Un parmigiano da record

A maggio sono stato a Formaggiore, una bella manifestazione organizzata da Slow Food dedicata ai formaggi tipici e d'alpeggio.

Ho acquistato del Bitto

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anche se non quello più costoso superstagionato

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Da amante dei formaggi di capra non mi potevo certo lamentare (cliccate per ingrandire)

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Qui potete vedere del Bagoss

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Il formaggio più interessante però era questo parmigiano reggiano di Bianca Modenese stagionato 90 mesi.

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Avete capito bene: novanta mesi. Il parmigiano venduto al supermercato solitamente è quello stagionato 24 mesi, più raramente 30 mesi. La stagionatura minima è di 12 mesi. Per quel che mi riguarda 90 mesi sono un record.

Ovviamente non potevo non comprarne un pezzo

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anche per potervi far vedere questo:

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Vedete quel granellino bianco? sono cristalli di tirosina, tipico segno di un parmigiano molto stagionato. Durante un  periodo di stagionatura così lungo  le proteine del formaggio subiscono un processo di proteolisi: in pratica a poco a poco gli amminoacidi che le compongono vengono liberati. Per questo motivo il parmigiano è ricchissimo di glutammato e di acido glutammico che rendono gustoso questo formaggio. La proteolisi libera anche altri amminoacidi, molti dei quali hanno un sapore particolare, e la tirosina è uno di questi.

Questa forma, stagionata "solo" 60 mesi, presenta molti più cristalli di tirosina, forse per le diverse condizioni di conservazione oppure per una diversa composizione del latte.

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Un parmigiano stagionato 90 mesi è meglio di uno stagionato 60? Sinceramente no. Personalmente trovo che entrambi siano un po' troppo asciutti. Il mio ideale di stagionatura è attorno ai 40 mesi (se poi è da latte di Bianca Modenese oppure da Reggiana Rossa è ancora meglio). Oltre i 40 mesi, a mio parere, le caratteristiche organolettiche peggiorano. Ma potete sempre stupire gli amici gurmè con il vostro parmigiano da record :-)

Alla sera, cena Slow Food pugliese. Ma questa è un'altra storia :-)

Alla prossima

Dario Bressanini

230 commenti RSS

  • @ Alberto, la stessa storia, uguale uguale, la raccontava mio suocero (milanese doc, del 1909). Famiglia di sette figli: la fame era uguale dappertutto. :-(

  • @Alberto Guidorzi
    io veramente sarei milanese e ho radici, oltre che siciliane (mio padre), liguri e toscane, e lombarde. La cucina che mia mamma NON faceva era quella lombarda, eccetto il risotto alla milanese.

  • Anche nella famiglia siciliana ma cosmopolita di mio marito c'erano ricette di varia origine. Oggi le appassionate cuoche sperimentano di tutto, tv aiutando.

  • to', Stella, avrei giurato che eri più siciliana dei cannoli alla ricotta :-)

  • ciao a tutti! sì Dario, sono tornata "in pianta stabile!"
    e devo dire che fa un certo effetto.
    :)

  • Bene bene, il salmone frankie è quasi pronto, questo salmone pesce gatto che cresce a dismisura sarà gustosissimo!
    E se scappa??? Dove va?
    Va nell' oceano...aaaaaaaaaahhhhhhh. E poi?
    Poi sapremo a chi rivolgerci sbattendogli in faccia tutti i danni ambientali che avrà creato questo salmone ipertrofico, di nome Frankie.

  • Massimo Ferrario 27 giugno 2010 alle 22:37

    @Frankie, immagino tu ti riferisca a questo:
    "Il «supersalmone» Ogm spacca gli Usa"
    http://www.corriere.it/esteri/10_giugno_26/farkas-salmone-ogm_744e9812-8149-11df-9a47-00144f02aabe.shtml
    Devo dire che non sono contrario "a priori" agli OGM ma - se l'articolo del corriere non traduce male dal NYT, cosa da non escludere - non sono del tutto sicuro che la cosa sia buon: «La modifica del Dna fa sì che il pesce produca l'ormone della crescita anche d'inverno - spiega il Times - e quindi raggiunga il peso adatto per la vendita in 18 mesi anziché tre anni». Una bestia che raggiunge il suo peso nella metà del tempo "naturale" (oops, l'ho detto!) non mi convince tanto...
    Immagino che almeno sarà buono da mangiare, altrimenti falliranno in 18 mesi!

  • Ma neanch'io sono contrario a Priori agli ogm è solo il loro utilizzo che mi preoccupa.
    Sarebbe come essere contrario a priori ai cianobatteri simbionti, a cloroplasti e ai mitocondri, come dire che io non ci sto con i NUMTs e con i NUPTs, un pò essere contrario all' evoluzione...

  • Ferrario :D
    bella la battuta dei 18 mesi

  • Frankie: ma goes to Hollywood va'.
    http://www.youtube.com/watch?v=lyl5DlrsU90

  • Yop, vai a trangugiare un pò di yop
    http://www.youtube.com/watch?v=0PXQfbqBae4&feature=related
    e poi a nanna che hai una certa età.

  • Yop, sbagli a buttarla sul personale, non se ne esce più...
    Quindi, so che è difficile però non prendere tutto come attacco personale.

  • Guidorzi , grazie.

    Circa la Sicilia , stepitoso il gelato al gelsomino di Scopello.

  • Frankie, per buttarla sul personale prima devo conoscere chi è chi. 8)

  • ieri ho aperto il mio kit sottovuoto di pecorini di pienza (stagionato sotto fieno, con peperoncino, naturale....) dopo aver letto questo post, ho notato dei puntini bianchi: potrebbero essere i famosi cristalli di tirosina? è pecorino stagionato 1 anno.

    ciao
    fra

    ps ti leggo sempre con grande piacere!

  • Ho un quesito da sottoporre all'attenzione di Dario che riguarda il Parmigiano - Reggiano.
    Siamo tutti a conoscenza del fatto che la produzione di una forma di Parmigiano avviene nel rigoroso rispetto di specifici protocolli che stabiliscono che tipo di latte impiegare, la procedura per la sua lavorazione, la salatura, il metodo e la durata dei tempi di stagionatura, ecc.
    Ora riguardo soprattutto al latte da impiegare per la produzione del Parmigiano Reggiano, ed in questo consiste per esempio la grande differenza con il Grana padano, è obbligatorio utilizzare latte ottenuto dalla mungitura di vacche alimentate con foraggio non "insilato" (conservato in silos) per evitare appunto l'impiego di conservanti (anche se "naturali") e allevate nella medesima area geografica di produzione (all'incirca il territorio compreso tra le provincie di Parma, Reggio Emilia e Modena).
    Ora riguardo al latte, dal momento che deve essere posta particolare attenzione alla sua provenienza e alla qualità del foraggio utilizzato per alimentare il bestiame, è effettivamente lecito attribuire sostanziali differenze qualitative tra un Parmiggiano ottenuto dalla lavorazione di latte prodotto da vacche rosse reggiane, piuttosto che da bianche modenesi o pezzate olandesi? E se si, in cosa effettivamente consiste tale differenza?
    In Provincia di Reggio Emilia i caseifici che lavorano il latte delle rosse reggiane si contano sulla punta delle dita di una mano (anche se si stanno moltiplicando) eppure la qualità media della produzione è piuttosto alta e sorprendentemente omogena, grazie appunto all'applicazione dei protocolli di produzione, e con prezzi al dettaglio piuttosto convenienti (mediamente 10 €/kg. sull'arco dell'anno, 13/16 €/kg. se si tratta di prodotto stagionato 30 mesi).
    Per contro il prezzo al dettaglio del Parmigiano prodotto con il latte delle rosse reggiane, a parità di tempi di stagionatura e nel rispetto dei medesimi protocolli di produzione, risulta assai più elevato (tra i 18/19 €/kg.).
    Il dubbio che questo prodotto, al di la delle originarie e più che encomiabili intenzioni, sia oggetto di una sorta di "speculazione" mi si stà sempre di più rafforzando, d'altro canto non sarebbe nemmeno la prima volta; l'esperienza con certi prodotti bio, igp, dop insegna.

    Ciao e grazie per l'attenzione

  • Alberto Guidorzi 13 luglio 2010 alle 15:17

    @ Carlo

    In zona tipica esiste anche una parte delle procince di Bologna e Mantova

    La razza "rossa reggiana" ed anche la "bianca modenese" sono state abbandonate dalle stalle dove si produce Parmigiano-reggiano tipico per vari motivi: è venuta meno l'esigenza di sfruttare il bestiame bovino per il lavoro, la fecondità tra razze di origine podolica e la frisona è diversa, la produzione di latte è anch'essa diversa, molto meno produttive le razze di origine podolica.
    Il parmigiano reggiano è forse il formaggio che meno ha sentito l'aumento dell'inflazione dei prezzi e quindi il formaggio di "Rossa Reggiana" voole cercare di dare contenuti attrattivi per aumentare il prezzo. Un mio zio diceva che molti consumatori hanno l'anello al naso, nasta saperci attaccare il bastone con il gancio e li si porta un po' dove si vuole.
    Non è che in assoluto il formaggio di una volta sia più buono di quello di adesso, se tu sapessi quanti caseifici una volta "sbagliavano il formaggio" e producevano i famosi "palloni".
    Guarda che sbagliare il formaggio non aveva nulla di velenoso, si instauravano delle fermentazioni anomale che nei casi meno gravi determinavano le occhiature interne che tanto invece sono ricercate nell'emmental. I testi dicono che nel grana si vuole evitare la fermentazione propionica, mentre nell'emmental è ricercata.

    A mio avviso l'unica vera differenza che c'è nel parmgiano reggiano di zona tipica risiede tra quello delle colline appenniniche e da quello delle pianure rivierasche del Po e dei suoi affluenti appenninici, ma questo a condizioni che l'alimentazione sia quella classica di un tempo. Certi sapori del grana appenninico non esistevano in quelli di pianutra. La flora dei prati appenninici era diversa da quelli di pianura. Ora molto è confuso.

  • Carlo: ora sono in vacanza e non ho accesso agli articoli, ma ho trovato dei lavori che spiegano come il latte della bianca modenese abbia una composizione un po' diversa e questo influenza il formaggio.

  • Grazie Dario, rimango in attesa dei tuoi riferimanti bibliografici sull'argomento.

    Ciao

    PS: i miei più sinceri complimenti per per "Pane e bugie"

  • questo articolo mi da atto di quello che ho sempre pensato, per gustare e trovare
    i prodotti di nicchia si deve andare fisicamente nel luogo dove vengono realizzati
    o nei dintorni, fuori della regione di fabbricazione è molto difficile trovare queste
    PERLE. per quanto riguarda la stagionatura dei formaggi sono d'accordo sul fatto che troppo stagionato un formaggio tende a perdere alcune delle caratteristiche organoletiche, un po come i vini.

  • volevo dare una indicazione a lei Bressanini , se non è mai stato in Sardegna, dato che legggo che è appassionato dei formaggi di capra, vada a Villassalto
    un piccolo paese del campidano, fanno la sagra della capra con degustazione di alcuni formaggi molli tutti rigorosamente di capra.
    Non manca poi la carne sia di capra che di capretto,
    piu' di cosi!!!!!

  • Anche se questo non è forse il luogo più adatto, la vicenda del Bitto merita di non essere liquidata troppo velocemente - mi riferisco alle parole del commentatore yopenzo. Concordo invece in tutto e per tutto con quanto scritto da Mariotti.

    Da valtellinese appassionato di gastronomia, per chi volesse conoscere l'assurda faccenda, cerco di spiegarla in poche righe:
    Il Bitto viene prodotto da secoli nelle Valli del Bitto, in alta Val Gerola (Valtellina). La disciplinare del Bitto DOP estese anni fa la zona di produzione a tutta la provincia di Sondrio permettendo nel contempo ai casari di non utilizzare latte di capra e di alimentare le vacche con mais, altri cereali, melasso e soia. I produttori storici , fedeli alla tradizione che voleva l’alimentazione degli animali solo con mangimi naturali, la lavorazione del latte solo a caldo in calecc di pietra (costruzioni “mobili” caratteristiche che permettono una maggiore vicinanza col bestiame) e l’aggiunta di un 10% di latte di capra orobica, decise di uscire dalla tutela della DOP.

    Da allora si combatte una battaglia legale a colpi di carte bollate, multe e richiami tra l’Associazione storica e il Consorzio. Ultimo episodio in questo senso è la multa da 60.000 euro che si è vista recapitare la società che opera la commercializzazione del Bitto ‘storico’ con la motivazione di non essersi assoggettata ai controlli previsti per la produzione Dop e per aver usurpato la denominazione protetta “Bitto“.

    In pratica, il risultato è che nelle Valli del Bitto, dove si produce il Bitto da secoli, il Bitto non può più assumere questa denominazione mentre in tutto il resto della provincia di Sondrio (e in parte di quella di Bergamo) sì.

    Se tutto ciò vi sembra normale...

    Scusate l'OT rispetto al blog ma la vicenda mi sta particolarmente a cuore e quando c'è l'occasione di divulgare la verità su questi fatti non posso tirarmi indietro...

    Saluti
    Giacomo Robustelli

  • robustelli: a me sembrano tutti matti ...
    da quello che ho capito, per colpa di alcuni ultratradizionalisti, si rischia di mandare a monte un prodotto che ha avuto la DOP che ha un consorzio di tutela e che forse è un po' più facile da produrre.
    senza dimenticare il tema sicurezza. questi formaggi prodotti "vicino" al bestiame mi hanno sempre lasciato molti dubbi.
    come quando il buon carlo petrini sosteneva che è assurdo chiedere le piastrelle dove si lavora il latte perché nelle malghe non è pensabile metterle.

    sarà pure impossibile ma a me fa un po' schifo pensare a un bagno senza piastrelle, figuriamoci un posto dove si prepara da mangiare!

  • Prova a fare un assaggio comparato di "Bitto DOP" e "Bitto Valli del Bitto". Poi ne riparliamo.

    Gli unici matti in questa situazione sono quelli della DOP: ti sembra normale che il formaggio prodotto nelle Valli del Bitto non si possa chiamare "Bitto" mentre quello prodotto in tutto il resto della Valtellina sì?

    BOH

  • per far diventare dop il bitto, i produttori si sono messi insieme, hanno scritto le regole comuni, hanno dimostrato che erano le regole storiche, hanno il dossier al ministero, che lo ha studiato, analizzato, approvato, mandato a bruxelles.
    qui un'altro commissione ha fatto lo stesso lavoro, verificando anche che non ci fossero problemi.
    tutto questo è successo non ieri ma nel 1997! tredici anni fa.
    e grazie a tutto questo si comincia a conscere il bitto.
    non è che i produttori della valle del bitto sono stati un po' distratti negli ultimi 15/20 anni? ed ora vogliono usare il nome che altri hanno fatto conoscere? domanda cattivella, lo so, ma a pensar male spesso ci si azzecca!

    a me - comunque sembrano guerre perse in partenza. Già il bitto dop fa fatica, figuriamoci se esce il bittobis ... rischiano il botto : - ))

  • "non è che i produttori della valle del bitto sono stati un po’ distratti negli ultimi 15/20 anni? ed ora vogliono usare il nome che altri hanno fatto conoscere?"

    Caro salvatore, sono quelli della DOP che usurpano il nome del Bitto semmai.
    Hai capito che il Bitto DOP non ha nulla a che vedere con il Bitto???
    Leggi qua: http://www.ruralpini.it/Inforegioni11.01.10.htm

    Io non so perchè all'epoca quelli del Bitto storico non si siano "fatti sentire" abbastanza. So che adesso la situazione è paradossale e penso si possa far qualcosa per cambiarla.

    Poi sinceramente non capisco questa ostinazione solitaria in difesa del Bitto DOP. Evidentemente hai simpatia per quelli della DOP o non hai mai assaggiato il Bitto "vero". Tertium non datur.

  • nessuna "ostinazione solitaria in difesa del bitto DOP ... ma ostinazione spero non solitaria per il rispetto delle regole.

    DOP: denominazione di origine protetta. se il bitto DOP è DOP - e lo è - nessuno può usarne o imitarne il nome. per diventarlo ha rispettato le regole ed ha fatto un lungo percorso, anche difficile.

    comunque:
    a me piace anche il bitto DOP "cattivo"
    il sito che mi suggerisci lo trovo invece a dir poco pessimo. lo avevo visto quando su questo blog si parlò di latte crudo e definire pessime le cose che scrissero allora è dir poco.

  • Bene, abboffati di Bitto DOP e vivi felice. Se preferisci mangiare un prodotto mediocre che rispetta le regole della DOP rispetto ad uno eccezionale che rispetta le regole della tradizione...

    Io continuerò a mangiare (e a sostenere) il vero Bitto.

    saluti

  • Avrei una domanda
    Tempo fa ho comprato un parmigiano invecchiato 30 mesi, in pezzetti (praticamente dei cubetti o giù di li) ho pensato che di solito quando sono preparati in questo modo non sono un granchè (tipo scarti) ma c era solo quello. Portato a casa, era delizioso. Sono tornato nello stesso negozio e ho preso lo stesso prodotto, ma nel classico formato a triangolo. Bene, non erA così buono . Da cosa dipende? Ovviamente il formato a pezzetti non c era più

  • per maurice 74
    Tempo fa ho comprato un parmigiano invecchiato 30 mesi, in pezzetti (praticamente dei cubetti o giù di li) ho pensato che di solito quando sono preparati in questo modo non sono un granchè (tipo scarti) ma c era solo quello. Portato a casa, era delizioso. Sono tornato nello stesso negozio e ho preso lo stesso prodotto, ma nel classico formato a triangolo. Bene, non erA così buono . Da cosa dipende? Ovviamente il formato a pezzetti non c era più

    solitamente i formaggi a pezzi o grattuggiati sono di terza o quarta scelta.

  • Infatti, per quello mi ha stupito
    Ma ho un aggiornamento, ho ritrovato di nuovo il prodotto a pezzi e l ho riacquistato: buono, ma non buono come la prima volta
    Secondo me ho beccato una forma che era più stagionata di quanto dichiarato....un caso fortunato ma singolo, insomma

  • Ciao Dario,
    riguardo alla qualità del latte impiegato per la produzione del Parmigiano - Reggiano ho trovato uno studio sviluppato da alcuni ricercatori del Dipartimento di Produzioni Animali, Biotecnologie Veterinarie, Qualità e Sicurezza degli Alimenti dell'Università di Parma (www.unipr.it/arpa/facvet/annali/2001/malacarne.pdf), nel quale è comparata la composizione del latte impiegato per la produzione del parmigiano proveniente dalle quattro principali razze: frisona italiana, rossa reggiana, bianca modenese e bruna italiana (è questo lo studio a cui facevi riferimento?). In particolare lo studio ha analizzato la composizione "acidica del grasso del Latte ... in rapporto all'influenza di diversi fattori legati all'animale e all'ambiente" soprattutto quelli di natura alimentare. Le conclusioni dello studio sulla composizione del grasso del latte evidenzia variazioni da razza a razza che però sono valutati di natura moderata. Lo studio registra però differenze significative nelle percentuali di "acido palmitico" e "acido oleico" concludendo che "si tratta di differenze per le quali è possibile ipotizzare un eventuale interesse anche nell’ambito dei processi lipolitici che si svolgono nel corso del lungo periodo di stagionatura del formaggio Parmigiano-Reggiano."

    Quindi chiedo da perfetto ignorante in materia: in che modo queste due componenti acide possono significativamente influire sui processi di stagionatura del parmigiano e quindi sulle sue caratteristiche organolettiche?

    Lo studio sottolinea però che le modalità di conduzione della sperimentazione "non sono sufficentemente adeguate per poter affermare che tali differenze siano legate all'intervento diretto di fattori di ordine genetico."

    Il che conferma le perplessità espresse nel mio precedente post dal momento che, a quanto pare, le differenze, se sostanziali, sono essenzialmente dovute alla composizione dei foraggi e dei mangimi impiegati nell'alimentazione del vacche.

    Grazie per l'attenzione

    Ps: ho letto la tua interessante pubblicazione sugli OGM, complimenti per la chiarezza e l'imparzialità con cui hai affrontato l'argomento.

  • Carlo: l'acido oleico è un acido insaturo, e quindi più propenso alla lipolisi perché viene ossidato più facilmente dell'acido palmitico che invece è un acido saturo. Come e se questo possa influenzare la stagionatura non ti saprei dire: bisognerebbe fare degli esperimenti. Per quel che riguarda il tuo dubbio, se sia in qualche modo sovrastimato come qualità, bisognerebbe fare dei test alla cieca con dei panel allenati. Io purtroppo non ho possibilità di provare vari parmigiani, nella zona dove abito :(

  • alberto guidorzi 31 agosto 2010 alle 20:34

    @ Carlo
    In effetti vi è anche qualche differenza caseina, nella Reggiana in particolare si cita esserci le forme varianti B e K della caesina che influirebbero sulla caseificazione. Purtroppo per la Modenese credo sia difficile recuperala ci sono a malapena 500 esemplari e quindi la consanguineità ha a mio avviso già minato la razza. Per la Reggiana si può ancora fare qualcosa perché attualmente ci sono ancora circa tremila capi (la composizione media in grasso e proteine del latte calcolata su quasi ottocento capi ha tenori elevati (intorno al 3,5% ambedue.
    Tuttavia qui si pone il problema della comparazione con le razze cosmopolite attuali dei conti economici: prima nel produrre latte di Reggiana (se non sono valorizzati i parametri qualitativi è difficile produrre) e poi a caseificarne il latte (se anche qui le differenze di prezzo non sono significative diventa problematico)

  • Grazie Alberto per le tue precisazioni. In seguito però ad una ricerca più accurata ed ai tuoi riferimenti sulla caseina, sono riuscito a recuperare un paio di articoli che illustrano due studi dal titolo "La qualità casearia del latte di differenti razze bovine" e "Contenuto di caseina, varianti genetiche ed attitudine tecnologica - casearia del latte delle vacche di razza bruna nella produzione del formaggio grana", sviluppati dai ricercatori dell'Università di Parma ai quali facevo riferimento, consultabili dal sito http://www.anarb.it, "Associazione Nazionale Alevatori Razza Bruna italiana", alla pagina del "Dossier qualità latte - Testimonianze scientifiche", dai quali si evince che effettivamente il latte prodotto dalla rossa reggiana, dalla bianca modenese e dalla bruna italiana, sono particolarmente indicati per la produzione di formaggi a lunga stagionatura come appunto il Parmigiano - Reggiano.

    Felice di ricredermi

  • alberto guidorzi 1 settembre 2010 alle 17:10

    Certo Carlo:
    Il latte di razze vocate, l'alimentazione ed i fieni di una volta, l'igienicità attuale del latte e i progressi fatti sul modo di caseificare, potrebbero creare qualcosa di veramnte super. Occorre però mediare purtroppo, ma se i prezzi pagati sono consono si può fare tutto.

  • Alberto il mio ricredermi è riferito agli aspetti qualitativi della materia prima. RIguardo ai costi non posso che concordare con le tue affermazioni.
    Qualità e prezzo dovrebbero coesistere in un "equo" rapporto.

  • Produco latte per parmigiano reggiano, con la frisona alimentata con il contestato piatto unico, praticamente il cosìdetto unifeed, solo che inseriamo gli stessi alimenti di una alimentazione tradizionale a parmigiano reggiano, con la sola differenza che viene aggiunta una parte di acqua per meglio amalgamare tutti i componenti della razione.
    Seguendo scurpolosamente le indicazioni del consorzio di tutela del p.r. già da quasi 20 anni seguiamo questa pratica.
    La passione e la perseveranza ci hanno fatto ottenere risultati strabilianti, alte produzioni con la frisona seppur mantenedo elevatissimi il grasso e la proteina nel latte, in modo costante tutto l'anno.
    Mediamente il mio latte raggiunge circa il 3.8% di grasso e il 3.4/3.5 di proteina.

    L'esperienza maturata in anni e anni di caseificazione ci hanno svelato che un formaggio d'eccellenza, quindi che riesca ad essere stagionato a lungo, anche oltre i tempi consoni, si ottiene combinando una abilità del casaro e la qualità del latte.
    Il casaro, artista per conto mio, deve conoscere ogni latte di ciascuna stalla che conferisce al caseificio, perchè "sente" ogni sfumatura e riesce a seguire la modalità di lavorazione più consona, a seconda delle caratteristiche del latte da lavorare.
    Poi ogni casaro ha la sua mano, chi lavora il latte più grasso, chi lavora il latte meno grasso; di conseguenza avremo rispettivamente un parmigiano reggiano piu o meno morbido, perchè più o meno grasso.
    Il formaggio più grasso si presenta più paglierino, "più giallo", ed anche a 30 mesi è molto "pastoso" al palato però meno facile da stagionare a lungo; il formaggio meno grasso, migliore da grattugia, a 30 mesi risulta più sabbioso e più predisposto a lunga stagionatura.

    Concludo dicendo che ognuno scelga quello più adatto all'uso che ne deve fare, quello di 24 mesi più grasso da aperitivo per me è fantastico!

    Ma se riuscite a farvi fare un kg di parmigiano reggiano con soli 10/12 mesi e lo usate in cucina come formaggio filante, sulla pizza per me non ha eguali, sicuramente ritornerete a cercarlo!

    W il parmigiano reggiano!

  • Orpo, ma dove lo trovo un parmigiano da 10 mesi? Non è addirittura contro il disciplinare una stagionatura così corta?

  • @ Lamucca

    Di quanto hai detto io ne ero convinto, ma grazie di averlo detto a tutti quelli che asseriscono convinti che l'aver abbandonato le vecchie razze podoliche di vacca ha comportato un decadimento qualitativo del parmigiano reggiano. Caseificazione ed alimentazione zootecnica sono grandemente cambiate rispetto a prima e non è detto che il latte sia peggiore, anzi. Secondo te una vacca modenese o reggiana reggerebbe l'alimentazione che fai ora alle frisone che, tra l'altro, hanno subito una selezione apposità?

    @ Dario

    Lo si trova in zona parmigiano reggiano, l'unica differenza è che non è marchiato. Anzi se il consumo evolvesse verso un parmigiano reggiano più giovane gli agricoltori farebbero salti di gioia perchè gli interessi sull'immobilizzo del denaro calerebbero di molto.

  • Alberto, quoto, ritengo che alimentare le razze "rustiche" con sistemi di alimentazione a piatto unico sia una strada percorribile.
    Certo è che la sperimentazione in tal senso porterebbe ad una inevitabile selezione della razza e quindi ad una razza reggiana per esempio diversa da quella di un tempo.
    Non dimentichiamo che le frisone di 30 anni fa non sono quelle di oggi, allora ritengo fossero molto più simili alle brune di oggi!
    Si è deciso per la selezione della frisona perchè già altri paesi, quali USA, ottennero risultati strabilianti ancor prima di noi e per questo altre razze locali man mano furono "abbandonate".
    In ogni caso non arriveremmo mai ad ottenere una modenese che fa 70 kg di latte con il 4% di grasso e il 3.5% di proteina, intendo in tempi, economicamente parlando, accettabili.
    Le alimentazioni di oggi sono come un lungo cammino che giorno dopo giorno ti portano ad ottenere certi risultati se seguite da persone altamente competenti.
    Basti pensare che negli stati uniti sono le università che gestiscono interi allevamenti sperimentali, per capire i tempi della digestione e della metabolizzazione dei vari componenti utilizzati per la razione, proprio per ottenere al minor costo, produzioni elevatissime e qualità eccezzionali.
    Ricordiamoci sempre che la razione ideale è quella che costa meno, che fa produrre di più e meglio le vacche ma che al tempo stesso riduce i problemi di salute agli animali.
    Più produzione non sempre corrisponde con più salute o più vantaggio economico per l'allevamento.
    Occorre sempre valutare il rapporto costi-benefici.
    In sostanza ammesso ma non concesso che le razze di una volta siano in grado di dare un formaggio parmigiano reggiano migliore di quello del latte delle frisone ( la realtà smentisce che è sempre così ), oggi le aziende sono obbligate, se vogliono sopravvivere ad allevare frisone.

    Dario, nel comprensorio del Parmigiano Reggiano, ti presenti in un caseificio dove hanno lo spaccio e lo trovi! Sotto i 12 mesi non è marchiato, ma nulla vieta di venderlo ai caseifici. costa anche meno!
    Se lo trovi di 13-15 mesi non è che cambia, intendiamoci!
    Occhio perchè se lo assaggi, ne mangi un kg da solo!

    Ricordate tutti, il Parmigiano Reggiano quello di 1° qualità è senza occhiatura, ne piccola ne grande, senza crepature, deve avere colore omogeneo dalla crosta esterna al centro della forma, deve avere uno spessore della crosta più sottile possibile e deve essere il più possibile di colore paglierino/bianco, non paglierino/giallo.
    Se lo comprate già sottovuoto accertatevi che all'interno della busta non vi sia presente del liquido oleastro, perchè significa che non è più sottovuoto.

  • @ Lamucca

    Leggerti mi ha fatto tornare indietro di tanti anni quando all'università ascoltavo le lezioni del Prof. Piana (quello che assieme ad Usuelli ha fatto il "Manulale del capostalla") che diceva esattamente quello che dici tu. Diceva anche che ci saranno sempre quelli che vorranno prendere delle scorciatoie, ma avranno sempre vita breve. comunque è il consumatore che li deve smascherare, non lasciandosi abbindolare da stampa incompetente o solo amante dello scoop. A questo proposito raccontava un esempio, che ho già raccontato, ma che qui ripeto. Come ben sai un tempo i caseifici si chiudevano l'11/11 e si riaprivano a marzo. In questo lasso di tempo erano concentrati i parti, si facevano formaggi in casa ed anche forme di caseina pura, Essa serviva per fare Lanital in periodo autrachico (una fibra tornata di moda perchè connotata con il termine di fibra naturale), bottoni ed anche manici d'ombrello (la plastica non era ancora così diffusa). Il professor Piana diceva pensate che un giornalista è riuscito ad invertire i termini e scrivere che i manici d'ombrello grattugiati venivano venduti spacciandoli per parmigiano reggiano.
    Parlo di mezzo secolo fa, ma mi pare che l'informazione su questi argomenti sia peggiorata e non migliorata.

  • @guidorziiiiiiii!
    stavolta molto vocativo!!!
    non mi dire che hai notizie su qualche produttore attuale, esistente, reale, tangibile&rintracciabile di fibre da caseina (già Lanital e dopo l'epurazione Merinova), o qualunque altra idea simile. Non riesco a trovarne traccia. Ogni tanto salta fuori qualcuno che propone delle produzioni di manufatti, anche per abbigliamento, ma non so dove caspita trovino il filato (a meno che in Cina dove di sicuro fanno di tutto). Let me know!

    Comunque la terminologia "naturale" non è strettamente appropriata: in campo tessile sono fibre naturali quelle ottenute come tali da materiali biologici, cellulosici o proteici (l'amianto era l'unica naturale inorganica). Le artificiali sono quelle ottenute ritrasformando polimeri biologici: le cellulose tipo raion etc, o appunto le proteiche (da latte, mais, arachidi o soia) che però oggi sono una micronicchia; le sintetiche sono quelle in cui il polimero è prodotto industrialmente dal monomero di base.
    Per cui en passant è sintetico anche il poli (acido lattico), ottenuto da mais via fermentazione ad acido lattico. Usato p. es. per imballaggi biodegradabili da una nota catena di distribuzione a tutti noi cara.

    Circa la resina rigida era la Galalite, vantaggiosa rispetto ad altre reticolanti con formaldeide, ma andata fuori mercato per ragioni economiche rispetto a resine sintetiche di migliori prestazioni, e poi perchè è prevalsa l'idea, sulla quale ho qualche dubbio, che la formaldeide sia cancerogena (un lungo dibattito sul quale magari potremmo imbarcarci ma non qui :wink: ).
    Ho un paio di oggetti che credo siano di galalite ma non ho mai avuto il coraggio di sacrificarne una piccola aliquota per prove analitiche. Ma non ditelo ai miei studenti di analitica.

  • @La mucca

    noi in Italia siamo fortunati , non abbiamo l' extension service americano ma pensa un po' l'assistenza tecnica la dovrebbe fare nientepopodimeno che l' Ispettorato Agrario , modello di italica efficenza ! :-)
    Poi in realta' l' assistenza, superpartes, te la fa chi vende i prodotti !

    >Più produzione non sempre corrisponde con più salute o più vantaggio economico >per l’allevamento. Occorre sempre valutare il rapporto costi-benefici.
    Straquoto !

  • @biola
    la richiesta sulle fibre proteiche artificiali da caseina, ovviamente, vale anche per te... Le risposte se OT potete mandarmele anche privatamente

  • parlatene pure qui che sono curioso :-D

  • @ Sergio Palazzi

    Putroppo non ti posso aiutare io la notizia l'ho sentita in una trasmissione che si parlava di moda (ma ecologica e quindi hanno chiamato la Merinova una fibra naturale), ma quando me l'hanno spiegata mi sono accorto che era l'autarchico l'autarchico Lanital (esisteva anche la Sapsa, il Couital ed il Coriacel come surrogati del cuoio, ma era troppo costoso tanto e vero che i nostri soldati in Russia o in Grecia avevano le suole di cartone).

  • @ Sergio

    Forse se chiedi a questa Gobbi Laura ti può orientare meglio

    http://modaecostume.megablog.it/item/gobbi-laura

  • @ Sergio

    Mi sono interessato di Canapa quando Armani ha tentato di creare una filiera.
    La ditta che selezionava la Canapa era la Produttori sementi si Bologna e solo adesso mi sono ricordato che c'era una ditta , la BO.ART di Bologna che si era proposta per produrre bottoni di galalite per abbinare alle confezioni in canapa.

    T'interessa anche la Canapa come fibra tessile moderna?

  • @Alberto
    La canapa è una fibra bellissima, meglio del lino se lavorata come si deve. Ho ancora alcune delle cose di mia nonna, che da contadina padana la canapa la tagliava, filava, tesseva, ricamava ed usava, e si sentivano dei poveretti perchè era la fibra dei poveretti. Dopo un'ottantina d'anni sono ancora splendide.

    Con i miei ragazzi del corso di tessitura abbiamo fatto un progettino interessante qualche mese fa.

    Peccato che per ragioni non agricole nè tessili abbiamo fatto delle leggi che ci privano di questa meraviglia, per la quale l'area padano-veneta fino a qualche decennio fa era il miglior produttore mondiale.

  • Se ti interessa, le tenute di molte pompe centrifughe sono fatte tuttora con una treccia di canapa, tagliata nel modo giusto, cioè a "fetta di salame".
    Le tenute meccaniche in teflon sono migliori per alcune applicazioni, ma NON per le pompe che mandano acqua o liquidi acquosi... :-)

  • P.S. La treccia di canapa per tenute è sempre più costosa, sarà per via del divieto di coltivazione? Nel mio sito lavorativo, a volte, sonoi stato costretto ad utilizzare tenute al teflon non omologate, col risultato di rifare il lavoro con la "vecchia" CANAPA... :-(

  • @ Sergio, Rico

    Cinque anni fa ho scritto un libro dove racconto come erano organizzati i lavori di campagna, di bassa corte, di cucina e di cantina di quando ero ragazzo (1950).
    Ho potuto anche appoggiarmi ai racconti di mia madre ancora vivente (94 anni).
    Tra tutti i lavori di campagna ho descritto anche la lavorazione della canapa in campagna ed in corte e tutto ciò che veniva dopo (filatura e tessitura). Nelle mie ricerche ho trovato la seguente descrizione data da un prete di fine '800, E un'elencazione di verbi, ma è una descrizione completa ed in poco spazio, la riporto:

    "La canapa bisognava tagliarla, scuoterla, raddrizzarla, tirarla, caricarne i fasci e scaricarli al macero, macerarla, cavarla dall’acqua, caricarla bagnata, scaricarla in mezzo ad un campo, raddrizzarla e raddrizzarla di nuovo quando il vento la rovesciava, raccoglierla, caricarla un’altra volta e scaricarla sotto i portici o nella bica in mezzo al cortile; quindi scavezzarla, gramolarla, scuoterla, pettinarla, accoppiarla, conciarla, filarla, ordirla, tesserla, candeggiarla e, finalmente arrivava al traguardo diventando tovaglie, lenzuola, camicie, canovacci. Era un calvario veramente, e non per modo di dire, che bisognava affrontare per un mese intero e più, col sole che è una fornace, con la guazza della sera e della mattina, in mezzo alla polvere, punti dalle zanzare, immersi nel puzzo dell’acqua marcia e qualche altro supplemento al supplizio che non mancava mai”.

    @ Rico

    Sai quel'è il nome dato alle trecce di canapa? Sono i gargioli o garzuoli.
    Tanti di questi erano disposti in modo da formare un parallelepipedo.
    Essa era la balla di canapa che si vendeva,Una parte era trattenuta per filarla.

  • Guidorzi, quando ci siamo visti a Mantova mi hai promesso di mandarmi una copia del libro :-D

    Sulla canapa: la usavano sino alla metà del secolo scorso anche in montagna dove vado, in valle Vigezzo. a Villette (per chi bazzica da quelle parti) c'è una casa-museo della civiltà contadina dove una simpatica signora spiega come si viveva e illustra il funzionamento di una serie di attrezzi sia casalinghi che di lavoro di cui, senza la spiegazione, non avrei mai indovinato lo scopo.

    Uscendo dal museo mi sono detto "certo che una volta lavoravi proprio per vivere, ogni minuto del tuo tempo era dedicato a costruire i mezzi di lavoro o a procurarti da mangiare, senza sosta, 7 giorni su 7"
    Ecco perché quando sento l'elogio dei "bei tempi andati" mi innervosisco ;-)

  • @ Ti avrò promesso di mandarti il mio seconco libro, quello ora in pubblicazione, e che riguarda usi, costumi, superstizioni, credenze ecc..
    Ho in pratica ripercorso il calendario liturgico (perchè la società contadina era questo che seguiva) ed ho descritto come quanto detto sopra era distribuito nell'anno. Nel contempo ho fatto anche un po' di storia del calendario.

    Il primo libro, quello dove parlo ampiamente della canapa, ha per titolo "La vita nei Campi", ma putroppo tutte le copie di due edizioni sono state esaurite, anche perchè racconto cose ancorate al territorio dell'oltrepo' mantovano che ha conosciuto un grande spopolamento e quindi molte persone inurbate hanno voluto trivare le loro radici.
    Ti posso mandare il DVD del esto, dimmi dove.

  • Alberto Guidorzi

    Nei giorni scorsi ho letto il capitolo dedicato al caseificio pubblicato nel tuo “Vita nei campi”.
    Alla fine del capitolo confronti i protocolli di produzione di due formaggi simili, il parmigiano reggiano e il grana padano.

    Oltre alle differenze di sostanza nella produzione della materia prima, il latte, dovute principalmente al tipo di foraggio utilizzato nell’alimentazione delle vacche, la mia attenzione è stata sollecitata da questa tua affermazione: “In ragione poi della più libera alimentazione, nel padano è norma l’aggiunta di formaldeide. Si tratta di un additivo che dirige le prime fermentazioni e qui sta una differenza sostanziale.”

    Le mie informazioni, riguardo all’impiego della “formaldeide” nella produzione del grana padano, sono che questa sostanza “veniva” utilizzata in funzione antibatterica (come conservante) per contrastare i fenomeni di degrado del formaggio, da te così efficacemente descritti, causati dagli agenti fermentativi contenuti nei foraggi insilati ammessi dai protocolli di produzione del grana padano.

    Ho utilizzato il tempo passato non a caso, mi risulta infatti che la “formaldeide” sia bandita per gli usi alimentari, in quanto sostanza “potenzialmente cancerogena” (?), dall'inizio degli anni '90 e che, nella filiera di produzione del grana padano, sia stata soppiantata da un altro antibatterico, il “lisozoma”, che viene definito conservante “naturale” tollerato dall’organismo umano (perché prodotto anche dall’organismo umano: si trova, per es., assolvendo identiche funzioni antibatteriche nel latte materno, nella saliva, nelle lacrime).

    Dunque, dopo la parziale lettura del tuo libro, il dubbio sull’esattezza delle mie informazioni al riguardo si è nuovamente ripresentato.
    Scrivo “nuovamente ripresentato”, poiché in passato l’argomento è stato oggetto di discussione con alcuni conoscenti “detrattori” del grana padano (forse soci nel Consorzio parmigiano reggiano ? :) I due prodotti, effettivamente, sono concorrenziali: assai simili per qualità organolettiche e proprietà nutrizionali, notevolmente diversi per i prezzi al consumo), proprio a causa della "formaldeide".

    Allora lo spunto per mettere la parola fine alla diatriba, fu dato da una ricerca comparativa tra i due prodotti mi pare pubblicata, non ricordo quando, da Altroconsumo. :-?

  • Alberto Guidorzi 15 luglio 2011 alle 00:02

    @ Carlo

    Senza entrare molto nei particolari considera che nei formaggi possono due tipi di fermentazioni anomale (alterazioni) che provoano gas e quindi gonfiano la forma.

    Il primo è il GONFIORE PRECOCE ( gli agenti sono eschericchia coli e Bacterium aerogenes) nel quale il lattosio si trasforma in acido lattico con formazione di composti gassosi come C02 e idrogneno che rigonfiano la forma. Nei formaggi molli q

  • Alberto Guidorzi 15 luglio 2011 alle 00:40

    é scappato l'invio continuo.

    Nei formaggi molli questo gonfiore avviene durante la stufatura mentre nei formaggi a pasta dura tipo grana avviene durante la salatura quindi grosso modo nel primo mese. E' meno grave solo da un punto di vista economico perchè è passato poco tempo e quindi la forma la riutilizzi per altri tipi di formaggio a pronto consumo. I batteri sono estranei al latte e vengono eliminati con la pastorizzazione. Al gonfiore precoce è assimilabile il gonfiore da antibiotici perchè questi distruggono i batteri lattici e quindi si favoriscono gli altri batteri.

    Il secondo è il GONFIORE TARDIVO che avvine in genere dopo 2-6 mesi dalla lavorazione e quindi si sono accumulate spese di conservazione anticipo di capitali. E' quindi più grave. L'alterazione è data da batteri butirrici e propionici che demoliscono l'acido lattico originano dei gas che provocano delle occhiature interne e vere e proprie cavità se il gonfiore è esagerato. Per tua informazione questa è una fermentazione (specialmente quella propionica) che viene ricercata quando si vuole fare l'emmental. Infatti se ricordi le forme dell'emmental sono tutte bombate. E' una fermentazione pericolosa perchè potrebbe colpire tutto la partita di formaggio, in questo caso si dice che il casaro ha sbagliato il formaggio. Ancora più pericolosa è quando avviene in forma non palese, cioè senza che la forma si gonfi, allora si formano occhiature interne che solo il "tastatore" con il martelletto ed un udito allenato sente dal suono fatto dalla battitura. Qui il danno è gravissimo perchè ormai hai portato a stagionatura il formaggio.
    Anche in questo caso i batteri sono inquinanti (feci, insilati e terreno) e sono del genere clostridium.

    Dove sta la differenza tra i due formaggi di fronte al gonfiore tardivo(parmigiano e padano)?

    Nel parmigiano sono banditi gli insilati e si cura l'igiene.

    Nel padano invece, che ammettono gli insilati, si cura certamente l'igiene, ma la carica batterica degli insilati è enorme e quindi l'unica possibilità di impedire il gonfiore tardivo è quella di usare un antifermentativo che era la formaldeide (5o ml/hl di latte prima dell'affioramento) e poi il lisozoma .Nel provolone si usa l'urotropina (3-6 g/hl di latte)

    Conclusione: nel parmigiano reggiano i due gonfiori "scremano molto le forme e quindi quello che ne esce indenne è più selezionato, mentre nel padano la selezione a livello di gonfiore tardivo avviene molto meno e quindi vengono promosse più forme, inoltre l'antifermentativo blocca anche parte di altre buone fermentazioni che avvengono durante la maturazione.

    Se vuoi in assoluto tra una forma perfetta di grana padano ed una di parmigiano reggiano le differenze non sono molte anzi quasi non ci sono per un palato normale.

    Ho risposto a quanto mi chiedevi?

  • Hai risposto? Hai risposto eccome :)

  • E così Carlo hai pure scoperto a gratis come mai i tocchi da 1 kg, o giù di lì, già tagliati ed imbustati sottovuoto di grana e parmigiano siano così diffusi nei supermercati e costano così poco ;-) rispetto alle forme intere stagionate.

    By the way, l' utilissima molecola della formaldeide non è "potenzialmente" cancerogena per gli esseri umani, ma lo è e basta.
    Comunque nessun problema ad usarla q.b. come conservante (E240 se non sbaglio).

  • Alberto Guidorzi 15 luglio 2011 alle 16:20

    @ alby

    Esattoooooo! Come direbbe la Carrà

  • @ Alberto Guidorzi: grazie mille anche da parte mia!

    @ Carlo: Grazie per avergli fatto la domanda :)

  • @ guidorzi: leggo del tuo libro - la vita nei campi - e di un legame/radice col mantovano di confine (a propos: mantova è sicuramente un pezzo d'emilia caduto in lombardia, che in occasioni conviviali interregionali talvolta ho proposto di permutare con piacenza) e sarei ben curioso di leggerlo.
    se non è stato ristampato, ma ne detieni i diritti editoriali, tieni presente che piccole tirature si fanno molto bene, anche qualitativamente, con lulu dot com (così freghiamo l'antispam), per soddisfare le esigenze dei curiosi abituati a maneggiare la carta.

  • @ Alby

    Mi spiace ma il tuo commento non sono riuscito a comprenderlo.

    Mi bacchetti per l'aggettivo "potenzialmente" che ho riferito alla formaldeide, correggendomi scrivendo che "lo è e basta", per poi concludere subito dopo affermando: "Comunque nessun problema ad usarla q.b. come conservante (E240 se non sbaglio)" ???? Mi pare una contraddizione.

    Riguardo ai prezzi al dettaglio di parmigiano e grana padano, che comunque non erano oggetto del mio commento, lo era l’uso della formaldeide, sono perfettamente informato sulle cause che ne determinano la differenza, quindi il riferimento alla gratuità della scoperta è fuor di luogo.

    Oltre alla maggiore produzione di "padano" che, dato il processo di lavorazione sicuramente meno oneroso rispetto al parmigiano, consente ai produttori di praticare prezzi la dettaglio più convenienti, è necessario considerare anche un altro aspetto che differenzia ulteriormente le due filiere di produzione; ossia il fatto che i caseifici che lavorano il parmigiano reggiano sono mono - produttivi (producono solo quel tipo di formaggio) mentre quelli del grana padano lavorano anche altri prodotti, il che permette di mantenere prezzi competitivi perché si riescono a compensare con altre entrate i più bassi profitti dovuti all’andamento discontinuo del mercato.

    http://www.corriere.it/economia/10_giugno_04/divico-paradosso-parmigiano_3d4cc942-6f9c-11df-b547-00144f02aabe.shtml

  • ... "potenzialmente" cancerogena ...

  • Le potenzialità sarebbe meglio lasciarle ad Aristotele, Carlo.
    Per l’ IARC (International Agency for Reserch on Cancer) che classifica in base a palate di dati scientifici la cancerogenicità delle molecole, la formaldeide appartiene al gruppo 1, comprendente sostanze “cancerogene per gli esseri umani”, ossia “sicuramente” cancerogene (per quel tanto che se ne sa) e non “potenzialmente” cancerogene.
    Poi ci sono i gruppi 2A (“probabilmente” cancerogene) e 2B (“possibilmente” cancerogene) e gli altri (3 e 4) con molecole meno pericolose o meno studiate .

    http://monographs.iarc.fr/ENG/Monographs/vol88/mono88-6E.pdf

  • Mi spiace ho un commento in moderazione forse sarebbe meglio attendere che si liberasse.

  • Se hai pensato al mio commento come una presa in giro, Carlo mi scuso.
    Non era mia intenzione tirarti bacchettate.
    Ho solo dato informazioni corrette ... ma un pochetto criptiche.

    In pratica la formaldeide è sì cancerogena (al di là di ogni ragionevole dubbio in quanto gli studi dell' IARC sono molto dettagliati poichè per gli operai che lavorano negli impianti chimici di produzione della fomaldeide il problema salutistico è serio) ma a DOSI assai più alte di quelle usate nella conservazione degli alimenti.
    Per questo la UE permette tranquillamente di usarla, come pure i nitriti od i nitrati negli insaccati, anch' essi cancerogeni senza se e senza ma ed utilizzabili, anzi consigliati alle dosi corrette.

    Riguardo ai prezzi delle FORME di GP e PR non posso che darti ragione,io aggiungevo solo che le spiegazioni di Guidorzi erano utili anche per capire il fatto che i PEZZI da 1 kg che si trovano dei supermercati (sia di GP che di PR) costano (al kg) relativamente poco (ma non li distribuiscono"gratuitamente" ;-) ):
    sostanzialmente è perchè provengono da forme difettate ritirate in massa dalla grande distribuzione ed affettate.

  • Nessun problema ... incomprensioni superate :)

  • @ Alberto Guidorzi

    Per l’informazione americana la notizia più rilevante riguardante il terremoto emiliano pare sia questa:

    http://www.huffingtonpost.com/2012/05/21/italy-earthquake-cheese_n_1533761.html?ref=world&ir=World#s=more227741

    I danni, secondo fonte Coldiretti sono stimati in 200 milioni di € tra prodotto perduto e macchinari danneggiati.

    Ti chiedo: ti pare una stima plausibile o questa dichiarazione è da considerare come un preludio ad un già programmato aumento dei prezzi al dettaglio che, sfruttano l’alibi del sisma, si tenta di far digerire al consumatore?

    L'area di produzione interessata mi pare assai limitata ... ma naturalmente non ho idea dell'ammontare complessivo della produzione annua di parmigiano in quella zona né della quantità né della dimensione dei caseifici presenti.

  • Dario Bressanini 21 giugno 2010 alle 15:04
    mauro: in effetti lo mangio a pezzetti, con un po’ di gelatina al malvasia per “ammorbidire” il gusto.

    cos'è questa gelatina? come si prepara?

  • Salve a tutti, mi sono imbattuto in questo forum durante una mia ricerca sui cristalli di tirosina .... Google mi ha pure rimandato in questa pagina , ho letto con molto interesse i vostri post sul formaggio ( qualche post l'ho saltato ... non me ne vogliate ....) , sui forni a legna e sugli anti-fermentativi usati nei formaggi, voglio fare delle semplici e brevi premesse : i Nitriti sono i più pericolosi conservanti usati nell'alimentazione umana ( già in quantità di mcg. sono deleteri .... per non dire altro .... ). Quello che per legge è consentito in fatto di nitriti - nitrati - formaldeide fà sempre male al nostro organismo . Per quanto riguarda il forno a pietra o meglio in mattoni refrattari è irriproducibile il suo complesso o complessità di cottura : esso cuoce tramite contatto, infrarossi , ventilazione - calore - per estrazione dell'umidità dagli alimenti ..... nessun forno multifunzione riesce ad imitarne il risultato finale di cottura ...... infine per quanto riguarda il formaggio "lungamente" stagionato credo a mio umile parere che tutto ha un limite oltre il quale l'alimento "vira" verso un gusto-aroma poco attraente e poco gratificante al palato ..... esso deve avere il giusto rapporto di umidità residua oltre la quale non bisogna andare, pena un'aroma poco "affascinante" . Adoro tutti i tipi di formaggi ( si intende quelli fatti in modo artigianale o dove il metodo industria sia solo per garantire la massima igiene e rispetto della salute ), ma io preferisco il più possibile "bio" anche se oggi di "bio" non ci siamo rimasti neanche Noi ...... Cordiali Saluti a Tutti e sinceramente vostro .... Salvo S.

  • Gentilmente vorrei.sapere se avete.disponibile.il parmigiano.staggionato.40serve.urgente.per.un.bambino.che deve.mangiarlo oblicatamente.x un fattore di allergia.x noi non sappiamo dove trovarlo.noi siamo di fiuggi.e non si trova da nessuna parte.se gentilmente.ci fa sapere.grazie

  • @Bressanini quando compro un pezzo di Parmigiano Reggiano e lo grattugio nel brodo caldo si scioglie. Quando compro il Parmigiano già grattugiato e lo metto nel brodo caldo si formano delle strisce elastiche di formaggio. Sa dirmi perché accade?

  • Alberto Guidorzi 3 dicembre 2015 alle 00:41

    Mattia

    Perche usano grattugiare forme di parmigiano dove si è verificato che non sopportano una stagionatura lunga.

  • Un amico mi ha ricambiato un regalo (confezione assaggio di birra artigianale) con un grana 50 mesi. Il kg intero era troppo, così ho aperto la confezione per dividerlo in tre parti: una da consumare e due, rimesse sottovuoto, tenute in frigo. Appena aperto, il terzo consumato subito era semplicemente celestiale, i due conservati sottovuoto in frigo avevano apparentemente perso qualcosa, ma rimanevano comunque ben sopra la qualità del grana dei supermercati della zona.
    Non ho assaggiato altri grana o parmigiano con questa stagionatura, quindi non ho altri riferimenti.
    Ho un ottimo ricordo di un parmigiano 26 mesi acquistato nell'azienda Panini quando andai a Modena a vedere lo stabilimento Fiatagri (1992, a memoria).

    Il tipo di caseine del latte è fondamentale per la resa e la stagionatura. Ho conosciuto un allevatore, quando lavoravo a Fiumicino (2003), che allevava una mandria 80% frisona e 20% jersey per avere un latte qualitativamente superiore al quello della sola frisona. Trattandosi di produzione per latte "da bere" non aveva intersse a cercare razze, o incroci, con caseine molto vocate alla trasformazione. Per quanto ne so, e mi dicono amici che hanno lavorato nel libro genealogico della bruna, il latte attualmente più selezionato per migliorarne l'attitudine casearia è proprio quello della bruna.

  • Corrado

    Io da grattugiare mi lascio toccare dallo Stravecchio 36 mesi e oltre, ma da gustare trovo che è difficile trovare uno stravecchio veramente superiore (esistono le eccezioni) ad un ottimo 18/24 mesi.

    E' vero per la bruna alpina, sarebbe meglio il latte della Bianca Modenese o della Rossa Reggiana, ma producono troppo poco perchè hanno mantenuto la caratteristica della duplice attitudine.

  • Quando mio papà aveva le pezzate rosse "friulane" (il nome è stato cambiato in "pezzata rossa italiana" mi pare attorno al 1990), c'era l'indicazione nel catalogo tori degli indici genetici carne e latte, e una sottocategoria dell'indice latte era per differenziare il tipo di caseine. La motivazione non è casuale: alcune linee genetiche di PRI avevano qualche ancestrale francese (Montbeliarde, a memoria) di grande taglia e di grande sviluppo muscolare, altre linee avevano ancestrali Red Holstein con maggiori produzioni di latte, ma con proteine a bassa resa casearia. Con il reincrocio con altre vacche rosse si cercava (e si riuscì) a migliorare il profilo proteico, mantenendo una quantità prodotta superiore alla linea genetica di partenza.
    Per valutare l'attitudine genetica dei riproduttori rispetto alle richieste dell'allevatore (carne, latte da bere, latte da trasformare il pasta filata, latte per formaggi a medio-lunga stagionatura, duplice attitudine, linea vacca-vitello da pascoli), negli anni 1990 i ricercatori iniziarono a sfruttare il metodo "BLUP TEST" e attribuivano l'indice corrispondente si tori in prova.
    Se vi interessano ulteriori dettagli, potete consultare il sito del libro genealogico della PRI (dal cellulare non riesco a postare il link, appena posso provvedo).
    Sarebbe interessante valutare il prodotto di una PRI trasformato il GP o PR ...

  • Comunque, propongo un premio per Corrado che si sta praticamente rileggendo anni di blog ad un ritmo serratissimo! 😁

  • "Sarebbe interessante valutare il LATTE prodotto da una PRI ..."
    La parola latte mi è rimasta nel telefono ...

    Ovviamente l'alimentazione della mandria e la lavorazione del latte devono rispettare i disciplinari, ma queste precisazioni non dovrebbero servire. A buon intenditor ...

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