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Storia

 

La storia del Comune si accentra sull'antico castello che si dice fondato, verso la metà del sec. X, da Rovero di Champeause, da cui sarebbe derivata la famiglia dei conti di Campello, che ne ebbe la signoria. Il nobile feudatario sarebbe venuto in Italia da Reims, al seguito di Guido, duca di Spoleto, ottenendo di edificare una fortezza su di un colle; l'imperatore Lamberto avrebbe confermato l'investitura nel 921 circa, comprendendo nel feudo, denominato "Gualdi Ranieri", otto ville (villaggi). I nobili di Campello furono conti del castello omonimo, signori della Rocca della Spina e della Torre di Lanfranco.

  Un primo documento del castello e dei suoi signori si ha nel 1226: ai tempi di Federico II essi furono attivi sostenitori dell'Impero contro la Chiesa, tanto da essere duramente condannati da Papa Onorio III, che li definì "figli del diavolo".
Nel 1326 il castello era governato da Argento, conte di Campello, ribelle alla Chiesa. Il Rettore del ducato raccolse delle milizie per prenderlo ma i massari del luogo accorsero tuttavia col loro sindaco a fare atto di obbedienza alla curia ducale. Forse per la stessa ribellione di Argento fu messa al bando anche la rocca di Spina.
Verso la metà del XIV sec. il castello venne messo a ferro e fuoco da Pietro Pianciani, signore di Spoleto; egli credette fosse suo diritto impossessarsi di tutti i castelli e fortezze della zona.
Paolo, conte di Campello, si recò a Spoleto per cercare un accordo, ma fu imprigionato, mentre il Pianciani, con bande mercenarie eugubine, occupò il castello, tenacemente difeso dalle donne, essendo gli uomini occupati nei lavori in pianura. Fu fatta strage di persone, saccheggiate le case, distrutte le torri, il palazzetto dei conti e la chiesa; poi tutto fu dato alle fiamme. Molti riuscirono a riparare nei boschi, attraverso segreti cuniculi sotterranei, altri furono obbligati a giurare al nuovo signore.
Cacciato il Pianciani da Spoleto per le sue crudeltà, Paolo tornò tra i suoi e il castello fu rifatto. In un patto stipulato con alcuni paesi vicini, il conte ottenne una indennità dei danni subiti di 600 fiorini d'oro, che egli però utilizzò per la costruzione della nuova casa ai piedi del colle (1347). Praticamente si formarono due famiglie Campello: Paolo e Lanfranco si stabilirono in basso, Bartolomeo e Cecchino rimasero nel castello. Ma sia Paolo che gli altri membri della famiglia spesso erano lontani per coprire cariche pubbliche così Pianciani, rientrato dal confine, si dette ad istigare la gente del posto contro i Campello, facendo occupare boschi e terre dei conti e a far costituire un
governo della comunità (1341). A Spoleto Paolo fu accolto brutalmente. Tornò allora al suo castello avito, ma trovò le porte sbarrate da parte dei massari. Terminata la casa ai piedi del colle, si stabilì lì.
Nel 1366, la rocca fu notevolmente rafforzata dall' Albornoz. Nel 1390, insieme a molta gente armata, Paolo dette l'assalto al castello, che fu preso, saccheggiato, ne furono scacciati gli avversari e sul torrione fu issata di nuovo la bandiera turchino-amaranto degli antichi feudatari. Nel dicembre dello stesso anno ottennero anche di potere rientrare a Spoleto, dove Paolo fu eletto gonfaloniere.
Prima di partire da Campello, Paolo, rinunciò al diritto di eleggere il vicariogiudice della nascente comunità, regalò boschi e pascoli per l'uso dei massari, a condizione che lui ed i suoi discendenti fossero sollevati dal pagare tasse alla comunità, al comune di Spoleto e al governo pontificio, e che, in loro vece, fossero assolte dalla comunità stessa. Nel marzo del 1391, i massari entrarono in possesso del castello e dei diritti sottoscritti: fu una comunità con Statuti e Podestà dato da Spoleto. Ma il sistema democratico li trovò impreparati. Nel 1447, infatti, il castello fu teatro di risse e morti. Il comune di Spoleto ordinò ai turbolenti di lasciare il castello.
Nel 1500 i conti Campello ripararono le mura castellane e rialzarono il torrione maggiore di alcuni piedi, perché danneggiato dai terremoti e dalle azioni dei litiganti.
In seguito i campellini chiesero al comune di Spoleto di poter edificare un mulino a grano e olio, in aggiunta di quello di Pissignano, che risaliva al 1491. Spoleto non volle concedere l'autorizzazione. Campello partecipò allora alla ribellione in massa contro Spoleto. Luzio di Campello fu uno dei capi della sollevazione ma fu preso dagli spoletini e impiccato sul campo; alla vista dell'esercito spoletino, che si era accampato presso le vene del Clitunno, il castello tornò all'obbedienza.
Il 27/2/1569 la comunità, che fino ad allora era stata regolata da usi e tradizioni sommari e mutevoli, si dette gli Statuti comunali. Essi furono redatti sotto la presidenza del conte Cintio Campello e da alcuni magistrati. Lo statuto fu approvato dai priori spoletini nel 1570. Esso è in carta pergamena, in 35 fogli. Dopo l'invocazione religiosa, le feste, le sanzioni contro i bestemmiatori, si passa all'igiene pubblica, le norme sul pascolo, il legnatico, la vendemmia; regole di convivenza, l'allevamento e il numero degli animali, le gabelle.
Come tutti i comuni del territorio spoletino, aveva un podestà inviato da Spoleto, un vicario giudice locale, un camerario ed i massari. Lo stemma comunale è su campo bianco: un giglio sormontato da un cappello baronale
Nel 1571 fu istituita dal governo pontificio la stazione della posta a Pissignano, con tappa, cambio e ristoro dei cavalli.
Intanto la vita si fece più tranquilla e i banditi cessarono di assalire i paesi.
Per questo molti lasciarono il castello e fabbricarono case in mezzo ai loro campi. Alle vecchie zuffe si sostituirono feste religiose e paesane, cortei, come nel caso di un matrimonio o di un battesimo dei conti. Nel 1719 fu trasferita da Campello a La Bianca la reliquia della Santa Croce, tra. festeggiamenti solenni.
Nel 1748 fu alzato l'albero della libertà, presso le fonti del Clitunno, con il fusto del più bel cipresso della villa.
Dal castello intanto la popolazione si era sparsa ai piedi del colle sul quale esso sorgeva, avendone dato l'esempio gli stessi signori del luogo.
Dopo la Restaurazione, Campello ebbe un sindaco. Nel 1887 fu terminata la nuova residenza comunale nella frazione di La Bianca ed il castello subì così un'ulteriore decadenza. Ma, già prima del 1860, gli affari e le adunanze si facevano nella chiesa di questa frazione.
Campello fu poi, e lo è ancora, Comune autonomo, e dopo il 1860 vennero aggregati al suo territorio i castelli di Acera, Agliano, Spina, Pissignano e più tardi Pettino.
Nel 1926, il comune di Campello fu soppresso, e il territorio aggregato a Spoleto. Due anni più tardi fu reintegrato.

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