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Il papa è pronto a liberalizzare l'antico rito
Di Rodari (del 29/05/2007 @ 11:33:44, in il Riformista, linkato 348 volte)
Oramai nella curia romana, all’interno cioè dei “ministeri” che hanno in mano l’organizzazione della Santa Sede, se ne parla senza che nessuno sappia dare risposte certe.
L’oggetto è l’attesissimo "Motu proprio" con il quale Benedetto XVI dovrebbe concedere, ai sacerdoti che lo desiderano, di celebrare - senza il previo consenso del vescovo - la messa con l’antico rito, quello di san Pio V, quello insomma che prevede l’uso della lingua latina e nel quale il prete è chiamato a celebrare sull’altare tenendo le spalle al popolo.
Un rito, di per sé, mai abolito, seppure dopo il Concilio Vaticano II i sacerdoti che desideravano avvalersene nelle proprie celebrazioni eucaristiche potevano farlo chiedendone però espressamente il permesso al proprio vescovo.
L’argomento, anche nei sacri palazzi, non è dei più semplici da affrontare: parecchi sono i vescovi e i sacerdoti che pensano che una liberalizzazione sia un pericolo per la Chiesa in quanto con essa si darebbe troppo spago alle comunità tradizionaliste.
Oltre ad alcuni vescovi di curia, è in buona parte dell’episcopato francese che si respira una aria critica e avversa alla liberalizzazione del rito.
In Francia, infatti, le chiese sono sempre più vuote, i seminari pure, e a “tenere” sembrano essere soltanto quelle comunità tradizionaliste che la leadership della Chiesa d’Oltralpe non vede di buon occhio.
Eppure, per molti presuli che lavorano in Vaticano, la liberalizzazione non sarebbe un pericolo per la Chiesa.
È noto, infatti, che sia in Francia come in parecchie diocesi del Nord Europa, il rischio maggiore per la Chiesa viene più che altro da quei sacerdoti - e sono molti - che non solo non guardano di buon occhio la liberalizzazione dell’antico rito ma che, in modo arbitrario e del tutto scorretto, usano non rispettare neppure le norme del messale oggi in vigore, snaturando quindi gravemente la corretta celebrazione della messa così come è prevista nella Chiesa.
Un problema enorme se si pensa che la liturgia altro non è che il cuore della Chiesa: ciò in cui essa crede (lex credendi) le viene da come prega (lex orandi).
Benedetto XVI, ancora quando era un semplice cardinale, aveva avuto più volte parole di apprezzamento per l’antico rito e soprattutto in due libri - “Introduzione allo spirito della liturgia” e “Il Dio vicino” - aveva fatto intendere come orientare la celebrazione liturgica verso Oriente - verso Cristo che “avanza” e “viene incontro” - è pratica da recuperare e da valorizzare.
Recentemente anche Albert Malcolm Ranjith (segretario della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti), aveva spiegato come i due riti (quello attuale e quello di san Pio V) possano «benissimo coesistere» anche perché «i due messali sono messali della Chiesa».
Così la pensano anche quei tantissimi sacerdoti che in questi giorni hanno ordinato on-line sul sito www.ecclesiacatholica.com, copia della ristampa del “Compendio di liturgia pratica” di Ludovico Trimeloni, testo che si dimostrò parecchio utile ai sacerdoti dopo la grande riforma del beato Giovanni XXIII.
A quando dunque l’attesa liberalizzazione dell’antico rito? Difficile rispondere. Di certo pare ci sia soltanto che il testo del "Motu proprio" a firma Benedetto XVI sia pronto.
Recentemente, inoltre, sembra che il papa ne abbia parlato in udienza privata anche con Robert Spaemann, docente di filosofia all’università di Monaco, il grande intellettuale cattolico tedesco al quale lo stesso Ratzinger dedicò nel 1987 il libro “Chiesa, Ecumenismo e Politica” (Kirche, Ökumene und Politik).
Un’udienza, quella che il papa ha concesso a Spaemann, di cui si è saputo poco anche se si dice che il professore tedesco ne sia uscito col convincimento che il "Motu proprio" sarà reso noto presto, forse addirittura entro questo mese.
Oggi, all’Università Europea di Roma, un congresso internazionale rifletterà su “Cristianesimo e secolarizzazione”, le sfide per la Chiesa e per l’Europa. Presente, oltre al segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, al responsabile dei rapporti con gli Stati monsignor Dominique Mamberti e all’arcivescovo di Toledo Antonio Canizares, proprio Robert Spaemann. Tra i temi che si affronteranno non dovrebbe esserci la liturgia ma è evidente che la presenza del cristianesimo in Europa non può essere slegata dall’aspetto liturgico.
Per far fronte alla secolarizzazione dilagante del vecchio continente, la Chiesa non può che cominciare a praticare correttamente al suo interno le norme liturgiche, cuore della vita di fede.
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# 1
Non sono un tifoso della S. Messa in latino, ma auspico vivamente la sua liberalizzazione, e mi domando: come mai i "liberali" si trasformano in rigidi inquisitori quando la libertà si riferisce a qualcosa che loro non approvano? Soprattutto auspico che la S. Messa torni ad essere la S. Messa, troppo spesso ad esempio lo spazio riservato all'omelia si è trasformata in teatro, discoteca, quiz (cosa che ho visto personalmente, nella mia ex-parrocchia nella cattolicissima (sic!) Diocesi di Bergamo). E che torni ad essere libero anche il modo di ricevere la S. Comunione. A suo tempo, i "liberali", fautori della comunione sulla mano, invocavano la libertà di scelta, ora la maggioranza dei sacerdoti non rispetta la libera scelta di chi desidera continuare a ricevere la Comunione in bocca.
Di  Guido  (inviato il 29/05/2007 @ 13:24:35)
# 2
Concordo con l'amico del commento precedente.Nella recente vegli di Pentecoste canti tribali messi in scena dai neocatecumenali con strepiti diu mani e rulli di tamburi e melense canzoncine simili alle urla delle partorienti eseguite dal Rns hanno trasformato la messa in un'agora circense.
Perchè poi osteggiare un ritorno(sia pure non obbligato) alla dignità della celebrazione eucaristica con la solennità che le è dovuta?
Di  Francesco  (inviato il 29/05/2007 @ 18:15:19)
# 3
siccome che son prete... penso che gli abusi siano una cosa e il "senso del mistero" sia possibilissimo anche con l'attuale messale... sul "ripristino" di pio v ho una grande obiezione: perchè pio V sì e non uno dei messali del medioevo (che forse con pure più belli!)? se bisogna far archeologia sacra, facciamola bene! e poi... un rito con due messali diversi??? mah!
spero che benedetto xvi non faccia questo "scivolone"...
Di  francesco  (inviato il 29/05/2007 @ 23:20:52)
# 4
Hai detto già tutto nel solito bellissimo articolo. Recuperare la tradizione e la liturgia per far fronte alla secolarizzazione. Non è solo una questione di forma e procedura, è una questione sostanziale che può cambiare il mondo.
Di  Fabrizio  (inviato il 30/05/2007 @ 10:39:43)
# 5
nessuno obbliga il fedele a ricevere la comunione nella mano (però nella cattolicissima Capoliveri il parroco mi ha obbligato a comunicarmi con la bocca): semplicemente si fa notare che così fece Gesù con le persone presenti all'ultima cena. e il gesto di prendere e comunicarsi è un po' più dignitoso e adulto rispetto a quello di "farsi imboccare".
quanto al rito della S. Messa le osservazioni del presbitero mi sembrano inconfutabili. e poi la liturgia è azione del popolo di Dio: non so se dipenda dal Messale di Pio V, ma il vecchio rito sembrava più azione del presidente con il popolo che assisteva e aveva anche un che di magico (non di mistico).
Di  gianfranco bertani  (inviato il 30/05/2007 @ 11:52:12)
# 6
Gentile Rodari, posso postare questo suo articolo nel mio blog? La ringrazio.
Di  Raffaella  (inviato il 30/05/2007 @ 13:42:48)
# 7
Certo Raffaella.
Di  P. Rodari  (inviato il 30/05/2007 @ 14:05:21)
# 8
Grazie : - )
Di  Raffaella  (inviato il 30/05/2007 @ 17:24:56)
# 9
Caro sig. Bertani, l'affermazione che "nessuno obbliga il fedele a ricevere la Comunione (maiuscolo) sulla mano" è un'affermazione quanto meno temeraria: in mezza Europa è così, e ormai anche in Italia, dove ad esempio si insegna ai bambini che questo è il modo di riceverla, contravvenendo alle norme della Chiesa (ma l'obbedienza alla Chiesa nel clero è quasi del tutto inesistente, se non quando si vuole contestare le apparizioni della Vergine Maria). Le invierò via mail una lettera che ho scritto al mio ex-curato che faceva grossolana propaganda a questo proposito dall'altare. L'obbligo di riceverla in bocca ha invece lo scopo di ridurre la possibilitá di azioni sacrileghe, facilissime quando si riceve l'Eucaristia sulla mano. IL mio direttore spirituale, in precedenza convinto assertore della Comunione sulla mano, l'ha abolita nella sua parrocchia dopo 2 casi di persone che hanno cercato di portarla via.
Di  Guido  (inviato il 30/05/2007 @ 20:29:37)
# 10
Per quanto riguarda il commento #5 c'e' da fare un importante precisazione: la liturgia non e' azione del popolo di Dio ma azione di Dio.

E' quindi un dono.

Quanto al commento #3, chiamare il rito Tridentino "archeologia sacra" e', come minimo, improprio dato che non e' mai stato abolito dalla Chiesa.
Di  Emanuel  (inviato il 31/05/2007 @ 16:43:06)
# 11
L'opportunità di celebrare la S. Messa con l'antico rito di Pio X non penso possa creare particolari problemi. Intanto si tratta di una "opportunità" che andrebbe valutata dal sacerdote. Se infatti l'assemblea dei fedeli riunita attorno a lui per celebrare l'Eucaristia non è preparata all'uso della lingua latina difficilmente il sacerdote sceglierebbe il rito antico! Una cosa però mi sembra importante: i ragazzi che oggi si preparano a diventare sacerdoti dovrebbero conoscere e studiare un pò meglio il latino (a prescindere dall'uso del Messale pre o post-conciliare). La Liturgia, in quanto "azione del popolo", o in lingua latina o in lingua italiana non credo sotrarrà nulla dal patrimonio di fede cristiana.
Di  Cogitor  (inviato il 01/06/2007 @ 10:04:26)
# 12
Ciao cogitor,

d'accordo con te su tutto tranne nell'ultima affermazione: la liturgia eucaristica e' infatti "actio Dei" (vedere par.37 esortazione apostolica "Sacramentum Caritatis" di Benedetto XVI) non "azione del popolo".

E' un dono e come tale non si puo' fare altro che accettarlo o meno.
In poche parole, la liturgia non nasce dallo sforzo, pur in buona fede dei fedeli ma e' quella tramandata dalla Tradizione (a cui appartiene a pieno titolo ovviamente anche la liturgia di Paolo VI).

Un saluto a tutti.
Di  Emanuel  (inviato il 01/06/2007 @ 14:48:13)
# 13
caro emanuel... nessun libro liturgico è stato mai di fatto abolito... ma per tradizione inveterata ogni nuovo rito sostituisce quello precedente... perciò - a meno di comunità che non abbiano mai smesso di celebrare con il messale di pio v - riprendere a celebrare con quel rito (che ha tra l'altro grandi limiti teologici) è archeologia sacra, mi pare
quanto alla liturgia essa è letteralmente "azione del popolo": proprio perchè actio ecclesiae può essere actio dei... e non il contrario... forse dovresti studiare un po' di teologia liturgica, no???
Di  francesco  (inviato il 01/06/2007 @ 23:23:34)
# 14
Caro Francesco,

con tutto il rispetto verso di te, ma dissento fermamente: come puo' essere infatti possibile che la Santa Chiesa Cattolica abbia potuto per secoli celebrare con un rito, quello che chiamiamo di San Pio V (ma che e' in realta' una "messa a punto" dei precedenti riti si' da ritenere una ininterrotta continuita' con i primissimi riti delle prime comunita') che aveva "grandi limiti teologici"? La Chiesa Cattolica si sarebbe quindi messa nella retta via, liturgicamente e teologicamente, solo a partire dal Concilio Vaticano II? Il CVII e', al contrario, in continuita' con tutta la storia precedente e non e' discontinuita'.

In tal senso bisogna riconoscere nel nuovo rito la dignita' apostolica.

Ripeto infine che la liturgia eucaristica e' "actio Dei" e non "azione del popolo di Dio": solo la forza dello Spirito di Dio e' in grado di rendere una misera ostia in Corpo e Sangue di Nostro Signore Gesu' Cristo!

Grazie per il consiglio di studiare teologia liturgica, che continuero' a fare: ricambio consigliandoti la lettura dei testi ufficiali della Chiesa, in particolar modo della "Sacramentum Caritatis".

Un cordiale saluto.
Di  Emanuel  (inviato il 04/06/2007 @ 11:24:01)
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