SAPESSI COM'E' STRANO...

Lea Vergine ed Enzo Mari
lotta continua con l'amore

Una storia sbagliata alle spalle, l'incontro a Napoli, la convivenza a Milano, la denuncia
per concubinaggio. La critica d'arte racconta la sua lunga storia col maestro del design

di ANGELA PUCHETTI
Come due continenti diversi, Lea Vergine, esploratrice e pioniera della critica d’arte, ed Enzo Mari, maestro del designer italiano, hanno un’identità forte, distinta e parlano linguaggi differenti (capaci di generare torpiloqui molto inventivi quando discutono) ma allo stesso tempo sono accumunati dalle medesime cose – fondamentali per loro  in cui credono. La coppia, formata da opposti  attratti da forze geofisiche più grandi di loro  è consolidata da 48 anni eppure in perenne assestamento. «Siamo agli antipodi e la nostra storia ha funzionato in modo misterioso  spiega Lea, che conserva una bellezza e un’eleganza stile Audrey Hepburn unita a un’autoironia senza tempo  É stata una sfida e un conflitto continuo, anche se, è vero, sulle cose importanti ci troviamo d’accordo».

S’incontrarono a Napoli, dove lei viveva, su invito di Giulio Carlo Argan. «Lavorammo per un anno a Linea Struttura, una nuova rivista d’avanguardia. Venne bene, ma i giovani si sentono profeti e noi eravamo rigidissimi…così ne uscì un numero solo». E tra i due predestinati non successe niente: l’amore era ancora in gestazione. A progetto concluso, era il 1966, esplose «l’incontenibile mistero delle coppie», come lo chiama lei. «Avevamo entrambi altri matrimoni contratti quasi da bambini. E con scandalo generale dopo cinque o sei mesi andammo a vivere insieme». La convivenza comincia a Milano nell’estate
del ’66. «In via dei Bossi, un portoncino di fronte all’istituto Goethe, una casa piccolissima del Credito italiano… quando pagavamo l’affitto ci guardavano come due delinquenti» – ricorda lei che arrivava da altre abitudini, civiltà e capacità economiche – «Tutto rimosso e sublimato dalla passione, tranne i due indimenticabili portinai che friggevano tutto il giorno cibi dagli odori nauseabondi».

LE ALTRE PUNTATE Aimo Moroni e Nadia Giuntoli Andrée Shammah e Franco Parenti Mariuccia Mandelli e Aldo Pinto Nedo Fiano e Rina Lattes Moni Ovadia e Elisa Savi Enrico Baj e Roberta Cerini Luisa Beccaria e Lucio Bonaccorsi Ombretta Colli e Giorgio Gaber

Dopo le lamentele dei due inquilini del terzo piano, la situazione si capovolse in un modo grottesco. «Ci vennero a prendere alle 5 del mattino come due pericolosi ricercati: eravamo stati denunciati per concubinaggio. Era il ’67 o il ’68 e non c’era ancora il divorzio. – ricorda Lea in un flashback di quell’alba kafkiana – Pensammo ai nostri rispettivi coniugi, invece erano stati i portinai, che al nostro ritorno ritrovammo felici». Nel 1971, espiato il karma immobiliare, i due fuoriclasse si trasferiscono in zona Magenta, dove vivono tutt’ora. «Quando decidemmo di avere nostra figlia, Meta, non per sete di legalità, di cui eravamo satolli, ma per evitarle inconvenienti burocratici ci risposammo nel ’78, a Milano». Prima ci fu il divorzio con testimone eccellente: Gillo Dorfles. «Non riuscivamo a non ridere e i giudici dandoci degli incoscienti, ci fecero uscire dall’aula per tre volte, prima di procedere».

La Milano degli anni Sessanta e Settanta, dedita alla contestazione e al fervore politico riserva loro frequentazioni eccellenti. «Ci si vedeva a casa di Gillo e sua moglie Chiara, detta Lalla, da Arturo Schwarz, da Silvana Ottieri con Paolo Castaldi, Fabrizio Dentice, Camilla Cederna…». Intanto, nel privato, Vergine e Mari sperimentano le loro facoltà nel toccare estremi di grande lontananza. Mentre Lea sa ravvisare un grande potenziale romantico perfino nella geometria, subendo il fascino dei flussi ondeggianti di quadretti o pois, Enzo, che lei definisce una monade, una pietra, è indecifrabile come un meteorite capace di alimentare una sorta di ossessione amorosa. «Non è che me la posso prendere con lui. E’ privo di malizia, è come un bambino o un selvaggio, con purezza di cuore. E se penso di vivere senza di lui non è possibile».

Lavorare autonomamente, lei in via Sant’Agnese, lui in piazzale Baracca, però è indispensabile. «Quando mi sono occupata dell’arte programmatica e cinetica (non perché lui faceva parte del movimento) era contrario, non lo trovava opportuno e non ricordo sia venuto all’inaugurazione della mostra. E neanche ha mai letto il mio libro sulla Body art.» Lei, per fortuna è andata avanti per la sua strada, anche durante le recenti disavventure di salute di entrambi che hanno trasformato le loro tipiche discussioni in un continuo e silenzioso cercarsi e ritrovarsi negli occhi dell’una e dell’altro. Anche per la tenacia di Lea nel continuare a lavorare in un momento non facile, dal 22 settembre al Mart di Rovereto  non è da perdere l’affascinante mostra, da lei curata, il cui titolo cita un verso di W. H. Auden: “Un altro tempo. Dal Decantismo al Modern style” dedicata agli anni Dieci-Quaranta.

Entrando nella loro vita quotidiana, si scopre che lui ama recarsi al supermercato, lei ha bisogno di un sedativo per metterci piede e predilige la spesa di frutta e verdura nei mercatini rionali. Per i vestiti, invece, «la classe, a prezzi umani», di Mimma Gini, Lisa Corti e Fabiana Bassani in via Cesare Correnti.  Cucinare la pasta insieme li fa andar sempre d’amore e d’accordo: pensare di farlo, per loro, è come darsi un appuntamento. «Lui fa l’assistente, lava, taglia, asciuga. Io so, quando me lo dicono, di scrivere bene, ma quando si complimentano per la mia pasta, sono molto più felice».

Insieme, al cinema, hanno amato gli stessi temi e registi, da Roman Polanski a Matteo Garrone, da Billy Wilder a Gianni Amelio. Cambiano i gusti per la letteratura o la musica, di cui lei ne sa più di qualsiasi critico d’arte, mentre lui è esperto di piante, animali, muffe, bacilli…Tra i loro musei preferiti ci sono il Poldi Pezzoli, per via della sensazione di vecchia casa milanese e le meraviglie di Brera. Altri luoghi di conforto per entrambi sono quasi tutti vicini a Sant’Ambrogio: il Cenacolo con Leonardo, Santa Maria alle Grazie, i giardini di Guastalla, la chiesa di San Maurizio a vedere il Luini, i chiostri dell’Università... Sulle cose che contano, appunto, sono d’accordo…

(23 agosto 2012) © Riproduzione riservata