Presentazione di Vittorio Messori

foto piccolissimo, con la madre

foto 1. alle scuole elementari

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Notizie, novità e appuntamenti
I "dialoghi" su Gesù

Sin dal primo numero di Jesus (uscito, come programmato, nel gennaio del '79 con una grossa campagna di stampa che suscitò scalpore per un Gesù “in giacca e cravatta”, per segnalare subito l’attenzione all’oggi della fede) , sin dal primo numero, dunque, Messori pubblicò una “puntata” di quei dialoghi su Gesù che confluirono poi nel volume dal titolo Inchiesta sul cristianesimo. Inchiesta davvero a tutto campo, realizzata con un incontro e un dialogo approfondito con famosi agnostici, atei, cattolici di ogni confessione, credenti di altre religioni.

Una straordinaria “mappa” delle ragioni per credere e di quelle per dubitare, nel confronto personale, diretto, con i grandi nomi della fede e della incredulità.

Nei 22 anni, fino ad oggi, in cui ha collaborato con Jesus, il nostro vi ha sempre curato dei “cicli”, diluiti mese per mese, che sono poi confluiti in libri. Dopo i Dialoghi su Gesù, fu la volta, per anni, de Il caso Cristo, da cui vennero i due volumi Patì sotto Ponzio Pilato? (1992) e Dicono che è risorto (2000), tradotti, ovviamente, in molte lingue.

Venne poi il lungo tempo del Taccuino mariano che, nonostante i solleciti pressanti di numerosi editori, Messori non si è deciso ancora a pubblicare. Dopo di che, fu la volta degli Incontri, con i responsabili degli ordini e delle congregazioni religiose, per individuare, attraverso la loro testimonianza, opportunità e problemi della Chiesa in questi decenni postconciliari.

Da poco, poi, è iniziata La bussola che intende prolungare la celebre rubrica Vivaio di Avvenire, che è ripresa sul mensile Il Timone, pochi anni dopo.

Dice lo scrittore: "Trovo molto utile, per me e –spero anche per il lettore, questa formula di anticipare sulle pagine di un giornale i capitoli dei miei saggi in costruzione. Quando si tratta, in effetti, di passare al libro, posso rielaborare e completare il materiale anticipato, valendomi di ulteriori studi e riflessioni e, soprattutto, del contributo dei lettori che criticano, elogiano, collaborano. Se rispondo a tutti è anche per gratitudine: questo dialogo continuo, iniziato col primo libro stesso (dove mettevo l’invito a scrivermi) è talvolta faticoso ma molto produttivo".

Accanto, però, al lavoro per Jesus, Messori continuava la riflessione per un seguito a Ipotesi su Gesù. Lo straordinario successo aveva naturalmente indotto i maggiori editori, non solo cattolici ma anche laici, a fare pressioni per avere un nuovo libro da lui.

E, invece, seguirono sei anni di silenzio e di rifiuto non solo di ogni proposta editoriale ma anche di impegno nella redazione o, talvolta, nella direzione di importanti giornali. Anni pure di rifiuto (che sarà poi costante, interrotto solo da ben poche eccezioni, rispetto alla quantità dei solleciti e delle richieste) di una presenza televisiva, spesso a livello di gestione di trasmissioni o di spazio personale.

"Quello che mi interessava era continuare la mia ricerca sulle ragioni della fede. Intendevo continuare il programma che, sin dall’inizio, mi ero proposto, senza farmi condizionare dalle proposte che mi arrivavano da tutte le parti. Volevo, cioè, cercare di rispondere alla domanda, semplice o terribile, che sorge davanti al vangelo: ‘E’ vero o non è vero?‘.

Dopo avere riflettuto sul dossier di notizie storiche di cui disponiamo su Gesù Cristo, era il momento di confrontarsi con la credibilità , con la verità del suo messaggio: che è un annuncio di vita eterna aperta a tutti. E’ questo il cuore del Vangelo, che non a caso è tutto basato sulla vittoria di Gesù sulla morte: una risurrezione che è speranza per tutti che la morte non sia l’ultima parola e che questa nostra vita terrena non sia che un prologo della vita vera, quella che tutti attende nell’eternità.

Una fede che non guardi all’aldilà, pur prendendo radicalmente sul serio la storia, finisce per essere superflua e diventare un umanesimo filantropico, un volontariato, un impegno socio-politico".

La scommessa

Così, nel 1982 –dopo ben sei anni, appunto, dal primo libro– usciva Scommessa sulla morte: era una tale provocazione in una società (e spesso, purtroppo, in un a Chiesa) dove questa realtà è rimossa che nella rete commerciale dell’editore ci fu una sorta di rivolta.

Per una questione di fedeltà (e di devozione a don Bosco di cui, quand’era alla SEI, aveva curato una biografia: il suo primo, ignorato lavoro editoriale) Messori aveva rifiutato le offerte delle grandi case laiche, riaffidando il nuovo manoscritto alla editrice salesiana. I cui venditori, però, protestarono per il titolo, trovando la parola “morte” troppo cruda per librai e lettori. In realtà, anche Scommessa sulla morte è ancora in catalogo e continua ad esser ristampato, avendo ormai superato le 400.000 copie, trovando sempre nuovi lettori anche nelle traduzioni che continuano.

Malgrado i timori dei venditori, per alcuni è uno dei libri più intensi dello scrittore e anche uno dei più profetici: la crisi mortale del marxismo, proprio per la sua disumanità, vi è tra l’altro denunciata con vigore, malgrado per molti, allora, il comunismo avesse ancora un grande futuro.

Dopo il Cristo (Ipotesi su Gesù) e il suo messaggio centrale di vita e di risurrezione (Scommessa sulla morte), Messori intendeva adesso scandagliare la realtà della Chiesa.

Una Chiesa che, soprattutto in quegli anni, sembrava smarrita, alla ricerca di una nuovo assetto istituzionale se non, addirittura, di nuovi, diversi contenuti di   fede.

Niente di più adeguato che interrogare, al proposito, il “guardiano“ stesso del Credo cattolico, quel cardinal Joseph Ratzinger che Giovanni Paolo II aveva messo a capo dell’ex Sant’Uffizio, ora Congregazione per la Dottrina della Fede. Impresa che tutti davano per impossibile: mai un “Prefetto della Fede“ aveva ricevuto giornalisti, rompendo il proverbiale silenzio, la storica discrezione del Sant’Uffizio. I cui archivi, tra l’altro, erano ancora chiusi alla consultazione.

Messori, però, grazie a una tenacia unita alla credibilità guadagnata con i due best seller già pubblicati, non solo otteneva di essere ricevuto, come intervistatore, dal card. Ratzinger ma addirittura di fare un libro con lui.

A Bressanone

Così, a partire dal Ferragosto del 1984, il cardinale e il giornalista si chiudevano, soli, in una sala del seminario di Bressanone, deserto per la vacanze estive. Da tre giorni interi di colloqui nasceva Rapporto sulla fede che, anticipato in alcuni brani da Jesus nel novembre di quel 1984 e pubblicato in libro (dalle edizioni San Paolo) la primavera successiva, provocava un enorme clamore nella Chiesa di tutto il mondo.

Subito tradotto in molte lingue (l’edizione americana, in tascabile, si vendeva nelle stazioni e negli aeroporti e superò il mezzo milione di copie, diffusione di massa anche in spagnolo, in tedesco, in francese) Rapporto sulla fede costituì un tale choc che molti, nelle recenti storie della Chiesa, utilizzano la data della sua pubblicazione come la fine del periodo postconciliare, almeno nella sua fase   turbolenta e contestatrice.

Nell’autunno di quell’anno si apriva in Vaticano il Sinodo mondiale dei vescovi per commemorare i vent’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II: alla folla, insolitamente numerosa, dei giornalisti accorsi da ogni Continente , attratti dalle polemiche roventi suscitate dal libro curato da Messori, il portavoce vaticano dovette subito e pubblicamente precisare che i vescovi non erano lì per discutere di quel volume.

Il cardinal Ratzinger denunciava con tale chiarezza pericoli e difficoltà nella Chiesa e condannava con tale nettezza teologie come quella detta “della liberazione”, che la reazione degli ambienti clericali progressisti fu così virulenta da non limitarsi agli insulti e alle aggressioni verbali, in una miriade di articoli, opuscoli, interventi televisivi. "In effetti" ricorda Messori "a un certo punto dovetti lasciare per qualche tempo Milano e ritirarmi, senza lasciare indirizzo, in una casa di religiosi amici, lontano dalla città. Continuavo a ricevere minacce –quasi sempre anonime ma talvolta firmate con nome e cognome da religiosi imbestialiti– con le quali mi si annunciava che avrei pagato cara la ‘colpa‘ non solo di avere intervistato il Grande Inquisitore ma di non averlo contraddetto, indignato, quando demoliva le teorie di chi vedeva nel postconcilio solo una nuova primavera della Chiesa… Le minacce di aggressione fisica non arrivavano solo con la posta o con il fax ma anche con continue telefonate, anche notturne. Così, dovetti staccare per qualche tempo ed entrare, per così dire, in clandestinità….                         

Ci fu addirittura un teologo che mi denunciò ai tribunali ecclesiastici, a norma del diritto canonico, ‘per avere attentato alla tranquillità della Chiesa ‘: e, questo, per avere riferito senza commenti il pensiero del braccio destro dottrinale del Papa… Si replicò che, in realtà, quello del libro non era Ratzinger ma il Ratzinger secondo Messori, da lui manipolato. Il cardinale, allora, ricordò ufficialmente di avere rivisto ed approvato il testo che gli avevo sottoposto prima della pubblicazione. Cose, del resto, che già aveva detto alla folla dei giornalisti, intervenendo di persona alla presentazione del Rapporto in Vaticano.

Devo dire che ancora oggi ricevo lettere di ringraziamento per queste pagine perché, mi si scrive, hanno ridato fiducia a coloro che temevano di doversi ormai rassegnare alla liquidazione della dottrina cattolica di sempre".

Nasce l'Italia, gioe col piccone