Haiti

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Haiti
Haiti – Bandiera Haiti - Stemma
(dettagli) (dettagli)
Liberté, Égalité, Fraternité
il motto sullo stemma araldico tradizionale è
L'Union fait la force
[L'unione fa la forza]
Haiti - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome completo Repubblica di Haiti
Nome ufficiale République d'Haïti
Repiblik Ayiti
Repiblik Dayti
Lingue ufficiali francese, creolo haitiano
Capitale Port-au-Prince  (1 300 000 ab. / 2007)
Politica
Forma di governo Repubblica semipresidenziale
Presidente Michel Martelly
Primo Ministro Evans Paul
Indipendenza Dalla Francia, 1º gennaio 1804
Ingresso nell'ONU 24 ottobre 1945 1
Superficie
Totale 27 750 km² (143º)
 % delle acque 0,7 %
Popolazione
Totale 9.993.247 ab. (2012) (81º)
Densità 360 ab./km²
Tasso di crescita 0,888% (2012)[1]
Nome degli abitanti Haitiani
Geografia
Continente America Centrale
Confini Repubblica Dominicana
Fuso orario UTC-5
Economia
Valuta Gourde haitiano
PIL (nominale) 7 902[2] milioni di $ (2012) (139º)
PIL pro capite (nominale) 759 $ (2012) (162º)
PIL (PPA) 12 802 milioni di $ (2012) (142º)
PIL pro capite (PPA) 1 229 $ (2012) (170º)
ISU (2011) 0,454 (basso) (158º)
Fecondità 3,3 (2011)[3]
Varie
Codici ISO 3166 HT, HTI, 332
TLD .ht
Prefisso tel. +509
Sigla autom. RH
Inno nazionale La Dessalinienne
Festa nazionale 1º gennaio
Haiti - Mappa
1È uno dei 51 Stati che hanno dato vita all’ONU nel 1945.
 

Coordinate: 19°06′N 72°20′W / 19.1°N 72.333333°W19.1; -72.333333

Haiti è una repubblica delle Americhe situata nel Mar dei Caraibi. Il territorio haitiano copre la parte occidentale dell'isola di Hispaniola e confina a est con la Repubblica Dominicana. Un tempo colonia francese, è stata una delle prime nazioni delle Americhe a dichiarare la propria indipendenza. Haiti è il paese più povero delle Americhe.

L'indipendenza dalla Francia è stata dichiarata il 1º gennaio 1804. Venne riconosciuta nel 1825 dalla Francia e nel 1863 dagli Stati Uniti.[4]

Dall'inizio del 2004 Haiti è al centro di una rivolta popolare che ha causato disordini e violenza e ha portato il 29 febbraio alla partenza dall'isola del dimissionario presidente Jean-Bertrand Aristide. Il governo è stato retto ad interim dal presidente della Corte di cassazione, Boniface Alexandre, fino alle elezioni presidenziali tenutesi il 7 febbraio 2006 da cui, pur tra molte proteste ed accuse di broglio da parte dei suoi avversari, è uscito eletto René Préval.

L'isola, colpita nell'estate 2004 dall'uragano Jeanne e nel gennaio 2010 da un disastroso terremoto, vive in uno stato di emergenza umanitaria. Attualmente è in corso una missione internazionale di aiuto sotto l'egida dell'ONU, che vede la presenza di un contingente guidato dal Brasile.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Haiti.

L'isola di Hispaniola, di cui Haiti occupa la porzione più occidentale, era in origine abitata dagli indigeni taino e arauachi. Il 5 dicembre del 1492, la Santa Maria, comandata da Cristoforo Colombo, sbarcò dove oggi sorge Môle-Saint-Nicolas: l'intera isola fu subito rivendicata a favore della Spagna.

Il periodo coloniale[modifica | modifica wikitesto]

La riduzione in schiavitù e le conseguenti condizioni di vita molto precarie portarono ad una drammatica diminuzione della popolazione indigena nel quarto di secolo successivo alla scoperta dell'isola. Per sopperire alla carenza di manodopera, gli spagnoli cominciarono a deportare schiavi africani, impiegati soprattutto nella ricerca dell'oro. L'interesse spagnolo verso Hispaniola, comunque, diminuì notevolmente a partire dagli inizi del Sedicesimo secolo, quando immense riserve di oro e argento furono scoperte in Messico e in Perù.

Nel 1606, il sovrano spagnolo ordinò a tutti i coloni di spostarsi nei pressi della capitale di Hispaniola, Santo Domingo: ciò al fine di proteggere la popolazione dell'isola dagli attacchi dei pirati. Ciò, tuttavia, permise ai pirati inglesi, olandesi e francesi di stabilirsi lungo le coste settentrionali e occidentali, ora abbandonate: particolarmente famosa divenne la Fratellanza della Costa, composta da bucanieri e schiavi fuggiti, i cimarroni. In particolare, i francesi cominciarono a colonizzare l'isola nel 1625, ma fu solo nel 1664 che la Francia rivendicò il suo dominio sulla porzione occidentale di Hispaniola. Nel 1697, con il Trattato di Ryswick, la Spagna cedette ufficialmente la porzione più occidentale di Hispaniola alla Francia: la nuova colonia fu ribattezzata Côte française de Saint-Domingue.

Mentre la parte spagnola dell'isola (corrispondente alla porzione centrale ed orientale) era scarsamente considerata dalla Corona spagnola, la sezione francese conobbe un periodo di prosperità economica che la rese la più ricca delle colonie dell'emisfero occidentale: ciò grazie, soprattutto, alle notevoli esportazioni di zucchero e cacao. La popolazione della colonia era composta da 3 diversi gruppi etnici: gli europei (circa 32.000 nel 1790) che detenevano il controllo politico ed economico, la gens de couleur (28.000 individui liberi e di sangue misto, di cui la metà mulatti, definibili come classe sociale di status inferiore) e, infine, gli schiavi africani (ben 500.000). Gran parte degli schiavi risultava essere nata in Africa e non ad Haiti: le brutali condizioni di vita, spesso, impedivano la naturale crescita della popolazione[5]. Infine, vi erano quelli che, con un termine inglese, sono noti come cimarroni: ex-schiavi che, sfuggiti ai loro padroni, vivevano nelle terre più elevate, completamente estranei al resto della colonia.

L'indipendenza[modifica | modifica wikitesto]

Toussaint Louverture guidò la rivolta di Haiti contro i francesi ed è considerato uno dei padri della nazione.

Sull'onda della Rivoluzione Francese, le gens de couleur cominciarono a fare pressione sul governo coloniale per ottenere maggiori diritti.

Nell'ottobre 1790, 350 di essi si ribellarono al governo mentre, il 15 maggio 1791, l'Assemblea Nazionale francese concesse i diritti politici a tutti i mulatti e i neri nati liberi (senza, tuttavia, mutare lo status di coloro che erano ancora schiavi). Il 22 agosto del 1791, gli schiavi della zona di Cap-Français (ora Cap-Haïtien) si ribellarono ai loro padroni. La ribellione degli schiavi si diffuse rapidamente sotto il comando di Toussaint Louverture. Egli si alleò quindi con les gens de couleur ed i maroons ("cimarroni"), i cui diritti erano ora stati revocati dal governo francese, spaventato dalle rivolte[5].

Le forze di Toussaint ebbero la meglio sull'esercito coloniale francese: i due schieramenti, tuttavia, si unirono nel 1794, in seguito all'emanazione di un decreto con cui il governo rivoluzionario francese abolì la schiavitù. Sotto la guida di Toussaint, il nuovo esercito di Saint-Domingue sconfisse le truppe di invasione britanniche e spagnole.

La cooperazione tra i due schieramenti ebbe però termine nel 1802, quando Napoleone Bonaparte spedì un nuovo esercito al fine di riottenere il controllo dell'isola: l'esercito inviato da Napoleone, infatti, era malvisto dagli isolani, che temevano la reintroduzione della schiavitù. Inizialmente, le forze inviate da Bonaparte ebbero la meglio sugli isolani, costringendo Touissant alla tregua. Tradito e catturato, Toussaint morì poi in una prigione francese. Ciò non fece altro che riaccendere gli animi dei ribelli: Jean-Jacques Dessalines e Henri Christophe, a capo di altri schieramenti in lotta, decisero di interrompere la tregua e riprendere a combattere. Nel frattempo, le truppe napoleoniche furono bloccate da un'epidemia di febbre gialla scoppiata sull'isola.

Bandiera degli indipendentisti nel 1803.

Il 18 novembre 1803 l'esercito di Dessalines sbaragliò i francesi nella Battaglia di Vertières.

Il 1º gennaio 1804 l'ormai ex colonia dichiarò la sua indipendenza, divenendo così il secondo paese del continente americano a dichiararsi indipendente, dopo gli Stati Uniti: Dessalines ne divenne il primo presidente. Saint-Domingue venne dunque ribattezzata Haiti in ossequio alla popolazione degli arauachi, i quali chiamavano l'isola Ayiti.

La neonata repubblica supportò la causa abolizionista nelle colonie americane ovunque fosse possibile. Il governo haitiano, infatti, aiutò Simón Bolívar, offrendogli rifugio e appoggiando la sua causa indipendentista a condizione che liberasse poi gli schiavi dell'America Latina. Le potenze coloniali reagirono isolando Haiti attraverso una sorta di cordone sanitario che doveva servire ad evitare il propagarsi delle rivolte degli schiavi. Alcuni storici, infatti, ritengono che la "rivoluzione" haitiana abbia ispirato molte rivolte di schiavi nei Caraibi e negli Stati Uniti. Durante la rivolta molte chiese furono saccheggiate e distrutte e i sacerdoti cattolici dovettero lasciare Haiti, determinando un'estrema esiguità del clero, che si protrarrà fino alla firma del Concordato nel 1860[6]. La Francia stessa si rifiutò di riconoscere l'indipendenza della sua colonia, pretendendo 150 milioni di franchi per compensare le perdite dei proprietari terrieri francesi in seguito alla successiva rivoluzione del 1833. Il pagamento di questa indennità mise però in difficoltà il governo haitiano e rappresentò un duro colpo per l'economia isolana.

Nel 1806 Dessalines fu assassinato durante una lotta di potere con i suoi rivali politici. Haiti venne divisa in due stati: a sud una repubblica fondata dal Alexandre Pétion, a nord un regno sotto il dominio di Henri Christophe. Quest'ultimo fece costruire per se stesso otto palazzi, tra cui la sua roccaforte di Sans Souci e l'imponente Citadelle Laferrière, la più grande fortezza dell'emisfero occidentale.

Nell'agosto del 1820, Christophe rimase parzialmente paralizzato a causa di alcuni attacchi ischemici. Una nuova ribellione scoppiò a seguito della diffusione della notizia della sua infermità: il 2 ottobre 1820 la guarnigione militare presso Saint Marc si ammutinò, mentre i generali di Christophe cominciarono a tramare contro il loro capo. Gli uomini rimastigli fedeli condussero Christophe nella Cittadella: qui egli chiese di essere lavato, di venire vestito con l'uniforme militare e di essere lasciato solo sulla sua sedia preferita. Poco dopo, il monarca haitiano si suicidò.

Con la morte di Christophe la nazione venne riunificata con il nome di Repubblica di Haiti, sotto la guida di Jean-Pierre Boyer, successore di Petion. Boyer invase poi la colonia spagnola di Santo Domingo, riunificando così l'isola di Hispaniola: Santo Domingo rimase sotto il dominio haitiano fino al 1844, quando ottenne l'indipendenza con il nome di Repubblica Dominicana.

L'occupazione statunitense[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso del XIX secolo, il paese fu guidato da una serie di presidenti, la maggioranza dei quali rimase in carica solo per un breve periodo. Nel frattempo, l'economia finiva col venire sempre di più controllata dalle potenze straniere (la Germania in particolare). Preoccupati dall'influenza tedesca e dall'impiccagione del presidente Guillaume Sam per mano della folla inferocita, gli Stati Uniti decisero di intervenire occupando Haiti nel 1915.

Gli statunitensi imposero una costituzione (scritta dal futuro presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt) e introdussero il vecchio sistema delle corvée, applicato a tutta la popolazione (mentre, in passato, esso gravava solo sulla maggioranza nera). L'occupazione ebbe effetti durevoli nel tempo: per volere degli statunitensi vennero costruiti ospedali, scuole e strade e fu lanciata una campagna che cancellò la febbre gialla dall'isola. L'occupazione tuttavia determinò un forte processo di centralizzazione del potere politico ed economico dalle province alla capitale: ne derivò la distruzione del tessuto socio-economico delle campagne, con un conseguente esodo verso la capitale. Posti di fronte a questa situazione, alcuni ribelli, detti Cacos, diedero vita ad una lunga guerriglia, condotta da Charlemagne Péralte prima e da Dominique Batraviolle poi. Il governo haitiano controllato dagli Stati Uniti reagì creando una Guardia Nazionale, divenuta nei decenni successivi l'Armée d'Haiti, la quale si macchiò di molte atrocità perpetrate ai danni della popolazione civile.

L'occupazione statunitense terminò nel 1934.

Il periodo dei Duvaliers[modifica | modifica wikitesto]

Bandiera di Haiti nel 1964

Gli U.S.A. lasciarono Haiti nelle mani della minoranza mulatta. Tuttavia, nel 1946, Léon Dumarsais Estimé divenne il primo presidente di colore a partire dal 1915, vale a dire da quando l'occupazione statunitense ebbe inizio. I suoi sforzi di riforma non fecero altro che aumentare lo stato di caos in cui versava il paese e, quando nel 1950 tentò di prolungare il suo mandato oltre la durata legale, si verificò un colpo di stato, con la successiva creazione di un Consiglio Militare di Governo guidato da Paul Magloire.

Nel 1957, il dottor François Duvalier ("Papa Doc") giunse al potere in seguito alle prime elezioni a suffragio universale tenute ad Haiti (molti, però, ritengono che l'esito del voto fu manipolato dall'esercito). Nel 1964, Duvalier si autodichiarò presidente a vita: per anni egli mantenne il controllo sulla popolazione attraverso la sua polizia segreta, i Volontari per la Sicurezza Nazionale, soprannominati Tonton Macoutes ("gli uomini spettro"), dal nome di una figura della tradizione locale, l'uomo nero. Tale organizzazione fu più volte criticata a livello internazionale per i metodi violenti con cui venivano trattati gli avversari politici, veri o presunti tali. Alla sua morte (1971) a Duvalier padre successe il figlio diciannovenne Jean-Claude Duvalier (soprannominato "Baby Doc") in qualità di nuovo presidente a vita. Il regime di Duvalier figlio divenne noto per la sua corruzione e fu deposto nel 1986, aprendo così un nuovo periodo di agitazioni.

Il movimento cattolico pro-democratico[modifica | modifica wikitesto]

La fine del regime di Duvalier figlio cominciò grazie ad un movimento popolare, promosso dalla Chiesa locale e rafforzato dalla visita di papa Giovanni Paolo II nel 1983 il quale, prima di salire sull'aereo, pronunciò un discorso dai toni accesi che concluse con un'esclamazione molto decisa ("Le cose devono cambiare qui!")[7]. Nel 1984, rivolte contro il governo si diffusero in tutta la nazione, mentre la Conferenza episcopale di Haiti varò un programma di alfabetizzazione volto a preparare il popolo haitiano ad una più consapevole partecipazione al processo elettorale.

L'epoca di Aristide[modifica | modifica wikitesto]

Aristide in un incontro con Bill Clinton

Nel 1991, il leader carismatico Jean-Bertrand Aristide venne eletto presidente ma fu deposto da un colpo di stato dopo poco tempo. Seguirono tre anni segnati dal brutale controllo di una giunta militare. Nel 1994, l'intervento statunitense riportò Aristide al potere: uno dei suoi primi atti fu lo scioglimento dell'esercito, decisione che incontrò un forte favore presso il popolo. "È vero, al presidente eletto di Haiti è stato concesso di tornare nell'isola, ma solo dopo che le organizzazioni popolari erano state sottoposte a tre anni di terrore da forze strettamente legate a Washington; l'amministrazione Clinton si è rifiutata di consegnare ad Haiti 160mila pagine di documenti sul terrore di stato creato dalle forze militari statunitensi; e questo, secondo l'organizzazione Human Rights Watch "per evitare imbarazzanti rivelazioni" sul coinvolgimento americano con il regime che aveva attuato il colpo di stato."[8][9] "Un'altra necessità a cui si dovette far fronte fu di sottoporre il presidente Aristide a un "corso intensivo di democrazia e capitalismo", come ebbe a dire il suo principale sostenitore a Washington."[9] "Il nuovo governo [di Aristide] ha dovuto abbandonare i programmi democratici e riformistici che avevano suscitato lo scandalo di Washington e ha dovuto far propri quelli di colui che nel 1990 era stato il candidato di Washington alle elezioni di Haiti, ottenendo il 14% dei voti."[9]

Nel 1996 ad Aristide successe il suo alleato nonché ex-primo ministro René Préval. È da segnalare che, mentre Aristide fu il primo presidente democraticamente eletto nella storia haitiana, Préval fu invece il primo a portare a compimento il suo mandato senza interruzione e, soprattutto, il primo a lasciare di sua volontà il suo incarico una volta scaduto il termine. I loro predecessori, infatti, morirono durante il mandato, oppure vennero assassinati, deposti, imposti da una potenza straniera o, ancora, portati a prolungare il loro incarico oltre la durata legale del mandato.

Aristide tornò al potere nel 2001, dopo un voto che fu boicottato da molti suoi rivali, i quali accusarono il suo partito (Fanmi Lavalas) di aver falsato i voti di una precedente elezione del senato. Aristide negò le imputazioni e a sua volta accusò i suoi avversari di essere sottomessi all'influenza americana e di aver tramato alle sue spalle.

Un cable di wikileaks risalente al 14 novembre del 2003 descrive come la chiesa cattolica, a causa del crescente malcontento nei suoi confronti nel paese (dovuto al fatto che il popolo pensava a un ruolo di questa istituzione nella crisi del governo) e alle crescenti divisioni nel partito, cercò di consigliare il leader nel "favorire riforme democratiche" senza compromettere la sua leadership o scatenare altre violenze.[10] Nel febbraio del 2004 il governo di Aristide fu deposto da un gruppo di ribelli armati, guidati da bande urbane precedentemente al servizio del partito presidenziale e da ex-soldati. Dopo questo episodio un altro cable[11] rivela come per il prelato locale la partenza di Aristide fosse stata "la scelta migliore". Quando questo lasciò il paese, molti membri del suo governo cercarono rifugio all'estero o preferirono nascondersi, mentre, ancora una volta, gli Stati Uniti intervenivano facendo sbarcare i marines a Port-au-Prince. Dopo la fuga di Aristide, Boniface Alexandre, giudice capo della Corte Suprema, fu nominato presidente da un consiglio, con l'appoggio di Stati Uniti Canada e Francia.

Le nuove elezioni del febbraio 2006 hanno portato René Préval ad essere rieletto presidente. Dopo le elezioni del 2010, Presidente è divenuto Michel Martelly.

Il terremoto e l'epidemia di colera del 2010[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Terremoto di Haiti del 2010 ed Epidemia di colera ad Haiti del 2010.

Il 12 gennaio 2010, alle ore 21:53:09 UTC (16:53 ora locale), un violento terremoto di magnitudo 7,3 M_\mathrm{w}, seguito da numerose repliche di intensità superiore a 5,0 M_\mathrm{w}, ha colpito l'entroterra di Haiti in prossimità della capitale Port-au-Prince.[12][13]

Il numero di vittime e l'entità dei danni materiali provocati dal sisma sono ancora sconosciuti, ma sono apparsi subito ingenti, con notizie che indicavano un numero di morti compreso tra decine di migliaia e 500.000[14][15]. Secondo la Croce Rossa Internazionale, il terremoto avrebbe coinvolto più di 3 milioni di persone[16] e 222.517 (bilancio ufficiale del 24 febbraio 2010)[17] persone sarebbero rimaste uccise e 300.000 ferite.[18] Molti edifici della capitale, compresi i quattro ospedali cittadini[19], il Palazzo Nazionale e la sede del parlamento (Assemblea Nazionale di Haiti)[20], la cattedrale[21], il quartier generale della missione ONU di peacekeeping MINUSTAH[22], sono andati distrutti o gravemente danneggiati.

Dieci mesi dopo la situazione si è aggravata ulteriormente a causa di una epidemia di colera che si è diffusa tra la popolazione haitiana e che ha comportato altri casi di morte.

L'occupazione statunitense e la situazione attuale[modifica | modifica wikitesto]

Tuttora, gran parte degli edifici pubblici, compresi aeroporti e palazzi del governo, sono occupati dalle forze armate USA, le quali hanno dislocato centinaia di mezzi blindati, accampamenti e arsenali in tutta l'isola, creando inizialmente contrasti con le forze dell'ONU. I Marines appartenenti all'esercito statunitense ammontano a 10.000 con il solo compito di pattugliare la zona[23][24][25]. Ora il paese è governato da Michel Martelly che ha vinto le elezioni presidenziali nel 2011. Un altro cable di wikileaks[26] risalente al periodo del terremoto e rilasciato dall'ambasciata vaticana descriveva il ritorno nel paese di Aristide come "un evento disastroso" in quanto in grado di scatenare ulteriori tumulti e distrarre il popolo dalle operazioni di aiuto. Per questa ragione fu ordinato al prelato a lui vicino di convincerlo a stare lontano dal paese.

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Haiti è il paese meno sviluppato dell'emisfero settentrionale e uno dei più poveri al mondo. Gli indicatori economici e sociali mostrano come Haiti, a partire dagli anni '80, abbia accumulato il divario rispetto ad altri paesi in via di sviluppo con livelli di reddito molto bassi.

Secondo il Fondo Monetario Internazionale nel 2012 il PIL nominale consisteva in 7,9 miliardi di dollari USA, mentre il PIL a parità di potere d'acquisto ammontava a 12,8 miliardi di dollari. Il PIL pro capite nominale si aggirava a 759 dollari, mentre quello a parità di potere d'acquisto a 1.229 dollari[2].

Haiti occupa la 153ª posizione su 177 paesi classificati in base all'Indice di sviluppo umano. Circa l'80% della popolazione vive in una condizione di povertà degradante, il 54% vive con meno di un dollaro al giorno, posizionando così il paese al penultimo posto nel mondo nella relativa classifica.

Haiti risulta essere in forte ritardo in pressoché tutti gli indicatori di sviluppo anche in confronto ai paesi della zona caraibica e alla Repubblica Dominicana, che divide con Haiti il territorio della stessa isola (Hispaniola). Il reddito medio pro capite dei dominicani è doppio rispetto agli haitiani e la povertà è un fenomeno limitato, con il solo 3% della popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno. Anche la mortalità infantile, che nella Repubblica Dominicana colpisce 31 bambini su 1000 nati vivi, ad Haiti ha una consistenza più che doppia (74 ogni 1000 bambini nati vivi).

I disoccupati di Haiti rappresentano oltre il 60% della popolazione e sul paese grava un pesante debito.

Quasi il 70% degli haitiani è impiegato nel settore agricolo, che rappresenta quasi un terzo del PIL nonostante sia per lo più una forma di agricoltura di sussistenza praticata su piccola scala. L'industria riveste un ruolo assolutamente marginale mentre i servizi, il turismo in particolare copre il restante 40% circa dell'economia del paese. Haiti ha conosciuto nello scorso decennio una piccola crescita dei posti di lavoro, mentre, attualmente, si assiste ad un aumento dell'economia sommersa.

Durante le amministrazioni Aristide (secondo periodo) e Alexandre-Latortue, le difficoltà riscontrate nel raggiungere accordi con i finanziatori internazionali hanno negato ad Haiti gli aiuti di cui il paese aveva fortemente bisogno. Un altro ostacolo allo sviluppo economico è rappresentato dalla dilagante violenza che, negli ultimi vent'anni, ha tormentato la vita politica e sociale di Haiti. Sebbene vi fosse una situazione di relativa stabilità sotto i governi del Fanmi Lavalas, ciò non è bastato per convincere gli investitori stranieri ad impiegare il loro capitale nel paese.

Di conseguenza, Haiti negli ultimi 20 anni ha conosciuto periodi di ristrettezze economiche, di consistenti deficit della bilancia commerciale e cicli caratterizzati da elevati livelli di inflazione. Gli studi hanno inoltre dimostrato che il flusso di riserve dall'estero, almeno per gli ultimi cinque anni, è rappresentato soprattutto dalle rimesse della consistente comunità haitiana espatriata e dalle tasse sulle telefonate dall'estero.

Dopo una recessione culminata nel 2004 si è verificata una lenta ripresa interrottasi però nel 2008 a seguito dei pesanti scontri di piazza, limitando così la crescita all'1,3%.

Nel 2009 la crescita era invece prevista di circa il 2%.

Dalla sesta rassegna valutativa, pubblicata sul sito del Fondo Monetario Internazionale il 4 febbraio 2010, si ha una visione generale dell’anno fiscale 2009 (conclusosi il 30 settembre 2009), nonché del primo trimestre 2010. Nonostante la grave crisi economica che ha colpito tutto il mondo, la crescita economica di Haiti è stata positiva (2,9 per cento), mentre l’inflazione è scesa a settembre a −4,7 per cento, riflettendo la diminuzione dei prezzi dei prodotti alimentari locali e internazionali. Il disavanzo di bilancio è rimasto contenuto (4,4 per cento del PIL). Nel settore finanziario, crediti e depositi sono fortemente aumentati, garantendo alle banche forti guadagni. Questa performance positiva dell’economia haitiana è continuata anche nel primo trimestre dell’anno fiscale 2010 (ottobre-dicembre 2009). Le proiezioni, in effetti, indicavano per il 2010 una previsione di crescita positiva del 3,6 per cento e un’inflazione annuale dell’8 per cento. Il sisma del 12 gennaio 2010 ha messo in pesante crisi tutto questo buon andamento complessivo, con danni gravissimi anche alle infrastrutture della capitale Port-au-Prince[27].

Suddivisioni amministrative[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Suddivisioni di Haiti.

Haiti è divisa in 10 dipartimenti, ulteriormente suddivisi in 41 arrondissement e 133 comuni, rappresentanti rispettivamente il secondo e il terzo livello di suddivisione amministrativa del territorio.

Dispute territoriali[modifica | modifica wikitesto]

Haiti rivendica la vicina isola di Navassa (Navasse, in francese), attualmente occupata dagli Stati Uniti. Le rivendicazioni haitiane si basano su un accordo del 1697 tra Francia e Spagna, in base al quale alla prima veniva riconosciuto il possesso della porzione occidentale dell'isola di Hispaniola (territorio corrispondente all'attuale stato haitiano) più alcune isole circostanti, tra le quali Navassa. Dal canto loro, gli Stati Uniti fondano le proprie rivendicazioni sul Guano Islands Act del 1856.

Demografia[modifica | modifica wikitesto]

Haiti ha circa dieci milioni di abitanti. Malgrado una densità molto elevata (360 ab./km²), la distribuzione della popolazione è fortemente disomogenea: gran parte degli haitiani, infatti, vive nelle città, nelle pianure costiere e nelle valli. Circa il 90% degli abitanti è di origine africana, anche se nel suo dna sono presenti moltissimi elementi amerindi ed europei, testimoni del passato (e presente) multirazziale dell'isola. Il resto della popolazione è formato da mulatti e da sparuti gruppi di europei e levantini (vale a dire libanesi e siriani).

Sebbene i Taino, l'originaria popolazione indigena di Haiti, siano stati completamente sterminati, moltissimi haitiani hanno ancora nel loro sangue qualche traccia di queste prime popolazioni: ciò sarebbe dovuto ad incroci fra i Taino e gli spagnoli prima e fra gli individui nati da queste relazioni e gli schiavi africani poi.

Lingua[modifica | modifica wikitesto]

La lingua ufficiale è il francese che però, a causa dell'alto tasso di analfabetismo, è parlato in modo fluente solo da circa il 10% della popolazione. La quasi totalità degli haitiani si esprime invece nella vita quotidiana attraverso il creolo haitiano (kreyòl ayisyen), l'altra lingua ufficiale, evolutosi a partire dal francese modificato nell'uso dagli schiavi africani.

Religione[modifica | modifica wikitesto]

Il cattolicesimo è la religione di Stato, professata dalla maggioranza della popolazione. Si stima, tuttavia, che il 20% degli haitiani sia protestante (varie denominazioni fra cui: l'Assemblea di Dio, la Convenzione Battista di Haiti, gli avventisti, la Chiesa di Dio, la Chiesa del Nazareno, gli episcopali, la Missione Evangelica Battista del Sud di Haiti).

Molti haitiani praticano, spesso congiuntamente alla religione cristiana, il vodoun (meglio noto come vudù o voodoo), derivante dalla commistione tra le religioni tradizionali africane e il cattolicesimo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Population growth rate, su CIA World Factbook. URL consultato il 28 febbraio 2013.
  2. ^ a b Dati dal Fondo Monetario Internazionale, ottobre 2013
  3. ^ Tasso di fertilità nel 2011. URL consultato il 12 febbraio 2013.
  4. ^ Seppur Haiti sia stata a tutti gli effetti la quattordicesima colonia europea in America a ribellarsi alla sua madrepatria, il governo delle ex-tredici colonie ne osteggiò in ogni modo i progetti di indipendenza, essendo preoccupato che l'insorgere di una repubblica governata da uomini di etnia africana spingesse gli schiavi nordamericani alla rivolta.
  5. ^ a b chnm.gmu.edu.
  6. ^ François Kawas, L'Etat et l'Eglise catholique en Haïti aux XIX et XXe siècles (1860-1980)
  7. ^ http://www.haiti.org/general_information/keyhisdates.htm
  8. ^ Kenneth Roth (Exucutive director di Human Rights Watch nel 1997), Lettera, in New York Times, 12 Aprile 1997.
  9. ^ a b c Noam Chomsky, Sulla nostra pelle (titolo dell'opera originale: Profit over people), 1998 (Ristampa del 2010).
  10. ^ Cable Viewer
  11. ^ Cable Viewer
  12. ^ USGS Magnitude 7.0 – HAITI REGION. URL consultato il 15 gennaio 2010.
  13. ^ ingv.it Magnitudo(Mw) 7 - Haiti - Evento su terraferma, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
  14. ^ Terremoto a Haiti: migliaia i morti, ANSA, 12 gennaio 2010
  15. ^ Leading Haitian senator Youri Latortue said today the death toll could be as high as 500.000, The Sun, gennaio 2010.
  16. ^ Daniel Morel, Red Cross: 3M Haitians Affected by Quake, CBS News. URL consultato il 15 gennaio 2010.
  17. ^ Bilancio Ufficiale del 24 febbraio 2010 URL consultato il 24 febbraio 2010
  18. ^ Haiti earthquake death toll 'may be 50,000', in BBC News, BBC, 14 gennaio 2010. URL consultato il 15 gennaio 2010.
  19. ^ Dems' Haiti Fundraising Email: 'Put Politics Aside For A Moment, Talking Points Memo, 14 gennaio 2010. URL consultato il 15 gennaio 2010.
  20. ^ Quake 'levels Haiti presidential palace', in Sydney Morning Herald, 13 gennaio 2010. URL consultato il 15 gennaio 2010.
  21. ^ Keith Fournier, Devastating 7.0 Earthquake Hammers Beleagured Island Nation of Haiti, in Catholic Online, 13 gennaio 2010. URL consultato il 15 gennaio 2010.
  22. ^ Briefing by Martin Nesirky, Spokesperson for the Secretary-General, and Jean Victor Nkolo, Spokesperson for the President of the General Assembly, in United Nations, 13 gennaio 2010. URL consultato il 15 gennaio 2010.
  23. ^ Las tropas de EE UU asumen el control de Haití para garantizar la ayuda humanitaria | Internacional | EL PAÍS
  24. ^ Haiti : verso una nuova occupazione USA ? | Haiti
  25. ^ http://www.telesurtv.net/noticias/secciones/nota/65409-NN/estados-unidos-intenta-justificar-presencia-militar-en-haiti/
  26. ^ Cable Viewer
  27. ^ Haiti. Un terremoto che persiste da due secoli, di Eriona Culaj, pp. 177-178. (www.luogolibero.eu).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia sulla rivoluzione di Haiti[modifica | modifica wikitesto]

  • Madison Smartt Bell, Quando le anime si sollevano, Alet, 2004.
  • Madison Smartt Bell, Il Signore dei crocevia, Alet, 2004.
  • Madison Smartt Bell, Il Napoleone nero, Alet, 2008.
  • C.L.R. James, I giacobini neri, Feltrinelli, 1968.
  • Roberto Cagliero e Francesco Ronzon, Spettri di Haiti. Dal colonialismo francese all’imperialismo americano, Ombre Corte, 2002.
  • Peter Linebaugh e Marcus Rediker, I ribelli dell'Atlantico, Feltrinelli, 2004.
  • Isabelle Allende, L'isola sotto il mare, Feltrinelli, 2009.

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

The Agronomist documentario di Jonathan Demme, racconta la vita di Jean Leopold Dominique, fondatore di Radio Haiti-Inter, la prima stazione radio indipendente di Haiti.

Bibliografia sull'economia di Haiti[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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