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La psicoecomonia è un nuovo settore di ricerca che unisce psicologia ed economia. Essa considera che nelle decisioni finanziarie, e non solo queste, sono spesso le emozioni a influenzare le nostre scelte. A essere messo in discussione è il postulato che considera i comportamenti e le decisioni degli operatori economici - consumatori, investitori, risparmiatori - necessariamente improntati a razionalità, nel senso che tendono a ottimizzare l'utile che si può ricavare dall'impiego delle risorse; ragion per cui le 'regole' dell'economia hanno una loro razionalità intrinseca che non va messa in discussione. Di qui la possibilità di fare previsioni e indagini di mercato matematicamente attendibili. Nello specifico individuale studia, ad esempio:
Citerò un esperimento che è esplicativo del tutto. Avete comprato un biglietto per l'Opera. State andando al teatro. All'ingresso vi accorgete di aver perso il biglietto balconata, che vi era costato 150 euro. Che fate, ricomprate il biglietto? Scena due: siete sempre a teatro, arrivate all'ingresso e vi accorgete che avete perso 150 euro che tenevate nella borsa. Che fate, ricomprate il biglietto? La questione, economicamente parlando, è la medesima (si tratta sempre di centocinquanta euro), ma le soluzioni sono diverse. La maggior parte delle persone sottoposte a questo esperimento non ricompra il biglietto nel primo caso, ma lo fa nel secondo. Prova che esistono delle contabilità mentali differenti: una cosa sono i soldi che abbiamo destinato a un divertimento, e una cosa i soldi che teniamo nel portafoglio, per le spese correnti. Lo studio del comportamento economico delle persone va da cose piccole a cose più significative: dalle trappole nelle quali cadiamo quando paghiamo, ai saldi, una maglia 39 euro e 99 centesimi, all'illusione per la quale un broker compra un titolo che sale, convinto che continuerà a salire. E anche se questa disciplina è agli albori, è sicuramente molto promettente: tanto che viene ormai studiata nelle migliori università americane, ad Harvard, Berkeley, Stanford e al Mit. "Semplificando potremmo dire che gli economisti classici partono dal presupposto che gli individui massimizzino la loro utilità individuale, vale a dire che siano egoisti e razionali. Tutte le politiche economiche, e le previsioni, partono da questo assunto", spiega Paul Webley, ricercatore dell'Economic Psychology Research Group dell'università di Exeter, e autore del primo saggio pubblicato in Italia sul tema, Psicologia economica della vita quotidiana (Mulino). "Noi psicologi sociali mettiamo invece in dubbio l'assunto secondo il quale quando si tratta di denaro le persone siano razionali. Ogni studio che abbiamo fatto sui processi decisionali mostra invece come le persone agiscano spesso in maniera irrazionale: se l'economia considerasse questo presupposto psicologico, anche le scelte economiche dei governi sarebbero diverse". Che il nostro cervello, soprattutto quando si tratta di soldi, non sia per niente razionale, lo ha scoperto per primo Daniel Kahneman, che non è un economista, ma uno psicologo: il secondo psicologo della storia, dopo Herbert Simon, a ricevere il Nobel per l'Economia. Kahneman vive e lavora a Princeton, ed è il fondatore di una branca di studi, ora molto vivace, chiamata "Finanza comportamentale". Kahneman ha dimostrato come le scelte economiche, micro e macro, sono prese nell'irrazionalità e suo è l'esperimento sul biglietto del teatro. "Le decisioni dei consumatori, dei risparmiatori, degli imprenditori, degli operatori finanziari non si fondano su un'analisi dei dati a disposizione, e non sono prese con un metodo costante", spiega Kahneman. "È dimostrato per esempio che una persona che possiede un milione di euro e ne perde centomila è più scontento di un'altra che possiede centomila euro e ne guadagna diecimila. Quel che conta infatti non è tanto quanto si guadagna ma come lo si guadagna". Il nostro cervello emotivo, la parte più antica, quella viscerale, registrerebbe infatti solo due tipi di emozioni, quella del guadagno e quella della perdita. Questa ricerca, dunque, punta proprio al cuore dell'economia, come analisi del comportamento umano, per riformarla radicalmente. Si conclude che, come ha dimostrato Kahneman, i soldi non sono tutti uguali. Per la nostra mente 100 euro non valgono sempre cento euro. Facciamo un altro esempio: se avevamo in mente di risparmiare duemila euro in un anno e ci ritroviamo ad averne messi da parte 100, considereremo questi soldi di poco valore. Se invece avevamo in mente di risparmiare 200 euro in un mese e ne abbiamo messi da parte la metà, questi soldi saranno preziosissimi e ci procureranno maggiore soddisfazione. In pratica, il modo in cui "frazioniamo" mentalmente il nostro denaro incide drasticamente sulle scelte che facciamo. Ma il modo in cui li valutiamo ha a che fare con le emozioni e con le cose che crediamo giuste o sbagliate.
Dott. Roberto Cavaliere |