Pinochet? Non “dittatura” ma “regime militare”. E in Cile è polemica

7 gennaio

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Il movimento degli studenti universitari in Cile ha già costretto alle dimissioni due ministri dell’Istruzione in meno di un anno. Ma il terzo ministro, appena nominato, rischia di andarsene fra il sarcasmo e l’indignazione di tutta l’opposizione. Harald Beyer ha annunciato ieri che dal prossimo corso scolastico, che inizierà a marzo, dai sussidiari delle elementari scomparirà la definizione “dittatura” per i diciassette anni di Pinochet (1973-90) e sarà sostituita da un più generico “regime militare”.

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di Omero Ciai da “La Repubblica” del 6 gennaio 2012 Repubblica.it: il quotidiano online con tutte le notizie in tempo reale.
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Simbolicamente è il primo colpaccio della maggioranza di destra andata al potere, per la prima volta dopo vent’anni, con Sebastian Piñera. Presidente che, fin qui, era stato molto attento a non confondere la sua gestione con gli anni della dittatura.
Caustico il primo commento dell’ex presidente democristiano Eduardo Frei: “Una dittatura è una dittatura e basta”. Mentre Lagos Weber, ex ministro portavoce di Michelle Bachelet, ha commentato: “Forse Piñera vuole passare alla storia come il presidente che ha negato l’esistenza di una dittatura? Ogni cosa ha il suo nome e quella di Pinochet non fu un regime militare ma una dittatura”.
Il ministro Beyer si difende precisando che la decisione del governo vuole “invitare al dibattito sugli anni del regime militare” e che, ovviamente, i maestri a scuola potranno continuare ad utilizzare, se vogliono, la parola “dittatura”. Ripulire la memoria degli anni più bui del regime iniziato con il bombardamento del palazzo presidenziale (la Moneda), la morte di Salvador Allende, e lo sterminio dei suoi collaboratori, è una vecchia ossessione della destra cilena.
Molti di coloro che appoggiano e lavorano con Piñera hanno collaborato politicamente con Pinochet e vogliono imporre una visione revisionista ed annacquata della dittatura dimenticandone gli orrori. Piñera è un presidente prestato alla destra, visto che nel suo pedigree c’è anche l’opposizione a Pinochet, ma oggi è debolissimo – con un consenso nel paese ai minimi, intorno al 20% – e forse non è più in grado di tenere a bada gli umori revanscisti dei partiti che lo appoggiano.
E sui sussidiari a Santiago è scoppiata la tempesta. La senatrice socialista Isabel Allende, la figlia più piccola del presidente morto nel golpe del ’73, ha detto che il cambiamento della definizione è “inaccettabile”. “Vanno contro il senso comune, visto che tutto il mondo sa che in Cile per diciassette anni c’è stata una dittatura feroce. Non c’era un Parlamento, non c’erano libertà civili e politiche, ci furono persecuzioni, omicidi politici, desaparecidos, e moltissime e gravi violazioni dei diritti umani”.
“Questi libri di storia dureranno appena il tempo che durerà Piñera alla Moneda”, ha sentenziato il deputato comunista Hugo Gutierrez. Mentre a destra si applaude giustificando i nuovi sussidiari di storia con il fatto che fino ad oggi è stata privilegiata solo una interpretazione dei fatti, “in tinta rossa”, “da una sola ottica”.
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Inserito su www.storiainrete.com il 7 gennaio 2012

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