Questi appunti sono la trascrizione della prima lezione tenuta
dal dott. Massimo Martinucci alla Scuola di Educazione Civile sul tema
Introduzione alle Nuove Religioni il 26 ottobre 1995.
Gran parte del contenuto riprende ampiamente o si ispira a conferenze,
articoli o volumi del dott. Massimo Introvigne. Si indicano in particolare
i seguenti testi:
La questione della nuova religiosità, Cristianità, Piacenza
1993;
Le sètte cristiane. Dai Testimoni di Geova al reverendo Moon,
Mondadori, Milano 1990;
I nuovi culti. Dagli Hare Krishna alla Scientologia,
Mondadori, Milano 1990;
Le nuove Religioni, SugarCo, Milano 1989;
Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo,
SugarCo, Milano 1990;
Idee che uccidono. Jonestown, Waco, il Tempio Solare,
Mimep-Docete, Milano 1995.
Scopo di questi incontri sarà quello di fornire una introduzione
allo studio dell'argomento "Nuove Religioni", un inquadramento
del fenomeno, una sua classificazione, una premessa che cercherà
di fare stato della situazione attuale e soprattutto delle ragioni storiche,
sociologiche, psicologiche che hanno portato alla situazione attuale per
quanto riguarda appunto il nostro tema.
Innanzitutto occorre, premessa alla premessa, affrontare la questione terminologica.
Questione già questa complessa e che ha dato origine a discussioni
a non finire tra gli studiosi e a un nutrito dibattito anche tra gli esperti
del settore appartenenti sia alle chiese tradizionali che alle stesse nuove
religioni. Perché tutte queste dispute?
Ho chiamato il mio corso Introduzione al tema "Nuove Religioni",
e questo aggettivo, nuove, richiama immediatamente il fatto che ci occuperemo
di movimenti religiosi che sono nati recentemente oppure che hanno in sé
degli elementi di novità, ma già questo termine non è
del tutto convincente, perché immediatamente nasce la domanda «recentemente
quanto?» oppure «novità rispetto a che cosa?».
Per esempio: sono le varie forme di quello che noi chiamiamo Protestantesimo
sufficientemente recenti (e quali di queste?) o abbastanza vecchie (e quali
altre?) per essere considerate una religione tradizionale oppure una nuova
religione? C'è da dire che specificamente su questo gli studiosi
sembrano essere tutti d'accordo, e riconoscono alle denominazioni nate
in seguito alla Riforma Protestante lo status di religioni tradizionali
-- e infatti non ci occuperemo di protestantesimo in questo corso -- ma
la domanda era lecita, tanto è vero che in Giappone si è
dovuto procedere ad una ulteriore specificazione per distinguere i movimenti
recenti da quelli recentissimi, e così si parla di "nuove religioni"
-- shin-shukyo, nate nell'Ottocento -- e di "nuove religioni nuove"
-- shin-shin-shukyo, nate negli anni trenta del nostro secolo o dopo la
seconda guerra mondiale. Il termine "nuovo", infatti, invecchia
in fretta, e una cosa chiamata nuova oggi, tra qualche anno, o qualche
secolo, potrà essere difficilmente chiamata così. Fatto sta
che le espressioni "nuova religione" e "nuovo movimento
religioso" sembrano, nonostante le difficoltà di cui ho fatto
cenno, i più adatti a definire queste realtà. Ci sono però
altri termini che vengono correntemente usati: setta, culto, denominazione,
ed altri ancora, non escluso naturalmente il termine chiesa.
Non sembri che queste distinzioni siano pura esercitazione accademica:
se i sociologi della religione e i teologi si preoccupano di distinguere
bene tutte queste espressioni ci sono validissimi motivi, per esempio perché
usare un termine o l'altro può avere una grande importanza nell'orientare
l'ascoltatore, quando si parla di questo o quel gruppo. Supponete di sentire
alla televisione la notizia di un incontro tra il "santone di una
oscura setta" e il "responsabile di una pacifica comunità
religiosa". E evidente come il primo sia presentato negativamente
e il secondo invece in modo positivo da chi vi dà la notizia, e
magari la setta è oscura solo perché sconosciuta e poco appariscente,
e i suoi membri (ma verrebbero presentati come adepti, che è una
parola più... oscura) non hanno mai fatto male ad una mosca, mentre
la pacifica comunità può darsi che non sia altro che una
organizzazione che serve a spillare pacificamente denaro ai creduloni che
le si rivolgono.
Per la stampa e per noi persone normali, utenti dei mass media, infatti,
un gruppo percepito come "diverso" o "ostile" verrà
chiamato "setta", mentre un gruppo percepito come "buono"
o "legittimo" verrà chiamato "chiesa" o "comunità".
Per questo, nel linguaggio corrente di ciascuna denominazione cristiana
(rimaniamo per il momento nell'ambito cristiano), un tempo si utilizzava
senza troppe preoccupazioni il termine "setta" per designare
tutte le altre confessioni religiose, riservando il termine "chiesa"
solo per sé. Ma la sociologia della religione si preoccupa invece
di definire in termini obiettivi la differenza fra "chiese" e
"sette", e sono nate molte classificazioni, anche se nessuna
veramente convincente. Ricordo ad esempio, tra le più seguìte,
la distinzione di un teologo protestante, Ernst Troeltsch, che distingue
tre tipi: il tipo-chiesa, definito come un gruppo religioso in armonia
con la società circostante, il tipo-setta, un gruppo religioso che
contesta la società circostante, e il tipo-mistico, un gruppo religioso
che si disinteressa sostanzialmente della società e concentra la
sua attenzione nell'autoperfezionamento dei suoi membri. Ma i movimenti
religiosi subiscono nel tempo delle modificazioni, oppure si presentano
diversamente in luoghi diversi, e così queste categorie, che sono
tuttora utilizzate in molti manuali di sociologia della religione, appaiono
però oggi inadeguate. Infatti nuove religioni che un tempo erano
da considerarsi senza dubbio "sette" secondo questa classificazione
(cioè gruppi che contestano la società circostante), si sono
andati integrando nella società, e così ci troviamo di fronte
a nuovi movimenti che magari in una città sono da considerare "setta"
e nella città vicina "chiesa". Macroscopico il caso dei
Mormoni, che a Salt Lake City, nello Utah, costituiscono la maggioranza
della popolazione, mentre nel resto del mondo sono una sparuta minoranza
niente affatto integrata. Mi chiedo quindi se sia corretto operare una
classificazione che non tenga conto per niente dell'insieme delle credenze,
della dottrina di un dato gruppo e che si basi invece esclusivamente sul
rapporto che questo gruppo instaura con la società circostante,
vale a dire segua meri criteri sociologici. Queste difficoltà di
inquadramento hanno fatto nascere altre proposte terminologiche, ed alla
classificazione di Ernst Troeltsch hanno fatto sèguito altre, la
più nota delle quali però, essendo proposta da due sociologi,
ha gli stessi limiti: si tratta della classificazione redatta dagli autori
del famoso volume The Future of Religion, del 1985, Rodney Stark e William
Sims Bainbridge. Stark e Bainbridge operano una grande distinzione in due
gruppi non comprendendo le chiese tradizionali, ma solo le nuove religioni,
e seguono il criterio di quanto queste siano "devianti" nei confronti
della tradizione dominante. Allora abbiamo le "sette", gruppi
religiosi devianti all'interno di una tradizione non deviante, e i "culti",
gruppi religiosi devianti all'interno di una tradizione anch'essa deviante.
Per esemplificare, sarebbero da considerare come "setta" i Testimoni
di Geova, che adottano tutto sommato punti di riferimento di una tradizione
cristiana, pur essendo considerati devianti dagli altri cristiani; sarebbero
da considerare "culti" invece ad esempio gli Hare Krishna o gli
"Arancioni", perchè i loro riferimenti e i loro simboli,
tratti dalla tradizione orientale, sono percepiti come esotici ed estranei
dalla società circostante. Questi esempi naturalmente valgono per
l'Occidente, perché in India sarebbe esattamente l'opposto.
I teologi e le Chiese cristiane maggioritarie, dal canto loro, si sono
preoccupati più nel cercare di capire quali di questi gruppi possono
far parte di un'area comune cristiana (e quindi meritare l'appellativo
di "chiesa"), e quali invece non possono in alcun modo essere
definiti cristiani, anche se a volte "di origine cristiana" (e
quindi essere classificati come "sette"). Ma anche qui i criteri
per una definizione sono tanti quanti gli studiosi che li propongono; così
in anni recenti sia i sociologi della religione che molti studiosi delle
Chiese maggioritarie, in particolar modo della Chiesa Cattolica, hanno
suggerito di abbandonare del tutto termini come "sette" o "culti",
per il semplice motivo che vengono percepiti come offensivi e denigratori,
preferendo utilizzare invece espressioni come "nuove religioni"
o "nuovi movimenti religiosi", rinunciando, con questi termini,
a dare loro implicitamente e preventivamente una collocazione. In pratica
però, in Italia e in genere in Occidente, con il termine "chiesa"
si intende una religione tradizionale: la Cattolica, le grandi denominazioni
protestanti, l'Islam. Con il termine "setta" di solito si intende
un nuovo movimento religioso di origine cristiana e con "culto"
invece un nuovo movimento religioso di origine non cristiana, quindi, in
pratica, le religioni di derivazione orientale. Questo, quando viene fatto
non caricando i termini con significati dispregiativi o denigratori, può
già essere utile per abbozzare un tentativo di classificazione non
di tipo sociologico ma che tenga invece conto del contenuto dottrinale
dei movimenti religiosi, indipendentemente dal contesto sociale circostante.
Superato dunque questo inciampo terminologico, quasi spontaneamente si
presentano questi due grandi gruppi di nuovi movimenti religiosi: quello
formato dalle cosiddette "sette", ma che io chiamerò "nuovi
movimenti religiosi di origine cristiana", e quello formato dai cosiddetti
"culti", vale a dire i "nuovi movimenti religiosi di origine
orientale". Ma non tutte le realtà presenti nel vastissimo
panorama della nuova religiosità possono essere inquadrate in questi
due gruppi. Ci sono infatti movimenti che non sono di derivazione né
cristiana né orientale: in alcuni di essi l'accento viene posto
sull'autoperfezionamento e sul "potenziale umano" -- e ci troviamo
di fronte ad un terzo gruppo --. Ce ne sono poi altri che privilegiano
un rapporto con il sacro diverso dalla religione come viene comunemente
intesa: in questo caso troviamo, in un ulteriore quarto gruppo, elementi
di "New Age", o forme di magia e di spiritismo; allora è
lecito chiedersi se siamo di fronte a -- seppure nuovi -- movimenti ancora
denominabili "religiosi" o non si passi invece in quell'altro
"universo parallelo" rappresentato dai "nuovi movimenti
magici".
In questo abbozzo di classificazione in quattro grandi gruppi, basata su
criteri di contenuto dottrinale, osserviamo come, passando dal primo --
movimenti di origine cristiana --, al secondo -- di origine orientale -
-, al terzo -- movimenti del potenziale umano -- e infine al quarto --
movimenti con elementi magici -- si affievolisca progressivamente in essi
il concetto che noi abbiamo comunemente di religione. Se per il primo gruppo
infatti non abbiamo problemi a riconoscere il carattere di religione a
chi si ispira al cristianesimo, anche se ha modificato in molti punti la
sua dottrina, già con il secondo gruppo può venire qualche
dubbio, se si pensa che il buddhismo, per esempio, è considerato
più una filosofia che non una religione; allo stesso modo il caposaldo
dei movimenti di origine orientale, -- ma presente anche in altri movimenti
non del secondo gruppo -- e cioè la dottrina della reincarnazione,
non è considerata una dottrina religiosa, ma un'idea filosofica.
Se poi passiamo al terzo gruppo, che insiste sulle potenzialità
dell'uomo mettendo in secondo piano l'intervento divino, e al quarto gruppo,
che addirittura lo ignora completamente rivolgendosi a pratiche che di
religioso non hanno più nulla, vediamo che ci siamo allontanati
completamente dall'idea che di solito si ha di una religione.
E sta qui infatti la chiave di lettura e di interpretazione che ci permette
di districarci nel complicatissimo campo della nuova religiosità
organizzata nei movimenti religiosi alternativi. La chiave ci è
offerta proprio da questa classificazione in quattro gruppi, che è
stata elaborata sulla base di criteri storici e teologici da Massimo Introvigne,
di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove
Religioni, che è uno dei massimi esperti nel mondo su Nuova religiosità,
Magia e Satanismo.
Questa classificazione è attualmente la più accreditata,
ed è la più utile, soprattutto per la mentalità occidentale,
per orizzontarsi come dicevo in questa intricata foresta. Massimo Introvigne
preliminarmente nota come la tradizione occidentale e cristiana sia caratterizzata
da quattro temi centrali: il senso religioso, come modo tipicamente occidentale
di porre la domanda sulle origini e sul destino dell'uomo e del mondo;
Dio, considerato come l'unica risposta adeguata a questa domanda; Gesù
Cristo, mediatore fra Dio e gli uomini; e la Chiesa, come luogo in cui
Gesù Cristo si fa continuamente presente e incontrabile nella storia.
Per i cattolici, evidentemente, questo schema ha valore di verità
teologica; ma anche il sociologo e lo storico non cattolici si trovano
obbligati a riconoscerli come elementi che hanno connotato la visione del
mondo occidentale per molti secoli. Da ciò ne consegue che lo schema
stesso, e la classificazione che ne deriva, che vedremo sùbito,
non ha solo valore storico e teologico, ma anche sociologico.
Inoltre questa classificazione dà ragione anche dell'aggettivo nuova
usato nei confronti di una religione alternativa; ci chiedevamo infatti
poco fa: in che senso nuova? Quando si può considerare nuova? Nel
momento in cui ci si trovi di fronte ad una religione che rifiuta uno o
più di questi elementi, appare legittimo usare l'aggettivo nuova,
perché nuova rispetto a tutta la tradizione precedente, nuova non
solo in termini cronologici, di successione temporale, ma più propriamente
di contenuto.
Infatti si tratta proprio di questo: di un maggiore o minore allontanamento
di quei princìpi-cardine che hanno retto la società occidentale
per secoli. Andando dunque ad esaminare i quattro gruppi già prima
descritti per sommi capi, e interpretandoli alla luce dei quattro elementi
caratterizzanti la tradizione cristiana ed occidentale, ovvero il senso
religioso, Dio, Gesù Cristo, la Chiesa, ci accorgiamo di trovare
in ciascuno dei gruppi un progressivo allontanamento da questi stessi princìpi,
e una negazione, un rifiuto di ciascuno di essi, partendo dall'ultimo,
la Chiesa, per arrivare fino al primo, il senso religioso, potendo abbinare
ciascun gruppo a ciascun principio.
Il primo gruppo, quello dei nuovi movimenti religiosi di origine cristiana,
rifiuta, come ho detto, il quarto di questi elementi caratterizzanti --
la Chiesa --, secondo la celebre formula «Cristo sì, Chiesa
no». Si tratta dei nuovi movimenti religiosi che nascono dalla cosiddetta
Riforma radicale, che non si accontentano della Riforma protestante, ritenendo
che la Chiesa fosse talmente corrotta da non essere più possibile
riformarla, ma soltanto rifondarla. Da questo ceppo nascono tutti quei
nuovi movimenti religiosi, e sono veramente moltissimi, che dagli anabattisti
come i Mennoniti, Hutteriti, Amish, Quaccheri, eccetera, passando per Scienza
Cristiana, Mormoni, Avventisti del Settimo Giorno, Testimoni di Geova,
Bambini di Dio, (solo per citarne qualcuno!), vanno fino alla Chiesa dell'Unificazione
del Reverendo Moon e alle cosiddette Piccole Chiese.
Il passaggio successivo, in questo itinerario, dopo la negazione della
Chiesa, è la negazione di Gesù Cristo: dopo «Cristo
sì, Chiesa no», abbiamo un secondo gruppo che riconosciamo
nella formula «Dio sì, Cristo no». Il rifiuto del cristianesimo
-- che incomincia a manifestarsi con l'Illuminismo e la Rivoluzione francese
-- porta a riscoprire culti dell'antichità pagana, reinventati in
modo spesso fantasioso; ma ancora più spesso porta all'incontro
con le religioni orientali, anch'esse quasi sempre adattate in qualche
modo al gusto occidentale, tanto da diventare, così trasformate,
delle vere e proprie nuove religioni di origine orientale, che, ripeto,
nascono dal rifiuto successivo della Chiesa e di Gesù Cristo. In
questo secondo gruppo, anche questo nutritissimo, riconosciamo facilmente,
tra le altre, nuove religioni come gli Hare Khrishna, Aurobindo, Sai Baba,
le nuove religioni giapponesi di origine buddhista come la Soka Gakkai,
quelle non buddhiste come Tenrikyo oppure Oomoto o Mahikari.
Procedendo ancora, troviamo il terzo gruppo di nuovi movimenti religiosi,
quelli che, dopo il rifiuto della Chiesa e di Gesù Cristo, rifiutano
anche la nozione che la tradizione occidentale ha di Dio stesso: abbiamo
quindi la formula «Religione sì, Dio no». Rifiutando
l'idea di Dio ovviamente viene messa in discussione il loro stesso essere
religioni, ma essi lo rivendicano tenacemente, forse anche per non perdere
le facilitazioni fiscali di cui le denominazioni religiose godono, specialmente
negli States, e a cui invece le attività commerciali o semplicemente
culturali non possono accedere. In questi gruppi Dio non viene negato,
ma si pone in un orizzonte lontano, in posizione defilata, mentre l'accento
viene posto, come abbiamo visto, sull'autoperfezionamento e sul "potenziale
umano". In questo terzo gruppo spicca su tutti la Scientologia, fondata,
curiosamente, da un famoso autore di libri di fantascienza, Ron Hubbard.
Il quarto e ultimo gruppo è quello che, non contento della negazione
della Chiesa, di Gesù Cristo, di Dio, nega lo stesso senso religioso.
E viene evocata una nuova formula: dopo «Cristo sì, Chiesa
no», poi «Dio sì, Cristo no» e «Religione
sì, Dio no», abbiamo finalmente «Sacro sì, Religione
no», facendo cadere l'ultimo baluardo degli elementi della tradizione
cristiana e occidentale, il senso religioso. In questo caso parlare ancora
di nuovi movimenti religiosi è in effetti un po' azzardato e il
termine diventa semplicmente convenzionale. Troviamo qui il New Age e tutto
un mondo di idee, di tendenze, di aspirazioni dette "religiose"
ma che in realtà recuperano rapporti con il sacro diversi dalla
religione, come lo sciamanismo e la magia. Si trovano qui poi altri temi,
come la reincarnazione e l'ecologia profonda, che però sono presenti
anche in altri nuovi movimenti religiosi.
Vedete come quella semplice e quasi spontanea classificazione in quattro
gruppi e quella osservazione secondo cui vi si notava un progressivo affievolirsi
del concetto di religione vengono corroborati da una solida argomentazione
storica e teologica.
Lo stesso percorso di classificazione dei nuovi movimenti religiosi --
lo accenno solo brevemente -- è valido anche per i movimenti magici,
con la differenza che in questo caso non ci troviamo di fronte ad un atteggiamento
di rifiuto, ma ad un tentativo di appropriazione. Intendo dire che la magia
si differenzia dalla religione proprio per essere, più che un'esperienza
del divino, un'esperienza del potere. Ci imbatteremo quindi in un primo
tipo di movimenti magici che non rispondono alla formula "no alla
Chiesa" ma piuttosto a "voglio essere la Chiesa", e qui
troviamo i movimenti di tipo iniziatico. Poi, parallelamente ai movimenti
religiosi che negavano il ruolo di Gesù Cristo, troviamo il corrispondente
magico "voglio essere il Cristo", cioè "voglio possedere
i suoi poteri", essenzialmente il potere di comandare agli spiriti:
movimenti magici di tipo spiritista. Avanzando ancora in quello che Massimo
Introvigne chiama il "sentiero magico" in questa "foresta
dei simboli", troviamo il terzo gruppo, quello che pretende di appropriarsi
dei poteri di Dio, gruppo formato dai movimenti magici di tipo cerimoniale.
Il quarto gruppo corrisponde alla vera e propria voragine in cui cadono
coloro che, spesso dopo anni e anni di tentativi infruttuosi, si rendono
conto, guardandosi allo specchio, di non vedere Dio ma un pover'uomo, e
non di rado con grossi problemi esistenziali e psicologici. A questo punto,
se non riescono a trovare la forza di tornare sui propri passi percorrendo
la via della conversione, rovesciano la propria impossibilità di
"essere Dio" in un odio metafisico per Dio e cadono nel satanismo,
vero e proprio punto di arrivo, a cui per fortuna giungono pochi.