nichilismo Dottrina che si caratterizza per la totale negazione dei valori e dei significati elaborati dai diversi sistemi filosofici.
1. Il n. nella filosofia tedesca
Il termine (nella forma ted. Nihilismus) comparve in
L’insistenza sulla mancanza assoluta di senso della realtà si fa sempre più forte nei primi decenni del 19° sec. tedesco: dall’allucinante quadro della Nachtwachen von Bonaventura (1804, di autore incerto), dove l’uomo è rappresentato come un’inconsapevole marionetta nelle mani di un ‘creatore folle’, alla filosofia di A. Schopenhauer, dove alla negazione kantiana della possibilità della metafisica si sostituisce una metafisica del nulla, fino ai paradossi di M. Stirner; senza contare la diffusione di motivi nichilistici nella poesia e nella letteratura dello Junges Deutschland, il gruppo di scrittori e poeti tedeschi che dopo la rivoluzione del 1830 sentì sempre più l’arte come impegno politico, al quale apparteneva anche K. Gutzkow, autore, nel 1853, di una novella-romanzo intitolata Die Nihilisten.
Nella seconda metà del secolo, mentre il n. si diffondeva ampiamente in
Occorre ricordare come per Nietzsche il possibile superamento del n. avvenga soltanto con un’attività di tipo estetico, inventivo; ogni altra forma di superamento non fa che obbedire a quei motivi moralistici che hanno causato il nichilismo. Questo permette di comprendere i legami profondi tra il n. e l’espressionismo, legami che hanno trovato la formulazione forse più esplicita e significativa negli scritti critici e filosofici di G. Benn. Ma a parte questi sviluppi del n. attivo, sempre in campo estetico, non si può sottovalutare il fatto che senza il n. negativo, come sintomo della decadenza, non si potrebbe comprendere gran parte dell’arte e della letteratura contemporanea, dove il senso della fine di una civiltà millenaria è spesso tematizzato o, comunque, costituisce una componente essenziale.
Più difficile è invece definire i rapporti tra il n. e la filosofia del 20° secolo. Per un verso, infatti, è incontestabile che la nozione di ‘nulla’ ha avuto grande importanza nelle filosofie esistenzialistiche, da K. Jaspers a M. Heidegger a J.-P. Sartre. Per altro verso, però, il pathos apocalittico e la funzione di giudizio storico concernente un destino millenario propri del n. nietzschiano si possono ritrovare efficacemente forse solo in Heidegger e nella sua interpretazione della storia della metafisica, fino a Nietzsche compreso, come progressiva manifestazione del n. derivante dall’oblio dell’essere.
Nella Russia della seconda metà del 19° sec., travagliata da gravi conflitti politici e sociali, il n. fu inizialmente, più che una dottrina ben precisa e definita, uno stato d’animo, un modo di vivere e di sentire delle giovani generazioni, soprattutto di studenti, che aspiravano a un profondo rinnovamento della vita e della società. Caratteristica distintiva di questo tipo di n., divenuto poi largamente noto nella cultura europea attraverso opere come Padri e figli di I.S. Turgenev e I Demoni di F.M. Dostoevskij, è l’entusiastica fiducia nella scienza e l’accettazione del materialismo e del positivismo come strumenti polemici contro ogni forma di cultura tradizionale. Tutto ciò che non può essere verificato sperimentalmente, tutto ciò che non si può trascrivere in termini di ‘forza’ e di ‘materia’ (come diceva il titolo di un famoso libro di L. Büchner, divenuto una sorta di Vangelo per i giovani nichilisti) deve essere relegato nel campo di un ‘romanticismo’ sterile, sorpassato e perfino ridicolo. Si accentuava così anche nel campo dell’arte, soprattutto con D.I. Pisarev e I.G. Černyševskij, la polemica contro ogni estetica che concepisca l’arte come fine a sé stessa e l’affermazione della funzione pedagogica, politica e sociale dell’arte stessa; il n. russo per questo verso si collegava a un ‘realismo’ volto a contrapporre i ‘fatti’ ai valori e agli ideali che avevano sorretto, e illuso, le generazioni precedenti.
Ateismo, cinismo e un immoralismo spesso più teorizzato che vissuto furono le caratteristiche della gioventù nichilista russa, che non tardò a tradurre il suo credo in un’azione politica rivoluzionaria, per lo più di tipo anarchico, non senza perseguire, talvolta, un disegno più vasto e meditato di formazione di un’élite rivoluzionaria critica e illuminata. Questo non significa però che nel n. russo non abbia avuto posto notevole anche l’approfondimento dei problemi morali e religiosi in senso specifico; basti pensare ai Fratelli Karamazov di Dostoevskij, in cui la problematica nichilistica è portata all’estremo, in campo etico-religioso, con la tesi ben nota: se non c’è Dio, tutto è lecito, anche il delitto.