Biografia
Marcello
Mastroianni
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Biografia
di Marcello Mastroianni
(Fontana
Liri, FR, 1924 - Parigi, 1996)
Attore
italiano per eccellenza, di sicuro il più noto del
cinema internazionale nei tre decenni seguiti alla
guerra, giunge alla fama quietamente, a differenza di
altri della sua generazione. Comparsa cinematografica
tra il ‘38 e il ‘43, iscrittosi al Centro
Universitario Teatrale al termine delle ostilità
belliche, ottiene una prima affermazione in teatro,
nel ruolo di protagonista di "Un tram che si
chiama desiderio" (1948, regia di Luchino
Visconti). Al cinema, azzecca la parte del
giovanotto simpatico ed estroverso ne "Le ragazze
di Piazza di Spagna" (1951) di Luciano Emmer:
dipoi, vieppiù trova la giusta misura accanto a
Sophia Loren in "Peccato che sia una
canaglia" (1954), commedia garbata ed elegante
diretta da Alessandro Blasetti.
Ne "I soliti ignoti" (1958) di Mario
Monicelli conferma la propria bravura nel registro
comico-farsesco, ma la svolta della sua carriera
arriva con "La
dolce vita" (1960), epocale pellicola di
costume che segna pure l’inizio d’un lungo e
fortunato sodalizio artistico con Federico
Fellini. Sorta di alter ego del regista riminese e
maschera che esprime alla perfezione "le velleità
d’una società in fase di trasformazione", il
Nostro sarà ugualmente convincente nel mirabile
"Otto
e mezzo" (1962), forse l’esito più alto
raggiunto da Fellini. Frattanto, poliedrico come
pochi, Mastroianni torna al grottesco per
"Divorzio all’italiana" (1961) di Pietro
Germi, ove inventa i tratti di quel barone Cefalù che
lo renderà celeberrimo in tutto il mondo. Nuovi
stimoli gli offriranno, nel tempo, cineasti del
calibro di Marco Ferreri ("Break-up", 1965;
"La cagna", 1972; "La grande
abbuffata", 1973; "Non toccare la donna
bianca", 1974; "Storia di Piera",
1983), Ettore Scola ("Una giornata
particolare", 1977; "La terrazza",
1980; "Il mondo nuovo", 1982) i fratelli
Taviani ("Allonsanfan", 1974), Marco
Bellocchio ("Enrico IV", 1984), ancora
Monicelli ("Le due vite di Mattia Pascal",
1985). Negli ultimi anni della sua attività, le
occasioni migliori gli provengono dal cinema
internazionale: da "Il volo" (1986) di
Thodoros Anghelopoulos allo stupendo "Oci ciornie"
(1987) di Nikita Michalkov, da "Pret-à-porter"
(1994) di Robert Altman al presago "Viaggio
all’inizio del mondo" (1996) di Manoel de
Oliveira, si dipartono gli ultimi fuochi di un
interprete geniale e malinconico, gioviale eppur
ritroso. Infine, le immagini intense e commoventi di
"Mi ricordo, sì, io mi ricordo" (1997) -
sorta di confessione testamentaria filmata a mo’ di
epicedio dalla sua ultima compagna Anna Maria Tatò -
costituiscono impagabile commiato da una figura somma,
insieme familiare e straordinaria, della
cinematografia nostrana.
F.T.
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