluta della popolazione, sicuramente sarebbero rimasti nelle proprie terre. Anche gli italiani già fuggiti sarebbero potuti tornare nei paesi di origine. La proposta non ebbe però seguito.

Il 10 febbraio 1947, giorno della firma del trattato di Pace, Maria Pasquinelli, un'insegnante di origine toscana, uccise esacerbata il generale inglese Robin de Winton, comandante della guarnigione britannica di Pola. Lo freddò a colpi di pistola fuori dal portone del Governo Militare Alleato, in viale Carrara. In un suo documento, la Pasquinelli si riferì a Nazario Sauro e a Guglielmo Oberdan per giustificare il proprio gesto.

Il 20 marzo 1947 il piroscafo Toscana compì il suo ultimo viaggio, accompagnando le ultime partenze. Come previsto 28.000 dei 31.000 abitanti di Pola abbandonarono beni e proprietà piuttosto che divenire jugoslavi. Intanto nelle case rimaste vuote si installarono rapidamente nuovi abitanti sfollati dall'interno della Jugoslavia. Per altri sei mesi, 1.000 "operatori indispensabili" restarono ancora nella città deserta, in attesa del 15 settembre 1947, entrata in vigore del trattato di pace, quando l'abitato doveva venir ceduto definitivamente alla Jugoslavia. L'Arena di Pola terminò le pubblicazioni il 14 maggio 1947, qualche settimana dopo che una manifestazione di parecchie centinaia di filo-jugoslavi, divenuti ormai la maggioranza nella città, aveva minacciato la redazione. Il giornale si trasferì prima a Trieste e poi a Gorizia, venne spedito per posta ai pochi ultimi italiani rimasti e, successivamente, diventò settimanale.

Pola in Jugoslavia (1947-1991)[modifica | modifica sorgente]

Alla data di entrata in vigore del trattato di pace, il 15 settembre 1947, il Governo Militare Alleato si trasferì con il piroscafo Pola a Trieste, e la città passò all'amministrazione Jugoslava. A Pola, ormai deserta, rimasero un pugno di italiani.

Per il resto la città venne ripopolata da slavi provenienti da fuori, cambiando il nome ufficialmente in Pula. Molti con carri e povere masserizie percorsero l'intera Jugoslavia per raggiungere la città.

Le famiglie degli italiani "rimasti" hanno dato vita al "Circolo Italiano" (culturale, sociale, ricreativo, sportivo) in Via Carrara 1, nel centro storico cittadino di Pola, tuttora vivo.

Pola in Croazia (1991)[modifica | modifica sorgente]

Boris Miletić, sindaco di Pola dal 2006

Dal 1991, dopo la dissoluzione dello stato jugoslavo, entrò a far parte della Repubblica croata. La situazione da allora è in gran parte migliorata, molte case e monumenti sono stati restaurati e negli ultimi tempi sono stati aperti nuovamente moderni caffè e negozi.

L'ultimo censimento del 2001, basato sull'uso della lingua, segnala una popolazione totale di 58.594 abitanti e indica che la maggioranza è di lingua croata con l'88.38% della popolazione (51.785 ab.), seguono minoranze etniche come: 2.856 di lingua italiana (4.87%), 983 di lingua serba (1.68%), 593 di lingua slovena (1.1%), 475 di lingua bosniaca (0.81%) oltre a minoranze meno rilevanti [1].

La Comunità degli Italiani di Pola, ha una elegante sede in via Carrara 1, nel centro storico, che è da sempre il punto di ritrovo per tutti gli italiani del comune. Tale circolo è stato frequentemente e ripetutamente oggetto di vandalismi e tentativi di incendio, come lamentato in un'interpellanza parlamentare dal presidente dell'Unione Italiana, (e in alcuni casi, come a Parenzo e Rovigno, è stato bruciato il tricolore italiano).

Anche alcuni esuli da Pola hanno continuato a ritrovarsi, in Italia, e hanno costituito una anacronistica associazione denominata Libero Comune di Pola in Esilio con un proprio Sindaco e un proprio Consiglio comunale eletti con voto assembleare.

Bilinguismo[modifica | modifica sorgente]

La città, come la maggior parte dell'Istria, adotta ufficialmente il bilinguismo (italiano e croato), ma la sua attuazione varia a livello comunale.

Nel 1947 il croato venne imposto quale lingua ufficiale, ma fu con le sollevazioni antitaliane organizzate nel 1953 (crisi italo-jugoslava per la questione di Trieste) che vennero distrutte tutte le scritte, le insegne e i cartelli in italiano, che così scomparvero da Pola. Dopo anni e numerose richieste è stato ripristinato in parte il bilinguismo (Grad Pula - Città di Pola); Tra le tante iscrizioni sistematicamente bilingui vi sono targhe commemorative dell'uccisione di cittadini polesani e partigiani da parte di fascisti tra 1943 e 1945.

Così come in gran parte delle città dell'Istria, anche a Pola sono ricevibili in modo analogico i tre canali della Rai grazie agli impianti posti sulla vetta del Monte Nerone.

Demografia[modifica | modifica sorgente]

 % Ripartizione linguistica (gruppi principali)
Fonte: Censimento Croazia 2001
0,81% madrelingua bosniaca
88,38% madrelingua croata
4,87% madrelingua italiana
1,1% madrelingua slovena
0,70% madrelingua albanese
1,68% madrelingua serba

Divisione amministrativa[modifica | modifica sorgente]

La città di Pola è divisa in 16 Comitati locali[2] (Mjesni odbori) a cui afferiscono i rioni (četvrti):

  • Città Vecchia (Stari Grad)
    a cui afferiscono i rioni cittadini di: Città (Grad), San Martino (Sveti Martin), Port’Aurea (Portarata) e Arsenale (Arsenal)
  • Castagner (Kaštanjer)
    a cui afferisce il rione cittadino di: Castagner (Kaštanjer)
  • Monte Zaro (Monte Zaro)
    a cui afferisce il rione cittadino di: Monte Zaro (Monte Zaro)
  • San Policarpo – Sisplaz (Sv. Polikarp – Sisplac)
    a cui afferiscono i rioni cittadini di: San Policarpo (Sveti Polikarp), Ospedale della Marina (Mornarička bolnica) e Sisplaz (Sisplac)
  • Veruda (Veruda)
    a cui afferiscono i rioni cittadini di: Veruda, Valsaline
    e le zone turistiche cittadine di Monsival, Saccorgiana e Verudella
  • Stoia (Stoja)
    a cui afferiscono i rioni cittadini di: Musil, Vergarola, San Pietro (Sveti Petar), Baracche (Barake) e Valcane (Valkane)
    e le zone turistiche cittadine di: Valovine e Stoia (Stoja)
  • Nuova Veruda (Nova Veruda)
    a cui afferiscono i rioni cittadini di: Monte Paradiso (Vidikovac)
    e le zone turistiche cittadine di: Marina Veruda, Fischerhutte e Bunarina
  • Siana (Šijana)
    a cui afferiscono i rioni cittadini di: Siana (Šijana) e Monteghiro
    e i sobborghi Valica – Illiria (Valica-Ilirija), Vidrian (Vidrijan) e Vernal
  • Stignano (Štinjan)
    a cui afferisce il rione cittadino di: Stignano (Štinjan)
    e le zone turistiche cittadine di: Puntacristo (Puntakristo), Puntisella (Puntižela), Valdežunac e Camulimenti
    e le isole di: San Girolamo (Sv. Jerolim), Cosada (Kozada) e Santa Caterina (Sv. Katarina)
  • Monte Grande (Veli Vrh)
    a cui afferiscono i rioni cittadini di: Monte Grande (Veli Vrh), Paganor e Carsiole (Karšiole)
    e il sobborgo turistico di: Vallelunga
  • Bussoler (Busoler)
    a cui afferiscono i sobborghi di: Bussoler (Busoler), Scattari (Škatari), Sichici (Šikići), Valmade, Moteserpo-Comunal (Monteserpo- Komunal), Kaiserwald e Campi d'Altura (Valtursko polje)
  • Valdibecco (Valdebek)
    a cui afferiscono i sobborghi di: Valdibecco (Valdebek) e Dolinka
  • Arena (Arena)
    a cui afferiscono i rioni cittadini di: Arena (Arena), Croatia e Stazione ferroviaria (Kolodvor)
  • Monteparadiso (Vidikovac)
    a cui afferiscono i rioni cittadini di: Monte Rizzi (Monte-rizzi) e Drenovica
  • Grega (Gregovica)
    a cui afferiscono i rioni cittadini di: Pragrande, San Michele (Sveti Mihovil), Ospedale (Bolnica) e Grega (Gregovica)
  • Monvidal (Monvidal)
    a cui afferisce il rione cittadino di: Monvidal

Infrastrutture e servizi[modifica | modifica sorgente]

La città è servita dall'aeroporto di Pola e da una stazione ferroviaria, capolinea della ferrovia Istriana. Il porto è servito da diverse linee di navigazione.

Nei pressi di Pola ci sono numerose aree turistiche molto apprezzate e frequentate nella stagione estiva, tra cui le isole Brioni, già soggiorno turistico del maresciallo Tito.

Monumenti e luoghi[modifica | modifica sorgente]

L'Arena di Pola
  • L'Arena, simbolo della città, eretta nel I secolo sotto l'imperatore Vespasiano
  • Il Tempio di Augusto
  • La Porta Aurea (Arco dei Sergii)
  • La Porta di Ercole
  • Il teatro romano
  • Il Castello che sovrasta l'abitato
  • Il Duomo di Pola
  • La via Sergia, oggi Ulica Sergijevaca, strada principale che porta dall'Arco dei Sergi a piazza Foro
  • Piazza Dante Alighieri, oggi Danteov Trg, con la chiesa della Madonna della Misericordia, che dà l'abside alla via Sergia, e il palazzo delle Poste, in stile fascista
  • I Giardini
  • viale Carrara, oggi Mate Balote
  • La Facoltà di Filosofia dell'Università di Pola, costruita dagli austriaci nel 1915 come liceo femminile, poi divenuto il ginnasio-liceo "Carducci"
  • La chiesa della Madonna del Mare, oggi Gospa od Mora, sopra l'Arsenale, a lastre di marmo bianco e rosa, consacrata dagli austriaci nel 1898 come chiesa della marina
  • Il porto, tra Punta Cristo e Punta Fisella, con il cantiere navale di Scoglio Olivi

Feste[modifica | modifica sorgente]

Ogni anno, nella seconda metà di giugno, Pola vive la festa dei fuochi di San Giovanni Battista, con i falò accesi sui colli di Monte Zaro e del monte San Michele.

Località[modifica | modifica sorgente]

Il comune di Pola è diviso in 3 insediamenti (naselja):

Gemellaggi[modifica | modifica sorgente]

Pola è gemellata con le seguenti città:

Sport[modifica | modifica sorgente]

Personalità legate a Pola[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Elenco dei podestà, conti e sindaci di Pola.

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. ^ Dall'Annuario Generale 1929 del Touring Club Italiano a pag. 725 è citata Pola (PL). Queste sigle delle targhe furono assegnate nel 1926 con la riforma del Codice della Strada, riforma voluta dal Regime Fascista perché fino al 1925 al posto della sigle c'era un numero di 1 o 2 cifre e Pola aveva il numero 70, quindi l'auto numero 100 di Pola sulla targa era codificata 70-100 (dall'Annuario del Touring del 1923-24 a pag. 165 nel paragrafo Numeri delle targhe d'auto e moto).
  2. ^ articoli 82 e 83 dello Statuto della Città di Pola
  3. ^ città gemellate dal sito di Graz. URL consultato il 19 dicembre 2010.

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

  • Dario Alberi, Istria, storia, arte, cultura, Lint Editoriale Trieste 2006
  • Fabio Amodeo, TuttoIstria, Lint Editoriale Trieste 1998
  • Elvino Tomasini, I nerostellati del Grion di Pola, Parma 1980
  • Corrado Belci, Quei giorni di Pola, LEG 2007 ISBN 978-88-6102-019-1
  • G. La Perna, Pola, Istria, Fiume, Mursia, Milano ISBN 9788842528333

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