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Un momento del programma di Pippo Baudo |
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Nessuno di noi è uguale al se stesso di due anni fa, e dunque figuriamoci se può esserlo un comico che vive di ironia, respira satira e cammina sull'effimero. Se poi uno è stato espulso dalla Rai con un decreto bulgaro, non può più fare televisione e deve sostenere in tribunale richieste di risarcimento per 160 miliardi di lire, è naturale che non sia più la stessa persona del 2001. Questo capita a Daniele Luttazzi, l'irriverente conduttore di Satyricon che allora pagò con l'ostracismo televisivo la temeraria decisione di invitare in video un giornalista che raccontasse i guai giudiziari di Berlusconi. A rivederlo oggi, però, sembra incredibile che sia successo davvero.
Il Luttazzi che ieri sera è tornato in tv, ospite di Pippo Baudo a "Cinquanta", era un Luttazzi che ha imparato la lezione e non ha più tanta voglia di andare a testa bassa contro il muro d'acciaio del potere berlusconiano. Certo, con Bossi è stato tagliente come ai vecchi tempi, però a Berlusconi ha dedicato solo una battuta riciclata ("è stato ricoverato in ospedale, aveva un'ernia all'aureola") mentre su Fini non ha speso neanche un calembour. Tutta la sua verve, tutto il suo vetriolo, Luttazzi lo ha scaricato su Rutelli e su D'Alema - per attaccare i quali non è che oggi ci voglia un grande coraggio, specialmente su questa Rai - apparendo inevitabilmente una versione stemperata e addolcita del Luttazzi che conoscevamo, quello che affiorava dagli spezzoni d'archivio mandati in onda tra uno sketch e l'altro.
Non poteva esserci modo migliore, forse, per ricordare in tv la censura televisiva: mostrarci gli effetti di quella forza invisibile che si chiama autocensura, e che spinge anche i comici più coraggiosi e brillanti a ricordarsi, di fronte alla "campana delle libertà" inventata da Pippo Baudo per suonare l'allarme-satira, che si può attaccare Berlusconi e fare un programma in televisione, ma raramente si possono fare le due cose insieme.
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