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ATTUALITA'
Il consultorio? E' un miraggio
di Roberta Carlini
Pochi. Fondi e personale insufficienti. Aperti solo raramente. Difficilmente accessibili. Un'indagine svela le carenze dei centri di assistenza alle donne
Un consultorio ogni 20 mila abitanti, era l'obiettivo scritto nella legge che nel '96, a 21 anni di distanza dalla prima istituzione dei consultori, dettò gli standard nazionali, lasciando alle leggi regionali l'attuazione specifica. Da allora sono passati altri 11 anni, e l'obiettivo è clamorosamente lontano, nei dati ufficiali e soprattutto in quelli reali. Ufficialmente, nella media nazionale, c'è un consultorio ogni 28 mila abitanti: 2.063 consultori pubblici nel 2005, quasi cento in meno rispetto al 2004. A questi vanno aggiunti i 134 consultori privati, laici e cattolici, che le regioni accreditano e spesso finanziano. Ma la media è tirata su dai soliti primi della classe: Emilia Romagna, Toscana, Liguria. La Lombardia ha la metà dei consultori richiesti, Lazio e Campania i due terzi. Ma tutti i numeri fanno riferimento alle strutture esistenti sulla carta. Che spesso si rivelano chiuse, o corrispondenti a semplici sportelli o ancora ad altri tipi di servizi, se si va a vedere concretamente cosa succede.
È quel che ha fatto Altroconsumo con un'indagine a tappeto su 146 strutture in sei città: Bologna, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino. Quasi ovunque alle liste ufficiali non corrisponde la realtà. Sedi in ristrutturazione, strutture accorpate, altre chiamate 'consultori', ma in realtà dedicate a servizi specifici, specialistici. Così, nell'indagine di Altroconsumo, il numero reale di consultori scende da 14 a nove a Bologna, da 18 a 12 a Napoli, da 21 a 15 a Torino. A Milano risultano chiusi due consultori su 21, a Roma sette su 51. Tutto questo fa salire il numero di persone servite da ogni consultorio. E fa salire anche i tempi di attesa delle visite: per un ginecologo si arriva anche a due mesi. Ma non è tutto: le leggi sui consultori chiedono anche che questi siano facilmente accessibili al pubblico. Invece, dall'indagine di Altroconsumo viene fuori che una su tre delle 146 strutture visitate ha barriere architettoniche o è poco accessibile per il luogo in cui è ubicata. Fare tre piani di scale per andare al corso pre-parto non è il massimo.
Se i dati delle città presenti nell'indagine di Altroconsumo fossero estesi a livello nazionale, ne verrebbe fuori che in Italia c'è un consultorio ogni 57 mila abitanti e un terzo di essi è poco accessibile. In difficoltà, e quasi nascosti. Sarà per questo che, pur essendo spesso associati alla legge sull'aborto, in realtà solo un terzo delle certificazioni per l'interruzione di gravidanza passa per i consultori: per la precisione, il 35,7 per cento nella media nazionale, fatta però da un 44-45 per cento del Centro-nord e un 14-17 di Sud e Isole. È un problema, perché al momento dei colloqui e delle procedure per l'Ivg si può iniziare a preparare la contraccezione per il futuro.
I consultori non si occupano solo di aborto e contraccezione: dalla preparazione alla nascita ai programmi di prevenzione, dai corsi di educazione sessuale nelle scuole ai colloqui per le adozioni, dall'assistenza psicologica al primo livello delle cure, la lista dei loro compiti sarebbe lunga. E se non riescono a soddisfarla la colpa non è solo nel loro ridotto numero. "Non solo sono pochi, ma spesso è l'organico che è carente", spiega Michele Grandolfo, che dall'Istituto superiore di sanità ha seguito dalla nascita i consultori. Ostetriche, ginecologi, assistenti sociali, psicologi, infermiere, pediatri, (molti) dirigenti medici: sui loro ruoli ogni legge regionale è diversa dall'altra. Ma la tendenza, dettata dai più ampi guai sanitari nazionali, è comune: poche persone, spesso assorbite anche da altre funzioni fuori dal consultorio. "E se si perde la continuità, si perde il lavoro d'équipe, ogni operatore diventa uno specialista che fa alcune ore di qua altre di là. Così il consultorio si spezzetta in una somma di ambulatori", dice Grandolfo.
(18 ottobre 2007)
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