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Corriere della Sera

Il voto Il secondo turno Le grandi sfide del doppio turno Perché con l' elezione diretta l' esito non è mai scontato

Rimonte fallite e ribaltoni choc Il ballottaggio da Fini ad Alemanno

La storia Bologna ' 99, Venezia 2005 e Roma 2008 sono i casi più clamorosi di voto rovesciato

ROMA - Felice Casson, il magistrato delle inchieste di Porto Marghera, se la ricorda ancora (e benissimo) quella competizione sulla Laguna per la poltrona di sindaco di Venezia. Giugno 2005, Casson si avvia a una probabile vittoria, sotto le bandiere dell' Unione, contro il sindaco uscente Paolo Costa, centrodestra. Il nome nuovo di Casson risplende nei sondaggi. Ma il giorno prima della chiusura delle liste, l' imprevisto: Massimo Cacciari, già sindaco dal 1993 al 2000, si ripresenta per un terzo mandato accettando la proposta della Margherita di correre il 3 e il 4 giugno. Centrosinistra in subbuglio, Romano Prodi, contrariatissimo, salva la faccenda con un «a Venezia sarà una specie di grande primaria». Enrico Letta si schiera con Cacciari, Pier Luigi Bersani con Casson. Al primo turno Cacciari totalizza un 23% contro il 37,7% di Casson e così la «grande primaria a sinistra» diventa gara fratricida. Alla fine vince Cacciari col 50,52% contro il 49,5% di Casson. Venezia l' imprevedibile. Ne qualcosa anche il ministro Renato Brunetta che nel febbraio 2010 tenta la gara per la prima poltrona. Si sente sicuro, a suo agio, ha l' intero centrodestra al fianco con un centrosinistra stanco. Al punto che Enrico Mingardi, assessore alla mobilità nella giunta uscente di Massimo Cacciari, saluta tutti (soprattutto il candidato del centrosinistra Giorgio Orsoni) e trasloca in area brunettiana: «Nel suo programma vedo chiarezza». Brunetta promette di non lasciare il governo e di rinunciare al compenso da sindaco («mi paga già lo Stato»). I sondaggi mostrano incertezza, fino all' ultimo la battaglia è aperta. In area governo c' è ottimismo. Ma alla fine Orsoni sbalordisce al primo turno con un 51% contro il 42% del ministro. Che se la prende con la Lega: «Con i loro consensi avrei vinto, forse il Carroccio si distrae con i candidati del Pdl...». Nulla è impossibile, nei ballottaggi. Come la rimonta clamorosa, con mancata vittoria, di Filippo Penati alla Provincia di Milano nel giugno 1009. Appena 4626 voti di distacco, che vanno e vengono fino alla sera degli scrutini. Tra primo e secondo turno il pd Penati riesce a riguadagnare nei sondaggi 9,8 punti. Ma non bastano per una manciata. A volte ritornano, come Cacciari. Ma a volte no, come sa altrettanto bene Francesco Rutelli che il lunedì 13 aprile 2008, conosciuti i risultati del primo turno, si sente idealmente nuovo sindaco di Roma. Come Cacciari, anche lui è stato a lungo sulla poltrona che ora rivuole, dal dicembre 1993 al gennaio 2001. Walter Veltroni si dimette da sindaco di Roma all' inizio del 2008 per guidare il Pd alle elezioni. E il centrosinistra si rivolge a lui, considerandolo un marchio doc. Al primo turno benone: 45,77% dei voti contro il 40,74% di Gianni Alemanno, lo sfidante del centrodestra. Ma domenica 27 e lunedì 28 aprile i romani cambiano idea: 46,3% a Rutelli ma 53,6% ad Alemanno che strappa Roma al centrosinistra dopo 15 anni. Già, il Campidoglio, terreno indimenticato di un' altra rimonta straordinaria, proprio 15 anni prima. Ma perduta a un passo dalla vittoria. Quella di Gianfranco Fini che, forte dell' esplicito appoggio del Cavaliere (allora entusiasta) sfida Rutelli e un compattissimo centrosinistra: «Io posso vincere, se arriva un candidato di centro Rutelli ce la fa al 99%, con me no». La clamorosa novità spazza tutti e al primo turno vince Rutelli. Fino al secondo turno, nonostante l' arrivo dei voti «da sinistra» lasciati liberi da Renato Nicolini, Rutelli si sente in difficoltà. E fino al 5 dicembre i due concorrenti corrono sul filo dei 3 punti percentuali di differenza, molti i giorni in parità assoluta. Fini ci crede fino all' ultimo. Poi vince Rutelli, col 53,1% dei voti. Però l' altro incassa lo «sdoganamento» dell' allora Msi-Dn. Bisogna forse arrivare al giugno 1999 per trovare un contrappasso. Lo scenario è Bologna la Rossa, amministrata da mezzo secolo dalla sinistra storica comunista e postcomunista (Dozza, Fanti, Zangheri, Imbeni, Vitali). Questa corazzata attraversa il mare delle elezioni facendosi condurre da Silvia Bartolini. Con una doppia auto-rassicurazione: mezzo secolo di potere e in più la novità di una donna candidata. Come perdere? E perché? Nel fronte opposto Giorgio Guazzaloca, presidente dei commercianti bolognesi, liquidato come «il macellaio». Che nella notte del primo turno porta a casa a metà scrutinio un 45,60% contro il 43,3% della Bartolini. Sudori freddi. Terrore. Poi il primo turno si chiude con Bartolini al 48,2% contro il 40,7% del «Guazza». Ma la vera mazzata arriva il secondo turno, alla fine del mese, con il centrodestra in piazza Maggiore che porta in trionfo «il macellaio» sudato e stravolto. Ha regalato al centrodestra una vittoria da 50,6% contro il 49,3% della sinistra. Paolo Conti RIPRODUZIONE RISERVATA

Conti Paolo

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(30 maggio 2011) - Corriere della Sera

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