Scheda EVENTI n.2
La rivolta di Rodolfo Belenzani (1407/1409)

Quando, alla fine del Trecento, è nominato Principe Vescovo Giorgio di Liechtenstein (1390-1419) la situazione a Trento e nei territori del Principato è caratterizzata da pericolosi segni di irrequietezza e malcontento da parte della popolazione, desiderosa di riforme istituzionali e maggiore autonomia di governo.

Al contrario, convinto assertore dell’ordinamento feudale e del valore di una solida politica accentratrice, il Liechtenstein non poté prescindere, appena salito al potere, dal tentare di ripristinare l’autorità vescovile, minacciata, su altro fronte, dall’invadente potenza dei duchi d’Austria. Nei confronti della città di Trento si mostrò intransigente, non accogliendo le istanze di rinnovamento espresse a gran voce da diverse componenti della società, prendendo anzi dei provvedimenti restrittivi che finirono per scontentare tutte le classi sociali: i nobili, che si videro privati dei loro privilegi, i borghesi, sui quali ricadeva in misura maggiore l’onere tributario, e i cittadini comuni.

Approfittò di questa situazione di generale malcontento il duca d’Austria Federico IV, conte del Tirolo detto Tascavuota, che, desideroso di imporre la sua supremazia sul Principe Vescovo, si schierò dalla parte dei cittadini.

Il primo episodio di insurrezione contro il governo nel Principato avvenne il 2 febbraio 1407, quando un gruppo di cittadini armati assalì il palazzo del vicario vescovile al grido di "Viva el popolo e el signore e mora y traditori!". Subito dopo si sollevarono le popolazioni delle Valli di Non e di Sole.

Per sedare l’insurrezione Giorgio di Liechtenstein fece alcune importanti concessioni, fra cui la Carta edictorum et provisionum, con la quale veniva riconosciuto al Consiglio generale cittadino il diritto di eleggere dei propri rappresentanti riconosciuti dal potere vescovile. Concesse inoltre una nuova carica, quella di capitano del popolo (o Referendarius), ricoperta da Rodolfo Belenzani, di ricco e nobile lignaggio. Nonostante queste aperture, però, la situazione politica rimase precaria, spingendo il Principe Vescovo a stringere trattative segrete con capitani di ventura. La scoperta di queste alleanze mosse nuovamente i trentini, capeggiati questa volta dal Belenzani, contro Giorgio di Liechtenstein il 4 aprile 1407. Fattolo prigioniero, le forze insorte chiesero un intervento al duca Federico IV, il quale non si tirò indietro, costringendo il Principe Vescovo a autoesautorarsi dal potere.

Gli avvenimenti di quell’aprile 1407 sono rimasti documentati da un graffito inciso sull’intonaco al terzo piano della Torre Aquila, a Trento. La torre d'abitazione, che sorse per volere del Principe Vescovo Liechtenstein sopra l’omonima porta urbica, venne considerata dai trentini il simbolo dell’usurpazione, da parte del potere, di beni di diritto della collettività, come appunto le porte della città.

Un nuovo conflitto, della durata di circa due anni, si scatenò a questo punto fra i trentini e il Tascavuota. Durante le ostilità il Belenzani, dopo essere stato imprigionato ed aver riottenuto la libertà a prezzo di un alto riscatto, riuscì a impadronirsi di Trento, sottraendola a Federico IV; dubitando, tuttavia, di farcela da solo, mandò alla Repubblica di Venezia una richiesta di aiuto.

Mentre erano in corso le trattative, il capitano tirolese Enrico di Rottemburg espugnò e saccheggiò Trento il 5 luglio 1409: in questa occasione Rodolfo Belenzani fu colpito e morì. Con la sua scomparsa ebbe fine la speranza di instaurare in città un governo autonomo, indipendente e, il più possibile, dei cittadini; la carica di capitano del popolo fu abolita, mentre rimase in vigore la Carta degli editti e delle provvisioni.

Il Principe Vescovo Giorgio di Liechtenstein venne reintegrato nei suoi poteri a partire dal 1409.