Miti culinari 4: il cucchiaino nella bottiglia

Una credenza popolare diffusa sostiene che per preservare l’effervescenza di una bottiglia di Champagne mezza vuota si debba inserire nel collo della bottiglia il manico di un cucchiaino, preferibilmente d’argento. La leggenda estende questa pratica anche alla preservazione delle bollicine della birra o di altre bevande gassate.

E vero o è falso?

Bollicine in soluzione

Prima di proseguire volevo parlarvi della legge che regola la soluzione di un gas in un liquido: la legge di Henry. Considerate un recipiente chiuso contenente un liquido a temperatura costante con un gas disciolto. Potete pensare ad una bottiglia di birra o di Champagne, o ad una lattina di bibita gassata. Solitamente, nelle applicazioni gastronomiche :) il gas disciolto è l’anidride carbonica (CO2) mentre il liquido è quasi sempre acqua (trascurando altre sostanze disciolte come zuccheri o alcool). Un gas diverso (N2O) lo abbiamo incontrato invece parlando della panna montata.

champagne-200.jpgVediamo le cose dal punto di vista di una molecola di CO2. Questa si lega debolmente alle molecole di acqua o alle altre sostanze disciolte, si stacca, si riattacca, e si muove nel liquido con una certa velocità media. Ogni tanto nel suo viaggio raggiunge la superficie del liquido e, se ha una energia sufficiente per vincere i legami con le molecole d’acqua che la vogliono trattenere in soluzione, se ne va nella fase gassosa, nell’intercapedine tra il pelo dell’acqua e il tappo (o nella parte superiore della lattina). Qui trova altre molecole di CO2 che la hanno preceduta e, magari, aria o altri gas provenienti dalla fase di imbottigliamento. Questi però non ci interessano. Nella fase gassosa la nostra molecola di CO2 è libera di muoversi come vuole, in lungo e in largo, rimbalzando contro le pareti del recipiente e contro altre molecole. Rimarrà libera per sempre? No, perché ogni tanto la sua traiettoria la condurrà nuovamente contro la superficie del liquido e ritornerà nella fase acquosa.

Se considerate moltissime molecole di CO2 disciolte queste si ripartiranno tra la fase liquida e la fase gassosa, instaurando un equilibrio. All’equilibrio in ogni istante un certo numero di molecole di CO2 escono dal liquido e un numero mediamente uguale rientra nel liquido. Il chimico inglese William Henry si pose la domanda: “come si ripartiscono le molecole di gas tra la soluzione acquosa la fase gassosa?” e nel 1803 pubblicò i risultati dei suoi esperimenti, enunciando la legge che ora porta il suo nome: p=kH c  dove p è la pressione della CO2 nella fase gassosa mentre c è la concentrazione di CO2 nella fase liquida. k è una costante.

Henry misurò la pressione del gas nella fase gassosa (più precisamente misurò la pressione parziale, cioè la pressione dovuta solo alla sostanza in esame e non al resto dei gas eventualmente presenti) e notò che questa pressione era proporzionale al numero di molecole che rimanevano disciolte. La costante di proporzionalità kH oggi, in suo onore, si chiama costante di Henry. La CO2 ha una costante di Henry per la solubilità in acqua molto piccola, rispetto ad altri gas come l’azoto o l’ossigeno, presenti nell’aria in percentuali molto maggiori della CO2. Questo significa che se riusciamo a scioglierla in acqua, avrà una tendenza minore a fuggire nella fase gassosa (la legge di Henry fornisce un valore della pressione p più piccolo).

Torniamo alla nostra bottiglia di vino frizzante, o alla nostra lattina di bibita. Prima di aprire il contenitore la pressione della CO2 è superiore alla pressione atmosferica. Tanto maggiore è questa pressione tanta più anidride carbonica è disciolta nel liquido, secondo la legge di Henry. Non appena apriamo la bottiglia, l’anidride carbonica gassosa intrappolata sotto il tappo fugge via (il rumore che si sente è dovuto a quello). Ora c’è della normale aria a contatto con il liquido, e questo significa che le molecole di CO2 che fuggono dalla fase acquosa non vengono più rimpiazzate: il nostro Champagne comincia a perdere di effervescenza, inesorabilmente. La perderà tutta? Praticamente sì perché la legge p=kH c si può utilizzare al contrario: nell’aria a contatto con il vino aperto la percentuale di CO2, e quindi la sua pressione, arriverà praticamente a zero (p=0) e quindi ci ritroveremo senza bollicine (c=0) disciolte.

La perdita di CO2 però non è istantanea: per raggiungere l’equilibrio serve un certo tempo. In primo luogo le bollicine, per formarsi, hanno bisogno di un “appiglio” (chiamato centro di nucleazione) dove cominciare ad aggregarsi sino a raggiungere una dimensione sufficiente e poter sfuggire dal liquido. È per questo che se si aggiunge, (per scherzo ovviamente ;-) ) del sale allo Champagne o alla birra, in corrispondenza dei granelli di sale che scendono sul fondo si sviluppano delle bollicine: la CO2 usa il cristallino di sale come centro di nucleazione. In secondo luogo la forma della bottiglia, con il suo collo stretto, rallenta la fuoriuscita della CO2 e la tiene per un tempo più lungo vicino alla superficie, contando anche sul fatto che l’anidride carbonica è più pesante dell’aria.

La velocità con cui le molecole di gas se ne fuggono dal liquido è influenzata anche dalla temperatura: più è alta e più velocemente si sgasa la bevanda. La costante di Henry dipende dalla temperatura: più la temperatura è bassa e più i gas si disciolgono, e questo è uno dei motivi per cui le bevande gassate, siano esse Champagne, chinotto o birra, vanno bevute fredde. Questo vale per tutti i gas. Pensate all’ossigeno: le acque fredde dei torrenti di montagna sono ben ossigenate, e quindi sono popolate da pesci, come le trote (oppure i Salmoni al nord) che hanno bisogno di molto ossigeno.

Che fare?

Cosa dobbiamo fare allora se rimaniamo con mezza bottiglia di spuma? (Come è già stato fatto notare nei commenti di un pezzo precedente, una bottiglia di Champagne si finisce sempre :-D ) La cosa migliore è trasferire il liquido in una bottiglia più piccola, in modo che risulti più piena possibile, e tapparla: in questo modo l’equilibrio tra fase liquida e fase gassosa si raggiunge velocemente con una perdita minima di anidride carbonica da parte della bevanda (Nota per gli studenti: dato che PV=nRT la pressione è inversamente proporzionale al volume a disposizione tra la superficie della bevanda e il tappo)

Il cucchiaino

Veniamo al mito del cucchiaino: la leggenda narra che per preservare l’effervescenza di una bottiglia di Champagne semivuota (o di una bottiglia di birra) sia sufficiente infilare nel collo il manico di un cucchiaino, meglio se d’argento.

cucchiaino-2-200.jpgLa leggenda è stata smentita una volta per tutte da uno studio sistematico eseguito da un gruppo di studiosi del Comité interprofessionnel du vin de Champagne pubblicato nel 1994 sulla rivista Le Vigneron Champenois (un grazie al lettore Yopenzo per avermi fornito l’articolo originale). Per effettuare lo studio gli scienziati hanno aperto un certo numero di bottiglie di Champagne, dopo averne misurato la pressione interna, inizialmente di 6 bar. Le hanno parzialmente svuotate togliendo 250 o 500 ml di champagne (che immagino si siano bevuti allegramente ;-) ) Hanno poi provveduto a infilare dei cucchiaini in alcune bottiglie. Per poter effettuare dei confronti hanno ritappato altre bottiglie mentre altre ancora sono state lasciate completamente aperte. Dopo 8, 24, 48 e 72 ore in ognuno dei vari gruppi è stata misurata la pressione di CO2 e, come ulteriore controllo, le bottiglie sono state pesate: ovviamente a mano a mano che l’anidride carbonica fuoriesce dal vino questo perde di peso. Da ultimo gli studiosi hanno effettuato degli assaggi alla cieca per confrontare l’effervescenza.

Il verdetto? Il cucchiaino è completamente inutile! La perdita di peso è identica se confrontiamo le bottiglie aperte e quelle con il cucchiaino, mentre nelle bottiglie ben tappate non si registra nessuna perdita di peso. La pressione residua delle bottiglie con il cucchiaino è solo leggerissimamente superiore a quelle aperte, e considerevolmente inferiore, come c’era da aspettarsi, a quelle ritappate.

Come avevo promesso tempo fa anche io ho indagato l’effetto del cucchiaino. Non con lo Champagne ma con della birra. Non avendo a disposizione bilance accurate o misuratori di pressione mi sono limitato all’aspetto organolettico.

birra-cucchiaio-200.jpgHo preso due bottiglie di birra (Pedavena), le ho aperte entrambe e, nel corso di una cena, ho versato e bevuto metà contenuto. L’effervescenza delle due bottiglie era simile. Dopo aver verificato che le due bottiglie mezze vuote avessero lo stesso livello di birra residua, ho inserito un cucchiaino in una delle due e riposto entrambe nel frigorifero. Come ho già spiegato la solubilità dei gas aumenta se il liquido è refrigerato. L’intento era di verificare dopo 24 ore se vi fosse una differenza sostanziale dal punto di vista organolettico, tra le due birre.

Purtroppo, come ho scritto nei commenti di un altro post, il primo esperimento è fallito perché a mia insaputa a casa si sono bevuti nel frattempo un po’ della bottiglia di controllo :lol: A questo punto poiché il liquido residuo era diverso nelle due bottiglie l’esperimento era da rifare.

Qualche tempo dopo ho ripetuto l’esperimento (questa volta la birra era Menabrea). Dopo 24 ore ripetuti assaggi alla cieca hanno stabilito che non vi era differenza sostanziale tra le due bottiglie, confermando lo studio molto più serio e sistematico dei francesi.

Insomma, lasciate perdere il cucchiaino e comperatevi qualche tappo ermetico :lol:

Il perché del mito

Viene da chiedersi come mai questo mito persista. Se provate ad effettuare una prova come quella che vi ho descritto, con una bottiglia di controllo, capirete il perché.

menabrea-550.jpg

Nella foto che vedete qui sopra ho versato nel bicchiere la birra lasciata per 24 ore in frigorifero nella bottiglia aperta (ma come abbiamo visto quella con il cucchiaino è identica). Forse molti di voi saranno sorpresi di vedere che, anche senza tappo, rimane un’effervescenza considerevole (che comunque dipende anche dal tipo di birra). Questo è il motivo per cui alcune persone che fanno la prova senza bottiglia di controllo sono indotte a pensare che il trucco funzioni. Probabilmente si aspettano, erroneamente, che in 24 ore l’effervescenza svanisca del tutto e quindi quando assaggiano della birra (o dello Champagne) ancora frizzante, attribuiscono il risultato al cucchiaino. Capite perché si insiste spesso sull’importanza di avere un gruppo di controllo sperimentale?

Visto che il cucchiaino non funziona, il mistero è svanito, ed è inutile affannarsi a trovare spiegazioni più o meno scientifiche. Queste invece abbondano sul web, e soffrono tutte dello stesso problema: si cerca di inventarsi una spiegazione plausibile “a spanne” ad un fenomeno che in realtà non esiste. Spesso è facile inventarsi una quasi-spiegazione. Ad esempio, per “giustificare” la pratica del cucchiaino potrei inventarmi che il cucchiaino impedisce parzialmente alle molecole di CO2 di fuoriuscire dal collo della bottiglia. Qualche molecola che in assenza di cucchiaino sarebbe sfuggita via potrebbe invece andare a sbattere contro il metallo, rimbalzando verso il basso ritardando quindi la perdita di pressione. Potrei rendere apparentemente più credibile questa spiegazione usando un linguaggio un po’ più tecnico e oscuro, come “la presenza del cucchiaio aumenta il libero cammino medio delle molecole all’interno del recipiente rallentando il raggiungimento dell’equilibrio”.

In realtà questo tipo di spiegazione “a spanne” non vale nulla, per lo meno sino a quando non si calcola l’effetto presunto e si misura quantitativamente la perdita di CO2. Può essere che questa mia “spiegazione” possa giustificare la pressione leggermente superiore in presenza del cucchiaino, misurata dagli studiosi francesi, ma come abbiamo visto non è tale da risultare organoletticamente rilevante.

Purtroppo questo tipo di ipotesi “un tanto al chilo” si ritrovano abbondanti (anche sul web) ogni qual volta si voglia giustificare un fenomeno non dimostrato sperimentalmente. E se a volte si tratta tutto sommato di cose di poca importanza, come il nostro cucchiaino, l’efficacia della palla lavante, o l’influsso della luna sulla vinificazione o sulla nascita dei bambini, altre volte toccano direttamente la salute delle persone. E non posso qui non pensare a certe pratiche delle cosiddette “medicine alternative” verso cui trovo sia molto difficile far breccia con l'idea che si debbano effettuare esperimento rigorosi con un gruppo di controllo, mentre invece sono comuni gli aneddoti come "con il cugino di mia zia ha funzionato" oppure pseudospiegazioni un-tanto-al-chilo che tirano in ballo entità misteriose come le linee di energia universale  o i chakra deboli. (tra l'altro mi sono sempre chiesto perché in occidente le sciocchezze di origine orientale facciano più presa di quelle autoctone ;-) )

Conclusione

Il suggerimento "potete utilizzare un cucchiaino per mantenere frizzante una bottiglia semivuota di Champagne o birra" è

falso.jpg

Comperatevi dei tappi ermetici o ... evitate di lasciare bottiglie semivuote ;-)   .

Dario Bressanini

Della stessa serie:

miti culinari 1: la sigillatura della carne

miti culinari 2: il sale per montare gli albumi

miti culinari 3: la sindrome da ristorante cinese

Bibliografia

Le mythe de la petite cuillere - Le Vigneron Champenois N. 12 Decembre 1994

320 commenti RSS

  • Penso che anche i premi nobel prendono dei granchi. Vedi ad esempio Pauling con la storia della vitamina C

  • Quindi pensi che non abbia proprio fondamento scientifico?
    Io proprio non saprei come spiegarmelo questo effetto dell'acqua...

    Scusa se sono out of topic!

  • Carlo: il punto e' che prima di cercare una spiegazione l'effetto deve essere dimostrato senza ombra di dubbio. Non e' la prima volta che si millantano proprieta' di "memoria" dell'acqua che una volta messe alla prova svaniscono

  • Lo penso anch'io e sono a conoscenza della vicenda dell'effetto memoria.
    Nell'intervista ho letto che il loro effetto dei cambiamenti strutturali dell'acqua (??) è "riproducibile"; penso però che un fenomeno, per essere provato scientificamente, debba avere anche una spiegazione fisica, e finora non mi sembra che nessuno sia riuscito a darla. Come potrebbero delle molecole in stato liquido mantenere memoria di un soluto?
    Boh...

    Grazie comunque!
    Ciao

  • Io adoro questo blog! L'ho scoperto da poco, ma è favoloso! Complimenti.

  • [...] Ma come abbiamo detto più volte, prima di avventurarsi in giustificazioni teoriche di un fenomeno, bisogna essere sicuri che il fenomeno sia reale. È questo il caso? [...]

  • curiosita'...

    Vedo che si e' parlato in qualche occasione del modo di preservare le bollicine di una bottiglia aperta. cucchiaino e mille altre invenzioni ,

    Io le rare volte che ho una bottiglia aperta , sia di birra , aranciata , o salsa di pomodoro , usate solo a meta' , la ritappo , e la metto in frigo capovolta , sensa averla ovviamente agitata sconsideratamente .

    per due giorni conserva tutto tutte le sue proprieta' come appena aperta . oltre non piu' .I miracoli non li fa' . Credetemi funziona alla meraviglia , ma non chiedetemi il perche' .
    saluti a tutti

  • @riccardo
    Si fa così anche con i barattoli di vernice: l'aria non passa e l'ossigeno non ossida, suppongo.

  • [...] Una credenza popolare diffusa sostiene che per preservare l’effervescenza di una bottiglia di Champagne mezza vuota si debba inserire nel collo della bottiglia il manico di un cucchiaino, preferibilmente d’argento.  [...]

  • io ho provato con una bottiglia di champagne ed un cucchiaino d'argento per12 ore...lo champagne è rimasto più' o meno come prima!!!

  • Stefano: appunto. Ma hai letto l'articolo?

  • [...] on bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it Condividi:StampaE-mailTwitterFacebook Posted in Bollicine Italiane Bookmark the [...]

  • a me funziona benissimo

  • Ciao,facendo un pò di ricerche su cosa potesse fare un cucchiaino d'argento immerso nella birra,ho trovato questo link,e colgo l'occasione di fare i miei complimenti. Molto chiaro e dattagliato. Il motivo della mia ricerca è quello di capire se è possibile che un cucchiaino immerso una settimana in una birra possa conferire al prodotto finito un amaro anomalo,astringente e quindi insopportabile al palato. Lo scopo del cucchiaino era quello di far affondare una dose di luppolo nella birra a fine fermentazione per conferire il suo specifico aroma. La tecnica si chiama dryhopping e nel mio caso invece di essere libero nel liquido, viene inserito dentro dei sacchetti di garza sterile e per evitare che resti a galla e quindi ossidarsi,ho usato il cucchiaino pensando che fosse acciaio. Al risultato finale,dopo la maturazione la birra ha riscontrato l'amaro di cui ho paralto prima. Un amaro non da luppolo,anche se quello lo si ottiene soltanto con isomerazione durante il meccanismo bollitura.
    Saluti a voi tutti....Giuseppe.

  • Buongiorno Dario e grazie per questo articolo interessante. Ti seguo da un po' su youtube e oggi sono arrivato qui per curiosità dopo aver visto il video sul sale (da non mettere! ora lo so...) negli albumi montati a neve.
    Interessante il paragrafo in cui spieghi come sia sbagliato arrampicarsi sugli specchi per trovare una spiegazione scientifica di un fenomeno che... non c'è! :)
    Mi ha fatto ripensare ad un mio amico che tanti anni fa, mi spiegò che nel caso della bottiglia di spumante, fosse importante utilizzare un cucchiaino d'argento in quanto la CO2 sfiorando il metallo in questione, reagirebbe formando un altro gas (non ricordo quale ma credo non abbia importanza) più pesante della CO2, costituendo così una sorta di "tappo gassoso" naturale che ritarderebbe la perdita dell'effervescenza.
    Magia nera e pozioni segrete insomma...
    Grazie ancora per il tuo lavoro di divulgazione.

  • Francodipisa (Francesco Malatesta) 6 febbraio 2018 alle 10:21

    Un giovane che aveva fatto a lungo il cameriere mi diceva che il cucchiaino introdotto nel collo della bottiglia serviva in realtà a segnalare agli altri camerieri che la bottiglia ammezzata era stata consumata da clienti non sudicioni, e che quindi non era imprudente scolarsela poi allegramente... Ai clienti incuriositi veniva raccontata la balla che il cucchiaino serviva a conservare l'effervescenza. Se poi questa sia stata la vera origine della leggenda non saprei dirlo.

  • salve volevo chiedere sempre riguardo le bollicine se nei cocktail esempio Gin & Tonic nel miscelare leggermente conviene utilizzare un cucchiaio retato/forato o normale per evitare di rompere le bollicine il meno possibile grazie

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