Clisteri psicoattivi precolombiani

Pre-Columbian psychoactive enemas

In tutta l’America Latina esistono indizi archeologici ed etnografici sulla pratica di introdurre medicine o inebrianti per via rettale, utilizzando siringhe in ceramica, osso o altro materiale; pratica ancora comune presso diverse tribù indigene. Tabacco, Anadenanthera, ayahuasca, Brugmansia, datura, pulque e altre droghe venivano introdotte per via rettale (per un’analisi generale cfr. De Smet, 1985).

Nei riti di iniziazione dei Mura del Brasile, dopo aver inflitto loro una pesante flagellazione, ai neofiti viene somministrato un clistere di polvere da fiuto allucinogena (paricá, Anadenanthera sp.). Agli inizi del ’900 uno studioso scandinavo riportava che “alcuni indios sono così soggetti a questo vizio [l’uso del paricá] che portano sempre con sé una cannuccia per poter partire, quando più gli piace, verso la regione dei sogni felici. Gli indios usano paricá soprattutto durante le feste e in queste occasioni un buon ospite distribuisce cannucce ai suoi invitati”, dove per cannucce si devono intendere le cannule per clistere (Nordenskiold, 1930). Anche gli Omagua dell’Amazzonia peruviana usavano delle lunghe siringhe per clisteri psicoattivi che preparavano in occasione delle loro feste, da distribuire agli invitati che se le auto-somministravano. In alcuni casi anche il pepe viene usato come stimolante ed eccitante rettale. Per le donne makuso che vivono lungo il fiume Rupuni (Guyana) è una pratica usuale applicarsi un clistere di pepe e darlo anche ai loro bambini. I cacciatori catawishi del Brasile erano soliti somministrarsi clisteri di paricá prima delle battute di caccia, con lo scopo di acuire la visione e lo stato di allerta. Per gli stessi motivi somministravano la medesima polvere allucinogene come clistere anche ai loro cani (De Smet, 1985).

I Jívaro dell’Ecuador usano la datura (maikua) nel corso dei riti di iniziazione dei giovani all’età adulta. Nel caso il neofita non riesca a bere tutta la pozione delirogena, si continua a somministrargliela mediante clistere: “L’uomo più anziano della famiglia o della tribù sistema gli altri individui allineati in due file parallele, uno di fronte all’altro. Ogni uomo tiene un pininga contenente una piccola quantità di infuso di maikua. Il novizio deve andare da uno all’altro con lo scopo di prendere un sorso da ogni pininga, partendo dall’uomo più anziano. Generalmente è facile per lui bere i primi sorsi, ma di frequente è impossibile per lui bere dagli ultimi della fila. I loro contenuti gli vengono allora dati in forma di clistere. E’ considerato assolutamente necessario che il novizio riceva qualcosa dal vassoio di ogni uomo” (Karsten, 1935: 32). E’ stato documentato l’uso di clisteri di peyote da parte di una sciamana huichol del Messico. Essa usava questo metodo di somministrazione del cactus per evitare il sapore amaro e la nausea conseguente alla sua consumazione orale (Furst, 1977).

Gli Aztechi usavano perfino clisteri di pulque, la bevanda fermentata ricavata dalla linfa di alcune specie di maguey (Agave). Il pulque “bianco” è una bevanda con una bassa gradazione alcolica (non oltre il 4%), ma fungeva da liquido madre in cui venivano fatte macerare certe radici o erbe dalle proprietà allucinogene (Samorini, 2011). Díaz del Castillo (1575, Cap. CCVIII), il principale storiografo e testimone della Conquista, riportò: “Riguardo agli ubriachi, non so che dire, tante sono le immondezze che fra loro [i nativi] accadevano; ne dico solamente una qui, che incontrammo nella provincia di Pánuco, che si riempivano il retto mediante alcune cannucce e si riempivano i ventri di vino di quello che si faceva presso di loro, nel medesimo modo in cui da noi si versa una medicina”. La cittadina di Pánuco si trova nell’attuale stato messicano di Veracruz, nella regione degli Huastechi, una popolazione che era considerata particolarmente dedita all’ubriachezza. Anche un autore anonimo che scrisse attorno al 1530 riportò per la regione di Pánuco che “hanno le loro bevande per ubriacarsi: hanno una grande quantità di pulque ricavato dai maguey, usano il peccato nefando gli indios: quando sono nelle loro ubriachezze e feste, quello che non possono bere per bocca, se lo fanno versare dal basso con un imbuto”.(AA.VV., 1963: 326-7). Anche in questo caso, come fra i Jívaro incontrati poc’anzi, l’assunzione rettale era eseguita quando i nativi non riuscivano più ad assumerne per bocca.

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(a sinistra) Clistere plasmato a forma di figura umana. Xochipala, Messico. Preclassico Iniziale. Da Taube, 1998, fig. 2; (a destra) Ampolla semplice in ceramica per clisteri. Conca del Messico. Da Taube, 1998, fig. 3.

Il più antico clistere mesoamericano noto è datato fra il 1200 e il 900 a.C. e proviene dal sito di Xochipala, nello stato messicano di Guerrero. La diffusione di questi reperti archeologici si estende dall’Arizona alle regioni meridionali del Sudamerica (Taube, 1998).

Nella forma più comune questi clisteri sono dotati di due fori: quello dalla parte allungata, che veniva inserito nell’ano o giunto a una cannuccia che a sua volta veniva inserita nell’ano, e un foro più grande nella parte rigonfia, dal quale un assistente soffiava con forza, per far si che il liquido del clistere penetrasse nella caverna rettale, dove la droga viene velocemente assorbita.

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(a sinistra) Personaggio che si somministra un clistere. Vaso maya di probabile origine dal Petén, Guatemala. Classico Iniziale. Da De Smet, 1985, Tav. 2; (a destra) Particolare di un vaso maya del Classico Tardo, con raffigurato un inserviente che somministra un clistere di bevande inebrianti a un uomo di alto rango. Da Taube, 1998, fig. 6.

Nell’arte maya si trova la documentazione più ricca associata all’uso di clisteri psicoattivi. I Maya utilizzavano clisteri di pulque e altre bevande alcoliche fermentate, oltre che di diversi allucinogeni (Furst & Coe, 1977).

Nell’arte maya del Classico Finale l’applicazione del clistere è accompagnata dall’apparizione di un tipo particolare di spirito, chiamato way. Questi esseri sarebbero la personificazione di anime-sogni e sono rappresentati con attributi notturni o del mondo infero. Su un cranio di pecari inciso proveniente da Copán, in Honduras, il way è rappresentato come un giaguaro che impugna un clistere. E’ accompagnato da un buffone rituale, personaggio associato all’atto del bere e all’ubriachezza. Esiste anche una figura divina maya associata alla pratica dei clisteri psicoattivi, chiamata Pawahtún; è simbolo dell’eccesso, della ghiottoneria, dell’ubriachezza, della lascivia. E’ raffigurato mentre si applica un clistere ed è generalmente in compagnia delle sue mogli. Nel sito di San Diego, vicino a Uxmal, nel cuore della cultura maya Puuc, è stata ritrovata una piccola costruzione con una sola stanza, in mezzo a varie piramidi. Le pareti della stanza sono completamente ricoperte di bassorilievi in cui sono raffigurati i vari modi di assumere droghe; diverse scene sono dedicate ai clisteri. Sono scolpite anche scene di danze estatiche conseguenti all’applicazione dei clisteri psicoattivi (Taube, 1998).

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(a sinistra) Scena di autosomministrazione di un clistere psicoattivo. Bassorilievo della Struttura I, gruppo A del centro cerimoniale maya di San Diego, Yacatan, Messico. Da Taube, 1998, fig. 10; (a destra) Zufolo plasmato in forma di uomo che si somministra un clistere psicoattivo. Terracotta grezza, lungh. 12,7 cm. Veracruz. Tardo Classico. 500-700 d.C. Da Johnson, 1992, p. 89, fig. E

Inoltre, nell’arte e nei codici aztechi e maya è presente un motivo iconografico denominato “il bevitore notturno”, intendendo il bevitore di pulque, per gli Aztechi, e il bevitore di balché per i Maya. Si tratta di una figura sdraiata con gambe flesse (Barthel, 1963: 168-170). Von Winning (1972) ha formulato l’interessante ipotesi che la posizione delle gambe flesse sia indicativo della pratica di somministrazione rettale del pulque mediante clisteri, una pratica documentata presso le antiche popolazioni messicane (si veda Clisteri psicoattivi precolombiani). Con una più attenta osservazione, si potrebbe aggiungere la constatazione che le gambe del “bevitore notturno” non sono solamente flesse, bensì incrociate l’una sull’altra; una posizione che faciliterebbe ulteriormente l’applicazione, compresa l’auto-applicazione, di un clistere.

Alcuni esempi maya e aztechi del motivo del "bevitore notturno" (da Barthel, 1963, fig. 3)

Come curiosità finale, gli Indiani del Canada occidentale hanno una tecnica particolare per salvare le persone annegate in acqua: introducono forzatamente del fumo di tabacco attraverso l’ano, quindi appendono l’annegato a testa in giù. Fatto ancor più curioso, nei secoli passati anche in Europa si utilizzava una simile tecnica per salvare gli annegati (De Smet, 1985, op.cit., p. 40).

Gli effetti delle droghe introdotte per via rettale sopraggiungono più velocemente e con maggior potenza; in altre parole, la loro salita è più drastica e, a parità di potenza ricercata, nell’uso rettale si deve diminuire la dose. Vi sono droghe che non possono essere assunte oralmente, poiché verrebbero distrutte dal sistema enzimatico. E’ il caso della DMT, la dimetiltriptamina, presente anche nella polvere di paricá, che già nello stomaco viene velocemente degradata dall’enzima MAO ancor prima di poter essere assorbita. Per queste droghe a base triptaminica l’assorbimento per via rettale appare essere un’ottima soluzione, in quanto la triptamina, by-passando il sistema enzimatico gastro-enterico, viene direttamente assorbita dal sangue e può quindi giungere a svolgere il suo effetto sulla mente umana.

Il retto ha una forma tubolare lunga 15-20 cm. ed è privo di villi intestinali. E’ stato dimostrato che droghe e medicine inserite analmente trasmigrano in parte dal retto verso regioni più interne dell’intestino. E’ questo medesimo meccanismo a spiegare le grosse quantità di liquidi assunte rettalmente nel mondo tradizionale e osservate da diversi cronisti. Una difficoltà della tecnica del clistere risulta nella maggiore difficoltà di dosare in maniera appropriata, specie per le moderne sostanze chimiche e per vegetali quali la datura e altre solanacee. Durante l’800 i medici europei erano soliti somministrare clisteri di succo di tabacco per scopi terapeutici, ma verso la fine del secolo questa pratica fu abbandonata per via dei troppi casi di coma e perfino letali che si verificavano continuamente.

ri_bib

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