La storia del Santuario - La nuova chiesa
Indice |
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La storia del Santuario |
Le Origini |
La nuova chiesa |
Restauro del 1844 |
Il Convento |
P.zza Indipendenza |
Tutte le pagine |
La fabbrica della nuova chiesa, di cui si sconosce il nome del progettista, forse Mariano Smiriglio, architetto del Senato palermitano, fu inizialmente seguita da P. Domenico. Richiamato quest’ultimo a Roma, dopo qualche tempo, delegò l’incarico a D. Giovanni Torres Oxono, giudice della Regia Monarchia, nominandolo procuratore generale. Da Roma, interessò il Vicario Generale affinché inviasse a Palermo due confratelli, P. Benedetto di S. Pietro di Sinigallia e P. Guglielmo della Resurrezione di Montefiascone, che giunti a Palermo ricevettero le consegne dal Procuratore Generale e vigilarono sullo svolgimento dei lavori. I due religiosi non abitarono subito la casa. Attesero che fossero recintati i muri. Celebrarono la loro prima messa l’11.10.1610 e da quella data iniziarono ad abitare l’edificio.
La costruzione della Chiesa non fu per niente facile. Numerose furono le difficoltà e le opposizioni. Il luogo dove doveva sorgere la chiesa era militarmente delicato. Era troppo vicino al Palazzo Reale e al relativo baluardo. Il Presidente del Consiglio di Guerra Don Garcia Olivera, unitamente a molti magistrati, senatori e al pretore della città, avevano manifestato il proprio dissenso al Viceré marchese di Vigliena. Ma l’appoggio del Viceré ai Carmelitani era incondizionato, almeno fino all’inizio del 1611, periodo in cui scadeva il suo mandato vicereale. Da quel periodo, almeno fino alla nomina del nuovo viceré, il card. Giannettino Doria, a cui era stato lasciato l’incarico provvisorio di reggente, continuò l’appoggio ai Carmelitani e sopperì generosamente alle loro necessità. Il nuovo Viceré, Don Pietro Giron, Duca d’Ossuna, nominato il 1/4/1611, accogliendo in pieno le istanze del Consiglio di Guerra, intimò ai Carmelitani di lasciare entro sei giorni il convento poiché la posizione dell’edificio era dannosa per la sicurezza , in particolare per il Palazzo Reale. Nell’occasione convocò nel Palazzo Vicereale il Superiore dei carmelitani P. Benedetto di San Pietro. Anche il cardinale venne messo a tacere dal risoluto atteggiamento del nuovo viceré. Inutili furono le suppliche del frate carmelitano a cui non rimase che chiedere, con preghiere e digiuno, l’intervento della Madonna che anche questa volta non deluse le aspettative dei reclamanti. Infatti, il Viceré, nella notte che precedeva l’ultimo giorno concesso ai frati, ebbe un malore e colto da depressione e preoccupazione ebbe la sensazione di udire la voce della Vergine che lo rimproverava dell’ultimatum che aveva dato ai carmelitani, custodi di un luogo a Lei consacrato. La cosa turbò non poco il Duca d’Ossuna e fu così che il suo primo pensiero mattutino fu quello di convocare il Superiore del convento, P. Benedetto di San Pietro, a cui raccontò quello che gli era accaduto e lo informò della revoca di qualsiasi ostacolo alla loro permanenza nel convento donatogli dal marchese di Vigliena e l’assicurazione di personale aiuto per le loro necessità.
Per la continuazione della costruzione, oltre all’aiuto del Duca d’Ossuna, i frati ebbero l’appoggio economico del Senato palermitano, di molta nobiltà e di tanta gente comune palermitana. Una lapide a ricordo di tanta generosità venne collocata all’interno della chiesa poi sostituita, nel 1884, dell’attuale ancora visibile.
Autorità e popolani, nonostante la sconfitta subita, e nonostante l’appoggio incondizionato dato al Viceré, ostacolarono nella raccolta delle elemosine i carmelitani. La cosa provocò problemi di sopravvivenza ai frati. Un aiuto notevole però arrivò loro dal cardinale Giannettino Doria.
Ben presto la gente cominciò ad apprezzare la vita religiosa dei Carmelitani. Una spinta a questo ravvedimento venne dato loro dal Viceré e dal cardinale Doria. Il Viceré, su sollecito dei Carmelitani, liberò dalla forca due persone. Altre due furono liberate dalla pena della galea e molti altri dalla frusta. Tutto questo oltre ad essere favorevolmente apprezzato dalla popolazione, permise la continuazione della costruzione della chiesa e del convento.
La chiesa fu completata nel 1625, anno della sua inaugurazione. Un’iscrizione venne posta sopra la porta.