LA RIVISTA DEI LIBRI HA DECISO DI CHIUDERE MA TORNA ALFABETA

Le bozze del numero di giugno sono state appena corrette. Figurano, fra gli altri, un articolo sul mondo di Facebook e un intervento di Tim Parks. Poi La rivista dei libri chiuderài battenti. Nacque vent' anni fa, nell' aprile del 1991, da un' idea di Umberto Eco, che da poco aveva visto concludersi l' esperienza di un altro periodico di cultura, Alfabeta. Per due decenni è stata l' edizione italiana della prestigiosa New York Review of Books, dalla quale traduceva grosso modo metà degli articoli, ma un' altra metà la commissionava autonomamente. Ed era specializzata in un genere fra quelli più in bilico, la recensione di libri. Da tempo le sue condizioni erano precarie e anche gli abbonamenti si erano contratti, scendendo sotto quota novecento. Pietro Corsi, il direttore fin dalla fondazione, ha provato a trasferire tutto on line, seguendo l' esempio della casa madre newyorchese, ma poi ha fatto un paio di con ti e si è accorto che il gioco non sarebbe valso la candela. Così, dopo vent' anni, «e molto serenamente», aggiunge, ha deciso di smettere. Non sono tempi facili per l' editoria, figuriamoci per quella di cultura. Ma Corsi, storico della scienza e professore a Oxford, aggiunge una riflessione sulla natura di una rivista che si è trovata in un ambiente stretto, ai limiti dell' asfissia, «quello in cui ci si recensisce a vicenda». «Noi abbiamo cercato di sottrarci a questa regola tutta italiana», aggiunge Corsi, «ci siamo dati un principio, lo stesso che vige per la New York Review of Books, per cui bisogna evitare di recensire gli amici noti e i nemici noti. Ma i margini erano esigui. Inoltre pensavo che la nostra rivista potesse convivere con la quantità enorme di recensioni che compaiono in rete. E invece ho capito che la prassi, soprattutto fra i più giovani, di attingere alla critica on line impone a una rivista come la nostra di chiudere il suo ciclo». La rivista dei libri fu pensata vent' anni fa da Eco e dal suo amico Robert Silvers, che reggeva la New York Review of Books. Il periodico americano tenne per sé il 50 per cento del capitale e il diritto di designare il direttore. «L' altra metà», racconta Corsi, «fu sottoscritta dalla Rizzoli. Dal 1996 la quota della Rizzoli venne rilevata dal Gruppo Espresso, che la tenne fino al 2003. Da allora siamo tornati di proprietà della sola New York Review of Books ». Discussione e confronto di idee sono stati gli ingredienti voluti da Corsi, che ha voluto evitare di fare critica militante. «Sono intervenuto pochissimo. Una volta ho scritto in difesa di Carla Benedetti querelata da Walter Pedullà, solo per tutelare il diritto a essere duri, ma non scorretti. Un po' come nel rugby. Un' altra volta ho dovuto reagire a un attacco di Emanuele Severino che mi disse: "Non finirà bene né per lei né per la sua rivista". Per il resto, in vent' anni abbiamo avviato confronti civili, ma è come se in Italia mancasse una società degli scambi culturali e al suo posto ci fosse una grande ritualizzazione». La chiusura della Rivista dei libri ha in qualche modo un aspetto ciclico. Da qualche tempo Eco e Nanni Balestrini hanno avviato un progetto per far rinascere proprio Alfabeta, il periodico nato nel 1979 e chiuso dieci anni dopo e che oltre a loro aveva come promotori Maria Corti, Paolo Volponi, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Francesco Leonetti e Mario Spinella. A fine maggio sarà pronto un numero zero. L' uscita è prevista per settembre. E il primo numero? Parlerà degli intellettuali. © RIPRODUZIONE RISERVATA

FRANCESCO ERBANI