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Somalia

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Somalia
Somalia – Bandiera Somalia - Stemma
(dettagli) (dettagli)
Somalia - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome completo Repubblica Federale di Somalia
Nome ufficiale (SO) Jamhuuriyadda Federaalka Soomaaliya
(AR) جمهورية الصومال الفدرالية (Jumhūriyyat aṣ-Ṣūmāl al-Fideraaliya)
Lingue ufficiali somalo[1], arabo[1], italiano, inglese (dopo arabo e somalo, come da Carta Federale)
Capitale Mogadiscio  (1 554 000 ab. / stima 2011[2])
Politica
Forma di governo Repubblica parlamentare
Presidente Hassan Sheikh Mohamud
Primo ministro Omar Abdirashid Ali Sharmarke
Indipendenza 26 giugno 1960 (dal Regno Unito)
1º luglio 1960 (dall'Italia)
Ingresso nell'ONU 20 settembre 1961
Superficie
Totale 637.657[2] km² (44º)
 % delle acque 1,62 %
Popolazione
Totale 10.251.568 ab. (stima luglio 2013[2]) (86º)
Densità 16 ab./km²
Tasso di crescita 1,596% (2012)[3]
Geografia
Continente Africa
Confini Gibuti, Etiopia, Kenya
Fuso orario UTC+3
Economia
Valuta Scellino somalo
PIL (nominale) 2 372[4] milioni di $ (2010)
PIL (PPA) 5 896[4] milioni di $ (2010)
PIL pro capite (PPA) 600[4] $ (2010)
Fecondità 6,3 (2011)[5]
Consumo energetico 0,003 kWh/ab. anno
Varie
Codici ISO 3166 SO, SOM, 706
TLD .so
Prefisso tel. +252
Sigla autom. SP
Inno nazionale Soomaaliyeey Toosoow
Festa nazionale
Somalia - Mappa
Evoluzione storica
Stato precedente Somalia Stato del Somaliland

Nazioni Unite Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia
Somalia Repubblica Democratica Somala

 

Coordinate: 8°19′N 47°18′E / 8.316667°N 47.3°E8.316667; 47.3

La Somalia /soˈmalja/ (somalo: Soomaaliya; in arabo: الصومال‎, al-Sūmāl), ufficialmente Repubblica Federale di Somalia (somalo: Jamhuuriyadda Federaalka Soomaaliya; in arabo: جمهورية الصومال الفدرالية‎, Jumhūriyyat aṣ-Ṣūmāl al-Fideraaliya), è uno Stato dell'Africa Orientale situato nel corno d'Africa.

Confina con Gibuti a nord, con l'Etiopia a ovest e con il Kenya a sudovest; si affaccia a nord sul Golfo di Aden e a est sull'oceano Indiano. Ha la linea di costa più lunga di tutto il continente[6] e ha un territorio prevalentemente composto da altopiani e pianure.[2] Il clima è perlopiù arido lungo tutto l'anno, con periodici venti monsonici e piogge irregolari.[7]

Anticamente, la Somalia fu un importante centro commerciale con il resto del mondo antico[8] e secondo molti studiosi potrebbe essere l'ubicazione più probabile del leggendario Paese di Punt.[9][10][11][12][13] Lungo il medioevo, i flussi commerciali della regione vennero dominati da vari sultanati somali, fra cui quelli di Agiuran, Adal, Uarsangheli e Gheledi. Nel tardo XIX secolo, britannici e italiani acquisirono il controllo di parte della costa somala, portando alla creazione dei protettorati della Somalia Britannica (nord) e della Somalia Italiana (centro e sud).[14]

Il controllo sulla parte interna dei territori fu però consolidato solo lungo gli anni venti del XX secolo.[15][16] Nel 1936, la Somalia Italiana fu fatta confluire nell'Africa Orientale Italiana. Amministrativamente rimase tale fino al 1941, quando passò sotto il controllo militare britannico. Dopo la Seconda guerra mondiale, il nord del Paese rimase protettorato britannico, mentre la restante parte fu affidata a una amministrazione fiduciaria italiana. Nel 1960, le due regioni furono unite nella Repubblica somala.[17] Nel 1969, il maggiore Mohammed Siad Barre portò a termine un colpo di Stato e si insediò come presidente-dittatore, rimanendo in carica fino allo scoppio della guerra civile (26 gennaio 1991).

Da allora, nonostante numerosi tentativi, nessuna autorità o fazione è riuscita a imporre il proprio controllo su tutto il Paese.[18] La Somalia è stata governata da una pluralità di entità statali più o meno autonome, che esercitano ciascuna un diverso grado di controllo del territorio. Anche per questo motivo, la Somalia è stata considerata uno "Stato fallito"[19][20][21][22][23] ed è uno degli Stati più poveri e violenti del mondo.[24][25] In assenza di un governo centrale, l'amministrazione della giustizia è regredita a livello locale, con l'utilizzo di istituti civili, religiosi islamici oppure consuetudinari, mentre l'economia si mantiene a livelli informali, basati sull'allevamento del bestiame, sulle rimesse degli emigrati, e sulle telecomunicazioni.[2] Il ministro degli esteri Fowsiya Haji Yusuf ha invitato i paesi occidentali ad investire nel paese, e dal 2011 sono state riaperte le ambasciate di Turchia, Gibuti, Kenya, Iran, Regno Unito, Italia e ONU. Prova del miglioramento della sicurezza in Somalia è la visita del segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon nel dicembre del 2011.
Con l'istituzione della Repubblica Federale Somala il paese sembra uscire dai 20 anni di guerra civile e instabilità che lo hanno caratterizzato.

Nel settembre 2012, con l'elezione del presidente Hassan Sheikh Mohamoud e con l'instaurazione di un governo stabile, il paese sembra definitivamente uscire dalla guerra civile e ritornare alla normalità.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Somalia.

Preistoria[modifica | modifica wikitesto]

Un esempio di pittura rupestre del complesso di Laas Gaal.

Le prime testimonianze di insediamenti umani in Somalia risalgono al Paleolitico: esempi di pittura rupestre risalenti al IX millennio a.C. sono stati ritrovati nella parte settentrionale del Paese.[26] I più famosi sono quelli ritrovati a Laas Gaal, dove si trovano alcune fra le più antiche testimonianze del continente africano, fra cui alcune iscrizioni non ancora decifrate.[27] Durante l'età della pietra, si registrano varie testimonianze di più culture, fra cui la comunità di Hargheisa (perlopiù autoctona) e quella di Doia (probabilmente proveniente dal Nordafrica).[28]

Sempre nel Paese sono state rintracciate le prime testimonianze, risalenti al IV millennio a.C., di sepoltura nel corno d'Africa.[29] Gli utensili in pietra trovati nel sito archeologico di Jalelo, nel nord della Somalia, sono stati definiti "il più importante collegamento, considerando tutto il Paleolitico, fra Oriente e Occidente".[30]

Dall'antichità fino all'età classica[modifica | modifica wikitesto]

La Somalia era una delle tappe della via della seta che collegava l'Europa meridionale alla Cina.
Le rovine di Qa'ableh.

Ci sono varie testimonianze di edifici e altre costruzioni (strutture piramidali, tombe, rovine di città e muri di pietra), fra cui il Muro di Wargaade, che evidenziano l'esistenza di una civiltà piuttosto avanzata nella penisola somala[31] (probabilmente riconducibile al leggendario Paese di Punt),[32] la cui scrittura resta ancora oggi non decifrata[33] e che aveva rapporti commerciali con l'antico Egitto e la civiltà micenea a partire perlomeno dal II millennio a.C.

I commercianti di Punt "commerciavano non solo la propria produzione di incenso, ebano e bovini dalle corna corte, ma anche merci delle regioni confinanti, compreso oro, avorio e pelli animali".[34] Si ha inoltre testimonianza dell'addomesticamento del cammello durante il III millennio a.C., da cui poi si è diffuso nell'antico Egitto e poi nel Nordafrica.[35] Nel periodo classico, le città-stato di Mossilone, Opone, Malao, Mundus e Tabae svilupparono una lucrosa rete commerciale con i mercanti di Fenicia, Egitto, Grecia, Impero partico, Saba, Nabatea e Impero romano.

Dopo la conquista della Nabatea da parte dei Romani e l'instaurazione di una presenza navale ad Aden per combattere la pirateria, i mercanti arabi e somali impedirono alle navi indiane di entrare nei porti della penisola araba,[36] mantenendo così il monopolio della tratta Mar Rosso-Mar Mediterraneo.[37] Tuttavia, i mercanti indiani continuavano ad avere libero accesso ai porti somali, liberi dalle interferenze romane.[38]

Per secoli, la cannella fu fra le merci più importate da Sri Lanka e Indonesia verso i porti arabi e somali, i cui mercanti poi la esportavano verso il Nordafrica, il Vicino Oriente e l'Europa con fortissimi ricarichi (concordati con i loro colleghi indiani e cinesi).[37] La provenienza della spezia fu uno dei segreti meglio tenuti dai mercanti, al punto che Greci e Romani pensavano che provenisse dall'Arabia e dalla Somalia.[39]

Dalla nascita dell'Islam alla fine del Medioevo[modifica | modifica wikitesto]

A partire dal tredicesimo secolo, somali e pastori nomadi stabilitosi nel nord del Corno d'Africa, cominciarono a emigrare in direzione dell'attuale regione della Somalia. Prima i Galla, pastori e agricoltori, avevano iniziato la loro migrazione dall'Ogaden e l'Abissinia. Tutti questi popoli si installarono definitivamente sul territorio. Il territorio dell'attuale Somalia fu parte integrante del Sultanato di Agiuran per tutto il Medioevo e fino alla fine del 17 secolo.

Bandiera del Sultanato di Agiuran
Spedizioni marittime somale tra l XI e il XIX secolo

Il dominio del Sultanato di Zanzibar[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni popoli arabi provarono ad appropriarsi del territorio, fra questi i sultani di Zanzibar che giunsero ad impadronirsi delle coste. Durante questo periodo, il sultano di Zanzibar dominava una parte rilevante della costa orientale africana, nota come Zanj, comprendente Mombasa e Dar es Salaam, e le rotte commerciali che si estendevano molto all'interno dell'Africa, come Kindu sul fiume Congo. Nel novembre 1886, una commissione anglo-tedesca fissò i confini in una striscia larga dieci miglia nautiche (19 km) lungo la costa da Capo Delgado (nell'odierno Mozambico) a Kipini (ora in Kenya), che includeva tutte le isole e parecchie città in quella che oggi è la Somalia. Tuttavia, dal 1887 al 1892, tutti questi possedimenti di terraferma furono progressivamente perduti a vantaggio delle potenze coloniali del Regno Unito, della Germania e dell'Italia, sebbene alcune non furono formalmente vendute o cedute fino al XX secolo (Mogadiscio agli italiani nel 1905 e Mombasa ai britannici nel 1963). Molti somali si dispersero nel territorio, specialmente in prossimità dell'Abissinia.

Il periodo coloniale[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Somalia italiana, Somalia britannica e Guerra anglo-somala.
Le cinque punte della stella centrale della bandiera della Somalia rappresentano le cinque zone dove vivono i Somali

L'anno 1884 pose fine a un lungo periodo di pace. Con la Conferenza di Berlino, iniziò una lunga lotta sanguinosa in cui tre stati si contendevano la Somalia. L'Italia, la Gran Bretagna e la Francia si spartirono il suo territorio nel tardo XIX secolo.

Sultano Mohamoud Ali Shire: leader anti-imperialista del Sultanato Uarsangheli, che fu esiliato dai britannici alle Seicelle.

I britannici stabilirono il Protettorato della Somalia Britannica nel 1886 dopo la ritirata dell'Egitto e il trattato con la cabila Uarsangheli. L'Egitto tentava di impedire l'espansione coloniale europea nell'Africa nordorientale. L'area meridionale, occupata dall'Italia nel 1892, divenne nota come Somalia Italiana. La parte più settentrionale del territorio fu data alla Francia, che stabilì la Somalia Francese, costituita dai territori di Afars e Issas. La guerra di resistenza dello Stato dei dervisci contro inglesi ed italiani (1898-1920) fu guidata dal poeta, studioso e politico somalo Mohammed Abdullah Hassan. La guerra terminò con il bombardamento da parte della RAF del forte di Sayid, che causò una grande perdita di militari e civili somali.

Il 2 ottobre 1869 il governo italiano, guidato dal presidente Luigi Federico Menabrea, stipula un trattato segreto per comprare terreno sulle coste dell'Africa allo scopo di promuovere il colonialismo italiano. Nel 1885 viene stipulato il primo accordo tra il sultano di Zanzibar e l'Italia per ottenere un protettorato sulla Somalia; in realtà l'Italia aveva iniziato ad acquisire il controllo di varie parti della Somalia dal 1880 con alle spalle una controversa situazione internazionale, dove alcuni stati sostenevano questo genere di politica estera. Dal 1869 esistevano territori italiani privati, di società genovesi poi ceduti allo stato italiano, nella vicina Eritrea. Tutta l'area si trovava contesa tra Inghilterra, Italia e Francia.

Taleex è stata la capitale dello Stato dei dervisci di Mohammed Abdullah Hassan.

Quando l'Egitto si ritirò dal Corno d'Africa nel corso del 1884, i diplomatici italiani fecero un accordo con la Gran Bretagna per l'occupazione del porto di Massaua che assieme ad Assab formò i cosiddetti possedimenti italiani nel Mar Rosso, dal 1890 denominati Colonia Eritrea, e base per un progetto che doveva sfociare nel controllo dell'intero Corno d'Africa. I britannici stabilirono il Protettorato della Somalia Britannica, futuro Somaliland, nel 1886, dopo la ritirata egiziana e il trattato con il cabila Uarsangheli. L'area meridionale, occupata dall'Italia nel 1892, divenne conosciuta come Somalia Italiana. La parte più settentrionale del territorio fu data alla Francia, che stabilì la Somalia Francese, costituita dai territori di Afars e Issas.

Agli inizi degli anni 1880 questa zona era abitata da popolazioni etiopiche, dancale, somale e oromo autonome o sottoposte a diversi dominatori: gli egiziani lungo le coste del Mar Rosso, sultani (tra cui Harar, Obbia, Zanzibar), emiri e capi tribali, mentre l'Etiopia, era retta dal Negus Neghesti (Re dei Re) Giovanni IV, con la presenza di un secondo Negus (Re) nei territori del sud: Menelik.

Il Regno d'Italia cominciò a penetrare nell'area somala negli anni ottanta dell'Ottocento, fino alla creazione di una vera e propria colonia. Numerosi coloni italiani si radicarono nella Somalia Italiana, specialmente nella capitale Mogadiscio dove gli Italo-somali erano 20.000 (su un totale di 50.000 abitanti) nel 1938. Negli anni trenta la Somalia ebbe un certo sviluppo economico, centrato sull'esportazione di banane e prodotti agricoli grazie anche alla costruzione di strade carrozzabili ed alle moderne infrastrutture di cui fu dotato il porto di Mogadiscio. La capitale Mogadiscio ebbe un notevole sviluppo urbano all'interno dell'A.O. I., inferiore solo a quello di Asmara; la città, capoluogo della Colonia fu dotata infatti di strade asfaltate, fognature, uffici e palazzi, scuole ed ospedali e fu progettata una sede per l'università. Di questo periodo è la costruzione del villaggio-colonia agricola Duca degli Abruzzi, noto per le sue moderne tecniche d'irrigazione e coltivazione. Nel 1936, dopo la guerra d'Etiopia, la Somalia Italiana entrò a far parte dell'Africa Orientale Italiana insieme all'Etiopia e all'Eritrea e le venne aggiunto l'Ogaden.

Nell'estate 1940 le truppe italiane occuparono la Somalia Britannica e parte del Kenia vicino all'Oltregiuba. Questi territori furono annessi alla Somalia Italiana ingrandendola ed ottenendo -anche se per pochi mesi- l'unione territoriale di tutti i Somali nella "Grande Somalia".

Nel 1941, nel corso della seconda guerra mondiale fu occupata da truppe britanniche, che ne mantennero il controllo fino al novembre del 1949, quando le Nazioni Unite la diedero in Amministrazione fiduciaria alla Repubblica italiana.

Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia[modifica | modifica wikitesto]

L'Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia (acronimo "A.F.I.S.") fu una Amministrazione fiduciaria delle Nazioni Unite sull'ex Somalia Italiana, a partire dal 1º gennaio 1950, affidata alla Repubblica italiana per preparare il paese all'indipendenza. L'indipendenza fu raggiunta il 1º luglio 1960 quando la ex Somalia Italiana e la Somalia Britannica si unirono nell'attuale Repubblica di Somalia. Gibuti (ex Somalia Francese) divenne invece indipendente nel 1977.

Dal 1960 al 1969: la guerra con L'Etiopia[modifica | modifica wikitesto]

Ottenuta l'indipendenza, nel 1964 e nel 1977 la Somalia combatte due guerre contro l'Etiopia. Nonostante la diversità religiosa le guerre erano tuttavia di matrice territoriale.

Via a Mogadiscio nel 1963

Era infatti conteso il territorio che era popolato da somali ma rimasto all'Etiopia in seguito alla divisione delle terre colonizzate effettuata dalla Gran Bretagna nella seconda metà dell'Ottocento. Il territorio di Ogaden è rimasto poi all'Etiopia ed il dipartimento somalo ha successivamente deciso di abbandonarne la rivendicazione.

Dal 1969 al 1991: la dittatura di Siad Barre[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1969, un colpo di Stato militare, ai danni del presidente della Repubblica Abdirashid Ali Shermarke, portò al potere il generale Siad Barre. Fra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta iniziarono a formarsi organizzazioni di guerriglia ostili al regime di Barre. Ebbe così inizio un'epoca di guerra civile intermittente che, sebbene con diversi contendenti, perdura ancora oggi. Nel 1991 Barre fu estromesso dal ministro della Difesa, Mohammed Farah Aidid; la lotta per il potere che ne seguì contrappose diversi gruppi tribali, in un nuovo crescendo di violenza accompagnato peraltro da una terribile carestia. Nello stesso anno, l'ex Somaliland annunciò la propria secessione, un evento che diede origine a nuovi scontri.

Siad Barre

Dal 1991 al 2004: il caos ed il fallimento della missione ONU[modifica | modifica wikitesto]

Il conflitto divenne sempre più confuso e violento, culminando nella battaglia di Mogadiscio, che aumentò l'ostilità della popolazione locale. Gli americani si ritirarono nei primi mesi del 1994, provocando il fallimento della missione UNOSOM. Nel 1995 l'ONU, incapace di far fronte alla situazione, ritirò le proprie forze (nella missione "Restore Hope", partecipava anche l'Italia). Il periodo fu caratterizzato dalle violenze dei "Signori della guerra", i temibili capi-clan che sottomisero la popolazione e che costrinsero alla fuga, nel 1994, anche i caschi blu dell'ONU e i militari americani. Essi imperversarono per anni in gran parte del sud del Paese (la zona fertile ed agricola della Somalia).

Verso la fine degli anni novanta ci fu un momento di scambi diplomatici importante, che incluse un accordo fra ventisei fazioni (1997), la Conferenza di pace di Gibuti (2000), e la Conferenza di pace di Mbagathi (2002).

Dal 2004 al 2006: il governo di transizione, le Corti Islamiche e l'intervento dell'Etiopia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2004 il processo di pacificazione politica sembrava avviarsi alla conclusione; fu eletto dalla IGAD (l'organizzazione politico-commerciale formata dai paesi del Corno d'Africa) un parlamento federale e furono nominati un presidente ad interim (Abdullahi Yusuf Ahmed) e un governo, il Governo Nazionale di Transizione, (con Primo ministro Mohamed Mohalim Gedi). Queste deboli istituzioni tuttavia non riuscirono a rendere effettivo il loro potere e a governare davvero il paese, anche a causa dell'opposizione dei "signori della guerra" di Mogadiscio, quasi tutti componenti del governo stesso.

Infatti né il Parlamento, né il Governo sono stati eletti, bensì sono usciti da una trattativa durata due anni in Kenya tra i vari signori della guerra. Era la 14ª conferenza di "pace" in cui, per esigenza di stabilire un nuovo ordine, sono intervenuti sia gli USA, direttamente e tramite l'Etiopia, sia l'UE.

Proprio per questa non trascurabile presenza i vari signori si sono accordati per creare una parvenza di governo, e Mr. Yusuf, il più potente signore della guerra, è stato nominato Presidente. In ogni caso, al di là della facciata concorde, nessun signore della guerra era disposto a lasciare il proprio feudo e consegnarlo ad un altro signore con cui era in guerra da 16 anni.

Nel febbraio del 2006, dopo 16 anni di guerra tra di loro, i "signori della guerra" iniziarono una guerra dichiaratamente contro al-Qāʿida, ma nella sostanza contro tutto l'integralismo religioso islamico visto come una minaccia alla loro esistenza. Essi infatti uccisero autorità religiose o persone molto legate all'Islam, affiliati ad al-Qāʿida e non. Gran parte della popolazione, disperata e stanca, era negli anni divenuta integralista.

Per ben due volte si tentò di trovare un accordo tra Corti islamiche e governo provvisorio, sotto la mediazione di IGAD, Lega araba e ONU. Il governo transitorio ha sempre avuto l'appoggio dell'Etiopia, allo scopo di essere difeso dagli eventuali attacchi della Unione delle Corti islamiche.

Il 14 agosto 2006 Galmudug si autoproclamò uno Stato all'interno della Somalia.

Mappa della regione del Puntland in Somalia nord-orientale.

Nella seconda metà del 2006 le Corti islamiche riuscirono a riportare una relativa pace nelle città e nelle regioni che governavano (Mogadiscio compresa): scesero i prezzi di molti beni di prima necessità. Ma tutto questo venne ottenuto grazie a esecuzioni sommarie e a gravi riduzioni delle libertà (come la chiusura dei cinema).

Il governo transitorio stabilì poi un'alleanza con l'amministrazione autonoma del Puntland, allo scopo di contrastare l'avanzata delle milizie delle Corti islamiche verso le città di Baidoa e Gallacaio. Le milizie dell'Unione costituirono una minaccia per la Repubblica autonoma del nord-ovest e per lo stesso Puntland (regioni non riconosciute dalla comunità internazionale, e tuttavia rispettate in Somalia, grazie ai loro governi stabili). Tali territori avevano inoltre infrastrutture pienamente operative (tra cui porti e aeroporti).

Così, nel dicembre 2006 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approvò la risoluzione 1725, che diede il via libera formale (revocando l'embargo delle armi al governo federale) a una forza internazionale regionale con il compito di "monitorare e mantenere la sicurezza a Baidoa", permettendo di fatto alle istituzioni transitorie di riarmarsi. Pochi giorni dopo si riacutizzarono gli scontri tra le milizie delle Corti islamiche e le truppe fedeli al governo provvisorio di Baidoa (sostenute militarmente dall'Etiopia). Sul finire dello stesso mese, le truppe etiopi, intervenute pesantemente a sostegno del governo di Baidoa, entrarono nella capitale somala dopo pochi ma violentissimi giorni di guerra, provocando migliaia di morti e suscitando la ferma disapprovazione di Unione Africana, Lega Araba ed IGAD.

Intervento Usa e dell'Unione africana[modifica | modifica wikitesto]

Il 9 gennaio 2007 gli Stati Uniti entrarono militarmente nel conflitto, a supporto dell'esercito etiope e con il sostegno del presidente e del governo somalo, causando la morte di numerosi civili ricevendo dure critiche dall'Unione europea e dall'ONU. Sono stati colpiti numerosi villaggi nel sud del paese, in cui (secondo i militari americani), si sarebbero rifugiati esponenti di al-Qāʿida. Pochi giorni dopo, i signori della guerra (tra cui Mohamed Qanyare Afrah, del clan dei murursade, e Mussa Sudi Yalaow, a capo degli Abgal/daud) accettarono di disarmare le loro milizie e di entrare nel nuovo esercito nazionale. Nello stesso periodo, il parlamento sfiduciò il suo portavoce (Sharif Hassan Shek Aden), ritenuto troppo vicino alle Corti Islamiche.

Etnie somale nella situazione politica della "Grande Somalia" nel 2007

Nei primi giorni del mese di marzo, sono giunte a Mogadiscio le truppe ugandesi della missione di pace dell'Unione africana (Amisom, African Mission to Somalia) incaricate dall'Unione Africana di controllare la capitale e contrastare il ritorno delle milizie islamiche. Nonostante fosse atteso per i mesi successivi l'arrivo nel Paese del resto dei "caschi verdi" (con truppe provenienti da Nigeria, Ghana, Malawi e Burundi), il solo contingente ugandese è rimasto per tutto il 2007 in territorio somalo.

Nonostante l'arrivo delle truppe ugandesi, gli scontri sono aumentati di intensità (anche contro gli stessi "caschi verdi"). La situazione a Mogadiscio è precipitata nel caos come non accadeva da anni, con il perdurare di violenti scontri tra truppe etiopi, governo di transizione e nuovamente i signori della guerra da un lato e milizie islamiche dall'altro.

Nel maggio 2007, l'ONU ha annunciato che il governo somalo ha accettato di nominare la commissione di inchiesta per indagare sui crimini della guerra commessi nel corso degli scontri del mese di aprile tra le truppe governative appoggiate dall'esercito etiope ed i ribelli appoggiati da miliziani delle Corti islamiche.

Alla fine di luglio 2007, il lieve miglioramento della situazione ha consentito il rientro di 125.000 sfollati. Tuttavia, i combattimenti non sono cessati, e la Conferenza di Pace e Riconciliazione pare non avere alcun effetto. Nell'autunno del 2007 la situazione è drammaticamente precipitata. A Mogadiscio (in preda a caos, violenze ed epidemie) si è in piena catastrofe umanitaria, e gli sfollati hanno raggiunto quota un milione nel solo anno in corso. Le truppe etiopi continuano a imperversare ed a scontrarsi con i ribelli armati, mentre il contingente militare ugandese appare incapace di opporre la minima resistenza.

Nel settembre 2007 Sharif Sheikh Ahmed fondò ad Asmara un nuovo partito politico, l'Alleanza per la Riliberazione della Somalia (ARS). Tra i fondatori c'era anche Sheikh Hassan Dahir Aweys, l'ex leader delle Corti Islamiche Nel gennaio 2008 il nuovo primo ministro Nur Hassan Hussein eletto a novembre 2007, dopo le dimissioni di Mohamed Mohalim Gedi, è giunto per la prima volta a Mogadiscio. Sempre nel gennaio 2008, sono giunti in Somalia 440 soldati del Burundi a rafforzare il contingente di pace dell'Unione Africana.

L'8 giugno 2008 ARS e Governo Federale di Transizione stipularono a Gibuti un accordo di pace, grazie all'impegno di Ahmed e del Primo Ministro del GFT Nur Hassan Hussein. Le fasi previste nell'accordo sono la fine degli scontri armati, l'ingresso delle forze internazionali ed il ritiro dei militari etiopi. Le fasi descritte saranno seguite ed implementate da due commissioni. Per pervenire a tale accordo, a differenza che nei precedenti tentativi, sono state coinvolte le realtà moderate collegate alle corti islamiche.

Il 29 dicembre 2008 il presidente Abdullahi Yusuf Ahmed ha rassegnato le sue dimissioni. Ha motivato questa decisione con l'impossibilità di portare la Somalia in una fase di pacificazione ed accordo tra le parti. Inoltre ha criticato duramente la comunità internazionale per il mancato sostegno economico, senza il quale non sarebbe stato possibile formare un esercito in grado di fronteggiare le corti islamiche e gli altri gruppi che si contendono il potere. Aden Mohamed Nur, presidente del parlamento, ha assunto così a interim la funzione di presidente di uno stato che di fatto dal 1991 non esisteva.

Dal 2009 alla Repubblica federale[modifica | modifica wikitesto]

Il 31 gennaio 2009 il leader di una fazione moderata dell'Unione delle Corti Islamiche Sheikh Sharif Sheikh Ahmed è stato eletto capo del governo federale di transizione.[1] Sharif, leader dell'Alleanza per la Riliberazione della Somalia (ARS), ha sconfitto il primo ministro Nur Hassan Hussein appoggiato della comunità internazionale, e il generale Maslah Mohamed Siad, figlio dell'ultimo presidente della Somalia prima della guerra, Siad Barre.

Secondo l'ambasciata degli Stati Uniti a Roma, al budget del governo federale di transizione contribuiva anche l'Italia[40]. L'Accordo di Kampala del 2010 prevedeva che il mandato del Presidente e del Parlamento fosse esteso di un anno, fino all'Agosto 2012, e così si fece. Il governo somalo diede inizio nell'Ottobre 2011 all'Operazione Linda Nchi, un'operazione militare coordinata tra Somalia e Kenya per sconfiggere i ribelli islamisti e restituire al Governo Federale il controllo del sud del paese. L'azione militare congiunta fu un successo: numerose zone furono sottratte al controllo dei miliziani islamici e molte città rientrarono nella sovranità del governo, tra cui Baidoa, Belet Uen e Afgoi.

A inizio 2012 fu elaborato il progetto di una nuova costituzione, che tra gli altri vide d'accordo il presidente Sharif Ahmed, il Primo Ministro Abdiweli Mohamed Ali, il Presidente del Parlamento Sharif Adan Sharif Hassan, il Presidente del Puntland Abdirahman Mohamed Farole, il Presidente del Galmudug Mohamed Ahmed Alim, ed anche Khalif Abdulkadir Noor, rappresentante del movimento paramilitare sufi anti-Shabaab Ahlu Sunnah Wal Jama'a. L'Assemblea Nazionale Costituente approvò il 1º agosto il progetto con il 96% dei voti, il 2% di contrari ed altrettanti astenuti[41]. Il 20 agosto nacque ufficialmente la "Repubblica Federale di Somalia"; lo stesso giorno, terminarono il mandato di Ahmed e l'esistenza del Governo Federale di Transizione.

Nelle elezioni successive il 16 settembre 2012 Sheikh Sharif Sheikh Ahmed viene sconfitto inaspettatamente alle elezioni da Hassan Sheikh Mohamud, primo presidente della Repubblica Federale. Grazie anche al processo di ricostituzione della polizia e dell'esercito, alla fine del 2012 il governo centrale controlla secondo l'ONU circa l'85% del territorio nazionale. Nel 2013 il presidente Mohamud ha ripreso i colloqui di riconciliazione tra il governo centrale di Mogadiscio, da lui presieduto, e quello del Somaliland, regione settentrionale che rivendica l'indipendenza dal resto della Somalia dal 1991, peraltro senza riconoscimento internazionale. È stato siglato un accordo che prevede un'equa assegnazione al Somaliland di una parte degli aiuti umanitari stanziati per la Somalia, e cooperazione in materia di sicurezza.

Geografia[modifica | modifica wikitesto]

La Somalia dal satellite
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Geografia della Somalia.

La Somalia è situata sulla costa orientale dell'Africa a nord dell'Equatore fra il Golfo di Aden a nord; e l'Oceano Indiano a est. Con l'Etiopia, l'Eritrea e il Gibuti è spesso considerata parte del Corno d'Africa. Confina con il Gibuti a nord-ovest, con l'Etiopia a ovest e con il Kenya a sudovest.

Morfologia[modifica | modifica wikitesto]

Il territorio della Somalia presenta una parte settentrionale montuosa che si abbassa gradualmente fino all'Oceano Indiano fino ad arrivare ad una pianura costiera.

Montagne[modifica | modifica wikitesto]

Isole[modifica | modifica wikitesto]

Idrografia[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante il corso dei fiumi sia di carattere torrentizio, ve ne esistono due principali: Giuba e Uebi Scebeli.

Clima[modifica | modifica wikitesto]

La costa nord della Somalia è calda e umida; l'entroterra ha una temperatura media fra le più alte del mondo. A est, sull'oceano, il clima è più mite. In prossimità dell'Acrocoro Etiopico, in Somaliland, il clima è nettamente più mite compreso fra i 10 e i 30 °C.

Popolazione[modifica | modifica wikitesto]

Crescita demografica della Somalia

La densità di popolazione della Somalia è di circa 16 ab/km².

La società è organizzata secondo il sistema delle tribù, spesso contrapposte le une alle altre ma al tempo stesso legate da un sentimento evidente di identità nazionale (o etnica). L'epoca post-coloniale ha tuttavia distrutto alcuni dei presupposti fondamentali della società tradizionale somala (per esempio il ruolo degli anziani come mediatori dei conflitti) ponendo numerosi problemi d'identità al popolo somalo, in bilico tra la modernità ed il feudalesimo islamico. Lo scoppio della guerra civile ha portato anche alla scomparsa, pressoché totale, degli italo-somali.

Anche a causa della guerra civile, la Somalia è terra di emigrazione, sia verso l'Europa che verso il Sudafrica. Alla fine del 2006 si sono registrati fenomeni di intolleranza nei confronti della comunità somala a Città del Capo.

Etnie[modifica | modifica wikitesto]

Da un punto di vista etnico il paese è molto omogeneo: ben il 95% della popolazione è costituita da Somali. Gruppi etnici minori sono i Bantu, gli Arabi, gli Indiani, i Pakistani e gli europei.

Religione[modifica | modifica wikitesto]

Una omogeneità ancora maggiore si registra sul piano religioso, con una percentuale di musulmani pari a oltre il 99%.

La piccolissima Chiesa cattolica somala è costituita dalla diocesi di Mogadiscio.

Lingue[modifica | modifica wikitesto]

La lingua ufficiale è il somalo, mentre l'arabo è stato scelto come lingua secondaria[1]. L'italiano (vecchia lingua coloniale, lingua ufficiale del paese fino al 1963 e lingua ufficiale dell'Università nazionale somala fino al 1991, in cui dovrebbe tornare ad essere usata dopo la riapertura nel 2014) è tradizionalmente ritenuto una lingua di rilievo, è conosciuto da buona parte della popolazione ed è usato a livello commerciale e amministrativo, sebbene la mancanza di programmi scolastici e di coordinamento con l'Italia (dallo scoppio della guerra civile) abbia fatto regredire la sua diffusione; l'inglese sta invece prendendo il posto dell'italiano, specie nell'ambito amministrativo, ed è la lingua veicolare del paese. Italiano e inglese sono lingue co-ufficiali, come previsto dalla Carta di Transizione, secondarie dopo arabo e somalo.

Ordinamento dello Stato[modifica | modifica wikitesto]

Suddivisioni storiche e amministrative[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Regioni della Somalia.
Somalia-regions-states 2.PNG

La Somalia è divisa in 18 regioni (gobol al singolare, gobollada al plurale), a loro volta suddivise in distretti.

  1. Adal
  2. Bacol
  3. Benadir
  4. Bari
  5. Bai
  6. Galgudud
  7. Ghedo
  8. Hiran
  9. Medio Giuba
  10. Basso Giuba
  11. Mudugh
  12. Nogal
  13. Sanag
  14. Medio Scebeli
  15. Basso Scebeli
  16. Sol
  17. Tug Dair
  18. Nordovest

Città principali[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Città della Somalia.
Città della Repubblica di Somalia
Mogadiscio
Mogadiscio
Bosaso
Bosaso
Chisimaio
Chisimaio
Borama
Borama
Posizione Città Regione Popolazione
Hargheisa
Merca
Merca
Brava
Brava (nel 1985)
Garoe
Garoe
1 Mogadiscio Benadir Ca. 1 554 000[42]
2 Hargheisa Nordovest Ca. 680 000[43]
3 Bosaso Bari dai 500 000 ai 700 000[44]
4 Gallacaio Mudugh Ca. 545 000[45]
5 Merca Basso Scebeli Ca. 356 200[46]
6 Berbera Nordovest Ca. 267 000[43]
7 Chisimaio Basso Giuba Ca. 260 600[46]
8 Giamama Basso Giuba Ca. 224 700[47]
9 Baidoa Bai Ca. 140 500[46]
10 Burao Tug Dair Ca. 120 400[47]
11 Afgoi Basso Scebeli Ca. 79 400[47]
12 Belet Uen Hiran Ca. 67 200[47]
13 Coriolei Basso Scebeli Ca. 62 700[47]
14 Garoe Nogal Ca. 57 300[47]
15 Giohar Basso Scebeli Ca. 57 100[47]
16 Bardera Ghedo Ca. 51 300[47]
17 Gardo Bari Ca. 47 400[47]
18 Erigavo Sanag Ca. 41 000[47]
19 Lugh Ghedo Ca. 41 000[47]
20 Gelib Medio Giuba Ca.40 900[47]

Istituzioni[modifica | modifica wikitesto]

La condizione di guerra civile del paese impedisce di definirne in modo chiaro la struttura politica: le ultime elezioni regolari si sono tenute infatti nel 1984. Dopo la fuga di Barre (nel 1991), la Somalia è caduta nell'anarchia ed è quasi sprovvista di un'autorità statale centrale.

Dal 2004 è stato costituito il Governo Federale di Transizione somalo (TFG), istituzione piuttosto debole ma riconosciuta dalla comunità internazionale. Tale governo è tuttora contrapposto all'organizzazione terroristica islamista Al-Shabaab, che controlla vaste zone del sud del Paese.

Al di là della suddivisione amministrativa in regioni, di fatto dall'inizio della guerra civile si sono affermate, data l'anarchia venutasi a creare, varie entità statali che controllano vaste aree del paese. Si tratta di territori più o meno autonomi, generalmente chiamati Stati autonomi e composti da più regioni, tanto che si potrebbero definire delle macroregioni. La nascita di queste strutture ha evidenziato un processo di decentralizzazione che ha quasi disintegrato lo stato somalo e nei fatti sottratto ampie zone del paese al controllo del governo centrale. Tutti gli attuali Stati si sono dichiarati soltanto autonomi dalla Somalia, di cui si considerano parte integrante, eccetto il Somaliland che invece ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza dalla Somalia nel 1991. Il Somaliland non ha mai ottenuto alcun riconoscimento internazionale ed è ufficialmente solo uno Stato autonomo, ma intrattiene dei contatti politici con Regno Unito, Ruanda, Norvegia, Etiopia, Kenia, l'Irlanda e l'Unione Europea (il 17 gennaio 2007 ha inviato una delegazione per gli affari africani per discutere su una futura cooperazione tra UE e Somaliland).

Quelli che seguono sono gli attuali Stati che si sono dichiarati indipendenti o autonomi all'interno della Somalia:

  • Somaliland Somaliland, che comprende le regioni un tempo facenti parte della Somalia Britannica; Stato autoproclamatasi indipendente dalla Somalia il 18 maggio 1991, ma non riconosciuto né dal Governo federale di transizione né tanto meno a livello internazionale[2][48][49]
  • Puntland Puntland, che comprende le regioni nord-orientali di Bari e Nogal, Stato dichiaratosi autonomo all'interno della Somalia nel 1998)[2][50]
  • Somalia Galmudug, composto dalle regioni centrosettentrionali di Galgudud e Mudugh, che ha dichiarato la propria autonomia nel 2006;[51], Stato autonomo all'interno della Somalia dal 2006)
  • Somalia Khatumo, che comprende le regioni di Sol, Sanag e Ayn (al centro di una disputa territoriale fra Somaliland e Puntland) e che ha dichiarato la propria autonomia nel 2012;[52]
  • Bandiera dell'Azania Azania, che comprende il territorio meridionale dell'Oltregiuba e che ha dichiarato la propria autonomia nel 2011;[53]

Seguono gli Stati non più esistenti:

  • Maakhir, Stato autonomo all'interno della Somalia dal 2007 al 2009, non riconosciuto dal Governo federale di transizione, incorporato nel Puntland
  • Northland, Stato autonomo all'interno della Somalia dal 2008 al 2009, non riconosciuto dal Governo federale di transizione, confluito nel Puntland
  • Southwestern, Stato autonomo all'interno della Somalia dal 2002 al 2006, confluito nel Governo Federale di Transizione

Il Paese dal 1986 è membro dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo, organizzazione politico-commerciale formata dai Paesi del Corno d'Africa.

Ordinamento scolastico[modifica | modifica wikitesto]

Il nuovo campus della Università di Mogadiscio a Mogadiscio.

Formalmente, la scuola dell'obbligo dura fino a 14 anni. La povertà e l'insicurezza sociale impediscono la messa in atto concreta di questo obbligo, a eccezione di alcune zone urbane.Nelle poche scuole insieme al somalo si insegna anche l'italiano, fino al 2002 nell'Università di Mogadiscio i documenti erano quasi totalmente in italiano.

Sistema sanitario[modifica | modifica wikitesto]

Il sistema sanitario pubblico è completamente distrutto; la maggior parte delle strutture esistenti sono operate da volontari di ONG straniere.

Forze armate[modifica | modifica wikitesto]

Le Forze armate della Somalia sono costituite da 4 rami: Esercito, Aeronautica, Marina e Polizia. La Giornata delle Forze Armate ricorre annualmente il 12 aprile, per commemorare la fondazione delle Forze armate nazionali avvenuta nel 1960.

Le regioni del Somaliland e del Puntland, tuttavia, mantengono ancora oggi le proprie forze armate e di polizia, nate durante la guerra civile. Negli ultimi anni del governo transizionale, i paesi occidentali hanno addestrato le forze di sicurezza somale. Nel 2012 gli eserciti di Kenya, Etiopia e Uganda hanno affiancato l'esercito somalo nella liberazione delle città sotto il controllo dei miliziani di Al-Shabaab

Fino alla guerra civile[modifica | modifica wikitesto]

Al momento dell'indipendenza, nel 1960, la Somalia possedeva un esercito piccolo e armato alla leggera, i cui ufficiali erano stati addestrati in Italia, Gran Bretagna ed Egitto. Progressivamente questa forza venne espansa e modernizzata, fin quando l'Esercito Nazionale Somalo (Somali National Army, SNA) fu testato per la prima volta in battaglia nel 1964, quando le tensioni con l'Etiopia sul controllo della regione etiope dell'Ogaden, abitata in prevalenza da somali, sfociò in scontro militare aperto. Il 16 giugno 1963 circa 3000 insorti somali accesero una rivolta nella città etiope di Hodayo, dopo che l'Imperatore Hailè Selassiè aveva rifiutato la loro richiesta di concedere all'Ogaden il diritto all'autodeterminazione. Inizialmente il governo somalo non sostenne i rivoltosi, ma quando nel Gennaio 1964 Hailè Selassiè inviò rinforzi nella regione, le forze somale lanciarono attacchi di terra e aerei lungo il confine ed iniziò a fornire assistenza agli insorti. In risposta l'Aeronautica etiope sferrò attacchi lungo le sue frontiere sudoccidentali contro la zona a nord-est di Belet Uen e contro Gallacaio. Il successivo 6 marzo i due paesi si accordarono su un cessate il fuoco, e alla fine del mese firmarono a Khartoum, capitale del Sudan, un accordo che prevedeva il ritiro delle truppe dai confini e la cessazione della propaganda ostile. Contestualmente iniziarono le trattative di pace, e la Somalia ritirò il proprio supporto agli insorti.

Durante il vuoto di potere seguito all'assassinio del 2º Presidente della Somalia, Abdirashid Ali Shermarke, le forze armate attuarono un colpo di Stato il 21 ottobre 1969 (il giorno dopo i funerali di Shermarke) e presero il potere. Ad organizzare e dirigere l'operazione fu il Comandante in Capo dell'Esercito Nazionale Somalo, il generale Siad Barre, che si insediò come Presidente del Consiglio Supremo Rivoluzionario, il nuovo governo nazionale. La denominazione dello Stato fu cambiata in Repubblica Democratica della Somalia e nel 1971 Barre annunciò l'intenzione del regime di eliminare progressivamente il controllo militare per dare spazio ad un governo civile.

Banda musicale delle Forze Armate Somale, 22 agosto 1983

Nel 1977 le forze armate somale furono impegnate nella Guerra dell'Ogaden, finalizzata a sottrarre la regione all'Etiopia ed annetterla alla Somalia per realizzare la Grande Somalia. Guidato da comandanti come il colonnello e futuro generale Abdullahi Ahmed Irro, il SNA invase l'Ogaden e riportò inizialmente dei successi, catturando gran parte della regione. La guerra terminò bruscamente con la vittoria etiope a causa dell'appoggio politico e soprattutto logistico dell'Unione Sovietica, che appoggiò il neonato governo comunista etiope, il Derg, fornendo aiuti, armi ed addestramento; inoltre, circa 15.000 soldati cubani intervennero in sostegno dell'Etiopia. Nel 1978 le forze somale furono completamente scacciate dall'Ogaden.

Soldati somali, 1983

A causa del supporto sovietico all'Etiopia Barre iniziò a cercare alleati altrove, e si schierò dalla parte degli Stati Uniti. Nel complesso, i rapporti di amicizia con l'Unione Sovietica prima e gli Stati Uniti poi permisero alla Somalia di Barre di costruire il più grosso esercito di tutta l'Africa[54]. Parallelamente all'esercito, la Somalia di Barre sviluppò anche la Marina e, soprattutto, l'Aeronautica.

Questa crescita della potenza militare coincise con la nascita dei primi movimenti di opposizione al regime di Barre, spesso su base tribale, come il Movimento Nazionale della Somalia (Somali National Movement, SNM), guidato dal clan Isaaq. Ma spesso queste organizzazioni di dissidenti erano guidate da ufficiali dell'Esercito Nazionale. Ne sono esempi il Fronte Democratico per la Salvezza della Somalia, la cui base era il clan dei Migiurtini ed era capitanato dal futuro Presidente somalo Abdullahi Yusuf Ahmed, ex colonnello ed eroe nella guerra dell'Ogaden, e soprattutto il Congresso della Somalia Unita del clan Hauia, guidato dal generale Mohammed Farah Aidid. Lo sforzo di queste formazioni era volto a destabilizzare il regime e ci riuscirono, dando inizio ad una sanguinosa rivolta armata contro le forze governative, che si risolse nella cacciata di Siad Barre, fuggito dalla Somalia il 26 gennaio 1991.

Con la deposizione di Barre iniziò la Guerra civile somala, che fece cadere la Somalia nell'anarchia, in assenza completa di un governo centrale e di strutture istituzionali. Le Forze armate somale si disintegrarono rapidamente e nel vuoto di potere conseguitone il controllo sul paese fu conteso tra vari signori della guerra.

Stato attuale[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2004 nacque il Governo Federale di Transizione ed il suo Presidente Abdullahi Yusuf Ahmed pose subito tra i suoi obiettivi la ricostituzione delle Forze Armate. Dopo la sconfitta dell'Unione delle Corti Islamiche, avvenuta tra Dicembre 2006 e Gennaio 2007, fu raggiunto un accordo tra il governo ed i signori della guerra per il disarmo delle milizie e per permettere ai miliziani che volessero di entrare nel nuovo esercito somalo. Nel 2009 la Somalia ha completato la ricostruzione dell'Esercito e della Polizia, ed ha anche iniziato a ricostituire l'Aeronautica e la Marina. Il ripristino di queste ultime procede ancora oggi e con una considerevole velocità.

Nell'Ottobre 2011 è iniziata l'Operazione Linda Nchi, un'operazione militare coordinata degli eserciti di Somalia e Kenya finalizzata a contrastare l'organizzazione terroristica islamica Al-Shabaab, gruppo di insorti che tra il 2009 ed il 2010 aveva preso il controllo di buona parte della Somalia meridionale[55][56]. L'operazione è guidata dall'Esercito somalo, mentre quello keniota svolge un compito di supporto[56] Nel giugno 2012, le truppe keniote furono formalmente integrate nell'AMISOM.[57]. Il 12 settembre 2012 viene eletto dal parlamento un nuovo governo con a capo Hassan Sheikh Mohamoud

Politica[modifica | modifica wikitesto]

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Scatolette di tonno di marca Las Qhoray prodotte a Las Gorei, Somalia.

La Somalia è uno dei paesi più poveri del mondo; in sostanza, essa dipende quasi totalmente dagli aiuti umanitari. Nel 2001 l'indice di sviluppo umano (ISU) calcolato dal National Human Deplovment Report, è stato di 0,284; questo dato posiziona la Somalia tra le 5 nazioni meno sviluppate nel mondo. Tuttavia non ci sono stime aggiornate.

L'ISU ha comunque fatto registrare un lieve miglioramento negli ultimi anni. L'economia si basa soprattutto sull'allevamento nomade e sulla produzione agricola. Le rimesse degli emigranti che giungono in Somalia ogni anno vanno dai 300 ai 500 milioni di dollari.

Porto di Bosaso nel 2008

Trasporti[modifica | modifica wikitesto]

Il 50% circa dei somali hanno mantenuto il tradizionale stile di vita nomade e il dromedario come principale mezzo di trasporto. I trasporti su ruote non sono, di conseguenza, molto sviluppati. Complessivamente, la rete stradale conta circa 6.199 chilometri. Non esistono autostrade, né ferrovie.

La compagnia aerea nazionale è la Mogadiscio International. Lo scalo principale è l'Aeroporto Internazionale Aden Adde di Mogadiscio.

Turismo[modifica | modifica wikitesto]

Il Paese dispone certamente di risorse che potrebbero essere valorizzate in questo senso (tra l'altro, le grandissime spiagge bianche sull'Oceano Indiano, l'ambiente incontaminato delle Isole Bagiuni e le vaste distese di savana). Con la fine del conflitto nel 2011-2012 molti turisti provenienti soprattutto dalle comunità somale all'estero sono tornate nel paese, e si è registrata una piccola presenza di turisti occidentali nel nord del paese.

Comunicazioni[modifica | modifica wikitesto]

La partecipazione dei somali a internet è in costante aumento, prevalentemente da parte dei somali espatriati all'estero. I siti internet somali, che fino a qualche anno fa erano una ventina, sono diventati parecchie centinaia, a dispetto della scomparsa della Somalia dalla scena internazionale.

La maggior parte dei siti somali sono in lingua somala ed inglese, ma non è infrequente trovare siti o pagine in arabo o in italiano. Oltre all'attualità trovano molto spazio le sezioni dedicate alla letteratura e alla poesia somala. Anche la tradizione orale somala è molto presente in internet, in particolare grazie a YouTube o all'uso di file audio.

Nonostante la difficile situazione interna operano alcune emittenti, fra le quali spicca per tradizione e seguito Radio Mogadiscio.

Ambiente[modifica | modifica wikitesto]

Estensione delle barriere coralline e delle aree protette della Somalia.

Solo lo 0,3% del territorio appartiene formalmente ad aree naturali protette, ma non esiste un reale controllo ambientale.

Rifiuti tossici[modifica | modifica wikitesto]

La Somalia, come altri stati del terzo mondo come Haiti e Mozambico, è stata utilizzata da gruppi criminali come discarica di rifiuti speciali e scorie radioattive estremamente pericolosi e altrettanto costosi da smaltire legalmente. Vari di questi rifiuti furono gettati in mare a largo delle coste somale e centinaia d'essi, dopo lo tsunami del 2005(anno da cui si diffusero patologie riconducibili all'inquinamento) si arenarono sulle spiagge del paese[58], mentre altri furono probabilmente seppelliti nelle fondamente delle costruzioni del programma umanitario italiano per la Somalia. Secondo un'inchiesta uno di questi gruppi criminali era costituito da alcuni italiani tra i quali Giancarlo Marocchino, trasportatore e uomo di fiducia dell'esercito italiano a Mogadiscio, Guido Garelli, Ezio Scaglione, ex console onorario della Somalia, e dall'ex-presidente somalo Ali Mahdi Mohamed, oltre che come complici vari industriali del Nord Italia. La giornalista italiana Ilaria Alpi e l'operatore di ripresa Miran Hrovatin furono probabilmente uccisi a Mogadiscio perché stavano redigendo un servizio su tali attività. Pochi giorni prima dell'omicidio effettuarono, a Bosaso, un'intervista ad uno dei capi del gruppo armato al comando della Shifco, azienda somala alla quale lo stato italiano aveva donato dei pescherecci i quali furono usati molto probabilmente anche per il trasporto dei rifiuti oltre che, secondo un'inchiesta del 2003 dell'Onu, per il traffico d'armi tra Monzer al-Kassar e delle milizie somale, armi che sarebbero state pagate con permessi per scaricare i rifiuti tossici. Al-Kassar sarebbe infatti stato in contatto con Nickolas Bizzio, imprenditore italo-americano ora risiedente a Lugano, il quale si sarebbe occupato della facciata legale di un traffico di rifiuti verso il Mozambico e di andare a cercare i rifiuti tossici stabilendo contatti con gli Stati Uniti.[59][60][61][62][63][64][65]

Arte[modifica | modifica wikitesto]

Sport[modifica | modifica wikitesto]

Per il calcio la squadra che rappresenta la nazione è la Somalia. La Somalia ha partecipato alle olimpiadi estive negli anni 1972, 1984, 1988, 1996, 2000, 2004, 2008, 2012.

Tradizioni[modifica | modifica wikitesto]

Secondo un rapporto UNICEF del 2013 la Somalia si trova ad avere il più alto numero di incidenza di mutilazioni genitali femminili nel mondo (il 98% di tutte le donne del paese)[66] .

Istruzione[modifica | modifica wikitesto]

Università[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c http://www.somaliweyn.com/pages/news/Aug_12/Somalia_Constitution_English_FOR_WEB.pdf
  2. ^ a b c d e f g (EN) Somalia, CIA World Factbook, 31 luglio 2012. URL consultato il 9 agosto 2012.
  3. ^ (EN) Population growth rate su CIA World Factbook. URL consultato il 28 febbraio 2013.
  4. ^ a b c The World Factbook Stime della CIA.
  5. ^ Tasso di fertilità nel 2011. URL consultato il 12 febbraio 2013.
  6. ^ TRAFFIC, p. 25.
  7. ^ Metz, Climate.
  8. ^ Kenrick, p. 199.
  9. ^ Charnan, p. 26.
  10. ^ Mariner's Mirror, p. 261.
  11. ^ Rose, p. 94.
  12. ^ El Mahdy, p. 297.
  13. ^ Goodwin, p. 48.
  14. ^ Gassem, p. 4.
  15. ^ Shillington, p. 1406.
  16. ^ Samatar, pp. 131, 135.
  17. ^ World and its peoples, p. 338.
  18. ^ (EN) Somalia, World Leaders, 18 aprile 2012. URL consultato il 9 agosto 2012.
  19. ^ Bruton
  20. ^ (EN) David Blair, Somalia: Analysis of a failed state in The Daily Telegraph, 18 novembre 2008. URL consultato il 9 agosto 2012.
  21. ^ (EN) Fareed Zakaria, The failed-state conundrum in The Washington Post, 19 luglio 2010. URL consultato il 9 agosto 2012.
  22. ^ (EN) Jon Lee Anderson, The Most Failed State in The New Yorker, 14 dicembre 2009. URL consultato il 9 agosto 2012.
  23. ^ Benedetto Conforti, Diritto internazionale, VIII ed. (2010), Napoli, Editoriale Scientifica Italiana, p. 14, ISBN 978-88-6342-173-6
  24. ^ (EN) Escalating violence displaces thousands of Somalis, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, 2 febbraio 2010. URL consultato l'8 agosto 2012.
  25. ^ (EN) Zack O'Malley Greenburg, World's Most Dangerous Countries in Forbes, 4 marzo 2009. URL consultato l'8 agosto 2012.
  26. ^ Bradbury, pag. 9.
  27. ^ Hassig e Latif, pag. 22.
  28. ^ Robertshaw, pagg. 104–105.
  29. ^ Brandt, pagg. 40–56.
  30. ^ Seton-Karr, pagg. 182–183.
  31. ^ Missionary Review, pag. 132.
  32. ^ Chittick, pag. 133.
  33. ^ Proceedings, pag. 447.
  34. ^ Tyldesley, pag. 147.
  35. ^ Richard, pag. 120.
  36. ^ Warmington, pag. 54.
  37. ^ a b Warmington, pag. 229.
  38. ^ Warmington, pag. 187.
  39. ^ Warmington, pagg. 185–186.
  40. ^ http://213.251.145.96/cable/2010/02/10ROME173.html paragrafo 9
  41. ^ Somalia adopts a constitution, amidst insecurity in Garowe Online, 1º agosto 2012. URL consultato il 1º agosto 2012.
  42. ^ CIA World Factbook. URL consultato il 23 agosto 2014. (dati risalenti al 2011)
  43. ^ a b PopulationData.net. URL consultato il 23 agosto 2014.(stime rialenti al 2014)
  44. ^ Municipalità di Bosaso. URL consultato il 23 agosto 2014.
  45. ^ Gallacaio. URL consultato il 23 agosto 2014. (dati risalenti al 2011)
  46. ^ a b c PopulationData.net. URL consultato il 23 agosto 2014. (dati risalenti al 2010)
  47. ^ a b c d e f g h i j k l Città e popolazione della Somalia. URL consultato il 23 agosto 2014. (dati risalenti al 2000)
  48. ^ (EN) Somaliland profile in BBC. URL consultato il 9 agosto 2012.
  49. ^ Arieff
  50. ^ (EN) Puntland profile in BBC. URL consultato il 9 agosto 2012.
  51. ^ (EN) Abdi Abtidoon, Mohamed Hassan, Shiine Omar, Special Report: What Is Galmudug? in SomaliaReport, 8 aprile 2012. URL consultato il 9 agosto 2012.
  52. ^ (EN) Special Report: What Is Khatumo State? in SomaliaReport, 26 aprile 2012. URL consultato il 9 agosto 2012.
  53. ^ (EN) Malkhadir M. Muhumed, Somalia creates new state, Azania, latest of at least 10 new administrations recently added in Associated Press, 3 aprile 2011. URL consultato il 9 agosto 2012.
  54. ^ ^ a b Oliver Ramsbotham, Tom Woodhouse, Encyclopedia of international peacekeeping operations, (ABC-CLIO: 1999), p.222.
  55. ^ Somalia government supports Kenyan forces' mission, Standardmedia.co.ke.
  56. ^ a b Joint Communique – Operation Linda Nchi
  57. ^ Kenya: Defense Minister appointed as acting Internal Security Minister in Garowe Online, 19 giugno 2012. URL consultato il 20 giugno 2012.
  58. ^ Danilo Arona, Scorie, carmillaonline.com, 3 novembre 2009. URL consultato il 6 marzo 2013.
  59. ^ Filmato audio Paul Moreira, Toxic Somalia su YouTube, 24/05/2011. URL consultato il 06/03/2013.
  60. ^ (FR) Greenpeace, The toxic Ships su Les navires toxiques un dossier de Greenpeace, adscriptum, 2010. URL consultato il 6 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il ).
  61. ^ (FR) Filmato audio Paul Moreira, Toxic Somalia, Arte, 24/05/2011. URL consultato il 06/03/2013.
  62. ^ TOXIC SOMALIA. Sulla pista di Ilaria Alpi, di Paul Moreira arriva su Rai Tre. Lunedì 4 marzo alle 23., ilariaalpi.it. URL consultato il 6 marzo 2013.
  63. ^ Barbara Carazzolo, Alberto Chiara, Luciano Scalettari, Gli affari sporchi delle facce pulite, 1º ottobre 2000. URL consultato il 6 marzo 2013.
  64. ^ Barbara Carazzolo, Alberto Chiara, Luciano Scalettari, Ilaria Alpi: un omicidio al crocevia dei traffici, Postfazione di Luciana e Giorgio Alpi, 2ª ed., Milano, Baldini & Castoldi, 2002, ISBN 978-88-8490-253-5. URL consultato il 6 marzo 2013.
  65. ^ Somalia: la discarica dei rifiuti occidentali, Francesca Dessì
  66. ^ http://data.unicef.org/child-protection/fgmc

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Libri[modifica | modifica wikitesto]

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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