Manifestazione Internazionale di Calcio Giovanile
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    Ricordando ENEA

Il primo ricordo che ho di lui si riferisce alla mia infanzia, inizio Anni ’50, quando veniva a trovare sua sorella, mia zia, che abitava nella casa attigua a quella dove vivevo con i miei. "Oh, c’è Enea, – era la mia immediata riflessione soddisfatta – oggi si parla di calcio e dell’Ivrea.\ Dell’Ivrea Enea Braghin, classe 1925, aveva fatto parte, essendo compreso in quel gruppo di ragazzi (Viano, Accotto, Ramanzin, Viri Romano...) che Alessandro Brunoldi aveva assemblato per rilanciare la squadra arancione alla ripresa dell’attività dopo la tragica parentesi bellica. Giocatore duttile, si disimpegnava in modo redditizio sia come ala che come mediano. Erano tempi di ricostruzione per il Paese, intento a cancellare con fatica i segni lasciati dalla guerra. Le trasferte erano pura avventura, come quella di Savona in una fredda domenica del gennaio ’46. Partenza in ore antelucane dalla rimessa davanti alla stazione, il vecchio "torpedone" che non dà segni di vita, sostituito in tutta fretta da una altrettanto datata camionetta, coperta solo da un telone e con tavole di legno a mo’ di sedili. E via così a raccogliere strada facendo (e che strada!) gli altri compagni di squadra qua e là per il Piemonte. Poi l’arrivo allo stadio ligure giusto per scendere in campo senza aver messo niente sotto i denti e, nonostante tutto, una fiera resistenza per 45’, poi il logico crollo nella ripresa ed un altrettanto lungo viaggio di ritorno per riguadagnare il posto di lavoro lunedì mattina. Dopo quel campionato, concluso in modo lusinghiero, Enea Braghin passò al Pavone al fianco di Dudi Tavazza e Pietro Romano, fratello di Viri. Quindi, una volta chiuso con il calcio giocato, ecco la sua presenza costante sui gradini del Pistoni a tifare arancione, attento, preparato e corretto, senza mai uscire dalle righe. Il secondo flashback me lo raffigura a metà Anni ’70, padre amorevole, intento a procurarsi un "guado" in un Pistoni trasformato improvvisamente in risaia al termine di un’Ivrea-Savona alluvionata. Con lui il piccolo Stefano (oggi brillante general manager dell’Ivrea) a cui ha trasmesso tutta la propria passione sportiva. L’ultima volta fu in occasione delle esequie di mio padre a metà Anni ’90. Io vivevo a quei tempi all’estero e non ebbi la percezione che non l’avrei più rivisto. Scomparve nell’ottobre del ’97 lasciandomi il ricordo di un uomo giusto, buono e contagiosamente trascinante. Mi piace l’idea che venga ricordato con la dedica di un trofeo nell’ambito dell’importante manifestazione giovanile organizzata da Chicco Ferraro, come mi piace immaginare Enea che commenta con soddisfazione questo fatto assieme a Evaristo Guadagnini, Giulio Scanavacca e Dudi Tavazza, rispettivamente vicepresidente dell’Ivrea, giornalista della Sentinella e compagno di squadra, che riposano proprio vicino a lui al di là del Naviglio, a due passi dall’amato Pistoni.

Sergio Calvi

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