Ada Saffo Sapere nacque a Catanzaro il 17-03-1893 da Vincenzo e da
Margherita Scavello. Il padre fu un uomo molto colto che amava
intrattenersi nel suo salotto con letterati e persone della
Calabria erudita, fra cui si ricorda il filosofo illustre
Antonio Renda di Radicena, oggi chiamata Taurianova . Il padre
impose alla figlia, come buon presagio, i nomi di Ada e di
Saffo, in onore alle poetesse Ada Negri e Saffo, poetessa Greca
dell’isola di Lesbo. E’ pur vero, come sostengono alcuni
amanti di pratiche divinatorie che il nome può determinare il
“destino” di un uomo.
In questo caso la vita della Sapere è stata segnata: scrivere
poesie e novelle sin dalla prima età giovanile. Infatti ella
iniziò a comporre versi a soli tredici anni, ancora studentessa
di scuola media, sbalordendo il colto padre e, perfino, i suoi
professori.
Ada Saffo Sapere, a soli 16 anni, conseguì il diploma di maestra presso
la Scuola Normale di Cosenza, dove s’era trasferita in casa di
uno zio materno. Ada amò molto questo suo zio, al punto tale
che gli dedicò una lunga lirica, forse la più lunga tra quelle
da lei scritte.
Conseguito il diploma di maestra, Ada Saffo Sapere ritorna a
Pazzano. Il padre l’accoglie con affetto e con rispetto. I
voti da lei riportati agli esami erano una testimonianza che gli anni di studio erano stati proficui: il 10 in
lingua italiana stava a significare tutto! Iniziò subito ad
insegnare nelle scuole elementari di Pazzano, dove già
insegnava suo padre. Per poterlo fare si pensò di falsificare benevolmente il suo certificato di nascita, perché a
sedici anni non si poteva ottenere l’incarico. La giovanissima
maestra Ada Saffo Sapere iniziò l’insegnamento nell’anno
scolastico 1909 / 1910.
Nel 1933 lasciò le scuole elementari di Pazzano e si trasferì
presso la scuola media di Polistena con l’incarico di
insegnante di francese. A Polistena terminò la sua carriera di
insegnante.
La Sapere, è bene riportarlo, si impadronì della lingua
francese da autodidatta. Per far ciò visitò più volte la
Francia e i paesi francofoni e fu proprio il contatto con questi
paesi che le consentì di scrivere e parlare correttamente il
francese. La
Sapere fu eletta presidente dell’U.D.I. (Unione Donne
Italiane) della Calabria. In
un congresso dell’U.D.I., a livello mondiale, tenutosi a
Firenze, la Sapere parlò ai delegati per più di un ora in
francese, riscuotendo applausi e approvazioni.
Si racconta che un giorno la nostra poetessa, leggendo un
giornale, apprese che un cittadino Belga era desideroso di
intraprendere una corrispondenza epistolare con un cittadino del
nostro paese con lo scopo di arricchire la conoscenza della
lingua italiana. La Sapere accettò l’invito e così ebbe inizio un
lungo scambio di lettere a scopo didattico. Un giorno i due
“epistolografi” decisero di incontrarsi
per conoscersi di persona. Henri Stieltjes, questo il
nome del belga, ed Ada Saffo si incontrarono a Pazzano. Da
questo incontro, come spesso accade, nacque tra i due un amore
che, ben presto, si coronò con il matrimonio. Da
questo matrimonio nacquero tre figli: Doriano, William e
Roberto. Doriano morì all’età di due anni.
Purtroppo il matrimonio della Sapere col belga non durò a
lungo, ben presto naufragò per incompatibilità di carattere e
per marcata differenza culturale. Il
marito della Sapere non era altro che un minatore con l’hobby
della pittura, ma per la poesia e la letteratura egli non
dimostrava alcun interesse.
Quanto sopra si evince da un appunto che la Sapere ha
scritto a matita in un suo quaderno di versi:…. “come se non
ci fosse stata carta in casa mia…quel campione di
“delicatezza” che era mio marito, scarabocchiava i quaderni
dei miei versi”. Così, monsieur Henri Stieltjes, non avendo nulla da
fare a Pazzano, ritornò in Belgio. (senza arte né parte)!
Più tardi gli intrepidi figli della poetessa Sapere, partirono
in cerca di fortuna raggiungendo prima il padre a Bruxelles, poi
in Congo e, infine, in Brasile. Così Ada Saffo Sapere,
condannata ad inseguire i figli, assai intraprendenti, partì
per il Brasile.
Il Belgio prima, il Brasile dopo, rappresentarono per la
poetessa un vero e proprio esilio “letterario”. Costretta
dalla lontananza si estraniò dal mondo letterario italiano e
troncò ogni collaborazione con i giornali su cui spesso
pubblicava le sue poesie. “E come dovevo svolgere,
un’attività culturale e letteraria a San Paolo? Gli italiani
emigrati erano poveri operai, molti analfabeti, in cerca di
lavoro e non certo per leggere i miei versi”.
Dal Brasile, quand’ella non sperava -quale “figliuola
prodiga”- di rivedere l’amata Calabria ritornò
inaspettatamente a Pazzano. Fu il suo ritorno nel paese, a lei
tanto caro, un tripudio. La gente le manifestò grande affetto.
Rivide i suoi ex alunni e a tutti rivolse un affettuoso saluto.
Non si stancava di conversare con tutti e di tutti chiese
notizie. Poi volle essere accompagnata in Chiesa. Dinnanzi alla
statua del S.S. Salvatore si inginocchiò e rimase in
raccoglimento per un po’. Quando si alzò i suoi occhi erano
velati di lacrime. “…Magna Sila, sarò senza ritorno; senza
ritorno la figliola prodiga o terra di Calabria”. Così
scrisse quando era a San Paolo….“Non ci fu giorno della mia
vita, nel mio peregrinare per il mondo in cui non ho rivolto il
mio pensiero a questa Chiesa, a Pazzano, a questi luoghi, a
questa buona gente. Da questa struggente malinconia, nel forzato
esilio, scaturì come limpido ruscello di montagna, la mia
poesia Calabria”.
“Calabria” fu pubblicata per la prima volta sul
bollettino mensile “La stella sulla vetta”, fondato e
diretto dal compianto Don Mario Squillace.
La Sapere, finché dimorò in Italia, collaborò con
diversi giornali e riviste: La Roma Letteraria; La Vita
Letteraria; La Rivista Adriatica; Quaderni di Poesie; La Vita
Nazionale e la Rassegna Letteraria. I critici di quel tempo,
sulla poesia di Ada Saffo Sapere, si espressero con giudizi
molto favorevoli. Ecco alcuni giudizi: Salvatore Quasimodo,
premio nobel 1959: Ada Saffo Sapere, colei che più si
avvicina alla fatica del mio spirito. Il compaesano Roberto Taverniti, fondatore e
direttore di Terra Nostra e capo redattore de Il divenire sociale: Certe cose le sa dire
soltando Ada. Il Prof. Silvio Mollo, critico Letterario
del Giornale “Roma” Quando Ada ci lascerà
perderemo una verace poetessa ed una grande anima. Il
filosofo calabrese Antonio Renda scrisse: Ella scrive
non quando la stimola un pensiero, sebbene quando il cuore
trabocca
Durante la sua ultima permanenza in Calabria la poetessa, decise
di pubblicare nel 1979 una raccolta di 39 poesie ma ne rimasero
tante inedite, purtroppo! Chi si assunse l’onere della
pubblicazione di questa raccolta fu l’amministrazione comunale
del tempo.
La produzione letteraria di Ada non si esaurì con lo scrivere
soltanto versi. Ella scrisse parecchie novelle che desiderava
tanto pubblicare, ma non ne ebbe mai l’occasione.
L’INCONTRO CON SALVATORE QUASIMODO
Salvatore Quasimodo, dopo aver conseguito il diploma di perito edile,
abbandonò la sua Sicilia e si trasferì a Roma, per frequentare
il Politecnico. Sarà egli costretto ad abbandonare gli studi
per le sue precarie condizioni economiche. Egli trovò un posto
presso il Genio Civile di Reggio Calabria. Come tecnico, si recava in questo comprensorio per
controllare i lavori in fase di esecuzione. Venne spesso a
Pazzano dove nel 1926 diresse i lavori di sventramento del
centro abitato per consentire un collegamento viario con Bivongi.
L’incontro fra Quasimodo e la Sapere avvenne per caso, una
mattina sulla corriera “La rapida”, che collegava Pazzano
con lo scalo ferroviario di Monasterace. Quest’incontro fu
l’inizio di una lunga e stretta collaborazione con il poeta
che si consacrò nella dedica alla Sapere del volume “Acqua e
terra”. Il premio Nobel Quasimodo stimò moltissimo la nostra
poetessa. Ciò si evince dal contenuto da una lettera che il
poeta le indirizzò il 27 - 01 - 1931 da Reggio Calabria. Ada
Saffo Sapere si trovava a Bruxelles quando apprese che il suo
amico Salvatore, a Stoccolma, ricevette dal re Gustavo Adolfo di
Svezia l’ambìto Prix Nobel.
Ada dimorò a lungo anche in Germania per attendere
alla traduzione in italiano, del romanzo scritto dalla baronessa Annette Von Droste-Hulshoff, “Il faggio dei
Giudei”.Scrisse poesie sino a pochi mesi dalla sua morte. Le
ultime sono datate Febbraio 1982. La vita di Ada non fu del tutto tranquilla: errare
forzatamente per il mondo non è certamente piacevole
specialmente quando si è costretti a rinunciare a qualcosa di
importante: il contatto con il mondo letterario a cui tanto ella
fu legata. Le soddisfazione che la nostra poetessa ebbe nella
sua vita, tranne quella avuta quando era fattiva collaboratrice
dei giornali sopra indicati, furono le pubblicazioni del
volumetto “ Poesie” e poi il premio letterario che ella
ricevette il 28 06 1980, quale miglior poeta dell’anno 1979,
nell’ambito del concorso nazionale di poesie di Soverato. Il
premio le fu consegnato dal Ministro della cultura On.
Signorello. Due sono le cose che la Sapere non ha potuto
concretizzare: pubblicare le sue novelle ed essere sepolta nel
cimitero di Pazzano, accanto ai suoi cari.
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IN BREVE:
Ada Saffo Sapere nacque a Catanzaro
il 17/03/1893. La vita della Sapere è stata dedicata a scrivere
poesie e novelle sin dalla prima età giovanile. Infatti ella
iniziò a comporre versi a soli tredici anni, ancora studentessa
di scuola media, sbalordendo il colto padre e, perfino, i suoi
professori. A solo 16 anni consegui il diploma di maestra e
successivamente insegnò.
Dal suo matrimonio con il belga Henri Stieltjes ebbe tre
figli, per i quali fu costretta ad emigrare.
Anche lontano dal suo paese natio continuo a scrivere
rivolgendo spesso le sue poesie ai luoghi della sua
infanzia. Ebbe una grossa amicizia e una proficua
collaborazione con il premio nobel Salvatore Quasimodo.
Le soddisfazione che la nostra poetessa ebbe nella
sua vita, furono le pubblicazioni del
volumetto “ Poesie” e poi il premio letterario che ella
ricevette il 28 06 1980, quale miglior poeta dell’anno 1979,
nell’ambito del concorso nazionale di poesie di Soverato.
Scrisse poesie sino a pochi mesi dalla sua morte che
avvenne nell'anno 1982.
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