Testaccio

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R. XX Testaccio
Stemma ufficiale
Piramide Cestia e Porta San Paolo
Piramide Cestia e Porta San Paolo
Stato Italia Italia
Regione Lazio Lazio
Provincia Roma Roma
Città Roma-Stemma.png Roma Capitale
Circoscrizione Municipio Roma I
Codice 120
Superficie 0,6628 km²
Abitanti 8 282 ab.[1] (2013)
Densità 12 495,47 ab./km²
Mappa dei quartieri di
Trastevere
Stato Italia Italia
Regione Lazio Lazio
Provincia Roma Roma
Città Roma-Stemma.png Roma Capitale
Circoscrizione Municipio Roma I
Data istituzione luglio 1977
Codice 1D
Abitanti 8 114 ab.[2] (2013)

Testaccio è il ventesimo rione di Roma, indicato con R. XX[3].

Il nome deriva dal cosiddetto "monte" (mons Testaceus): 35 metri di cocci (testae, in latino) e detriti vari, accumulatisi nei secoli come residuo dei trasporti che facevano capo al porto di Ripa grande (Emporium).

Il toponimo indica anche la zona urbanistica 1D del Municipio Roma I di Roma Capitale.

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

Si trova sulla riva est (sinistra) del fiume Tevere.

Il rione confina con:

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il porto dell'Emporio funzionava fin dall'epoca romana, ed era il punto d'approdo delle merci e delle materie prime (prioritariamente marmi, grano, vino) che, arrivate via mare dal porto di Ostia, risalivano il Tevere su chiatte rimorchiate dai bufali che nel 1842 vennero sostituiti con rimorchi a vapore.

Nei secoli i cocci delle anfore, che servivano a contenere grano e alimenti liquidi durante il trasporto, si accumularono a montagnola: da qui il nome - antico - di monte Testaccio o Monte dei cocci, e la scelta - moderna - dell'anfora come simbolo del rione. Il numero delle anfore accatastate si stima attorno ai 25 milioni. Le anfore vuote che avevano contenuto soprattutto olio venivano rotte in cocci poi disposti ordinatamente per dare stabilità in piramide a gradoni e cosparsi di calce per evitare gli odori dovuti alla decomposizione dei residui organici.

Nei secoli XIII e XIV vi si teneva un palio da cui l'altra denominazione di Mons de Palio.

I marmi, che diedero il nome alla via Marmorata che mette in comunicazione il porto di Ripa con la Porta San Paolo, erano quelli che i romani continuarono ad importare da tutto il mar Mediterraneo via mare fino alla fine dell'Impero, e che nella decadenza di Roma rimasero inutilizzati in grandi quantità, res nullius, per secoli cava a cielo aperto di semilavorati di valore.

Lapide del 1720 che ricorda l'uso pubblico dei Prati di Testaccio

Fino alla bonifica e alla riorganizzazione urbana iniziata dopo il 1870, che destinò questo territorio e quello lungo la via Ostiense fino alla basilica di San Paolo ad attività industriali e di servizi "pesanti" (ferrovie, mattatoio, mercati generali, fabbrica del gas qui trasferita dal Circo Massimo) la zona, che pure era dentro le mura, era popolata da contadini poveri e pastori, soggetta alle alluvioni del Tevere e infestata dalla malaria, che cominciava alle porte di Roma.

Lo spazio tra il monte dei cocci e le mura era ad uso pubblico, e chiamato «i prati del popolo romano», e i Romani "di città" la frequentavano per diporto: per loro i prati del Testaccio erano destinazione tradizionale delle gite di pasquetta e delle ottobrate[4].

Testaccio è un esempio tipico di urbanizzazione industriale, nata come insediamento abitativo, separato e prossimo, connesso a luoghi di produzione: il rione entro le mura nacque, in effetti, come propaggine residenziale destinata agli operai addetti alle attività che si vennero insediando lungo la via Ostiense dalla fine dell'Ottocento. Da questo punto di vista è un esempio unico, a Roma, di urbanizzazione programmata.

Partita al Campo Testaccio negli anni trenta

Già il primo piano regolatore di Roma capitale, nel 1873, prevedeva che l'espansione industriale della città dovesse avvenire nella zona Ostiense: favorivano questa scelta il territorio pianeggiante e la presenza di varie vie di comunicazione - la via Ostiense appunto, il fiume con il porto di Ripa, e la ferrovia.

Il rione, in quanto entità amministrativa, è di istituzione abbastanza recente: fu scorporato nel 1921 dal vasto e poco popolato rione Ripa, anche se il Testaccio aveva una sua identità da sempre e godeva di non buonissima fama, legata appunto ai traffici del porto e della sua gente: era, insomma, una specie di angiporto di fiume. Ancora nel 1884 in un'indagine del Comune di Roma si leggeva che Testaccio deteneva il primato nazionale del consumo di alcolici.

L'ex Mattatoio di Roma a Testaccio 1890 in una foto del 1983

Rione assolutamente popolare, oltre a essere luogo d'elezione dei passatempi e delle scampagnate dei romani, fu la culla dell'A.S.Roma con il suo campo di calcio.

Le numerose fraschette, osterie e trattorie di una volta (favorite dal fatto che a Testaccio era localizzato il Mattatoio comunale, e poco lontano i Mercati generali) si sono trasformate ora in pub e ristoranti, che ne perpetuano la vocazione "divertentistica". Nel vecchio Mattatoio è stata installata una sezione del MACRO e la sede della Facoltà di Architettura dell'Università Roma Tre, mentre al monte dei Cocci ha la sua sede la Scuola Popolare di Musica di Testaccio.

Stemma[modifica | modifica wikitesto]

Di rosso all'anfora d'oro.[5]

Stemma Testaccio: di rosso all'anfora d'oro.

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Architetture civili[modifica | modifica wikitesto]

Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto]

Santa Maria Liberatrice (festa per lo scudetto della Roma, giugno 2001)
È la chiesa del popolo testaccino. Costruita all'inizio del Novecento come parrocchia del rione che ne era ancora privo, le fu trasferito il titulus che era stato della chiesa di Santa Maria Liberatrice al Foro Romano, demolita in quegli anni. Vi fu trasferito l'altare della chiesa antica, e il mosaico della facciata ne riproduce una decorazione.

Siti archeologici[modifica | modifica wikitesto]

Altro[modifica | modifica wikitesto]

Musei[modifica | modifica wikitesto]

Geografia antropica[modifica | modifica wikitesto]

Urbanistica[modifica | modifica wikitesto]

Piazza Testaccio
è il cuore del rione, fino a pochi anni fa sede del grande mercato coperto. Dal 2012 il mercato è stato trasferito nella nuova sede in Via Galvani, adiacente al MACRO.
Piazza Santa Maria Liberatrice
è il cuore "sociale" del rione. Sulla piazza sorgono, infatti, la chiesa di Santa Maria Liberatrice e il teatro (oggi Teatro Vittoria); al centro c'è un ampio giardino, alberato e costantemente popolato, intitolato alla famiglia Di Consiglio, trucidata alle Fosse Ardeatine[6].
  • Piazza dell'Emporio
  • Piazza Giustiniani
  • Largo Manlio Gelsomini

Odonomastica[modifica | modifica wikitesto]

Influenze culturali[modifica | modifica wikitesto]

  • Il mercato del Testaccio ha ispirato una canzone degli Inti-Illimani: El mercado Testaccio, contenuta nell'album Palimpsesto del 1981.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Roma Capitale - Roma Statistica. Popolazione iscritta in anagrafe. Suddivisioni Territoriali Toponomastiche - 2013.
  2. ^ Roma Capitale - Roma Statistica. Popolazione iscritta in anagrafe. Zone Urbanistiche 2013.
  3. ^ Rendina-Paradisi, 23.
  4. ^ Il testo della lapide che ribadiva l'uso pubblico recita: "Affinché nessuno possa appropriarsi dei campi del Testaccio, destinati a pascolo per uso pubblico con sacro editto del Senato e del Popolo Romano secondo gli statuti della città, posero [questa lapide] nell'anno 1720 i consoli marchese Scipione Ippolito de Rossi, marchese Cesare Sinibaldi, Pierpaolo Boccapaduli e Filippo Gentili capitano del rione".
  5. ^ Carlo Pietrangeli, p. 190.
  6. ^ I Di Consiglio, piccoli commercianti di Testaccio (ambulanti e macellai) erano sei: "un ragazzo di sedici anni, quello di diciassette, di diciannove, di ventuno, il padre, il nonno", che si chiamava Mosè, ed era nato nel 1870. Si veda in Alessandro Portelli, L'ordine è già stato eseguito: Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Roma 1999, p. 159.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Claudia Cerchiai, RIONE XX. TESTACCIO in I Rioni e i Quartieri di Roma, vol. 5, Roma, Newton Compton Editori, 1990.
  • AA.VV., Testaccio. Il quartiere operaio di Roma capitale, Milano, Palombi Editori, 2009, ISBN 978-88-6060-224-4.
  • Pierpaolo Belardi e Luigi Secondo Gioggi, Testaccio. Il cuore di Roma, Roma, Castelvecchi, 2010, ISBN 978-88-7615-514-7.
  • Luciano Cupelloni (a cura di), Il mattatoio di Testaccio a Roma, Roma, Gangemi Editore, 2002, ISBN 978-88-492-0225-0.
  • Daniela Gallavotti Cavallero, Testaccio, Roma, Palombi Editori, 2007, ISBN 978-88-6060-105-6.
  • Roberto Lucignani (a cura di), Testaccio. Dove batte più forte «er core» dei romani, Roma, Gangemi Editore, 2009, ISBN 978-88-492-1590-8.
  • Simona Lunadei, Testaccio: un quartiere popolare. Le donne, gli uomini e lo spazio della periferia romana (1870-1917), Milano, FrancoAngeli, 1992, ISBN 978-88-204-7362-4.
  • Giuliano Malizia, Testaccio, Roma, Newton Compton Editori, 1996, ISBN 88-8183-276-3.
  • Giuliano Malizia, Testaccio, Roma, La Campanella, 2004, ISBN 978-88-88519-25-8.
  • Marco Mulazzani e Massimo Carmassi, Il restauro dell'ex mattatoio del Testaccio a Roma, Segrate, Mondadori Electa, 2010, ISBN 978-88-370-7813-3.
  • Francesco Perego, Monumenti differiti. Il mattatoio di Testaccio a Roma, Clear, 1993, ISBN 978-88-385-0054-1.
  • Carlo Pietrangeli, Insegne e stemmi dei rioni di Roma in Capitolium. Rassegna di attività municipali, anno XXVIII, nº 6, Roma, Tumminelli - Istituto Romano di Arti Grafiche, 1953.
  • Irene Ranaldi, Testaccio da quartiere operaio a Village della capitale, Milano, FrancoAngeli, 2012, ISBN 978-88-568-4826-7.
  • Claudio Rendina e Donatella Paradisi, Le strade di Roma, vol. 1, Roma, Newton Compton Editori, 2004, ISBN 88-541-0208-3.
  • Cesare Sagrestani e Giorgio Di Giamberardino, Testaccio e i salesiani nella memoria e nell'anima, Roma, Atena, 2013, ISBN 978-88-909-4540-3.
  • Mostra fotografica: L'area Ostiense-Testaccio - Un patrimonio urbano tra memoria e progetti (PDF) in Roma ricerca e formazione, nº 1, Roma, GIMAX, dicembre 2013.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Coordinate: 41°52′41.89″N 12°28′32.71″E / 41.878303°N 12.475752°E41.878303; 12.475752

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