Aggiornamento: La connessione ad internet è stata sbloccata ed è ora funzionante.
Le manifestazioni sono iniziate in Tunisia, dove è nata la prima rivolta nel tentativo di rovesciare il regime (semi)dittatoriale di Ben Ali. Una rivolta che ha avuto il suo successo nel giro di qualche giorno, com’è normale che sia quando grandi masse si muovono unite verso uno stesso obiettivo. Una vittoria dovuta, in parte, allo strumento che ha permesso la coordinazione dei manifestanti attraverso il quale è stato scacciato il regime più longevo e più solido. Questo strumento è la Rete. Tramite Internet la gente scopriva la corruzione dilagante nel governo di Ben Ali ed il controllo che questi esercitava sui media locali che, per connivenza o per omertà, non svolgevano appieno il ruolo di “cani da guardia” del potere.
Ben Ali controllava praticamente tutti i canali di comunicazione, eccetto la Rete, che per la sua efficacia nella distribuzione globale delle informazioni e per la sua pressoché impossibilità ad essere controllata è diventata il principale mezzo per le rivoluzioni e le organizzazione di massa.
Le cause della rivolta sono invece da attribuirsi al rapido aumento dei prezzi di beni alimentari assieme al malcontento derivante dalla corruzione del governo in carica. Una situazione analoga a quella presente in altri Paesi vicini quali l’Algeria e l’Egitto.
Proprio in Egitto, pochi giorni dopo, si è diffusa un’analoga insoddisfazione fra i cittadini egiziani i quali, per le stesse ragioni ovvero per l’aumento dei prezzi dei beni alimentari (e la crescente speculazione che ne è conseguita), forti della speranza e del coraggio della vittoria in Tunisia, hanno dato il via alla rivolta che ha portato il governo del dittatore Mubarak ad adottare numerose contromisure fra le quali la più drammatica è l’uso della violenza contro i manifestanti. La novità questa volta è stata, tuttavia, quella di spegnere completamente tutti i canali di comunicazione in uso ai cittadini. I telefoni non hanno campo, le televisioni ripetono perpetuamente un messaggio divulgato dal dittatore ed Internet non funziona più.
Si tratta del più grande attacco alla Rete mai realizzato nella storia di Internet: ottanta milioni di utenti bloccati in un colpo solo!
Esattamente come è accaduto in Tunisia, i cittadini più informati scoprivano, grazie alla rete, che la realtà delle cose era diversa da ciò che gli veniva detto ed è per questo Mubarak, non potendola controllare, l’ha bloccata impedendo ai service provider di fornire il servizio.
Nei prossimi giorni si deciderà se permettere un governo di mediazione capeggiato da El Baradei, Premio Nobel per la Pace che si dichiara disponibile a risolvere pacificamente la difficile situazione.
Le elezioni di domenica tuttavia, nonostante la dubbia regolarità, hanno riconfermato il governo Mubarak con la quasi totalità dei seggi, sebbene abbiano partecipato solamente il 25% dei cittadini.
Nel frattempo la rivolta prosegue e diventa sempre più violenza ed il quadro generale è ancora molto preoccupante, ci si chiede spesso se i Paesi occidentali possano in qualche modo contribuire a migliorare la situazione. In particolare, via via che gli scontri si fanno più violenti, si chiede con maggior pressione un intervento deciso dell’Unione Europea, essendo i Paesi membri molto vicini all’Egitto ed essendo una delle maggiori zone di commercio, e quindi di trattative, per gli egiziani.
In buona sostanza, vista la drammatica situazione, è concreto pensare che numerosi cittadini, manifestanti e non, presi dalla disperazione e dal panico tentino di scappare verso nord, essendo questa l’unica via possibile. L’Italia è quindi un candidato ideale dove rifugiarsi e tuttavia, allo stato attuale, difficilmente potrà offrire una buona accoglienza ad un eventuale migrazione in massa.
Vi consiglio una lettura interessante, quella di Claudio Messora, la visione delle numerose fotografie segnalatemi da Marco Ottanelli, reali ed agghiaccianti, pubblicate su totallycoolpix.com e il videomondo di YouTube.
L’immagine più bella e che voglio ricordare dei cittadini egiziani è quella di chi rischia la vita per vedere riconosciuta la tutela dei propri diritti. Ho trovato del materiale interessante sul blog di ByoBlu sul quale viene linkato un video riguardante le rivolte attuali. Un ragazzo pronuncia le parole che troverete in fondo a questo articolo. La voce della forza di combattere, della speranza di vincere.
Prima o poi toccherà anche a noi difendere i nostri diritti, ed allora il primo di questi sarà la tutela e l’accesso libero alla Rete, perché un popolo senza libertà di informazione è un popolo controllabile.
Nel rapporto della Freedom House relativo al 2010, di livello mondiale, la Tunisia è classificata in posizione 186, considerata fra i paesi non liberi, mentre l’Egitto è in posizione 130, considerato fra i paesi parzialmente liberi. In paragone, e per completezza, l’Italia si trova in posizione 72, fra i paesi parzialmente liberi, a pari merito con Benin, Hong Kong ed India. In posizione leggermente migliore della nostra ci sono il Sud Africa e il Tonga, mentre in posizione immediatamente inferiore troviamo la Bulgaria e la Namibia.
L’Italia è l’unico Paese nell’Unione Europea a non vantare una stampa libera e finché la situazione non migliorerà saremo una democrazia a rischio.
Fotografie di Valentina Perniciaro.“Non ci metteranno a tacere. Che tu sia cristiano, che tu sia musulmano, che tu sia di qualsiasi altra religione, oggi tu pretenderai i tuoi maledetti diritti. Noi avremo i nostri diritti. In un modo o nell’altro. Non ci metteranno mai a tacere.”
E infatti ho parlato di internet per Tunisia ed Egitto, dove i regimi stazionano da trent’anni!
In Tunisia i cittadini, grazie a Wikileaks, hanno capito la corruzione e la crudeltà di Ben Ali!
Oggi grazie ad internet sappiamo un sacco di cose, vediamo centinaia di video e di foto che nessun altro media ci propone.
Queste rivoluzioni sono, semplicemente, diverse.
Non concordo sull’argomento principale ovvero sul “ruolo della rete nelle rivoluzioni”. Mi pare che si dia un’eccessiva enfasi allo strumento “internet” come strumento di salvezza dei popoli.
Basta andare indietro nel tempo ed osservare proteste simili organizzate negli anni 70 in Italia (ma anche in Francia per dirne un’altra). Questo è stato un periodo travagliato in cui si organizzavano manifestazioni di tutti i tipi (studenti, lavoratori, centri sociali, etc..). Alcune di queste manifestazioni sono sfociate in violenza ma molte hanno dato avvio ad una fase di rinnovamento nella politica e nella società italiana. Erano quelli tempi in cui c’era internet? No, non c’erano neanche i cellulari. Al massimo i gettoni telefonici. Come si organizzavano le proteste? Erano forse i nostri genitori meno informati di quanto possiamo esserlo noi. non erano a conoscenza delle dinamiche di corruzione dell’epoca? erano proprio così fessi?
Ritornando ad oggi, mi pare semplicistico dire che grazie ad internet i tunisini hanno scoperto la corruzione dilagante. se fosse vero ci si dovrebbe chiedere come mai la Tunisia sia uno degli stati in cui il governo ha maggiormente favorito la diffusione di interent. D’altra parte, si stima che il tasso di penetrazione di Internet in Egitto sia solo del 15%.
Ciò che voglio dire è che, non trascurando il ruolo di Internet nel mondo attuale, è necessario secondo me tenere in considerazione molti altri fattori che influenzano le masse e hanno favorito le rivolte (secondo me al Cairo è più veloce il passaparola che internet…)