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Adolf Hitler

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Adolf Hitler
Bundesarchiv Bild 183-S33882, Adolf Hitler retouched.jpg

Führer del Terzo Reich
Durata mandato 2 agosto 1934 –
30 aprile 1945
Predecessore Paul von Hindenburg
(come Presidente del Reich)
Successore Karl Dönitz
(come Presidente del Reich)

Cancelliere del Reich
Durata mandato 30 gennaio 1933 –
30 aprile 1945
Presidente Paul von Hindenburg
(fino al 2 agosto 1934)
Predecessore Kurt von Schleicher
Successore Joseph Goebbels

Leader del
Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori
Durata mandato 29 giugno 1921 –
30 aprile 1945
Predecessore Anton Drexler
Successore Martin Bormann

Dati generali
Partito politico Partito Tedesco dei Lavoratori (1919-1920)
Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (1920-1945)
Professione politico, militare
Firma Firma di Adolf Hitler
Adolf Hitler
Hitler 1914 1918.jpg
20 aprile 1889 - 30 aprile 1945
Nato a Braunau am Inn
Morto a Berlino
Cause della morte Suicidio
Etnia Tedesca
Religione Cattolico
Dati militari
Paese servito Flag of the German Empire.svg Germania (fino al 1918)
Forza armata Kaiserstandarte.svg Deutsches Heer
Specialità staffetta portaordini
Unità 1ª Compagnia
16º Reggimento di Fanteria "List"
Reparto 6ª Divisione di Riserva
Anni di servizio 19141918
Grado Caporale
Guerre Prima guerra mondiale
Battaglie Prima battaglia di Ypres
Battaglia della Somme
Battaglia di Arras
Battaglia di Passchendaele
Battaglia di Cambrai-San Quintino
Decorazioni Croce di Ferro di prima classe
Croce di Ferro di seconda classe

[senza fonte]

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Adolf Hitler (Braunau am Inn, 20 aprile 1889Berlino, 30 aprile 1945) è stato un politico austriaco naturalizzato tedesco, Cancelliere del Reich dal 1933 e dittatore, col titolo di Führer, della Germania dal 1934 al 1945. Fu il capo del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, nonché il principale ideatore del nazionalsocialismo.

Hitler conquistò il potere cavalcando l'orgoglio ferito del popolo tedesco, dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale e la grave crisi economica che affliggeva la Repubblica di Weimar. Sfruttando la sua abilità oratoria e l'insoddisfazione delle classi medie, presentò un manifesto politico intriso di nazionalismo, anticomunismo e antisemitismo e dopo alterne vicende (fallito Putsch nel 1923 e conseguenti otto mesi di carcerazione, durante i quali iniziò la stesura del Mein Kampf), arrivò alla Cancelleria nel gennaio del 1933.

Nel 1934, dopo la morte del presidente Paul von Hindenburg, si attribuì per legge il titolo di Führer e Cancelliere del Reich, accentrando nelle sue mani i poteri dello Stato e instaurando un regime dittatoriale. Grazie a un possente ed efficace programma di ristrutturazione economica e riarmo militare, Hitler perseguì una politica estera estremamente aggressiva, volta principalmente a espandere il cosiddetto Lebensraum (spazio vitale) tedesco a spese delle popolazioni dell'Europa orientale. In un susseguirsi di atti di sfida alla comunità internazionale, giunse a invadere la Polonia il 1º settembre del 1939, provocando lo scoppio della seconda guerra mondiale.

Da quel momento Hitler diresse personalmente le operazioni di guerra, esercitando un'influenza determinante nelle scelte strategiche e nella conduzione operativa. Grazie anche alle sue decisioni e alla sua determinazione i primi anni del conflitto furono caratterizzati da impressionanti vittorie, che permisero al Terzo Reich di dominare gran parte dell'Europa e sembrarono dimostrare l'invincibilità della Wehrmacht. Tuttavia, a partire dal 1942, col formarsi della potente coalizione degli Alleati anglo-americano-sovietici, la Germania dovette passare sulla difensiva e subire gli attacchi sempre più efficaci dei suoi nemici. Abbandonato dagli alleati, logorato dalle continue sconfitte e in condizioni fisiche e psichiche sempre più precarie, Hitler rifiutò di cedere le armi e continuò a resistere ostinatamente. Rimasto bloccato con le truppe a lui fedeli in una Berlino ormai accerchiata dall'Armata Rossa, si suicidò nel suo bunker il 30 aprile 1945 insieme alla compagna Eva Braun, che aveva sposato il giorno prima.

Responsabile della morte di milioni di persone, Hitler fu propugnatore di un'ideologia nazionalista e razzista, e di una politica di discriminazione e sterminio che colpì vari gruppi etnici, politici e socialiː popolazioni slave, etnie romanì, testimoni di Geova, omosessuali, oppositori politici, comunisti, prigionieri di guerra, disabili fisici e mentali, e in particolar modo gli ebrei. Segregati sin dal 1933 dalla vita sociale ed economica del Paese, gli ebrei e le altre minoranze furono oggetto dal 1941 di un piano d'internamento ed eliminazione totale noto con il nome di soluzione finale, al quale ci si è riferiti sin dall'immediato dopoguerra con il termine di Shoah od Olocausto.[1] La parola genocidio fu coniata dall'ebreo polacco Raphael Lemkin in un'opera del 1944 sulle politiche di sterminio naziste.[2]

Biografia

Gli ascendenti di Hitler

Pubblicamente, per tutta la vita, Hitler tentò sempre di nascondere gli eventi della propria infanzia, omettendo oppure distorcendo la verità, raccontando di quell'epoca soltanto gli episodi che potevano tornargli utili a rafforzare presso il popolo tedesco l'immagine pubblica che voleva a tutti i costi dare di sé, spesso a discapito della realtà dei fatti, col risultato che l'albero genealogico della sua famiglia rimane tuttora e per buona parte avvolto nel mistero. A tale scopo, Himmler commissionò all'insaputa di Hitler un'indagine per focalizzare l'albero genealogico del Führer e per appurare che non avesse avi di razza ebraica.[3] Il cognome "Hitler", anche nella forma "Hiedler", "Hüttler", o "Huettler" deriverebbe da Hütte "capanna", oppure da hüten "guardia, pastore";[4] in alternativa potrebbe non avere una origine germanica, bensì slava, assai probabilmente ceca, dal cognome "Hidlar" e "Hidlarček".[4] Il cognome della nonna paterna di Hitler, "Schicklgruber" ("tagliatore di siepi"), è stato ipotizzato di origine ebraica,[5] sebbene gli storici abbiano smentito tale pretesa.[6][7] Nondimeno, nell'Europa orientale, soprattutto in Polonia, in Ucraina ed in Lituania esistevano effettivamente famiglie ebree che possedevano cognome "Hiedler" e "Hüttler", sebbene non vi sia traccia storicamente accertata di una loro possibile emigrazione in Austria, o – se questa davvero sia avvenuta – di un loro possibile legame di parentela con la famiglia del futuro dittatore.[8]

Durante gli anni della Repubblica di Weimar erano parecchie le voci in circolazione sul presunto lignaggio ebraico di Hitler, molte di queste propugnate ad arte da Josef Greiner, uno scrittore austriaco ostile ad Hitler, che tuttavia affermava di conoscere bene la famiglia di lui.[9] Costui fece notare più volte che il cognome "Hitler" era un costrutto, come tipicamente erano (e sono) i cognomi ebraici nel mondo germanico: il cognome "Hitler" deriverebbe dal sostantivo "Hut", ovvero "cappello", ma anche "guardia", ed, in effetti, il padre di Hitler lavorava come guardia del dazio, un doganiere.[10] Il 14 ottobre 1933 apparve un articolo sul quotidiano londinese Daily Mirror, corredato da un'esplicita fotografia che mostrava l'immagine di una lapide funeraria in un cimitero ebraico di Bucarest, in Romania, recante l'epitaffio di un certo Adolf Hitler, probabilmente un nonno del futuro dittatore.[10] Nella regione natale di Hitler, l'Alta Austria, non sono poi così rari i cognomi "Hitler", "Hiedler", "Huttler" e le altre sue varianti; né sono rari i cognomi dei parenti del dittatore, sia i "Pőltzl" che gli "Schicklgruber",[10] tanto che – segretamente – Himmler fece svolgere indagini circa l'albero genealogico di Hitler, non approdando però a conclusioni certe.[11]

In ogni caso, il cognome "Hitler" era un cognome posticcio, di comodo:[10] il padre del futuro dittatore, Alois Hitler, nato nel 1837, era figlio illegittimo di Maria Anna Schicklgruber e di padre ignoto e mantenne il cognome materno fino all'età di trentanove anni, quando, nel 1876, prese il cognome dal marito della madre, tal Johann Georg Hiedler, che aveva sì adottato il figlio della moglie fin da piccolo, ma aveva sempre rifiutato di riconoscerlo. Secondo alcuni storici,[10] anche l'adozione pare fosse tutta una messinscena, in quanto avvenne di fronte ad un parroco di Döllersheim e ad un notaio compiacenti quando il marito della donna era già defunto. Fatto sta che, al fine di far percepire all'uomo una piccola eredità, il fratello del marito della moglie, tal Johann Nepumok Hüttler, divenne l'artefice di quest'adozione postuma, tanto che i summenzionati storici ipotizzano che Alois Hitler fosse, in realtà, frutto di un amore clandestino della madre col cognato.[10] In sostanza, si verifica che due fratelli hanno un cognome differente ("Hiedler" il marito della madre di Alois e "Hüttler" il cognato della donna che interverrà per effettuare il riconoscimento postumo) e che – con ogni probabilità – il parroco abbia storpiato il cognome del padre di Hitler, che dal 1877 a Mistelbach diventerà per legge "Hitler".

Il padre di Hitler ebbe tre mogli: dalla prima, Anna Glassl, più anziana e benestante di lui, sposata nel 1873 quando ancora non aveva mutato il cognome in "Hitler", si separò nel 1880 a causa delle sue numerose relazioni extraconiugali. Dovette attendere il decesso della prima moglie per sposare la seconda, Franziska Matzelberger, nel 1883, dalla quale ebbe due figli: un omonimo Alois maschio ed una femmina Angela, dalla quale discende la nipote tanto cara al futuro dittatore, Geli Raubal. Alla morte prematura della seconda moglie nel 1884, Alois Hitler sposa la terza ed ultima moglie, la madre del futuro dittatore, nel 1885. Hitler confiderà ai suoi più stretti collaboratori che – proprio per antitesi a questo comportamento paterno – imporrà a se stesso la più stretta monogamia ed un comportamento irreprensibile a tutti gli appartenenti al suo entourage.[10]

La madre di Hitler si chiamava Klara Pölzl: era nata nel 1860 ed era ventinovenne quando nacque il futuro dittatore. Ex domestica ed ex cameriera, era originaria del villaggio di Spital ed era pure ella una Hitler, da parte materna, e quindi parente diretta di Alois.[12] La richiesta di nozze tra Alois e Klara venne in un primo tempo respinta dal parroco di Brannau una volta constatato il loro rapporto di consanguineità, al punto che per poter contrarre il matrimonio Alois e Klara dovettero chiedere l'intercessione del papa.[10] Dei cinque figli della coppia, Adolf era il terzogenito e l'unico maschio ad aver raggiunto l'età adulta sano; infatti, i fratelli maggiori erano entrambi morti a due anni, Gustav (18851887) e Ida (18861888), il fratello minore, Edmund, sopravvisse fino ai sei anni (18941900). L'ultimogenita, Paula (18961960), aveva un modico grado di ritardo mentale. Nel 1906 Klara subì la mastectomia a causa dell'insorgenza di un carcinoma mammario, ma inutilmente, poiché morì l'anno dopo.

Infanzia e giovinezza

Salzburger Vorstadt 15, luogo in cui nacque Adolf Hitler

Adolf Hitler nacque alle 18.30 circa[11][13] del sabato di Pasqua del 20 aprile 1889 a Braunau am Inn, nella "Gasthof Zum Pommern" (in italiano: "Locanda del Pomerano", ancora esistente), nella borgata ("Vorstadt") numero 219, a non molta distanza dal luogo dove Napoleone Bonaparte aveva stabilito nel 1805 un suo quartier generale durante la campagna bellica culminata con la sua vittoria ad Austerlitz. Antistante la casa natale di Hitler è ora posta una lapide che commemora le vittime del nazismo. Essa recita testualmente: "Für Frieden, Freiheit und Demokratie, nie wieder Faschismus. Millionen tote mahnen", ovvero "Per la pace, la libertà e la democrazia, mai più il Fascismo. Milioni di morti ricordano"; inoltre, al piano terra dell'edificio ha sede una società caritatevole che si occupa di vittime di gravi handicap fisici e psichici, categorie di persone fortemente perseguitate dal regime di Hitler. La cittadina si trova vicino a Linz nella regione dell'Alta Austria, allora parte dell'Impero austro-ungarico ed ha una storia singolare: stanti le testimonianze di molti gerarchi nazisti, Hitler fu sempre molto legato al suo paese natale, dove visse fino all'età di tre anni, quando il padre ricevette, nel 1892, un ordine di trasferimento di sede, tanto da farsi effigiare vicino alla chiesa di Braunau in un francobollo del 1938 commemorativo del suo compleanno e dell'annessione dell'Austria al Terzo Reich avvenuta il mese precedente ("Anschluss").

Nelle sue memorie Albert Speer fa riferimento a confidenze fattegli da Hitler in persona circa la giustificazione del suo amore verso la Germania in virtù del fatto che, fino alla rettifica dei confini operata al Congresso di Vienna del 1814, Braunau apparteneva al Regno di Baviera, il che è storicamente comprovato. Infatti, la città natale del dittatore sorge sulla riva destra del fiume Inn, ma costituisce un agglomerato unico con la cittadina di Simbach e gli abitanti delle due località si identificano come un unico comune, seppur il fiume costituisca un confine di Stato, con Brannau appartenente all'Austria e Simbach alla Baviera, ovvero alla Germania. Di più: gran parte degli abitanti dei due centri sono vicendevolmente imparentati, parlano il medesimo dialetto, e si sentono più in sintonia con gli abitanti di Monaco di Baviera che non con Vienna. Speer scrive che Hitler in persona giudicasse "un dono del destino l'esser venuto al mondo in quella città (Brannau), segno della Divina Provvidenza a testimonianza della mia missione di riunificare tutte le etnie tedesche in un'unica razza, attorno ad un unico focolare". Hitler fu subito battezzato col rito cattolico nella vicina chiesa. Il padre, Alois, che era al suo terzo matrimonio, era un impiegato alla dogana austriaca. I genitori di Hitler erano imparentati fra loro, poiché la madre, Klara, era seconda cugina di Alois e aveva 23 anni in meno di lui e per poter contrarre matrimonio avevano dovuto ottenere una dispensa papale.

Hitler nutriva un senso di devozione profonda verso la madre, mentre non era molto in sintonia col padre, del quale criticava l'autoritarismo e il comportamento libertino e la passione smodata per gli alcoolici, tant'è che alla morte della madre ebbe a dichiarare: "Mi parve che il mondo intero mi fosse crollato addosso; mi ritrovavo senza la mia stella polare, a dover prendere le decisioni in prima persona...". Alla morte del padre, invece, non dedicò molte parole: "Non posso certo dire di aver provato un gran dolore...".[14] La donna era quasi sempre triste e sottomessa dal marito e istigava il senso di superiorità del terzogenito. I figli della coppia, in ordine cronologico, furono Gustav, Ida, Adolf, Edmund e Paula. Alla nascita del futuro dittatore, il padre aveva 51 anni e la madre 28. Hitler aveva due fratellastri, Alois e Angela, frutto del precedente matrimonio del padre con la cuoca dell'albergo Franziska Matzelsberger. Alois, condannato più volte per furto e successivamente per bigamia ad Amburgo nel 1924, fu sempre ignorato da Hitler, anche dopo che aveva avviato a Berlino, in Wittenbergplatz, un florido locale frequentato dai gerarchi del regime. Per lo storico Konrad Heiden, Angela fu invece l'unica parente con cui Hitler conservò un legame affettuoso sino all'ultimo. Fu sua governante a Berchtesgaden dal 1928, fino a quando non si sposò con un professore di architettura di Dresda, nel 1936. Con la figlia di primo matrimonio della sorellastra, Angelika Raubal, egli intrattenne successivamente una profonda relazione.

Della prima infanzia del futuro dittatore tedesco non si conosce molto. Si sa che Alois Hitler era figlio illegittimo di Johann Georg Hiedler (17921857) e per questo da giovane utilizzò il cognome della madre, Schicklgruber. Successivamente adottò legalmente il cognome del padre naturale (che però non lo riconobbe mai), trasformandolo da Hiedler (o Hüttler) in Hitler. Se effettivamente Alois era il figlio naturale di Johann Georg, era allora probabilmente parente della propria moglie Klara, la cui madre si chiamava Hüttler. Di certo si sa che la famiglia di Hitler, a causa il lavoro del padre, era soggetta ad innumerevoli trasferimenti con altrettanti traslochi, il che sicuramente ha contribuito in Hitler alla mancanza di vere e solide amicizie. La famiglia conduceva una vita agiata, ma sembra che la situazione affettiva familiare non fosse altrettanto rosea. Da molte fonti s'apprende che il carattere di Alois Hitler era assai duro, severo coi figli e dispotico con la moglie. Erano inoltre comuni sia le relazioni extraconiugali, che l'assenza da casa per diverse ore trascorse in osteria. Se la figura paterna era del tutto assente, viceversa, la figura materna era sempre e fin troppo presente, in quanto la madre riversava sui figli l'amore che non aveva da parte del marito, tanto da essere - per taluni aspetti - soffocante, come dichiarerà in seguito la sorella di Hitler, Paula. Dalla sua testimonianza si sa che spesso il padre offendeva i figli se non capivano all'istante un suo ordine, che Adolf ne sfidava l'autorità e che per questo comportamento veniva regolarmente picchiato. Una parziale conferma di quanto detto dalla sorella si ha nel comportamento di Adolf: per nulla dispiaciuto della morte del padre, evento vissuto come una sorta di "liberazione", egli fu annichilito dalla morte della madre, tanto che il medico che aveva in cura la donna testimonierà che mai aveva visto un ragazzo così distrutto dal dolore. Hitler, una volta divenuto dittatore, istituirà la "Giornata della Madre Tedesca", con tanto di onorificenze paragonabili alle medaglie militari note come "Croce di Ferro", proprio nel giorno del genetliaco della madre, che cadeva il 12 agosto. Inoltre, anche un ritratto della madre Hitler lo teneva sulla scrivania alla Cancelleria, sul comodino delle sue camere da letto, ivi inclusa quella del bunker ove si suicidò.

La madre di Hitler (Klara Pölzl)

Adolf non usò mai il cognome Schicklgruber. In seguito i suoi avversari politici fecero circolare delle voci secondo le quali Hitler fosse di origine ebraica: infatti, dopo che Maria Teresa d'Austria aveva dato la cittadinanza piena agli ebrei che si convertivano al cattolicesimo, essi erano soliti tradurre i propri cognomi ebraici in tedesco, e Schicklgruber era un cognome comune tra gli ebrei convertiti. Un contributo all'ipotesi concernente le origini ebraiche di Hitler proviene altresì da Hans Frank, avvocato di Hitler e governatore generale dei territori polacchi occupati. Nel corso del processo di Norimberga questi produsse un proprio scritto ove sosteneva che Hitler non sapesse con certezza chi fosse stato suo nonno.

Hitler neonato
Il padre di Hitler (Alois Hitler, nato Aloys Schicklgruber)

L'opinione di Frank era che Hitler sarebbe stato per un quarto ebreo, poiché sua nonna Maria Anna Schicklgruber sarebbe rimasta incinta del padre di Adolf mentre era al servizio a Graz presso la famiglia di un ricco commerciante ebreo, tale Frankenbergern, il quale avrebbe pagato delle somme a favore del proprio presunto figlio Alois. Tuttavia, è stato dimostrato che nessuna famiglia ebrea (né tanto meno alcun ebreo di nome Frankenbergern) si trovasse a Graz in quel periodo e non esiste alcuna prova dei presunti versamenti a favore di Alois. Anzi, stando al principale biografo di Hitler, Ian Kershaw, neppure è attestata la presenza fisica della nonna di Hitler a Graz nel periodo fatidico. Ammesso e non concesso che il test del DNA compiuto sulla saliva di alcuni discendenti di Hitler viventi oggigiorno negli Stati Uniti sia compatibile con un'origine della famiglia di Hitler dagli ebrei marocchini, trasferitesi nel medioevo in Austria, questa discendenza ebraica sarebbe unicamente dal ramo materno, poiché Ian Kershaw e Joachim Fest prospettano una discendenza paterna ben più probabile da parte di Joahnn Nepumok Hüttler, il quale è accertato non aver ascendenza ebraica ed aver contribuito con molta parte de patrimonio a favore di Alois Hitler. Inoltre, non è neanche vero che Adolf adottò il proprio cognome "Hitler" come nome d'arte quando dipingeva, in quanto Hitler era il suo cognome legittimo, così come non esistono testimonianze a favore che la madre di Hitler avesse pur'ella delle relazioni extraconiugali per ritorsione a quelle proprie del marito, così come è destituita da ogni fondamento l'ipotesi della genesi dell'antisemitismo in Hitler avendo egli un giorno rincasato e trovato la madre in atteggiamenti intimi con un conoscente di religione ebraica, come in certe biografie riportato.[15] Di certo si sa che, tra l'anno di nascita di Adolf e l'anno di ritiro in pensione del padre (1895) intercorrono sei anni ed in questo intervallo temporale il futuro dittatore cambia residenza altre tre volte per motivi legati al lavoro paterno: da Brannau a Passau, a Lambach per approdare infine a Leonding.

Hitler era un bambino intelligente, ma umorale e fu bocciato due volte agli esami per ottenere l'ammissione all'educazione superiore a Linz.[16] Era devoto alla sua indulgente madre[17] e sviluppò un odio per suo padre, verosimilmente motivato dai crudeli maltrattamenti psicofisici ricevuti.[18]

Hitler era vegetariano?

Secondo Margot Woelk, sua assaggiatrice ufficiale, Hitler era vegetariano.[19]

Molte altre fonti testimoniano il contrario: Il biografo John Toland riporta che l'alimentazione di Hitler, quand'era studente, consisteva in "latte, pasticci di carne e pane". Un altro suo famoso biografo, Robert Payne (The Life and Death of Adolf Hitler), afferma che quella del vegetarismo fu una deliberata montatura, ideata dalla propaganda nazista per dipingere Hitler come una figura pura e dedita al bene (probabilmente ispirandosi al Mahatma Gandhi). Payne scrive:

« L'ascetismo di Hitler aveva un ruolo importante nella sua immagine pubblica in Germania. Secondo una leggenda ampiamente diffusa, non fumava, era astemio e non frequentava donne. Soltanto la prima affermazione era veritiera. Beveva spesso birra e vino, aveva una predilezione particolare per le salse a base carnea bavaresi e prese moglie… il suo ascetismo era una finzione inventata dal Ministro della Propaganda nazista Joseph Goebbels, per enfatizzarne la dedizione totale, l'autocontrollo e la distanza che lo separava dagli altri uomini... »

Il professor Rynn Berry ha recensito The Heretics Feast (un libro che alimenta la leggenda di Hitler vegetariano) con queste parole:

« Mentre è vero che i medici di Hitler gli prescrissero una dieta vegetariana per curarne la flatulenza ed un disturbo cronico dello stomaco, diversi tra i suoi biografi, come Albert Speer, Robert Payne, John Toland ed altri, riportano la sua predilezione per salse a base di carne e carni trattate. Anche Spencer sostiene che Hitler divenne vegetariano soltanto a partire dal 1931: "Si potrebbe affermare che dal 1931 seguì una dieta vegetariana, ma la trasgrediva in alcune occasioni". »

Quando si suicidò nel bunker della Cancelleria, nel 1945, aveva 56 anni; sarebbe quindi stato vegetariano per 14 anni. Testimonia il contrario anche Dione Lucas, la donna che fu la sua cuoca personale ad Amburgo, verso la fine degli anni trenta. Nel suo libro Gourmet Cooking School Cookbook riporta che il piatto preferito di Hitler – quello che richiedeva abitualmente – era il piccione farcito. "Non vorrei farvi passare la voglia di mangiarlo, ma potrebbe interessarvi sapere che il piccione farcito era in assoluto il piatto preferito del signor Hitler, che cenava spesso in quest'hotel".

Leonding, Vienna e Monaco

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: dipinti di Adolf Hitler.

Non è facile tracciare organicamente un quadro dell'adolescenza di Adolf Hitler. Il testo più completo al riguardo è quello di Joachim Fest.[20] Dopo esser andato in pensione (1895), Alois si trasferì con la famiglia al seguito a Leonding, vicino a Linz, dove iscrisse il figlio Adolf alle scuole elementari del sobborgo di Fishlman. Alois Hitler morì il 3 gennaio 1903 per un'emorragia polmonare, forse provocata dalla tubercolsi. Aveva sempre avversato la tendenza artistica del figlio, anche con modi molto bruschi, come ebbe a ricordare Hitler in persona in diverse occasioni.[21] Nel 1904, durante la catechesi per la cresima, Hitler per un paio di mesi meditò di farsi prete, essendo molto affascinato dalle celebrazioni religiose e dall'organizzazione gerarchica della Chiesa cattolica.[22]

A proposito del cristianesimo, Hitler, che amava particolarmente lo studio della storia, rifiutava l'ascendenza ebrea di Gesù Cristo, sposando la tesi dello scrittore romano anticristiano Celso, secondo il quale il Messia sarebbe nato da una relazione adulterina di Maria con un legionario romano di origine germanica, tal Panthera; aveva illustrato a Joseph Goebbels come il titolo di "Sommo Pontefice" portato dal Papa era appartenuto in precedenza agli imperatori romani e che la divisione amministrativa territoriale della chiesa in diocesi riprendeva letteralmente la sistemazione territoriale dell'impero romano di Diocleziano e di Costantino.[22] Mentre alla Volkschule (corrispondente all'incirca alla scuola elementare italiana) Hitler s'era rivelato uno studente diligente per tutti i cinque anni di frequenza, non ne volle, invece, sapere di continuare gli studi, ma venne costretto ugualmente dal padre ad iscriversi alla Realschule di Linz, né avrebbe potuto rifiutarsi, pena l'evasione dall'obbligo scolastico, in quanto l'istruzione obbligatoria fu introdotta in Austria nel 1869.[23]

Nel 1900 Hitler era iscritto all'istituto tecnico "Linz Realschule" con pessimo profitto; il suo rendimento scolastico peggiorava e subì una bocciatura al primo anno (1901) e una seconda al terzo (1904), in francese, dovendo affrontare gli esami di riparazione a settembre sia nel 1904 che nel 1905 e venendo respinto definitivamente nel febbraio 1905 in tedesco, francese, matematica e stenografia.[10] Nell'ottobre del 1904 gli venne rifiutata l'iscrizione alla sua scuola di Linz per cattiva condotta e venne indirizzato a Steyr, una cittadina lontana 25 km, ma anche qui il rendimento era talmente scarso da non permettergli il conseguimento del diploma di scuola superiore, con gran dolore della madre.[10] Terminata la scuola dell'obbligo nel settembre 1905, venne ritrovato privo di sensi a causa di un'ubriacatura, cosa che indusse il futuro dittatore ad avversare l'alcool per il resto dei suoi giorni.[24] L'ubriacatura venne descritta dal futuro dittatore come una sorta di "goliardata di fine anno scolastico" in un'osteria locale, bisboccia durante la quale "erroneamente" scambiò – a suo dire – la pagella per la carta igienica.[23] In ogni caso, in quell'anno terminò la carriera scolastica di Hitler, essendo la durata totale della scuola dell'obbligo allora, in Austria, pari a nove anni.

Hitler trascorse due anni da nullafacente,[25] girovagando per Linz assieme ad un amico, anch'egli con velleità artistiche, tale August Kubizek, sempre molto pungolato dalla madre affinché trovasse un lavoro. In questo periodo Hitler confidò all'amico d'essersi infatuato di una ragazza bionda di nome Stephanie (Stefanie Rabatsch). Nella primavera del 1906 Hitler partì alla volta di Vienna una prima volta per ritirare il bando d'ammissione all'Accademia delle Belle Arti e per esercitarsi a dipingere soggetti umani e opere architettoniche (i temi dell'esame di ammissione).[26] La madre, dal carattere mite e remissivo, accondiscese alle richieste del figlio di iscriversi all'Accademia delle Belle Arti di Vienna, finanziandogli il viaggio e il soggiorno, da dove Hitler venne respinto una prima volta (ottobre 1907) all'esame di ammissione, risultando insufficiente alla prova di disegno, e una seconda e definitiva volta l'anno successivo (nel 1908 non riuscì nemmeno ad essere ammesso a sostenere l'esame preliminare per "scarsa attitudine"). Dopo la prima bocciatura, Hitler ottenne un colloquio col rettore dell'Accademia per conoscere i motivi per cui era stato respinto: gli venne detto che non era stato giudicato capace di raffigurare il corpo umano, ma che era abbastanza abile nel disegnare edifici, ragion per cui lo si consigliava d'iscriversi alla facoltà di architettura, il che era impossibile dal momento che il futuro dittatore era in possesso della sola licenza elementare.[27]

Il 14 gennaio 1907 alla madre, già da alcuni mesi incapace di dormire per i prolungati dolori al petto, venne diagnosticato un carcinoma mammario ulcerato in stadio avanzato e subì una mastectomia radicale una settimana dopo; l'intervento chirurgico risultò, tuttavia, del tutto inutile, a causa della diagnosi tardiva. Per tutto il 1907 Hitler si prese cura della madre e dell'appartamento in cui vivevano. Klara morì all'età di 47 anni all'alba del 21 dicembre 1907 ("Il Natale peggiore di tutta la mia vita" ebbe ad affermare Hitler a Mussolini durante l'ultima visita che il dittatore italiano fece al Führer nel 1944 alla "Tana del Lupo"). Il medico che curò invano la madre di Hitler era ebreo, tale Eduard Bloch, e non soffrì alcuna persecuzione durante tutto il regime hitleriano.

Hitler gli espresse tutta la sua gratitudine per aver tentato invano di salvargli la madre: «Sappia che non lo dimenticherò mai!».[28] All'età di 19 anni Adolf rimase così orfano. Sua madre riposa tuttora in una tomba del cimitero di Leonding, dove era stata tumulata la mattina del 23 dicembre 1907, accanto a quelle del marito e di uno dei figli morto in tenera età; Hitler, tuttavia, andò a visitare il cimitero soltanto dopo l'annessione dell'Austria alla Germania nel 1938. Ben presto, a fine dicembre, lasciò la sua casa per Vienna, dove aveva vaghe speranze di diventare un artista. Aveva diritto a una pensione da orfano, che integrava lavorando come illustratore. Aveva un certo talento artistico e spesso elaborava dipinti di case e grandi palazzi. Si conservano alcune tele di discreta fattura.

Perse la sua pensione nel 1910, ma per allora aveva ereditato qualche soldo da una zia. Secondo quanto asserito da sua cognata in un'intervista del 1930 al Daily Mail – il che però non trova ulteriori conferme,[29] Hitler nel novembre 1912 si trasferì a Liverpool, dove il fratellastro Alois nel frattempo aveva conseguito una cospicua fortuna grazie all'apertura di due ristoranti presso la città inglese. La vicenda che riguardò questo suo spostamento in Inghilterra è alquanto curiosa: infatti, il fratello Alois attendeva la sorella Angela, alla quale aveva donato il biglietto e non ad Adolf, con il quale era peraltro in pessimi rapporti. Il periodo di soggiorno in Inghilterra fu per Hitler un tremendo e monotono esilio; egli infatti si confinò nell'appartamento del fratello approfittando della sua lauta generosità. Nell'aprile del 1913, incoraggiato da Alois e dalla moglie, stanchi della sua invadente presenza tornò a Vienna, nella capitale austriaca, ove ritrovò improvvisamente l'estro artistico perduto a Liverpool.

Fu a Vienna, dove visse tra il febbraio 1908 e il maggio 1913, che Hitler iniziò ad avvicinarsi all'antisemitismo, un'ossessione che avrebbe dominato la sua vita e sarebbe divenuta la chiave di molte delle sue azioni successive.[30] Vienna aveva una grossa comunità ebraica, comprendente molti ebrei ortodossi dell'Europa orientale. Hitler in seguito ricordò il suo disgusto nell'incontrare gli ebrei viennesi.[10] In quegli anni venne stampata una rivista zeppa di teorie e tesi antisemite dal nome di "Ostara", che pure Hitler risulta leggesse la sera nel dormitorio comunale, come testimoniarono alcuni suoi compagni di camera.[20] A quest'epoca risale la sua iscrizione alla "Lega antisemita" di Lanz von Liebenfels e ai primi mesi del 1909 la partecipazione alle riunioni iniziatiche di tale associazione.[31]

A Vienna l'antisemitismo si era sviluppato dalle sue origini religiose in una dottrina politica, promosso da pubblicisti come Lanz von Liebenfels, i cui libelli venivano letti da Hitler, e da politici come Karl Lueger, borgomastro di Vienna, o Georg von Schönerer, che contribuì agli aspetti razziali dell'antisemitismo. Da loro Hitler acquisì il credo nella superiorità della razza ariana, che formò le basi delle sue idee politiche. Hitler arrivò a credere che gli ebrei fossero i nemici naturali degli "ariani" e fossero anche in qualche modo responsabili per la sua povertà e incapacità di ottenere il successo che credeva di meritare. Il rapporto di Hitler con il problema ebraico e la sua genesi in questi anni è comunque piuttosto controverso; infatti testimonianze di Reinhold Hanisch sottolineano come Hitler tenesse rapporti di amicizia e dialogo con alcuni ebrei.

I soldi ereditati dalla zia ben presto terminarono e per diversi anni Hitler visse in una relativa oscurità; non si trovò mai in condizioni di reale indigenza, anche se dormiva in ostelli per soli uomini. Durante il tempo libero assisteva spesso all'opera nelle sale da concerto di Vienna, prediligendo i temi della mitologia norrena di Richard Wagner. Tra il 1909 ed il 1910 Hitler venne sfrattato per morosità per due volte: la prima da una squallida stanza nel quartiere viennese di Alsergund; la seconda volta da una vera e propria bettola poco distante. Nel biennio 1911-1913 Hitler si adattò a dormire al dormitorio pubblico di Meidling, il Männerheim ("Pensionato popolare per uomini") nelle vicinanze della stazione ferroviaria, dove giunse nel dicembre 1910, ed a mangiare alla mensa del Convento dei Fratelli della Carità.

Guadagnava un qualche spicciolo vendendo acquerelli da lui stesso dipinti ed era a tal punto emaciato che un passante ebreo, che vendeva vestiti usati e che probabilmente gli era riconoscente per aver dipinto alcuni cartelloni pubblicitari per il suo negozio, si tolse il cappotto e glielo regalò.[32] A detta di alcuni suoi compagni di dormitorio, gran parte degli acquirenti dei cartelloni di Hitler erano ebrei. In quegli anni il suo più caro amico fu un ceco, il già citato Reinhold Hanisch, fino a quando non litigarono sulla spartizione dei compensi e Hitler lo denunciò per furto, facendolo condannare nell'agosto 1910 ad otto giorni di carcere, dopo i quali Hanisch continuò a falsificare acquerelli. Nel 1936 venne condannato dalla corte di Vienna per frode e morì l'anno seguente in carcere, probabilmente a causa di un attacco cardiaco.

Come ebbe a scrivere nel Mein Kampf,[33] e come fu riconosciuto da chi lo conobbe nel periodo viennese, egli si dedicava instancabilmente alla lettura, a cui dedicava molte ore del giorno e della notte. Ciò, unito alle dure esperienze esistenziali, gli avrebbe fatto definire la capitale austriaca come "[...] la più seria e profonda scuola della mia vita [...]. Non mi toccò di aggiungere poi gran cosa a quello che avevo accumulato allora".[33] Il 16 maggio 1913 l'imperial regio tribunale distrettuale di Linz dispose il versamento di una cospicua somma derivante dall'eredità paterna che ammontava a 819 Corone e 98 Heller ed il 24 maggio, assieme all'amico Rudolf Häusler si recò al distretto di polizia della capitale per comunicare la partenza dalla capitale austriaca pur non indicando la meta.

Il 25 maggio 1913 Hitler si spostò a Monaco di Baviera, nel quartiere di Schwabing. La fuga da Vienna avvenne per evitare di prestare servizio militare nell'esercito austro-ungarico, dal momento che, come ebbe a scrivere nel suo Mein Kampf, "quel crogiuolo di popoli inferiori mi aborriva: volevo togliermi di dosso la polvere viennese e mai avrei militato nell'esercito imperiale (austroungarico)". Lo fece per un motivo: sfuggire alle varie notifiche che gli inviavano a casa, per la leva militare (come Mussolini, del resto, faceva in quegli anni). Non riuscì però a sfuggire alla polizia, che ne chiese e ottenne l'estradizione. Risulta invece totalmente priva di fondamento la notizia riportata in alcune biografie che il futuro dittatore abbia trascorso l'estate ed autunno del 1913 presso alcuni parenti in Gran Bretagna.

Nel gennaio del 1914, bloccato dalla polizia prussiana in Baviera e riconsegnato a quella austriaca, dovette presentarsi al distretto militare di Salisburgo per la visita di leva. I medici militari lo giudicarono inidoneo senza neppur visitarlo il 5 febbraio e lo mandarono a casa "riformato", inabile perfino al servizio ausiliario, perché "gracile nel fisico, denutrito e mal ridotto nell'intero aspetto da sembrare tisico". Invece di essere contento, quel rifiuto fu per Hitler una ferita all'orgoglio. Hitler decise di rinunciare alla cittadinanza austriaca e, non avendo ottenuto quella tedesca, divenne apolide. Hitler visse in una soffitta sita al numero 34 di Schellesserheimerstrasse, presso un sarto che spesso veniva pagato anche in notevole ritardo circa il mensile d'affitto, ma col quale il futuro dittatore manterrà sempre un ottimo rapporto.[29] Curiosamente, al ritorno dalla Svizzera, il futuro capo dell'Unione Sovietica Lenin aveva alloggiato in un'altrettanto squallida stanza al numero civico 106 della medesima via, quaranta metri più avanti.[34]

La genesi dell'antisemitismo durante gli anni giovanili

L'antisemitismo di Hitler risale quasi certamente ai tempi della frequentazione della Realschule di Linz, dove gran parte del corpo insegnante e degli studenti - ivi inclusi i compagni di classe del futuro dittatore - erano pangermanisti, ultranazionalisti e xenofobi.[35] Lo stesso padre di Hitler non faceva mistero della sua xenofobia rivolta contro le altre popolazioni dell'impero asburgico, in primis slavi, musulmani ed ebrei.[10] L'ambiente scolastico fu però determinante per la genesi dell'antisemitismo del futuro Führer, in quanto là circolavano senza censure le idee di Georg von Schönerer, un fanatico della "purezza della razza germanica", sostenitore di un'Austria etnicamente purificata dalle componenti non germaniche della popolazione, repubblicana ed unita territorialmente all'impero tedesco ed alla regione dei Sudeti.[10] Schönerer fu tra l'altro il primo ad utilizzare il saluto che diverrà quello d'ordinanza della Germania nazista, "Heil!", a propugnare il ritorno al paganesimo precristiano, ad identificare gli ebrei quali rei della speculazione internazionale, a giustificare i pogrom (uccisioni di massa) degli ebrei russi di Odessa, Mogilev e Kisinev (attuale Chisinau) e a definire gli ebrei "Todfeind" ("nemici mortali").[10]

Seguace di Schönerer era pure l'unico professore che aveva un certo ascendente sul giovane Hitler, tal Leopold Poetsch, insegnante di storia (l'unica materia, assieme all'educazione fisica ed al disegno, in cui Hitler eccelleva), assiduo lettore del mensile antisemita illustrato Der Scherer, pubblicato ad Innsbruck.[10] Tre furono le personalità che più influenzarono le convinzioni antisemite del giovane Hitler. Negli anni viennesi, Hitler era un assiduo lettore di "Ostara", una rivista a carattere antisemita, anticristiana ed antistorica, che esce per la prima volta nel 1905 nell'allora impero austro-ungarico, con una tiratura provvisoria di 100.000 copie, edita da Jorg Lanz von Liebenfels, un ex-monaco cistercense del monastero della Santa Croce di Vienna. La rivista, che traeva il nome dalla dea germanica della fecondità e dell'abbondanza, le cui celebrazioni cadevano durante i mesi primaverili e che venne inglobata nella Pasqua cristiana, già conteneva alcuni programmi del futuro nazismo, quali la contrapposizione tra la razza germanica ("razza eletta") e le razze inferiori, la riduzione in schiavitù di queste ultime e la loro messa al bando o tramite deportazione coatta in remote località quali Siberia, Mongolia e Madagascar, oppure mediante la semplice eliminazione fisica attraverso la purificazione col fuoco (testualmente: "Olocausto"), la selezione razziale mediante l'eugenetica e la procreazione favorita di nascituri della razza eletta ("Lebensborn").[36] La tipografia della rivista era ubicata nel castello austriaco di Burg Werfestein, a picco sul Danubio, presso Studen, nell'Austria Superiore.

Proprio in tale sede, nel dicembre del 1907 venne per la prima volta issato un vessillo contenente una svastica rossa in campo giallo-oro, attorniata da fiordalisi.[37] Il futuro giornale del partito nazista, il "Völkischer Beobatcher", risulterà abbonato annualmente alla rivista "Ostara - Rundschau".[36] Nonostante questo, Hitler chiuse motu proprio la tipografia quando, nel 1938 invase l'Austria.[10] Al termine della seconda guerra mondiale, von Liebenfels si vanterà, in un'intervista, di diversi fatti, ovvero che anche Lenin avrebbe apprezzato i suoi scritti, così come sua dichiarò la formula del saluto nazista "Sieg Heil!" ("Salute alla vittoria!").[10] Von Liebenfels, però, aveva sviluppato l'ideologia a sua volta mutuandola dal tedesco Guido Von List, che svolge un'attiva propaganda antisemita per mezzo di Alfred Schuler, il cui territorio d'azione è incentrato sul quartiere di Schwabing, a Monaco di Baviera, il "quartiere degli artisti", ove risiedevano in quegli anni sia Lenin che Hitler.[36]

Nel 1951, tre anni prima di morire, Von Liebenfels concedette un'intervista al giornalista Wilfried Daim, in cui affermava di rammentare una visita del giovane Hitler del 1909 nella sede ove si pubblicava "Ostara". Rammentava che Hitler era talmente indigente da non potersi permettere di acquistare i numeri arretrati della rivista, che gli furono donati assieme ad alcuni spiccioli per il biglietto di ritorno sull'autobus.[38] Hitler stesso, in un passaggio del suo Mein Kampf riconosce che "[...] la documentazione durante gli anni viennesi su quegli opuscoli (Ostara) ha gettato fondamenta di granito per la mia personale visione del mondo". Nel periodo in cui Hitler giunse a Monaco, in tutta la Germania si contavano diverse associazioni più o meno segrete che inneggiavano alla purezza della razza germanica. Le più rappresentative erano:

Gran parte di queste società fioriscono in Baviera tra il 1890 e il 1930 e hanno come programma, oltre al pangermanesimo, un antisemitismo più o meno esplicito e un carattere elitario esoterico.[39][40] Il simbolo adottato da una di queste, la Thule Gesellschaft, evidenziava un gladio romano sovrapposto ad una svastica. Alcuni dei futuri alti gerarchi nazisti provenivano dalle file di questa associazione e anche l'ideatore dell'emblema, un dentista, tal Friedrich Krohn, ne era affiliato e conosceva personalmente Hitler, essendo divenuto il Gauleiter della città bavarese di Rosenheim.[41] Lo stesso simbolo del partito nazista, la svastica, era noto ad Hitler fin dalla giovinezza: frequentando la scuola annessa al monastero benedettino della città austriaca di Lambach, nel periodo tra il 1897 e il 1898, aveva potuto vedere che in diversi punti del monastero era presente la croce uncinata anziché quella romana.[42]

La prima guerra mondiale

Adolf Hitler in uniforme da fante

Il 3 agosto 1914, due giorni dopo che la Germania aveva dichiarato guerra alla Russia, appena ricevuta la notizia che la Germania aveva dichiarato guerra anche alla Francia, Hitler scrisse di proprio pugno una formale petizione al re Ludovico III di Baviera chiedendo di esser arruolato volontario nell'esercito bavarese seppur di nascita austriaca e privo ufficialmente di fissa dimora ed apolide. Con ogni probabilità il monarca non lesse la lettera, che venne processata da un segretario. Tuttavia, nonostante le pregiudiziali relative all'apolidia, alla mancanza di fissa dimora, alla nazionalità austriaca e, non ultima, la riforma alla visita di leva, la richiesta di Hitler venne accolta.[29] Il 16 agosto 1914, quando l'Impero tedesco era ormai entrato nella prima guerra mondiale, Hitler si arruolò come volontario a 25 anni nell'esercito bavarese del Kaiser Guglielmo II, venendo assegnato nella 1ª Compagnia del 16º Reggimento di Fanteria "List", appartenente alla 6ª Divisione di Riserva. In quello stesso reggimento militava anche il suo futuro Reichsleiter (successivamente definito "delfino" di Hitler) Rudolf Hess, a quell'epoca un tenente. Ottenne il grado di caporale e prestò servizio attivo in Francia e Belgio come staffetta portaordini (Ordonnanz).[43] Contrariamente alla letteratura hitleriana successiva, il reggimento List non è stato un laboratorio del nazismo: solo il 2% dei commilitoni si iscriverà poi al partito e molti soldati volontari erano di religione ebraica, autorizzati a praticare tra le trincee i loro riti.[44]

Adolf Hitler (seduto, il primo da destra) fotografato insieme ad altri sei commilitoni nel 1914

Durante il servizio militare, Hitler si dimostrò un soldato coraggioso e probo: a differenza degli altri commilitoni rifiutava le sigarette e gli alcolici, non chiedeva licenze, non riceveva mai né lettere né pacchi postali da casa, non dimostrava alcun interesse per le ragazze e non si lamentava mai per i pidocchi, il fango, la sporcizia e il cattivo odore delle trincee. Era inoltre solitario e sembrava voler provare affetto solo a Foxl, il cane randagio da lui adottato prima di partire per il fronte. Al contrario, alcuni suoi soldati lo descrivevano anche in preda ad esaurimenti nervosi: infatti lo si vedeva dapprima immerso nei suoi pensieri con le mani appoggiate sulla testa e all'improvviso scattare imprecando contro i "nemici interni del popolo tedesco", ossia gli ebrei e i marxisti.

Dopo un formale addestramento di due mesi, il reggimento di Hitler venne inviato al fronte, in Francia, a Lilla, come unità di rinforzo, ed Hitler si dimostrò per tutto il corso della guerra un'eccellente staffetta portaordini.[29]

Il 29 ottobre del 1914 debuttò sul campo ai margini della prima battaglia di Ypres, nel villaggio fiammingo di Gheluvelt.[44] Nel Mein Kampf scriverà di essere stato l'unico sopravvissuto di quella sortita; i documenti, però, fissano a soli tredici i soldati caduti: la vera mattanza di tedeschi avviene a dieci chilometri di distanza e in giorni differenti. In ogni caso, il reggimento in cui militava Hitler ne uscì decimato: in base a quanto si legge nei registri militari ufficiali dell'epoca, di tremila soldati ne rimasero vivi soltanto seicento.[45]

Nel corso del 1915 Hitler e i suoi commilitoni combatterono a Neuve Chapelle e a Baupame, sul fiume Somme.[46]

Il 7 ottobre 1916, mentre stava per consegnare un messaggio agli ufficiali impegnati sulla linea di Ligny-Thilloy, fu ferito alla coscia sinistra da una scheggia di granata durante la battaglia della Somme e fu ricoverato per due mesi nell'ospedale militare di Beelitz, 50 chilometri a sud di Berlino. Essendosi distinto in combattimento fu decorato con la Croce di Ferro di seconda classe (2 dicembre 1916) e quindi di prima classe il 14 agosto 1918. Quest'ultima onorificenza era all'epoca raramente usata per premiare militari di truppa, in particolare sottufficiali.

Il 5 marzo 1917, cinque mesi più tardi, tornò sul campo di battaglia e combatté tutte le più sanguinose battaglie sul fronte delle Fiandre, tra cui la terza battaglia di Ypres, la battaglia di Lizy sul fiume Aisne, la battaglia di Arras e la battaglia di Passchendaele. Al processo di Norimberga contro i gerarchi nazisti, nel 1946, la testimonianza dell'ufficiale che svolse le mansioni di aiutante di campo del comandante del reggimento in cui Hitler militava asserì che "[...] per il suo coraggio era stata avanzata la proposta circa la promozione di Hitler a sottufficiale, ma il comandante aveva poi soprasseduto perché non era riuscito ad individuare, in quel soldato taciturno che parlava da solo tra sé, le richieste doti di comando". Tuttavia, ammise anche che Hitler era divenuto fiduciario di ufficiali, quali i futuri gerarchi Röhm e Mayr, che lo trovarono "stranamente idoneo a risollevare il morale dei commilitoni frustrati dall'imminente sconfitta ed influenzabili dalla propaganda spartachista (comunista)".[47]

Per lunghi mesi scompare dalla prima linea, ma di guarnigione a Wavrin e si innamora di una contadina francese di 17 anni di nome Charlotte Lobjoie (conosciuta probabilmente nella primavera 1917), alla quale regala diversi acquarelli che lei conserverà in un granaio.[44] Il 28 settembre 1918, dopo aver trascorso due settimane di congedo a Berlino, Hitler fu ferito da una scheggia in una trincea nel villaggio di Marcoing durante la battaglia di Cambrai-San Quintino in Francia, mentre era in corso un assalto a sorpresa da parte di un plotone britannico del Reggimento Duca di Wellington. Uno dei soldati del reggimento, Henry Tandey, vedendo Hitler ferito e incapace di difendersi, decise di risparmiargli la vita dopo averlo tenuto sotto tiro, gesto che fu confermato dallo stesso soldato anni dopo: "Non potevo sparare ad un uomo ferito, così l'ho lasciato andare. Dio sa quanto mi dispiace averlo risparmiato". La sera del 13 ottobre 1918, presso Werwich, fu intossicato temporaneamente da un attacco di gas iprite, che lo lasciò cieco per tre giorni. Due giorni dopo, il 15 ottobre, venne ricoverato all'Ospedale Militare di Pasewalk dove, secondo alcune fonti, apprese la notizia della sconfitta tedesca del 9 novembre. Hitler rimase in convalescenza a Pasewalk per altri ventinove giorni, da dove venne dimesso il 21 novembre, ma i registri sanitari e la cartella clinica del futuro dittatore vennero distrutti dalla Gestapo nell'estate 1933, dopo che Hitler ebbe instaurato la dittatura rendendo il partito nazista l'unico ammesso in Germania (Decreto del 14 luglio 1933). Il direttore medico-militare dell'ospedale era il noto psichiatra Edmund Forster che – nella versione ufficiale – si suicidò nella propria abitazione di Greifswald l'11 settembre 1933.

La versione della vicenda in possesso dal 1943 dei servizi segreti statunitensi, riporta invece una verità diversa: Hitler a Pasewalk soffriva di una rara forma di psicosi nota col termine scientifico di "cecità isterica", forse imputabile alla dura vita di trincea che da quattro anni era costretto a subire. Il dottor Edmund Forster, per spronarlo, utilizzava metodi molto poco ortodossi, arrivando anche a pesanti diverbi verbali. In base a questi dati, si può spiegare il motivo della distruzione della cartella clinica di Hitler da parte della Gestapo e la versione della morte di Forster per omicidio e non suicidio come ufficialmente decretato.[48] Nonostante l'esperienza della guerra lo abbia reso convinto di essere dotato di una sorta di "protezione divina" in virtù di una "missione salvifica da compiere per il bene della nazione",[49] è durante la degenza a Pasewalk che matura l'idea di dover buttarsi in politica al fine di conquistare il potere: "Quando mi trovai costretto a giacere a letto, nell'immobilità, stringendo dalla rabbia il cuscino, alla notizia dell'armistizio, mi colpì la certezza che avrei liberato la Germania e l'avrei resa nuovamente grande. Seppi immediatamente che ciò si sarebbe immancabilmente realizzato", afferma testualmente Hitler nel Mein Kampf. In realtà, oramai la Germania era al collasso economico ed alla fame, per via del blocco navale inglese. In aggiunta, il presidente statunitense Woodrow Wilson, il 24 ottobre 1918 aveva affermato che il governo americano teneva in pugno tutti i governi dei paesi della Triplice Intesa, fortemente indebitati con gli Stati Uniti per via delle spese belliche e che tali paesi si sarebbero "uniformati" alle decisioni statunitensi in tema di pace negoziale. Aveva inoltre ribadito che non avrebbe trattato col governo imperiale tedesco, ma soltanto con un governo democraticamente eletto dal popolo tedesco; e che "[...] se i capi dell'esercito germanico e gli autocrati monarchici fossero rimasti al potere, la Germania sarebbe stata costretta alla resa senza condizioni, com'è costume dell'esercito statunitense, o tutt'al più un armistizio temporaneo, preludio di una quasi certa ripresa delle ostilità, una nuova guerra che la Germania non si sarebbe certo potuta permettere".[50]

In un colloquio con Albert Speer al Berghof nel 1943, allorché Speer descrisse un episodio noto come gli "Angeli di Mons",[51] Hitler raccontò un episodio "paranormale" che capitò a lui stesso pressappoco nel medesimo periodo: "Stavo consumando la mia misera cena in trincea, insieme a parecchi commilitoni. All'improvviso, mi parve d'udire una sorta di voce che mi diceva: "Alzati e allontanati di qui!". Era così chiara e insistente che io obbedii automaticamente, come a un ordine militare. Al che mi alzai immediatamente in piedi e camminai per una ventina di metri lungo il bordo della trincea, portandomi appresso il gavettino con la cena. A questo punto mi sedetti e ricominciai a mangiare, poiché la mia mente era nuovamente in pace. Mi ero appena sistemato quando un lampo accecante, misto a un'assordante deflagrazione esplosero nella parte di trincea che avevo appena lasciato. Una granata vagante aveva dilaniato il gruppo di soldati coi quali stavo precedentemente cenando e nessuno era sopravvissuto. Fu in quel preciso istante che capii di godere della protezione divina". Un suo commilitone, tal Mende, confermò quanto riferito da Speer al processo di Norimberga affermando: "[...] a questo proposito, mi viene in mente una strana profezia che Hitler mi fece poco prima del Natale del 1915. In quell'occasione, Hitler asserì che a un certo momento, nel giro di qualche anno, avremmo udito molto a suo proposito; avremmo sentito parlare tanto di lui, era solo questione di tempo: dovevamo solo attendere che quel momento fosse arrivato".[52]

Durante la guerra Hitler acquisì un appassionato patriottismo tedesco, anche se non era un cittadino dell'Impero tedesco (un aspetto a cui non pose rimedio fino al 1932). Il rapido succedersi degli eventi lo ferirono profondamente: ai primi di novembre 1918, con la definitiva sconfitta dell'Impero austro-ungarico a opera del Regno d'Italia in seguito alla battaglia di Vittorio Veneto, assistette alla disintegrazione etnica e territoriale dell'impero asburgico. Fu reso noto che il governo austriaco avrebbe permesso il transito dell'esercito italiano attraverso il Voralberg per invadere la Baviera, aprendo così un secondo fronte di guerra. Visse in prima persona il crollo politico della Germania quando, all'inizio di novembre, rifiutando l'abdicazione, il kaiser fuggì da Berlino e si rifugiò nel quartier generale del comando supremo dell'esercito a Spa, sul fronte occidentale, dove i generali in capo, Paul von Hindenburg ed Erich Ludendorff, consultatisi con il loro collega Erich von Falkennhayn, gli comunicarono che non potevano dirsi certi della fedeltà dell'esercito e della lealtà delle truppe, consigliandogli la doppia rinuncia, al trono di Germania e anche a quello di Prussia.[50] Hitler rimase disperatamente sconvolto dalla capitolazione tedesca nel novembre 1918, quando l'esercito, a suo dire, non era stato sconfitto (anche il neoeletto presidente Friedrich Ebert pronunciò tali parole nel discorso con cui, a Berlino, ricevette i reduci dal fronte, qualche settimana dopo), occupava tuttora una notevole porzione di territorio francese, era superiore ai nemici per innovazione nell'armamento, nella tattica e nella strategia,[50] tanto che nel Mein Kampf, un lustro dopo, scriverà "[...] in un conflitto prossimo venturo, se la vittoria non arriderà affatto alle armi tedesche, sarebbe di gran lunga preferibile avere un crollo militare prima di un crollo politico" (il che effettivamente si ebbe nel 1945). Egli, come molti altri nazionalisti, incolpò gli ebrei di avere attizzato focolai rivoluzionari bolscevichi, che avrebbero minato dall'interno la resistenza dei soldati al fronte e indotto i politici (i "criminali di novembre") alla resa e alla sottoscrizione del trattato di Versailles. Hitler ed i suoi commilitoni del reggimento "List" vennero ritirati dal fronte delle Fiandre a fine novembre 1918 e rientrarono a Monaco di Baviera all'inizio di dicembre, trovandola in preda alla rivoluzione comunista che nel frattempo era scoppiata come in altre città tedesche.

La Germania nella sconfitta

Dimesso dall'ospedale militare, Hitler fece ritorno nella caserma del suo reggimento, a Monaco, in attesa di ordini e trovò la Baviera in piena rivoluzione. Il caos e l'anarchia rendevano impossibile identificare una legittima autorità governativa. Per comprendere il trauma psicologico vissuto da Hitler al termine della prima guerra mondiale, un'analisi molto specifica ed accurata fu fatta da Len Deighton in un suo volume del 1981.[53] Nel dicembre 1918 il servizio sanitario statale tedesco stimò essere 763.000 i propri concittadini deceduti per fame e malnutrizione in seguito al blocco navale imposto nel periodo della prima guerra mondiale dalla Royal Navy britannica alla Germania. Hitler lo giudicò un comportamento bellico barbaro perché le vittime furono soprattutto anziani, donne e bambini. Il 9 novembre 1918, dopo l'abdicazione del Kaiser, il principe Max del Baden, facente funzione pro-tempore, convocò il presidente del partito socialdemocratico tedesco, Friederich Ebert, e gli disse: "Herr Ebert, affido l'impero tedesco alla sua custodia" e si dimise. Nel frattempo, sulle gradinate del palazzo imperiale di Berlino, l'avvocato Karl Liebknecht e l'attivista Rosa Luxemburg avevano proclamato il soviet dei lavoratori e dei soldati, innescando una rivoluzione comunista nelle principali città tedesche. Ebert dovette forzatamente appoggiarsi ai militari ed ai circoli nazionalistici per poter schiacciare la rivolta. Al ritorno dei reduci dal fronte, tenne loro un discorso in cui li lodava in quanto coraggiosi, leali e mai sconfitti. Hitler non fece altro che far sue le tesi dell'estrema destra che, a partire dal discorso di Ebert, costruì il mito della "pugnalata alle spalle dei combattenti" (Dolchstosslegende) con cui alcuni civili, a detta di tali circoli, avevano complottato col nemico per poter assurgere al potere. La Dolchstosslegende assunse per i circoli nazionalisti estremi tedeschi un significato paragonabile a quello della vittoria mutilata per i nazionalisti italiani.

La Germania era piena di reduci inattivi, immiseriti e difficilmente inseribili nel contesto della vita civile; tra questi pure Hitler, tanto più che egli era pure orfano. Da questi sbandati, il generale Kurt von Schleicher, il 4 gennaio 1919 trasse gli uomini – all'inizio soltanto 4.000 – con cui schiacciare i rivoluzionari comunisti il giorno 19 dello stesso mese e puntellando così la fragile nascente repubblica, che fu sempre sorretta e diretta da circoli militari e ad essi era debitrice, al limite del ricatto. Esplicitamente, i bandi di reclutamento nei Freikorps (i "Corpi Franchi") recitavano: "Non lasciare che la Germania diventi uno zimbello!". Entro la fine di gennaio, promulgata la legge marziale, con l'aiuto dei Freikorps, Ebert fece schiacciare definitivamente la rivolta comunista. A questo punto il Freikorps aveva reclutato circa 250.000 volontari e – dopo aver arrestato Liebknecht e la Luxemburg – li assassinarono e gettarono i loro corpi in un canale di Berlino, dove vennero ripescati qualche giorno dopo. Questo clima impressionò a tal punto Hitler che, apertamente, una volta diventato un politico, nei suoi discorsi parlò di "disintegrazione della più avanzata potenza industriale del mondo", di "un cancelliere che è una marionetta costretta a ubbidire agli ordini dei vincitori" e "di un governo abusivo e non votato dal popolo", descritto come "una banda di traditori collaborazionisti che si riunisce in una spelonca di carbonari". Hitler diceva apertamente quanto pensava a una grossa fetta dell'elettorato, non solo di destra, ma anche di sinistra. Hitler visse in prima persona i traumatici eventi della rivolta comunista una volta rientrato a Monaco, dove si era insediata la cosiddetta Repubblica bavarese dei Consigli.

La Repubblica dei Consigli

Proclamata la repubblica in tutta la Germania, alcune città non riconobbero il governo a maggioranza socialdemocratica insediatosi a Berlino; Monaco di Baviera, assieme a tutto lo Stato, fu tra quelle città che si autoproclamarono "indipendenti". Sotto la guida di Kurt Eisner fu dichiarata la nascita della Repubblica bavarese dei Consigli, di tendenze moderate. Rudolf Hess, superiore gerarchico di Hitler nel suo stesso reggimento, ordisce in dicembre un complotto che fallisce.[54] Nel gennaio 1919 Eisner fu messo in minoranza nel parlamento locale, tanto che si presentò a rassegnare le dimissioni il mese successivo (21 febbraio), quando venne ucciso a revolverate da un fanatico ultranazionalista, Anton Graf von Arco auf Valley. La notizia della sua uccisione fece scoppiare una guerra civile e nei disordini che ne seguirono prese il potere la frazione socialista estremista, quella degli spartachisti.

Il 6 aprile venne dichiarata la Repubblica bavarese dei Consigli di matrice leninista e retta da un triumvirato composto da Ernst Toller, Gustav Landauer e dall'anarchico Erich Mühsam, sostituiti dopo una sola settimana da Eugen Levine, che riportò l'ordine in Baviera grazie alla neonata Armata Rossa Bavarese che seminò il terrore. Il governo centrale della Repubblica di Weimar inviò in Baviera a fine aprile 40.000 militari del Freikorps (tra essi combatte anche lo studente Heinrich Himmler, futuro comandante supremo delle SS) ad abbattere la repubblica sovietica ed a reintegrare lo stato nel Reich: il 3 maggio cadde anche Monaco in mano all'esercito regolare.[10] Non si conoscono notizie certe su cosa fece Hitler in questo convulso periodo, però è noto dal Mein Kampf che l'avversione del futuro dittatore per il comunismo risale a questi mesi: "[...] Il comunismo è sinonimo di caos e di anarchia. Il comunismo è una forza disgregatrice della società e dello Stato perché fa affiorare l'istinto disfattista che c'è in ogni uomo debole. Io l'ho conosciuto bene il comunismo e ho rischiato la vita per combatterlo allora come oggi!".[10] Risulta accertato[55] che Hitler, rientrato a Monaco nel dicembre 1918, si presentò al battaglione di deposito del suo reggimento in attesa di ordini. Ai primi di febbraio del 1919 finì per offrirsi volontario per il servizio di sorveglianza bimestrale di un campo per prigionieri di guerra in attesa di liberazione presso Traunstein, dove rimase fino a fine marzo, assieme ad un suo commilitone, tal Ernst Schmidt. Stando alle testimonianze di quest'ultimo:[56] "Della rivoluzione in atto in quel momento non ne parlava molto e, soprattutto, non ne parlava volentieri, ma si capiva chiaramente quanto lo amareggiava".

Quindi fece ritorno a Monaco e prese servizio nella caserma che sorgeva in Türkenstraße, gestita dall'Armata Rossa Bavarese. Alla caduta della repubblica marxista, ricompare come informatore e delatore del Freikorps, tanto che Otto Strasser, nazista della prima ora ed avversario interno di Hitler, nel 1924 chiese, davanti ai notabili del partito: "Si può sapere dove era mai andato a finire Hitler quel giorno in cui entrammo in Monaco, noi del Freikorps? In quale angolo della città era andato a nascondersi tale valoroso soldato, colui che avrebbe dovuto combattere eroicamente nelle nostre file [...]?!".[10] Hitler era passato dalla parte del Freikorps e si mise a disposizione della commissione d'inchiesta sugli abusi commessi dai rivoluzionari, fornendo una vasta mole d'informazioni dettagliate circa nomi e fatti ai fini delle istruttorie in corso. Hitler fu così destinato alla "Commissione d'inchiesta presso il II° reggimento di Fanteria", nient'altro che un formale appellativo atto a mascherare l'attività di un gruppo di delatori il cui compito consisteva nel riferire ai superiori i nominativi dei soldati comunisti – o presunti tali – in modo che li si potesse eliminare[56] anche eventualmente fisicamente. La sua dedizione fu premiata, tanto che da giugno a settembre venne inviato a seguire un corso d'indottrinamento civico, assegnato all'Università di Monaco, circa il credo militare nazionalista allo scopo di svolgere il delicato compito di informatore (delatore) dell'esercito. In realtà Hitler si era segretamente accodato al "Freikorps Oberland", finanziato dall'occultista e ultranazionalista barone Rudolf von Sebottendorff.[36] Come traspare nel Mein Kampf, fu allora che Hitler – durante quelle lezioni – ebbe modo di scoprire di essere in grado di influenzare un uditorio, di avere idee ben chiare in testa, di poter impunemente attaccare senza mezzi termini comunisti ed ebrei e di saper tenere discorsi che colpivano sia i compagni che i superiori, anche se privo alle spalle di una formazione culturale di livello universitario. Il corso terminò il 25 agosto e Hitler ne uscì con la patente di "esperto al riguardo del problema ebraico".[56]

Il Partito Nazionalsocialista

« Già negli anni 1913-1914 io cominciai ad esprimere in diversi circoli, oggi fedeli alla causa nazionalsocialista, il pensiero che la questione del futuro tedesco ruotava attorno alla distruzione del marxismo. »
La tessera di appartenenza al DAP (poi NSDAP) di Hitler
La bandiera del Partito Nazista, poi estesa a livello nazionale dopo la nascita del Terzo Reich

Dopo la guerra Hitler rimase nell'esercito, che veniva ora impegnato principalmente nella repressione delle rivoluzioni socialiste che scoppiavano in tutta la Germania, compresa Monaco di Baviera, dove Hitler tornò nel 1919. L'incarico di confidente dell'esercito era però a termine e sarebbe scaduto alla fine di marzo 1920. Hitler venne a contatto con il futuro Partito Nazista come uomo di fiducia dei circoli militari di Monaco. Mentre era ancora nell'esercito, il 12 settembre 1919 venne incaricato di spiare, in abiti civili, per conto dell'esercito e della polizia, gli incontri di un piccolo partito nazionalista, il Partito Tedesco dei Lavoratori (DAP).[57] Al tempo, tale partito era un piccolo movimento locale senza base di massa, quasi un circolo d'élite, anche se il suo programma prevedeva l'espansione su base nazionale. Durante la sessione tenuta dalla formazione politica al Sterneckerbräu, un albergo con annessa birreria nel centro della città, quella sera stessa, Hitler ebbe una discussione violenta con un altro cliente.[10]

Assistette all'orazione di Gottfried Feder contro il capitalismo e contro il pangermanismo e partecipò animatamente alla discussione. Ad una successiva riunione del DAP intervenne contro un oratore che si era espresso a favore della secessione della Baviera in una nazione tedesca meridionale e lì si accorse, come confidò a Galeazzo Ciano successivamente, di avere "una sorta di carisma magnetico sinistro sulla platea che rimase letteralmente estasiata".[10] Affascinato dal suo intervento, Anton Drexler, il fondatore e segretario del partito, lo iscrisse, senza averlo nemmeno consultato, il 16 settembre, pochi giorni dopo averlo udito parlare al partito come membro numero 555 nella primavera del 1920 e con la carica generica di "propagandista". In realtà, già da un paio di settimane, Hitler era presente alle riunioni pubbliche del partito su indicazione delle forze dell'ordine, ma in quelle precedenti sedute non aveva annotato alcun particolare di specifico interesse.[10]

Nel Mein Kampf, a tal proposito troviamo scritto: "[...] Dopo alcune riunioni che trovai pedanti ed estremamente noiose, ha luogo una discussione, dove un tale se ne esce con una tesi che mi rese furibondo. Intervenni, indignato dalla tesi esposta da quel tale e dall'accoglienza che alcuni dei presenti riservarono alla medesima. Questi signori richiedevano un'unione della Baviera all'Austria, determinandone la secessione dalla Germania. Non avrei potuto fare altrimenti che controbattere e dire in faccia a quel tale quale fosse la mia opinione su questo punto. Alcuni giorni dopo questo stomachevole episodio, avendo io declinato in quell'occasione le mie generalità e l'indirizzo abitativo, ricevetti per posta una cartolina recante la comunicazione ch'ero stato a mia insaputa iscritto al DAP ed inserito nientemeno che nel suo comitato direttivo! Non mi opposi e non avrei più potuto, voluto o dovuto tornare indietro".

In realtà il partito era talmente piccolo che i primi 500 numeri corrispondevano a tessere inesistenti; Speer testimoniò che Hitler rimase scioccato da questo trucco. Il 14 agosto incontrò per la prima volta Dietrich Eckart, un antisemita ed uno dei primi membri chiave del partito, in occasione di un discorso tenuto davanti ai membri del DAP. Il 19 settembre del 1919 venne redatta la prima opera antisemita conosciuta di Hitler, nota coma la lettera Gemlich.[10] Il 20 settembre divenne uno dei sette membri del comitato direttivo presieduto da Karl Harrer ed il 16 ottobre si tenne la prima riunione pubblica del DAP e la lista degli oratori prevedeva come primo intervento quello di Johannes Dingfelder e come secondo intervento quello di Hitler.

Nel gennaio 1920 Harrer lasciò la presidenza del partito ed il nuovo programma venne redatto da un triumvirato composto da Hitler, Feder e Drexler. Hitler non venne congedato dall'esercito fino al 1920 (nel marzo di quell'anno aveva lasciato l'esercito per incompatibilità con l'impegno politico), dopo di che cominciò a prendere parte a tempo pieno alle attività del partito. Ne divenne ben presto il leader (febbraio 1920) e ne cambiò il nome in Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (National Sozialistische Deutsche Arbeitspartei, NSDAP), normalmente conosciuto come "Partito Nazista" da National Sozialistische, in contrasto con Sozi, un termine usato per indicare il Partito Socialdemocratico di Germania. Il partito adottò (marzo) come emblema la svastica, concepito come simbolo solare "ariano" ed indoeuropeo in opposizione agli ebrei creduti da alcuni essere "adoratori della luna", nonché il saluto romano usato dai fascisti italiani.

Il Partito Nazista era solo uno dei numerosi piccoli gruppi estremisti della Monaco di quell'epoca, ma Hitler scoprì ben presto di avere un talento notevole nell'oratoria pubblica e nell'ispirare la lealtà delle persone. La sua retorica, che attaccava gli ebrei, i socialisti, i liberali, i capitalisti e i comunisti, iniziò ad attrarre nuovi aderenti. Tra i primi seguaci troviamo Rudolf Hess, Hermann Göring ed Ernst Röhm, che sarebbe stato il capo dell'organizzazione paramilitare nazista, la SA (Sturmabteilung), ufficialmente denominate "Squadre Sportive del Partito". Nel 1921 fu condannato a tre mesi di prigione, di cui solo uno scontato, per aver personalmente guidato un attacco delle SA contro un comizio, culminato con l'aggressione dell'oratore, un federalista bavarese di nome Ballerstedt.

Hitler tra i maggior congiurati del "Putsch di Monaco"

Un altro suo ammiratore fu il Maresciallo di Campo dell'epoca di guerra, Erich Ludendorff. Hitler decise di usare Ludendorff come facciata in un tentativo abbastanza velleitario di conquistare il potere, il "Putsch di Monaco" dell'8 novembre 1923, quando i nazisti si spostarono da una birreria fino al Ministero della Guerra bavarese, intendendo rovesciare il governo separatista di destra della Baviera e da lì marciare su Berlino, emulando così la marcia su Roma di mussoliniana memoria. Hitler fece affidamento principalmente sull'aiuto degli ex combattenti delusi dalla Repubblica di Weimar riuniti nelle organizzazioni paramilitari dei "Corpi Franchi" (Freikorps).

Il colpo di stato fallì e Hitler venne processato per alto tradimento; tuttavia, egli si servì del processo per diffondere il suo messaggio in tutta la Germania. Nell'aprile del 1924 venne condannato a cinque anni di carcere nella prigione di Landsberg am Lech, ubicata ad un'ottantina di chilometri di distanza da Monaco di Baviera. Qui Hitler lesse l'opera di Henry Ford L'Ebreo internazionale e, ispirandosi a questa, scrisse la sua famosa opera Mein Kampf (La mia battaglia). Questo lavoro ponderoso conteneva le idee di Hitler sulla razza, la storia e la politica, compresi numerosi avvertimenti sul destino che attendeva i suoi nemici, specialmente gli ebrei, nel caso in cui fosse riuscito a salire al potere. Il libro venne pubblicato la prima volta in due volumi: il primo nel 1925 e il secondo un anno dopo. Le prospettive di un Hitler al potere sembravano così remote, a quel tempo, che nessuno prese seriamente i suoi scritti.

Considerato relativamente innocuo, Hitler ottenne una riduzione della pena. Venne rilasciato il 21 dicembre 1924 dopo solo nove mesi di pena detentiva. A quel momento il Partito Nazista a malapena esisteva e i suoi capi dovettero adoperarsi a lungo per ricostruirlo. Durante questi anni Hitler formò un gruppo che sarebbe in seguito diventato uno degli strumenti chiave nel raggiungimento dei suoi obiettivi. All'interno delle SA Hitler costituì nel 1925 una guardia del corpo personale di otto fidatissimi uomini, le Schutzstaffeln ("unità di protezione" o SS). Questo corpo d'élite dalle uniformi nere, ufficialmente presentato come "Scuola filosofica del Partito" venne guidato da Heinrich Himmler, che poi sarà il principale esecutore dei piani di Hitler sulla "questione ebraica", durante la seconda guerra mondiale. Le SS arriveranno a contare 300 uomini nel 1929 al momento del conferimento dell'incarico ad Himmler, per divenire praticamente onnipotenti dopo l'ascesa del nazismo al potere: nel 1934 arrivarono a contare 52.000 iscritti giungendo a controllare la polizia, la Gestapo, le rivali SA e praticamente ogni settore della società e dell'economia tedesche, fino ad ottenere un rapporto paritario con lo stesso esercito, quando vennero fondate le unità di SS combattenti ("Waffen SS").[58] Nel 1930 Hitler assunse la carica di Oberste SA (capo supremo), affidando la carica di comandante militare (Stabschef) delle SA a Ernst Röhm.

Un elemento chiave del fascino esercitato da Hitler sul popolo tedesco si trovava nel suo costante fare appello all'orgoglio nazionale, ferito dalla sconfitta in guerra e umiliato dal trattato di Versailles, imposto all'impero germanico dagli Stati vincitori. L'impero, infatti, dovette cedere territori a Francia, Polonia, Belgio e Danimarca, abbandonare le sue colonie, dismettere la Marina, pagare un conto salatissimo per le riparazioni di guerra e assumersi la piena responsabilità e colpevolezza dello scoppio del conflitto: un vero e proprio diktat.

Siccome molti tedeschi non credevano che fosse stata la Germania a dare inizio alla guerra (essendo stata dichiarata dall'Austria) né di essere stati sconfitti sul campo, essi erano amaramente risentiti per questi termini. Anche se i primi tentativi, da parte dei nazisti, di guadagnare voti con la condanna delle umiliazioni e delle macchinazioni dell'"ebraismo internazionale" non ebbero particolare successo con l'elettorato, la propaganda di partito imparò la lezione, e presto capovolse la situazione a proprio vantaggio attraverso un'espressione più subdola dei suoi contenuti, che combinava l'antisemitismo con attacchi "spiritati" contro i fallimenti del "sistema di Weimar" e i partiti che l'appoggiavano.

L'influenza di Eckart e di Haushofer e le basi del programma del Partito Nazionalsocialista

Adolf Hitler, al raduno del Partito Nazista a Norimberga del 1927

Nel periodo a cavallo tra il 1919 ed il 1920, Hitler conobbe a Monaco il politico, drammaturgo, giornalista bavarese Dietrich Eckart che gli fece da mentore, presentandolo alle personalità in vista della città, introducendolo in società, fornendogli un abbigliamento decoroso ed un alloggio dignitoso, insegnandogli le buone maniere ed impartendogli pure lezioni di lingua tedesca priva d'influssi dialettali.[59] Hitler lo considerò sempre alla stregua di un maestro, tanto che il proclama che era solito utilizzare Eckart, "Deutschland erwache!" ("Germania svegliati!"), divenne anche il grido di battaglia del partito nazionalsocialista.[60] Eckart divenne ben presto anche il primo direttore del "Völkischer Beobachter" ("L'osservatore Popolare"), il giornale di partito acquistato il 17 settembre 1920 e l'ideologo del nazismo stesso.[10] Indubbiamente Hitler fece suo il manifesto di Eckart del 1919 Auf Gut Deutsch ("In buon tedesco"), dove si attaccavano con veemenza sia il trattato di Versailles che gli "[...] Speculatori ebrei che a mo' di pescecani si sono arricchiti vergognosamente a spese del sangue versato dalle vittime del conflitto, salvo poi dare avvio al Bolscevismo in Russia ed alla socialdemocrazia in Germania". Sempre nel summenzionato pamphlet compare per la prima volta l'esplicita accusa di disfattismo a carico degli ebrei che Hitler sposerà integralmente "[...] E la mano che brandiva il pugnale non esitò un solo attimo a vibrare il colpo tra le scapole del fratello, ad affondarlo nella schiena del miglior amico".[10]

Hitler considerò sempre di inestimabile valore il contributo di Eckart alla causa nazista, sia inserendolo nei circoli iniziatici della Thule Gesellschaft, che incitandolo continuamente a scrivere ed a pronunciare discorsi ultranazionalisti ed antisemiti in pubblico.[10] Verso la fine del 1922 l'ultimo saggio di Eckart, dal titolo Der Bolschewismus von Moses bis Lenin. Zwiegespräch zwischen Adolf Hitler und mir ("Il bolscevismo, da Mosè a Lenin. Dialogo tra Adolf Hitler e me"), strutturato a mo' di dialogo tra maestro (Eckart stesso) e allievo (Hitler), delineò in modo netto la comune credenza secondo la quale gli ebrei altro non erano che «assetati di potere, affamati di denaro, anelanti alla gloria».[10] Nel 1923 la salute di Eckart iniziò a declinare sempre di più, essendo il fisico minato dall'abuso di morfina (al tempo non soggetta a vincolo prescrittivo medico) e di alcol, tanto che il contributo del "maestro" al tentato golpe risultò quasi del tutto ininfluente.[10] Ciò nonostante venne per poche settimane imprigionato nel carcere di Monaco, la prigione di Stadelheim (lo stesso dove undici anni dopo Hitler farà imprigionare Ernst Röhm e l'intero vertice delle SA al termine della purga passata alla storia col nome di "notte dei lunghi coltelli"), quindi liberato per le precarie condizioni di salute prima di morire il 23 dicembre. L'affetto e la riconoscenza di Hitler nei confronti dell'ideologo del nazismo è testimoniata dal fatto che Eckart venne seppellito a Berchtesgaden, dove Hitler farà costruire la sua villa di montagna, nonché dal fatto che proprio ad Eckart sarà dedicata la frase conclusiva del Mein Kampf. Di rimando, le ultime parole di Eckart furono, stando alle testimonianze: «Seguite Hitler! Il movimento è solo agli albori, ma in futuro queste mie parole diventeranno indiscutibilmente chiare. Egli danzerà, ma sono stato io a creare la melodia. Non state in lutto per me: io ho influenzato la storia più di qualsiasi altro tedesco».[10]

La società segreta Thule Gesellschaft, di cui Eckart era uno dei fondatori, tornerà utilissima ad Hitler e agli aderenti al partito, all'epoca della messa al bando del nazionalsocialismo in seguito al fallito colpo di stato, in quanto gli incontri da essa promossi presso l'Hotel "Quattro Stagioni" di Monaco fungevano da copertura per le riunioni clandestine del partito hitleriano.[36] Altra figura di spicco tra gli ideologi del movimento nazista fu il bavarese Karl Haushofer, che Hitler frequentò negli anni che vanno tra il 1919 ed il 1924. A lui si riconduce il programma dello "Spazio Vitale" (il Lebensraum). Le influenze di Haushofer nel Mein Kampf risultano particolarmente evidenti, anche alla luce del fatto che costui, nel periodo di detenzione di Hitler a Landsberg, conseguentemente al fallimento del putsch del 1923, si recava quotidianamente in visita al futuro dittatore, al tempo recluso in carcere, e la stesura del dattiloscritto del programma politico del nazismo venne redatta proprio durante il periodo di carcerazione del Führer.[60] Negli anni compresi tra l'ascesa al potere del nazismo (1933) ed il tentativo di Hess di concludere una pace separata con la Gran Bretagna (1941), l'ideologia mutuata da Haushofer diventa il cardine della politica espansionistica di Hitler, quella che giustifica le annessioni e le invasioni di altri Stati.[10]

La stella di Haushofer declinò bruscamente nel 1941, dopo il fallimento del tentativo di Hess – di cui Haushofer fu ispiratore –, per concludersi drammaticamente nel 1945 con la condanna a morte di suo figlio implicato nel tentativo di eliminazione di Hitler del 20 luglio 1944. Poco prima di essere giustiziato, Albrecht Haushofer indirizzerà al padre la sua poesia-testamento che, una volta letta dal genitore, lo condurrà al suicidio il 14 marzo 1946.[10]. Essa infatti recita: "Una lunga leggenda profonda dell'Oriente (riferimento ai popoli dell'Est che subirono l'applicazione del Lebensraum teorizzato da Haushofer e messo in pratica da Hitler) ci narra che gli spiriti della potenza del male (i nazisti ed ogni altro movimento illiberale) sono tenuti prigionieri nella notte marina (impossibilitati dalla storia ad acquisire il potere) sigillati dalla prudente mano del buon Dio. Fino a quando la sorte, una volta al millennio, ad un solo pescatore (Haushofer, suo padre) concede il potere di spezzare le catene dei prigionieri se non rigetta immediatamente il proprio bottino a mare (se non rinuncia alla fama di ideologo agli occhi di tutti). Per mio padre, il destino ha parlato. La sua volontà altre volte aveva avuto la forza (Haushofer era un generale di fanteria) di respingere il demonio nella sua prigione (di stroncare demagoghi e golpisti). Mio padre ha ceduto (con il nazismo). Non ha avvertito il soffio del diavolo (Hitler) ed ha lasciato il demonio spargersi sul mondo". Infine, è doveroso citare anche Hans Heinz Ewers, iscritto al partito fin dalla sua fondazione, nonché autore dell'Horst Wessel Lied (Horst Wessel era un trentenne berlinese membro delle SA rimasto ucciso in un duello con un simpatizzante comunista, nel 1930, in seguito ad una banale lite presso la casa di tolleranza che entrambi frequentavano ed assurto al rango di "martire" del nazismo), l'inno ufficiale del Partito Nazionalsocialista, che curò tutto il substrato cerimoniale del movimento e fu l'ispiratore del mito della forza, della potenza e della mancanza di remore morali che stanno alla base della crudeltà del comportamento delle SA e delle SS.[61]

Non ha un peso ideologico, ma rappresenta un punto nodale della sua formazione culturale, l'opera del "tedeschissimo poeta" Friedrich Schiller. In particolare, Hitler appare ossessionato dal Die Verschwörung des Fiesco zu Genua (1872), la tragedia ispirata alla Congiura di Gianluigi Fieschi nella storica Repubblica di Genova. Il passaggio su uno dei protagonisti, il Moro, lo cita insistentemente: due volte nel Mein Kampf, in un discorso pubblico a Berlino e nelle trattative con il presidente ceco Emil Hácha.[62]

La Thule Gesellschaft come nutrice del futuro Führer

Il Partito Nazista delle origini, creato da Drexler, venne istituito all'interno della società esoterica segreta, da cui provengono numerosi futuri alti gerarchi nazisti nonché compagni della prima ora di Hitler. Fra le personalità appartenenti alla società segreta ricordiamo, oltre al già citato Anton Drexler, le figure di Rudolf Hess, Hans Frank, Max Amman, Alfred Rosenberg, Dietrich Eckart, Gottfried Feder, Hermann Göring. Hitler, all'inizio, è iscritto, ma figura soltanto in qualità di "associato".[63] Come spia delle forze dell'ordine, Hitler presentava rapporti alquanto favorevoli sull'attività della società e del neonato partito.[10] La società evocava la figura dei tipici capi tribali germanici a cui spettava l'onore e l'onere di mantenere in salute l'intera comunità, cosa che dipendeva dalle loro scelte. Oltre ai dogi ariani ed alle istanze antisemite, è la figura della "guida", un araldo inviato da Dio, che contraddistingue la filosofia della società, ed Hitler parve subito a tutti la persona giusta per tale scopo, tanto che, il 20 maggio 1920, non ancora capo del partito nazista, alla proposta del simbolo della svastica levogira, egli la modificò in senso destrogiro.[10]

La corsa al potere

Il punto di svolta delle fortune di Hitler giunse con la grande depressione che colpì la Germania nel 1930. Il regime democratico costituito in Germania nel 1919, la cosiddetta Repubblica di Weimar, non era mai stato genuinamente accettato dai conservatori e neanche dal potente Partito Comunista. I Socialdemocratici e i partiti tradizionali del centro e della destra si mostrarono inadeguati nel contenere lo shock della depressione ed erano, inoltre, tutti segnati dall'associazione con il "sistema di Weimar". Nelle elezioni del 14 settembre 1930 il Partito Nazionalsocialista sorse improvvisamente dall'oscurità e si guadagnò oltre il 18% dei voti e 107 seggi nel Reichstag, diventando così la seconda forza politica in Germania.

Saluto nazista di Hitler durante una sfilata di camicie brune a Weimar (ottobre 1930)

Il successo di Hitler si basava sulla conquista della classe media, colpita duramente dall'inflazione degli anni venti e dalla disoccupazione portata dalla depressione. Contadini e veterani di guerra costituivano altri gruppi che supportavano i nazisti, influenzati dai mistici richiami dell'ideologia Volk (popolo) al mito del sangue e della terra. La classe operaia urbana, invece, in genere ignorava gli appelli di Hitler; Berlino e le città della regione della Ruhr gli erano particolarmente ostili; infatti in queste città il Partito Comunista era ancora forte, ma si opponeva anch'esso al governo democratico, ragion per cui si rifiutò di cooperare con gli altri partiti per bloccare l'ascesa di Hitler.

Le elezioni del 1930 furono un disastro per il governo di centro-destra di Heinrich Brüning, che si vedeva privato della maggioranza al Reichstag, affidato alla tolleranza dei Socialdemocratici e costretto all'uso dei poteri d'emergenza da parte del Presidente della Repubblica per restare al governo. Con le misure austere introdotte da Brüning per contrastare la depressione, avare di successi, il governo era ansioso di evitare le elezioni presidenziali del 1932 e sperava di garantirsi l'accordo con i nazisti per estendere il mandato di Hindenburg. Tuttavia, Hitler si rifiutò e anzi corse contro Hindenburg nelle elezioni presidenziali, arrivando secondo nelle due tornate elettorali, superando il 35% dei voti nella seconda occasione, in aprile, nonostante i tentativi del Ministro degli Interni Wilhelm Groener e del governo socialdemocratico della Prussia di limitare le attività pubbliche dei nazisti, soprattutto bandendo le SA.

Hitler con il presidente Hindenburg nel 1933

L'imbarazzo delle elezioni pose fine alla tolleranza di Hindenburg nei confronti di Brüning e il vecchio Maresciallo di Campo dimise il governo e ne nominò uno nuovo guidato dal reazionario Franz von Papen, che immediatamente abrogò il bando sulle SA e indisse nuove elezioni per il Reichstag. Alle elezioni del luglio 1932 i nazisti ottennero il loro migliore risultato, vincendo 230 seggi e diventando il partito di maggioranza relativa. In quel momento i nazisti e i comunisti controllavano la maggioranza del Reichstag e la formazione di un governo di maggioranza stabile, impegnato alla democrazia, era impossibile. A seguito quindi del voto di sfiducia sul governo von Papen, appoggiato dall'84% dei deputati, il nuovo Reichstag si dissolse immediatamente e furono indette nuove elezioni per novembre.

Von Papen e il Partito di Centro (cattolico) aprirono entrambi dei negoziati per assicurarsi la partecipazione nazista al governo, ma Hitler pose delle condizioni dure, chiedendo il cancellierato e il consenso del presidente che gli permettesse di utilizzare i poteri d'emergenza dell'articolo 48 della Costituzione. Il tentativo fallito di entrare nel governo, unito agli sforzi nazisti di ottenere il supporto della classe operaia, alienarono alcuni dei precedenti sostenitori e nelle elezioni del novembre 1932 i nazisti persero dei voti, pur rimanendo il principale partito del Reichstag.

Poiché von Papen aveva chiaramente fallito nei suoi tentativi di garantirsi una maggioranza attraverso la negoziazione che avrebbe portato i nazisti al governo, Hindenburg lo dimise e chiamò al suo posto il generale Kurt von Schleicher, che era stato per lungo tempo una forza dietro le quinte e successivamente Ministro della Difesa, il quale promise di poter garantire un governo di maggioranza attraverso la negoziazione con i sindacalisti Socialdemocratici e con la fazione nazista dissidente, guidata da Gregor Strasser.

Quando Schleicher si imbarcò in questa difficile missione, von Papen e Alfred Hugenberg, Segretario del Partito Popolare Nazionale Tedesco (DNVP), che prima dell'ascesa nazista era il principale partito di destra, cospirarono per persuadere Hindenburg a nominare Hitler come cancelliere in coalizione con il DNVP, promettendo che sarebbero stati in grado di controllarlo. Quando Schleicher fu costretto ad ammettere il suo fallimento e chiese ad Hindenburg un altro scioglimento del Reichstag, Hindenburg lo silurò e mise in atto il piano di von Papen, nominando Hitler Cancelliere con von Papen come Vicecancelliere e Hugenberg come Ministro dell'Economia, in un gabinetto che comprendeva solo tre nazisti: Hitler, Göring e Wilhelm Frick. Il 30 gennaio 1933 Hitler prestò giuramento come Cancelliere nella camera del Reichstag, sotto gli sguardi e gli applausi di migliaia di sostenitori del nazismo.

Usando il pretesto dell'Incendio del Reichstag, Hitler emise il cosiddetto "Decreto dell'incendio del Reichstag" il 28 febbraio 1933, a meno di un mese dall'insediamento. Il Decreto dell'incendio del Reichstag (in tedesco, Reichstagsbrandverordnung) è il termine con cui viene indicata la legge che venne passata dal governo nazista in risposta diretta all'incendio del Reichstag del 27 febbraio 1933. Occorse solo un giorno al governo per farla passare il 28 febbraio, dal momento che bastava soltanto la controfirma del Presidente della Repubblica alla proposta scritta del Cancelliere per farla approvare: era un decreto volutamente inserito dal legislatore come "decreto d'emergenza" e volto a schiacciare i tentativi di colpo di stato e – come tale – non necessitava dell'approvazione parlamentare per divenire operativa. Il vero nome del decreto è "Verordnung des Reichspräsidenten zum Schutz von Volk und Staat" ("Decreto del Presidente del Reich per la protezione della popolazione e dello stato"). Emanato dall'anziano (e ormai senile) presidente Paul von Hindenburg sulla base dell'articolo 48 sottosezione 2 della Costituzione, che consentiva al Reichspräsident di prendere ogni misura appropriata per rimediare ai pericoli per la sicurezza pubblica, rappresentò uno dei principali passi compiuti dal governo nazista per stabilire il suo dominio, tali passi vengono normalmente indicati dal termine Gleichschaltung.

Adolf Hitler fotografato nel 1938

Il decreto sospese o soppresse gran parte dei diritti civili garantiti dalla costituzione del 1919 della Repubblica di Weimar in nome della sicurezza nazionale: i leader comunisti, assieme ad altri oppositori del regime, si trovarono ben presto in prigione. Al tempo stesso le SA lanciarono un'ondata di violenza contro i movimenti sindacali, gli ebrei e altri "nemici". Tuttavia, Hitler non aveva ancora la nazione in pugno. La nomina a Cancelliere e il suo uso dei meccanismi incastonati nella costituzione per approdare al potere hanno portato al mito della nazione che elegge il suo dittatore e del supporto della maggioranza alla sua ascesa. In verità Hitler divenne Cancelliere su nomina legale del Presidente, che era stato eletto dal popolo, ma né Hitler, né il partito disponevano della maggioranza assoluta dei voti. Nelle ultime elezioni libere, i nazisti ottennero il 33% dei voti, guadagnando 196 dei 584 seggi disponibili.

Anche nelle elezioni del marzo 1933, che si svolsero dopo che terrore e violenza si erano diffuse per lo Stato, i nazisti ricevettero solo il 44% dei voti. Il partito ottenne il controllo della maggioranza dei seggi al Reichstag attraverso una formale coalizione con il DNVP. Infine, i voti addizionali necessari a far passare il Decreto dei pieni poteri (Ermächtigungsgesetz), che investì Hitler di un'autorità dittatoriale, furono assicurati con l'espulsione dei deputati comunisti dal Reichstag e con l'intimidazione dei ministri del Partito di Centro. Con una serie di decreti che arrivarono subito dopo, vennero soppressi gli altri partiti e bandite tutte le forme di opposizione. In soli pochi mesi Hitler aveva raggiunto un controllo autoritario senza aver mai violato o sospeso la costituzione del Reich, minando tuttavia il sistema democratico. Sfruttando infatti il quadro giuridico fornito dalla Costituzione, Hitler fece approvare dal Parlamento la legge che gli concesse i pieni poteri. È il 24 marzo del 1933 e tutti i partiti, anche quelli di ispirazione democratica che avevano governato in precedenza, votarono le norme che trasformano la Germania in una dittatura. Dopo l'espulsione dal Reichtstag dei comunisti solo la SPD votò contro la Ermächtigungsgesetz. In base a questo decreto, Hitler sciolse d'imperio tutti i partiti politici tedeschi e promosse soltanto il Partito Nazista ad unico partito ammesso in Germania (14 luglio 1933).

Il regime nazionalsocialista

« Verrà un giorno in cui sarà più grande onore avere il titolo di cittadino del Reich in qualità di spazzino che essere re in uno Stato straniero, e questo giorno verrà certamente, poiché, in un mondo come il nostro, che permette la mescolanza delle razze, uno Stato che dedica tutti i suoi sforzi allo sviluppo dei migliori elementi razziali deve fatalmente diventare il padrone del mondo. »

Essendosi assicurato il potere politico supremo in maniera legale con libere elezioni, Hitler rimase estremamente popolare fino ai momenti finali del suo regime. Era un maestro di oratoria e con tutti i mezzi d'informazione tedeschi sotto il controllo del suo capo della propaganda, Joseph Goebbels, fu in grado di persuadere la maggioranza dei tedeschi che egli fosse il loro salvatore dalla depressione, dai comunisti, dal trattato di Versailles e dagli ebrei. Su quelli che non ne erano persuasi, le SA, le SS e la Gestapo (la polizia segreta di Stato) avevano mano libera e a migliaia scomparirono nei campi di concentramento. Molti di più emigrarono, compresi circa metà degli ebrei tedeschi.

Visita ufficiale di Hitler a Roma nel 1938; sul palco in prima fila da sinistra: Benito Mussolini, Adolf Hitler, Vittorio Emanuele III, Elena del Montenegro; in seconda fila, da sinistra: Joachim von Ribbentrop, Joseph Goebbels, Rudolf Hess, Heinrich Himmler

Per consolidare il suo regime, Hitler aveva bisogno della neutralità dell'esercito e dei magnati dell'industria. Questi erano allarmati dalla componente "socialista" del nazionalsocialismo, che era rappresentata dalle camicie brune delle SA di Ernst Röhm, in gran parte appartenenti alla classe operaia. Per rimuovere questa barriera all'accettazione del regime, Hitler lasciò libero il suo luogotenente, Heinrich Himmler, di assassinare Röhm e decine di altri nemici reali o potenziali, durante la notte del 29-30 giugno 1934 (conosciuta come la "notte dei lunghi coltelli"). Un effetto meno visibile della purga, che venne poco percepito all'epoca, ma che probabilmente rientrava nei progetti di Hitler, fu di focalizzare le energie del partito non più su aspetti sociali (come desiderato dalle SA), ma sui «nemici razziali» della Germania. Secondo alcuni autori, il nazionalsocialismo, nato come ideologia gemella al fascismo italiano, rimase tale solo fino a questo momento dato che con l'eliminazione della corrente "di sinistra" facente capo a Röhm, la corrente "di destra" facente capo ad Hitler prese il sopravvento. Da questo momento il Partito Nazista avrebbe abbracciato implicitamente il capitalismo prefigurandosi come un'ideologia prettamente conservatrice, abbandonando ogni ipotesi rivoluzionaria e quindi rimanendo "socialista" solo nel nome. Questo sarebbe avvenuto come pegno ai poteri economici internazionali che l'avevano sostenuto finanziariamente nell'ascesa al potere.[64]

Anche Pino Rauti in una sua opera ritiene che l'epurazione della cosiddetta "ala sinistra" del movimento nazionalsocialista fu inevitabile per Hitler al fine di accreditarsi presso l'esercito, la grande finanza e il club degli industriali, tutti settori che vedevano in von Papen il garante contro la deriva populista da parte del Partito. Infatti, Papen chiese notoriamente a Röhm di esplicitare cosa intendesse per "rivoluzione nazionalsocialista", aggiungendo beffardamente che non si trattasse "[...] di una rivoluzione antimarxista per favorire l'ascesa al potere di una corrente filomarxista". Nell'incontro di Venezia con Mussolini (14 giugno 1934, solo due settimane prima della fatidica "notte dei lunghi coltelli"), Hitler domandò al dittatore italiano come avesse fatto ad incanalare le camicie nere nell'alveo della legalità, preoccupato per il comportamento delle camicie brune naziste, al che Mussolini, da sempre ritenuto un maestro dal dittatore nazista, gli rispose di averne "eliminato" i capi. Il Duce intendeva un'eliminazione politica, ovvero averne indirizzato i capi a carriere burocratiche, mentre Hitler prese il consiglio alla lettera. Eugene Davidson[65] dà invece credito alle memorie dell'ex-capo di Stato maggiore della Reichswehr, Werner von Blomberg, il quale scrisse che, qualche giorno prima dell'incontro di Venezia con Mussolini, a Neudeck (l'attuale cittadina polacca di Ogrodzieniec), al piano terra della casa del presidente della repubblica Paul von Hindenburg ebbe un colloquio con Hitler, recatosi in visita all'anziano presidente che versava in precarie condizioni di salute (sarebbe morto quaranta giorni dopo). Prospettò ad Hitler, in quell'occasione, che, se non fosse stata esautorata la direzione delle SA, l'esercito sarebbe intervenuto non solo contro i pretoriani del regime nazista, ma anche contro il regime stesso, abbattendolo. Ciò non toglie che Hitler abbia comunque chiesto a Mussolini come risolvere il grave problema che lo assillava.[10] La descrizione fatta dell'incontro tra Von Blomberg e Hitler al capezzale di Hindenburg è avvalorata dal figlio di Hindenburg stesso, Oskar von Hindenburg, che nelle proprie memorie cita una velata minaccia proferita dal padre a Hitler quel medesimo giorno. In pratica, il vecchio presidente affermò che "... Prima di pensare a metter ordine in Germania, il capo di un partito politico deve pensare a far pulizia in casa propria, come già ribaditogli qualche settimana prima a bordo dell'incrociatore salpato da Kónigsberg sia il comandante in capo dell'esercito (Von blomberg, per l'appunto), che l'ammiraglio in capo della flotta..." e: "se il messaggio non fosse stato abbastanza chiaro, alla morte del Presidente della Repubblica, egli avrebbe lasciato scritto nel testamento di restituire il potere ai legittimi rappresentanti, vale a dire l'erede al trono della decaduta famiglia regnante".

Hitler durante una manifestazione a Berlino

In ogni caso, il problema che si parava di fronte ad Hitler era quello di non poter andare oltre la carica di cancelliere, per di più vigilato da un uomo del presidente Hindenburg, qual era Papen. Infatti, come generale in capo della Reichwehr (l'esercito della Repubblica di Weimar), Werner Von Blomberg scrisse nelle sue memorie, "[...] Già dal 1931 le SA erano divenute il triplo, numericamente parlando, in termini d'effettivi, rispetto ai militi della Reichwehr: 300.000 contro 100.000, complice la dura crisi economica importata dagli Stati Uniti fin dal 1929. Domenica 17 giugno 1934, Hitler venne convocato dal presidente Hindenburg nella sua villa a Neudeck (oggigiorno Ogrodzieniec, cittadina polacca sita nel distretto di Kisielice) e severamente ammonito al fine di eliminare il pericolo costituito da quell'esercito privato oramai fuori controllo. Io stesso – prima che l'aereo lo riportasse a Berlino – gli ribadii che, con Hindenburg prossimo alla morte, la situazione era foriera di notevoli rischi per il suo futuro politico. Era una giornata afosa, ma Hitler era come impietrito. Io stavo sulla gradinata della villa soffocato nella mia alta uniforme e senza preamboli, in una riunione a due durata pochi minuti, esplicitamente gli rammentai che il presidente aveva l'intenzione di dichiarare la legge marziale, affidandomi il controllo totale della nazione e che – se si fosse giunti a questo – io avrei restaurato la monarchia, il che avrebbe distrutto per sempre i piani di una dittatura assoluta di Hitler. Ritengo che fu questo il punto di svolta dell'intera questione: fu il momento in cui Hitler comprese che il potere di Ernst Röhm andasse epurato di colpo e con la violenza".[66]

Quando Hindenburg morì, il 2 agosto 1934, Hitler, che in quanto già capo del governo (cancelliere del Reich) non poteva diventare anche Presidente del Reich (capo di Stato), creò per sé una nuova carica, quella di Führer, che in pratica gli consentì di cumulare i due incarichi. Neanche un'ora dopo il ferale evento della morte dell'ottuagenario presidente Hindenburg, Hitler decretò che le cariche di Cancelliere e di Presidente della Repubblica sarebbero state fuse in modo tale da garantire al dittatore nazista non soltanto la qualifica di "capo della nazione", ma anche quella più importante e prestigiosa di "comandante supremo delle forze armate", il che imponeva a queste ultime il diretto giuramento di fedeltà nei confronti di Hitler in persona. Egli era Führer und Reichskanzler (Guida e Cancelliere del Reich). Il 19 agosto 1934, i tedeschi furono chiamati alle urne per esprimere il loro parere sull'assunzione del potere totale da parte di Hitler. Più che un'elezione, fu una scontata conferma plebiscitaria del nuovo stato delle cose (su 45.5 milioni di aventi diritto al voto, 38 milioni espressero parere favorevole e 4.5 milioni ebbero il coraggio ed il buonsenso di negare la loro approvazione).[67] Dal 1934 sino alla sua morte in Germania non ci fu alcun Presidente del Reich, in quanto Hitler governava per decreto-legge.

Quegli ebrei che non erano emigrati in tempo ebbero a pentirsi della loro esitazione. In base alle leggi di Norimberga del 1935 persero il loro status di cittadini tedeschi e vennero espulsi dagli impieghi statali, dagli ordini professionali e da gran parte delle attività economiche. Furono oggetto dello sbarramento di una feroce propaganda. Pochi non ebrei tedeschi si opposero a questi passi. Queste restrizioni vennero ulteriormente aggravate, specialmente dopo l'operazione anti-ebraica della notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, conosciuta come la "notte dei cristalli" ("Kristallnacht" o "Reichskristallnacht"). Dal 1941 gli ebrei furono obbligati ad indossare una stella di David gialla in pubblico. Nel marzo 1935 Hitler ripudiò il trattato di Versailles, reintroducendo la coscrizione in Germania. Il suo scopo sembrava quello di costruire una massiccia macchina militare, comprendente una nuova marina militare (la Kriegsmarine) e una nuova aeronautica militare (la Luftwaffe). Quest'ultima venne posta sotto il comando di Hermann Göring, un comandante veterano della prima guerra mondiale. L'arruolamento di grandi quantità di uomini e donne nel nuovo esercito sembrava risolvere i problemi di disoccupazione, ma distorse seriamente l'economia.

Nel marzo 1936, mentre l'attenzione del mondo era concentrata sull'attacco fascista all'Etiopia, Hitler violò nuovamente il trattato rioccupando la zona demilitarizzata della Renania e, poiché Regno Unito e Francia non si mobilitarono per fermarlo, prese coraggio. Nel luglio dello stesso anno scoppiò la guerra civile spagnola dove i militari, guidati dal generale Francisco Franco, si ribellarono contro il governo regolarmente eletto del Fronte Popolare. Hitler inviò delle truppe ad aiutare i ribelli. L'intervento in Spagna servì da prova sul campo per le nuove forze armate tedesche e per i loro metodi, compreso il bombardamento di città indifese come Guernica, che venne distrutta dalla Luftwaffe nell'aprile 1937.

Benito Mussolini con Hitler durante la visita ufficiale a Monaco, nel 1937

Per dimostrare al mondo la potenza tedesca, Hitler (su idea di Goebbels) ospitò a Berlino l'XI Olimpiade, con una cerimonia iniziale trionfale. Il 25 ottobre dello stesso anno ci fu a Berlino la firma di un trattato di amicizia fra il Regno d'Italia e la Germania e il 1º novembre successivo, in un discorso a Milano, Mussolini userà per la prima volta il termine Asse Roma-Berlino, riferendosi a tale accordo. Da qui l'usanza diffusa di considerare il trattato di amicizia come istitutivo dell'Asse anche se l'alleanza militare nascerà più tardi, il 22 maggio 1939, con il Patto d'Acciaio: questa alleanza venne in seguito allargata a Giappone, Ungheria, Romania e Bulgaria, ossia le Potenze dell'Asse. Il 5 novembre 1937 Hitler tenne un incontro segreto alla Cancelleria del Reich, in cui dichiarò i suoi piani per l'acquisizione di "spazio vitale" per il popolo tedesco.

Il 10 aprile 1938 l'Austria, con un plebiscito, si univa alla Germania (il cosiddetto Anschluss) e Hitler, che così poneva le basi della Grande Germania, fece un ingresso trionfale a Vienna. In seguito intensificò la crisi che coinvolgeva gli abitanti di lingua tedesca della regione dei Sudeti in Cecoslovacchia. Questo portò agli accordi di Monaco del settembre 1938 in cui Regno Unito e Francia, con la mediazione di Mussolini, cedettero debolmente alle sue richieste per evitare la guerra, "sacrificando" quindi la Cecoslovacchia, che fu occupata. I tedeschi entrarono a Praga il 10 marzo 1939.

A questo punto Francia e Regno Unito decisero di prendere posizione e resistettero alla successiva richiesta di Hitler per la restituzione del territorio di Danzica, un territorio tedesco ceduto alla Polonia in base al trattato di Versailles. Le potenze occidentali non furono però in grado di giungere ad un accordo con l'Unione Sovietica per un'alleanza contro la Germania e Hitler ne approfittò. Il 23 agosto 1939 concluse un patto di non-aggressione (il patto Molotov-Ribbentrop) con Stalin, definendo anche i criteri per la spartizione del territorio polacco.

Il 1º settembre la Germania invase la Polonia. Hitler era certo che Francia e Regno Unito non avrebbero onorato il loro impegno con i polacchi per dichiarare guerra alla Germania: "Ho giudicato i loro capi a Monaco: Daladier, Chamberlain, dei vermiciattoli!".[68] Quando la mattina del 3 settembre l'aiutante Schmidt entrò nello studio di Hitler consegnandogli la dichiarazione di guerra del Regno Unito, questi restò pietrificato e voltosi verso il suo ministro degli Esteri Ribbentrop, con lo sguardo furibondo disse: "Was nun?" (E adesso?).[69] Nell'anticamera, affollata di generali e dignitari del partito, la voce di Göring, appena informato, ruppe il silenzio che si era creato: "Se perdiamo questa guerra, Dio abbia pietà di noi!".[70]

Seconda guerra mondiale: le vittorie

Hitler parla al Reichstag
Le truppe tedesche hanno superato il confine della Macedonia
Hitler a Berlino nel 1941
« Dobbiamo essere crudeli. Dobbiamo riabituarci ad essere crudeli con la coscienza pulita. »

Nei tre anni seguenti Hitler conseguì una serie quasi ininterrotta di successi militari. La Polonia venne rapidamente sconfitta e spartita con i sovietici. Nell'aprile 1940 la Germania invase la Danimarca e la Norvegia (operazione Weserübung). In risposta all'invasione della Polonia, Francia e Inghilterra dichiararono guerra alla Germania. Nel mese di maggio iniziò un'offensiva lampo che travolse rapidamente i Paesi Bassi, il Belgio, il Lussemburgo e la Francia (conosciuta come la campagna di Francia), che collassò nel giro di sei settimane. Il piano per la conquista della Francia, nato dalle idee di Hitler, di Heinz Guderian, leader dei Panzer, e del generale von Manstein, fu un'operazione magistrale, un capolavoro tattico che permise ai tedeschi di travolgere tre eserciti, oltre al BEF. Nell'aprile 1941 toccò alla Jugoslavia e alla Grecia essere invase (campagna dei Balcani). Nel frattempo le forze tedesche (Deutsches Afrikakorps), unite a quelle italiane, avanzavano attraverso il Nordafrica verso l'Egitto, puntando su Alessandria d'Egitto e Il Cairo.

Queste invasioni furono accompagnate dal bombardamento di città indifese come Varsavia, Rotterdam (avvertita e quindi evacuata) e Belgrado. L'unico insuccesso di Hitler fu quello di non riuscire a piegare la Gran Bretagna con i bombardamenti aerei della battaglia d'Inghilterra. Il 22 giugno 1941 ebbe inizio l'operazione Barbarossa. Le forze tedesche, appoggiate dalle nazioni dell'Asse e della Finlandia, invasero l'Unione Sovietica, occupando rapidamente parte della Russia europea, assediando Leningrado e Stalingrado e minacciando Mosca. Durante l'inverno, l'armata di Hitler venne respinta alle porte di Mosca e il furibondo Fuhrer assunse egli stesso il comando delle forze armate, ma l'estate successiva l'offensiva riprese. Per il luglio del 1942, le truppe di Hitler erano sul Volga, dove vennero sconfitte nella battaglia di Stalingrado: si trattava della prima grossa sconfitta tedesca.

In Nordafrica i britannici sconfissero i tedeschi nella seconda battaglia di El Alamein, contrastando i piani di Hitler di occupare il canale di Suez e il Medio Oriente. A proposito della certezza della vittoria bellica da parte del dittatore e dei suoi fedeli, Hitler dichiarò testualmente in presenza dei suoi generali:

« Quanto alla propaganda, troverò qualche spiegazione per lo scoppio della guerra. Non importa se plausibile o no, al vincitore non verrà chiesto poi se avrà detto o no la verità.[71] »

La Shoah

Hitler e Mussolini a Monaco nel 1939
L'ingresso del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau al tempo della sua liberazione nel 1945

L'invasione dell'Unione Sovietica fu anche motivata dal proposito nazionalsocialista, già presente agli albori del movimento, di acquisire il Lebensraum («spazio vitale») per la Germania ad Est, a scapito delle popolazioni slave considerate Untermenschen («sub-umane»). Contemporaneamente, l'operazione Barbarossa si proponeva di abbattere il nemico ideologico rappresentato dal comunismo, parte, secondo l'ideologia hitleriana, del complotto giudaico per il dominio del mondo. Non ultimo, la campagna ad est avrebbe permesso alla Germania, svaniti i sogni di una rapida campagna occidentale, di raggiungere ed utilizzare le ricche risorse economiche sovietiche rappresentate dal petrolio caucasico e le derrate alimentari ucraine.

Fu immediatamente dopo lo scoppio del conflitto ad est che la persecuzione ebraica raggiunse la sua fase culminante con l'avvio dei massacri operati dalle Einsatzgruppen che seguivano le forze armate tedesche avanzanti. D'altro canto non esistono prove che nel giugno 1941 esistesse già un piano per una «soluzione finale della questione ebraica». Gli storici rilevano che probabilmente la decisione venne presa in un periodo compreso tra il novembre 1941 e il gennaio 1942 e che la fase operativa si concretizzò solo successivamente. Per facilitare l'attuazione della soluzione finale, si tenne a Wannsee, nei pressi di Berlino, una conferenza il 20 gennaio del 1942, con la partecipazione di quindici ufficiali superiori del regime guidati da Reinhard Heydrich e Adolf Eichmann.

Le registrazioni della conferenza forniscono le prove più evidenti della pianificazione centrale dell'Olocausto. Tra il 1942 e il 1944 le SS, assistite dai governi collaborazionisti e da personale reclutato nelle nazioni occupate, uccisero in maniera sistematica circa 3,5 milioni di ebrei in sei campi di sterminio localizzati in Polonia: Birkenau, Bełżec, Chełmno, Majdanek, Sobibór e Treblinka. Altri vennero uccisi meno sistematicamente in altri luoghi e in altri modi, o morirono di fame e malattie mentre lavoravano come schiavi. Al tentativo di genocidio degli ebrei europei ci si è generalmente riferiti nel dopoguerra con la parola Olocausto, ma successivamente è stato adottato dalla comunità internazionale il termine ebraico Shoah, preferito dagli ebrei stessi poiché l'olocausto indica nella cultura ebraica un sacrificio a Dio.

Altri gruppi etnici, sociali e politici sono stati oggetto di persecuzione e in alcuni casi di sterminio durante la "soluzione finale". Migliaia di socialisti tedeschi, comunisti e altri oppositori del regime morirono nei campi di concentramento, così come un numero alto ma sconosciuto di omosessuali e di testimoni di Geova (contrassegnati da un triangolo viola). I rom e gli zingari, ugualmente considerati razze inferiori, furono anch'essi internati e uccisi nei campi. Circa tre milioni di soldati sovietici, prigionieri di guerra, morirono nei lager, ridotti alla stregua di schiavi. Tutte le nazioni occupate soffrirono privazioni terribili ed esecuzioni di massa: fino a tre milioni di civili polacchi (non-ebrei) morirono durante l'occupazione. Non è stato ritrovato alcun documento nel quale sia stata pianificata la "soluzione finale", ma ciò nonostante la stragrande maggioranza degli storici concorda nel ritenere che Hitler ne sia stato l'ideatore, ordinando a Himmler di portare avanti il piano.

Seconda guerra mondiale: la disfatta

I primi trionfi persuasero Hitler di essere un genio della strategia militare, per questo motivo divenne sempre meno desideroso di ascoltare i consigli dei suoi generali o anche solo di udire cattive notizie. Dopo la battaglia di Stalingrado, ampiamente considerata come il punto di svolta della seconda guerra mondiale, le sue decisioni militari divennero sempre più erratiche, e la posizione economica e militare della Germania si deteriorò. L'entrata in guerra degli Stati Uniti, il 7 dicembre 1941, oppose alla Germania una coalizione delle principali potenze mondiali: il più grande impero mondiale (l'impero britannico), la principale potenza finanziaria e industriale (gli Stati Uniti) e l'Unione Sovietica, che si era sobbarcata il peso più grande della seconda guerra mondiale in termini di vite umane e altre perdite.

Nonostante l'evidente deteriorarsi della posizione militare della Germania dopo la catastrofe di Stalingrado e la disfatta dell'Asse in Nordafrica, Hitler continuò con la massima determinazione la guerra, apparentemente convinto di poter ancora conseguire la vittoria e spronando i suoi generali a combattere accanitamente evocando il rischio della "distruzione e annientamento" del popolo tedesco in caso di sconfitta. Hitler trovò sempre nuovi elementi per mantenere fiducia nella vittoria e per consolidare il morale dei suoi collaboratori più importanti: in primo luogo, egli faceva sempre più spesso riferimento esemplare ai cosiddetti "tempi della lotta" prima dell'assunzione del potere in Germania, dove la sua forza di volontà e "inflessibile tenacia" avevano avuto la meglio sulle straordinarie difficoltà del partito nazista;[72] poi nel 1943 prospettò l'esaurimento dell'Armata Rossa a causa delle enormi perdite che subiva nelle sue offensive per liberare i territori occupati; quindi evocò la "sicura" disfatta della "invasione" degli Alleati occidentali in Francia che avrebbe, secondo lui, provocato la caduta di Churchill e Roosevelt. Nel 1944, dopo il successo dello sbarco in Normandia, enfatizzò l'effetto decisivo sull'esito della guerra delle famose "armi segrete" (wunderwaffen) che avrebbero dovuto capovolgere l'andamento del conflitto; infine, negli ultimi mesi, dopo il fallimento delle sue ultime controffensive, si aggrappò alla speranza di una rottura politica dell'alleanza tra Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna.[72]

In realtà, sembra che Hitler fin dal dicembre 1941, dopo la sconfitta di Mosca, fosse giunto all'intima convinzione che fosse ormai impossibile raggiungere la vittoria;[73] dopo la catastrofe di Stalingrado, egli in pratica decise definitivamente di escludere ogni nuova opzione politico-diplomatica e di rifugiarsi in un mondo irreale in cui ogni nuova sconfitta, le debolezze dei suoi collaboratori e le defezioni dei suoi alleati ne rafforzavano paradossalmente le convinzioni, la coscienza della propria "indispensabilità" per la Germania e la volontà di proseguire la guerra fino all'inevitabile conclusione che egli identificava ormai con i mitologici crolli e le sanguinose rovine dell'epica germanica.[74]

Le macerie della sala conferenza della Tana del Lupo, dove Hitler sopravvisse all'attentato del 20 luglio 1944 architettato dal colonnello Claus von Stauffenberg

I realisti all'interno dell'esercito tedesco videro invece la sconfitta come inevitabile e complottarono per togliere Hitler dal potere. Nel luglio 1944 uno di loro, Claus Schenk von Stauffenberg, piazzò una bomba nel quartier generale di Hitler (il cosiddetto complotto del 20 luglio), ma Hitler scampò miracolosamente alla morte e ordinò una selvaggia rappresaglia nella quale vennero giustiziati tutti i capi del complotto.

L'ingresso delle Fosse Ardeatine così come lo vediamo oggi

L'alleato di Hitler, Benito Mussolini, venne rovesciato il 25 luglio del 1943. Nel frattempo l'Unione Sovietica continuava costantemente a costringere le armate di Hitler alla ritirata dai territori occupati ad est. Fintanto che in Europa occidentale non si aprì un altro fronte, la Germania poteva sperare di tenere la posizione, nonostante la sempre più pesante campagna di bombardamenti sulle città tedesche. Il 6 giugno 1944 (D-Day), le armate Alleate sbarcarono nel nord della Francia e per dicembre erano arrivate al Reno. Hitler comandò una disperata offensiva sulle Ardenne, ma con il nuovo anno le armate Alleate stavano avanzando sul territorio tedesco. I tedeschi, intanto, avevano invaso l'Italia e instaurarono a Salò uno stato fantoccio, la Repubblica Sociale Italiana, con a capo Mussolini.

Tra il 1943 e il 1945 i tedeschi uccisero migliaia di civili italiani (i peggiori massacri furono quelli di Marzabotto, con 770 vittime, delle Fosse Ardeatine, con 335 morti e di Sant'Anna di Stazzema con 560 vittime civili, per lo più donne e bambini). In febbraio i sovietici si fecero strada attraverso la Polonia e la Germania orientale, e in aprile arrivarono alle porte di Berlino. I più stretti collaboratori di Hitler gli consigliarono di scappare in Baviera o in Austria, per organizzare una resistenza finale sulle montagne, ma egli era determinato a restare nella capitale fino alla capitolazione.

La morte

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: morte di Adolf Hitler.
Lo "Stars & Stripes", giornale delle truppe americane, riporta la notizia della morte di Hitler

Le sue armate tedesche non riuscirono ad arrestare l'avanzata degli Alleati e, mentre i sovietici si aprivano la strada verso il centro di Berlino, Hitler si suicidò nel suo bunker il 30 aprile 1945, insieme all'amante Eva Braun che aveva sposato il giorno prima; aveva 56 anni. Come parte delle sue ultime volontà, ordinò che il suo corpo venisse portato all'esterno e bruciato. Nel suo testamento scaricò tutti gli altri leader nazisti e nominò il Großadmiral Karl Dönitz come nuovo Presidente del Reich[75] e Joseph Goebbels come nuovo Cancelliere del Reich. Tuttavia, quest'ultimo si suicidò il 1º maggio 1945 insieme alla moglie dopo aver ucciso i suoi sei figli. L'8 maggio 1945 la Germania si arrese. Il "Reich millenario" di Hitler era durato poco più di 12 anni.

I resti parzialmente carbonizzati di Hitler vennero trovati e identificati dai sovietici (attraverso le impronte delle arcate dentarie) e in seguito seppelliti a Magdeburgo nella Germania orientale. Pare che intorno all'aprile 1970, nella zona in cui i resti furono seppelliti, venne deciso di costruire una zona residenziale. I servizi segreti sovietici riesumarono i resti di Hitler, di Eva Braun, di Joseph Goebbels e della sua famiglia, li cremarono e gettarono le ceneri nel fiume Elba.

Vita privata di Hitler

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: sessualità di Adolf Hitler.

Nonostante l'opposizione del Partito Nazista nei confronti dell'omosessualità e la persecuzione degli omosessuali messi in atto dai nazisti stessi, alcuni storici hanno ipotizzato che lo stesso Hitler fosse omosessuale o bisessuale. Alcuni hanno sostenuto che fosse asessuale, mentre altri respingono tali affermazioni e ritengono che fosse eterosessuale. Si crede che abbia avuto sei amanti donne, tre delle quali si suicidarono, mentre altre due tentarono il suicidio.

Nel 1929 incontrò Eva Braun, che sposò il 29 aprile 1945, un giorno prima del loro suicidio.

Conseguenze della politica hitleriana

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Germania nazista.

Influenza nella cultura di massa

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Adolf Hitler nella cultura di massa.

La figura di Hitler non poteva che ispirare registi, scrittori, drammaturghi, cantanti e diventare egli stesso un personaggio, più o meno storico a seconda dei casi. Spesso si è tentato di far luce sulle ombre dell'uomo invece che del politico, con risultati discussi e spesso controversi.

Prima e durante la seconda guerra mondiale, Hitler fu spesso descritto in Germania come una figura quasi divina, amata e rispettata dai tedeschi (si veda ad esempio il film di propaganda, girato su volontà dello stesso Hitler, Il trionfo della volontà). Al di fuori della Germania era invece spesso oggetto di derisione.

Dopo la sconfitta della Germania nazista e la sua morte, la derisione nei suoi confronti è stata sostituita dall'accettazione della sua totale follia: le politiche antisemite di Hitler erano ben note durante il corso della sua vita, ma fu solo dopo la sua morte che la portata delle politiche razziali e dell'Olocausto divenne realmente nota all'opinione pubblica al di fuori della Germania. Dopo che smise di essere una minaccia palpabile fu descritto nella cultura popolare come figura sinistra e diabolica.

Hitler in Italia

Una volta asceso al potere, Hitler scelse come sua prima meta all'estero l'Italia per incontrare Benito Mussolini. Da allora tornò a far visita al duce altre due volte. Altri tre incontri avvennero durante la guerra al confine tra Italia e Germania presso Brennero:

Ascendenza e discendenza di Adolf Hitler

Ascendenti

Adolf Hitler Padre:
Alois Hitler
Nonno paterno:
Johann Georg Hiedler
Bisnonno paterno:
Martin Hiedler
Trisnonno paterno:
Johannes Hiedler
Trisnonna paterna:
Anna Maria Neugeshwandter
Bisnonna paterna:
Anna Maria Goschl
Trisnonno paterno:
Laurenz Göschl
Trisnonna paterna:
Eva Maria
Nonna paterna:
Maria Anna Schicklgruber
Bisnonno paterno:
Johannes Schicklgruber
Trisnonno paterno:
Jacob Schikelgrueber
Trisnonna paterna:
Theresia Sillip
Bisnonna paterna:
Theresia Pfeisinger
Trisnonno paterno:
Johannes Pfeisinger
Trisnonna paterna:
Gertraut Hagen
Madre:
Klara Pölzl
Nonno materno:
Johann Pölzl
Bisnonno materno:
Laurenz Pölzl
Trisnonno materno:
Johann Pölzl
Trisnonna materna:
Theresia Ledermüller
Bisnonna materna:
Juliana Walli
Trisnonno materno:
Anton Wally
Trisnonna materna:
Anna Maria Stumpner
Nonna materna:
Johanna Hiedler
Bisnonno materno:
Johann von Nepomuk Hiedler
Trisnonno materno:
Martin Hiedler
Trisnonna materna:
Anna Maria Goschl
Bisnonna materna:
Eva Maria Decker
Trisnonno materno:
Joseph Tecker
Trisnonna materna:
Theresia Hinterlechner

Ascendenza patrilineare di Adolf Hitler

  1. Mattheus Hüetler, vivente nel 1571
  2. Hannß Huettler, vivente nel 1585
  3. Stephan Hiedler, vivente nel 1635
  4. Georg Hiedler, morto nel 1678
  5. Johannes Hüetler, 1644-1703
  6. Stephan Hüetler (Hietler), 1675-1757
  7. Johannes Hiedler, 1725-1803
  8. Martin Hiedler, 1762-1829
  9. Johann Georg Hiedler, 1792-1857
  10. Alois Hitler, 1837-1903
  11. Adolf Hitler, 1889-1945

Discendenti

Jean-Paul Mulders, nel libro Alla ricerca del figlio di Hitler, ha rintracciato i discendenti del dittatore tedesco, nipoti del fratello Alois il cui figlio, William Patrick, era scappato negli Stati Uniti. Secondo il libro di Mulders, i discendenti di Adolf Hitler sarebbero quattro e avrebbero cambiato cognome dopo la guerra in Stuart-Houston: Alexander, Louis, Brian e Howard. Alexander farebbe lo psicologo a East Northport, Louis e Brian sarebbero giardinieri e vivrebbero a East Patchogue mentre Howard, morto nel 1980, era un poliziotto di New York. Un altro discendente di Hitler, Andreas Hüttler, è stato individuato da Mulders a Groß Gerungs, in Austria, e la parentela è stata confermata da un test del DNA.[76][77]

Gran parte degli studiosi ritiene invece priva di fondamento l'ipotesi del caso dell'ex ferroviere francese Jean-Marie Loret di Saint-Quentin in Piccardia (1918-1985), il quale sosteneva di essere figlio illegittimo del Führer, cosa che sembra essergli stata rivelata nel 1948 dalla madre, la contadina francese Charlotte Eudoxie Alida Lobjoie, in punto di morte, identificando con lo stesso Hitler il "soldato tedesco sconosciuto" con il quale aveva avuto una relazione durante la prima guerra mondiale.[78][79][80][81]

Opere

  • Mein Kampf, München, Franz-Eher-Verlag, 1925-1926.
La mia battaglia, con prefazione inedita dell'autore per l'edizione italiana, Milano, Bompiani, 1934.
  • Hitlerʼs secret book, New York, Grove Press, 1961 (ma 1928).
Il libro segreto, Milano, Longanesi, 1962.

Onorificenze

Croce di Ferro di II classe - nastrino per uniforme ordinaria Croce di Ferro di II classe
«Per la prima battaglia di Ypres»
— 2 dicembre 1914
Croce di Ferro di I classe - nastrino per uniforme ordinaria Croce di Ferro di I classe
«Assolvendo all'incarico di "Portaordini" dimostrava sangue freddo, coraggio e audacia esemplari. In condizioni di grande pericolo, quando tutte le linee di comunicazione erano state tagliate, l'attività instancabile e senza paura di Hitler, permetteva di trasferire importanti messaggi alle nostre postazioni. (versione tradotta)»
— 14 agosto 1918
Distintivo per feriti in ferro - nastrino per uniforme ordinaria Distintivo per feriti in ferro
— 14 agosto 1918
Croce al Merito Militare di 3ª Classe bavarese con Spade - nastrino per uniforme ordinaria Croce al Merito Militare di 3ª Classe bavarese con Spade
«Per la battaglia di Passchendaele»
— 17 settembre 1917
Medaglia Commemorativa del 9 novembre 1923 detta Ordine del Sangue - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia Commemorativa del 9 novembre 1923 detta Ordine del Sangue
— marzo 1934
Croce d'Onore per i Combattenti al Fronte con Spade - nastrino per uniforme ordinaria Croce d'Onore per i Combattenti al Fronte con Spade
— 13 luglio 1934
Insegna d'oro del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori - nastrino per uniforme ordinaria Insegna d'oro del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori
— 1936
Capo dell'Ordine dell'Aquila Tedesca - nastrino per uniforme ordinaria Capo dell'Ordine dell'Aquila Tedesca
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine imperiale del giogo e delle frecce (Spagna) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine imperiale del giogo e delle frecce (Spagna)
— 1937

Premi e riconoscimenti

Cittadinanza Onoraria della Città di Bad Doberan - nastrino per uniforme ordinaria Cittadinanza Onoraria della Città di Bad Doberan
— Bad Doberan, 1932

Note

  1. ^ Il termine "olocausto" con riferimento al genocidio degli ebrei è ritenuto non politicamente corretto; si veda Olocausto, Shoah, memoria
  2. ^ (EN) Jennifer Hyde, Polish Jew gave his life defining, fighting genocide, in CNN.com, 13 novembre 2008. URL consultato il 18 febbraio 2012.
  3. ^ Glenn B. Infield, Adolf Hitler ed Eva Braun, 1974; Grosser & Dunlap Publishers.
  4. ^ a b Jetzinger, Franz (1976) [1956]. Hitler's Youth. Westport, Conn: Greenwood Press. ISBN 978-0-8371-8617-7. p. 32.
  5. ^ Eugene Davidson, L'ascesa di Adolf Hitler, Newton and Compton, 1977, p. 9; ISBN 88-8289-457-6
  6. ^ John Toland, Adolf Hitler, New York, Anchor Books, 1992 (1ª ediz: 1976), pp. 246–247; ISBN 978-0-385-42053-2.
  7. ^ Ian Kershaw, Hitler 1889–1936: Hubris, New York, W. W. Norton & Company, 1999 (1ª ediz.: 1998), pp. 8-9.; ISBN 978-0-393-04671-7.
  8. ^ Eugene Davidson, L'ascesa di Adolf Hitler, Newton & Compton, 1977, p. 12; ISBN 88-8289-457-6.
  9. ^ Eugene Davidson, L'ascesa di Adolf Hitler, Newton & Compton, 1977, p. 11; ISBN 88-8289-457-6.
  10. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad ae af ag ah ai Ibidem.
  11. ^ a b Adolf Hitler: Biografia di un dittatore - Una vita in 100 tappe, da anonimo pittore a devastatore del mondo; BBC History; Monografia 07/015; luglio 2015.
  12. ^ Glenn B. Infield, Adolf Hitler ed Eva Braun, 1974, Grosser & Dunlap Publishers.
  13. ^ Sezione della Guida - in tedesco - della città di Braunau am Inn [collegamento interrotto]
  14. ^ Glenn B. Infield, Eva and Adolf, Grosser and Dunlap Publishers, 1974.
  15. ^ Ron Rosenbaum, Il mistero Hitler, Mondadori, 2000.
  16. ^ (EN) The Rise of Adolf Hitler su The history place]
  17. ^ Antonella Di Martino, Adolf Hitler: Il dittatore
  18. ^ Howard Gardner, Personalità egemoni. Anatomia dell'attitudine al comando, Feltrinelli, Milano 1995, p. 255.
  19. ^ Erica Orsini, Assaggiavo i pasti di Hitler e vi dico che era vegetariano, in il Giornale, 15 febbraio 2013. URL consultato il 18 marzo 2013.
  20. ^ a b Joachim C. Fest: Hitler, una biografia, Garzanti, 2005.
  21. ^ Adolf Hitler ed Eva Braun, Mondadori, 1979.
  22. ^ a b Pino Rauti, L'immane conflitto, CEN, 1966.
  23. ^ a b Eugene Davidson, L'ascesa di Adolf Hitler, Newton & Compton Editori, 1977; ISBN 88-8289-457-6; p. 13.
  24. ^ Joachim C. Fest, Hitler, una carriera, Rizzoli, 1978, (BUR).
  25. ^ Successivamente, nel Mein Kampf, avrebbe descritto quegli anni come "i giorni più felici della mia vita; mi sembrarono quasi un sogno"; Adolf Hitler, Mein Kampf, Bompiani, Milano, 1934.
  26. ^ Alcuni presunti disegni di Adolf Hitler
  27. ^ Glenn B. Infield, Adolf Hitler ed Eva Braun, 1974, Grosser & Dunlap Publishers, pp. 11 e 23.
  28. ^ The Rise of Hitler - Dec. 21, 1907 Hitler's Mother Dies
  29. ^ a b c d Eugene Davidson, L'ascesa di Adolf Hitler, Newton & Compton Publishers, 1977; ISBN 978-88-541-7762-8.
  30. ^ Alan Bullock, Hitler, studio sulla tirannide, Bompiani, 1955.
  31. ^ Giorgio Galli, Hitler ed il nazismo magico, Rizzoli, 2005 (1ª ediz.: 1989), pp. 113-114.
  32. ^ "Corriere della Sera" del 15 luglio 1998
  33. ^ a b Adolf Hitler, Mein Kampf, Bompiani, Milano, 1934.
  34. ^ P. B. Boschesi, Hitler ed il Nazismo verso la guerra, Mondadori, 1981.
  35. ^ Eugene Davidson, L'ascesa di Adolf Hitler, Newton & Compton, 2000, pp. 16-18; ISBN 88-8289-457-6.
  36. ^ a b c d e Renè Feund, La magia e la svastica: Occultismo, New Age e Nazionalsocialismo, Ed. Lindau, 2006, p. 43; ISBN 88-7180-592-5.
  37. ^ Marco Castelli, La svastica nelle tenebre - Nazismo magico ed. "Il Foglio"; 2006, p. 14; ISBN 88-7606-053-7.
  38. ^ Wilfried Daim, Der Mann, der Hitler, die Idee gab, München, 1958.
  39. ^ Marco Castelli, La svastica nelle tenebre - Nazismo Magico, 2006, Ed. "Il Foglio", pp. 9-10; ISBN 88-7606-053-7.
  40. ^ Renè Freund, La magia e la svastica: Occultismo, New Age e Nazionalsocialismo, 2006, Ed. Lindau, pp. 24-26; ISBN 88-7180-592-5.
  41. ^ Renè Freund, La magia e la svastica: Occultismo, New Age e Nazionalsocialismo, 2006, Ed. Lindau, pp. 88-89; ISBN 88-7180-592-5.
  42. ^ Renè Freund, La magia e la svastica: Occultismo, New Age e Nazionalsocialismo, 2006, Ed. Lindau, pp. 90-91; ISBN 88-7180-592-5.
  43. ^ Documentario: "Atlantide - Storie di uomini e di mondi" - 12 ottobre 2009 - LE TRINCEE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
  44. ^ a b c Giovanni Mari, La vera storia di Hitler nella Prima guerra mondiale su Il Secolo XIX
  45. ^ La storia segreta di Hitler nella Grande guerra
  46. ^ Glenn B. Infield, Adolf Hitler ed Eva Braun, Grosser & Dunlap Publishers, 1974.
  47. ^ Giorgio Galli, Hitler ed il nazismo magico, Rizzoli, 2005 (1ª ediz.: 1989), pp. 114-115.
  48. ^ Jua Nyla Hutcheson, Hypnosis of Hitler May Have Affected - History Study, in «Journal of Forensic Science», Baton Rouge, Louisiana; November 20, 1998.
  49. ^ Giorgio Galli, Hitler ed il nazismo magico, Rizzoli, 2005 (1ª ediz.: 1989), pp. 112-113.
  50. ^ a b c Eugene Davidson, L'ascesa di Adolf Hitler, Newton & Compton, 2000; ISBN 88-8289-457-6.
  51. ^ Albert Speer, Memorie del Terzo Reich, Mondadori, 1996.
  52. ^ Giorgio Galli, Hitler ed il nazismo magico, Rizzoli, 2005 (1ª ediz.: 1989), p. 112.
  53. ^ Len Deighton, La Guerra Lampo, Longanesi, 1981, pp. 13-23; ISBN 88-304-0169-2.
  54. ^ Giorgio Galli, Hitler ed il nazismo magico, Rizzoli, 2005 (1ª ediz.: 1989), p. 123.
  55. ^ Giorgio Galli, Hitler ed il nazismo magico, Rizzoli, 2005 (1ª ediz.: 1989), p. 124.
  56. ^ a b c Glenn B. Infield, Adolf Hitler ed Eva Braun, Grosser & Dunlap Publishers, 1974, pp. 36-41.
  57. ^ Renè Freund, La magia e la svastica: Occultismo, New Age e Nazionalsocialismo, Lindau Ed., 2006; ISBN 88-7180-592-5.
  58. ^ Marco Castelli, La svastica nelle tenebre - Nazismo Magico, Ed. "Il Foglio", 2006, pp. 79-84; ISBN 88-7606-053-7.
  59. ^ Renè Feund, La magia e la svastica: Occultismo, New Age e Nazionalsocialismo, Ed. Lindau, 2006, pp. 17-18; ISBN 88-7180-592-5.
  60. ^ a b Marco Castelli, La svastica nelle tenebre - Nazismo magico, Ed. "Il Foglio", 2006, pp. 41-43; ISBN 88-7606-053-7.
  61. ^ Marco Castelli, La svastica nelle tenebre - Nazismo magico, Ed. "Il Foglio", 2006, pp. 141-142; ISBN 88-7606-053-7.
  62. ^ Giovanni Mari, Hitler e l'ossessione dei Fieschi su Il Secolo XIX
  63. ^ Marco Castelli, La svastica nelle tenebre - Nazismo magico, Ed. "Il Foglio", 2006, pp. 24-25; ISBN 88-7606-053-7.
  64. ^ Paolo Buchignani, Fascisti rossi, Mondadori, 1998.
  65. ^ Eugene Davidson, L'ascesa di Adolf Hitler, Newton Compton, 1977, p. 355; ISBN 88-8289-457-6.
  66. ^ Len Deighton, La Guerra Lampo, Longanesi, 1981, pp. 46-48.
  67. ^ S. Klein - M. Twis, The most evil dictators in history, Michael O'Hara Books Ltd., 2002 (ed. ital. a cura di Newton Compton Edizioni, 2006, p. 324).
  68. ^ Raymond Cartier, La seconde guerre mondiale, Paris, Moreau & Cie, 1965, p. 9.
  69. ^ Pier Carlo Marini, Mussolini: la maschera del dittatore, Roma, BFS Edizioni, 1999, p. 70; Giorgio Angelozzi Gariboldi, Pio XII, Hitler e Mussolini; il Vaticano fra le dittature, Milano, Mursia, 1988, p. 142.
  70. ^ "Wenn wir diesen krieg verlieren, dann möge uns der himmel gnädig sein"; Karl Heinz Frieser, Blitzkrieg- Legende: der westfeldzug 1940, Oldenbourg, 2005, p. 15; Thomas Ramge, Die Flicks - eine deutsche Familien Geschicte, Campus Verlag, 2004, p. 115.
  71. ^ William L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1990.
  72. ^ a b J. Fest, Hitler. Una biografia, p. 846".
  73. ^ J. Fest, Hitler. Una biografia, pp. 802-803.
  74. ^ J. Fest, Hitler. Una biografia, pp. 815-816, 846.
  75. ^ In realtà Hitler non aveva il potere di nominare il Presidente del Reich, che secondo la costituzione doveva essere eletto dal popolo. Lo stesso Hitler, essendo già cancelliere, non poté mai diventare Presidente del Reich, ma solo Führer.
  76. ^ Mauro Suttora, Il nipote di Hitler, maurosuttora.blogspot.it, 14 aprile 2010. URL consultato il 19 ottobre 2015.
  77. ^ Rosaspina Elisabetta, I due «detective» belgi e i 39 eredi di Hitler, in Corriere della Sera, 14 settembre 2009. URL consultato il 19 ottobre 2015 (archiviato dall'url originale il pre 1/1/2016).
  78. ^ Magdhi Abo Abia, Il figlio di Adolf Hitler? Si tratta di Jean Marie Loret, morto nel 1985, secondo la rivista parigina "Le Point" Il Telegraph ci racconta la storia di Jean Marie Loret, morto nel 1985 all’età di 67 anni, il quale non incontrò mai il suo padre, in giornalettismo.com, 18 febbraio 2012. URL consultato il 4 ottobre 2014.
  79. ^ “Tuo padre si chiamava Hitler”: il figlio (francese) segreto del fuhrer, in blitz quotidiano, 20 febbraio 2012. URL consultato il 4 ottobre 2014.
  80. ^ Il settimanale Le Point scopre il figlio nascosto (e francese) di Hitler, in Le point, 17 febbraio 2012. URL consultato il 4 ottobre 2014.
  81. ^ Loret scrisse di questa sua presunta discendenza in un libro autobiografico intitolato Ton père s'appelait Hitler (Tuo padre si chiamava Hitler) nel 1981, in seguito all'attenzione sostenuta dallo storico tedesco Werner Maser, che per primo rese pubblica la presunta notizia, nel 1977, in un articolo del giornale Zeitgeschichte del febbraio 1978, dal titolo Adolf Hitler: Vater eines Sohnes (Adolf Hitler: padre di un figlio), Zeit Geschichte, febbraio 1978, pp. 173-202.

Bibliografia

Fonti primarie

  • Albert Speer, Memorie del Terzo Reich, Milano, Mondadori, 1996, ISBN 88-04-42299-8.
  • Albert Speer, Diari segreti di Spandau, Milano, Mondadori, 1976.
  • Henrik Eberle, Matthias Uhl (a cura di), Il dossier Hitler (documento n. 462a, sezione 5, indice generale 30, dell'Archivio di Stato russo per la storia contemporanea, Mosca), Torino, UTET, 2005, ISBN 88-02-07159-4.
  • Traudl Junge, Fino all'ultima ora. Le memorie della segretaria di Hitler 1942-1945, Milano, Mondadori, 2004, ISBN 88-04-53242-4.
  • Rochus Misch, Ultimo. Il memoriale inedito della guardia del corpo di Hitler (1940-1945), Roma, Castelvecchi, 2007, ISBN 88-7615-166-4.

Fonti secondarie

Narrativa ispirata alla figura di Adolf Hitler

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