Adesso che la notizia è ufficiale, sarebbe fin troppo facile sparare sul morto. Dopato al Tour 1998, quello della celebrata doppietta con il Giro. Marco Pantani dopato con epo, eritropoietina, l’ormone che – diffuso a livello capillare in tutto lo sport – in quegli anni ha tragicamente trasformato il ciclismo e l’intero panorama delle discipline mondiali. I più attenti lo avevano intuito anche dalle vicissitudini sportive e non che hanno tormentato la vita del Pirata, prima della tragica morte per overdose di cocaina nel febbraio del 2004. Una circostanza, questa, ancora non chiarita abbastanza. Ma fino ad oggi non c’era il crisma della positività ufficiale che a quindici anni di distanza arriva con l’inchiesta del Senato francese. Una positività che non porterà alcuna sanzione, nessun rimpasto di classifica, se l’Uci manterrà fede a quanto anticipato dal presidente McQuaid e di cui, a parte il ristabilimento di una verità storica fin qui solo intuita, non si capisce l’utilità. Erano quelli gli anni dell’epo selvaggia. Lo sapevano e lo sanno tutti. Anni in cui i corridori si dopavano trasformando il proprio sangue in melassa anche semplicemente per arrivare al traguardo. Anni in cui medici, tecnici, dirigenti sportivi, massaggiatori, suiveurs, atleti vedevano scorrere fiumi di epo sotto i loro occhi senza batter ciglio, senza la minima reazione. Spesso incoraggiando il ricorso alle pratiche più illegali e pericolose. Facendo in taluni casi la formazione in base ai valori ematici: “Tu hai solo 50 di ematocrito, dunque non corri…”. Tanto mi veniva riferito all’epoca da qualche tremebondo ciclista. Il tutto con l’avallo di “media” incoscienti ma ben concentrati nel celebrare la gloria effimera di giganti dai piedi d’argilla. Continua »
INTEGRATORI: USO E DIFFUSIONE
In collaborazione con il Dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali dell`Università del Piemonte Orientale proponiamo la partecipazione attraverso il link qui sotto ad uno studio sociologico sull`uso di integratori e farmaci per migliorare le prestazioni sportive da parte di atlete/i non professioniste/i. Si tratta della prima ricerca sociologica che si pone l`obiettivo di studiare le pratiche di consumo di tali sostanze raccogliendo le informazioni da un campione numeroso ed eterogeneo di atleti/e non professionisti/e. Per questo si chiede la collaborazione degli atleti e delle atlete che praticano differenti sport, sia a livello individuale che di squadra. Se sei un/un`atleta non professionista che pratica un`attività sportiva a livello agonistico, cioè pratica l`attività sportiva sistematicamente e/o continuativamente e prevalentemente in forme organizzate (società sportive, enti di promozione sportiva, federazioni ecc., attività che dunque prevede una qualche forma di `tesseramento`) e sei maggiorenne, puoi partecipare compliando un questionario online. Non ci vorranno più di una ventina di minuti. E` assolutamente garantito l`anonimato. Non sono richiesti dati personali. Tuttavia nel caso si decidesse personalmente di fornirli, essi saranno trattati secondo quanto indicato dalla normativa vigente (D. Lgs.vo n. 196/2003).
Ecco il link a cui collegarsi per compilare il questionario:
http://survey.unipmn.it/index.php/549614/lang-it
Il commento
Tour ‘98, l’epo e la dignità perduta
Dignità. Chissà se il significato di questa parola riuscirà mai a fare breccia nello sport dei dannati dell’epo che l’indagine della Commissione senatoriale francese (ancorché concentrata solo ed esclusivamente sul ciclismo…) ha messo a nudo. Dignità consiste, sia pur ai suoi livelli minimi, nel riconoscere, ammettere, confessare le proprie manchevolezze o colpe. Specie quando l’evidenza dei fatti è schiacciante. Dignità di non attaccarsi al solito immancabile cavillo per giustificare l’ingiustificabile. Erano gli anni dell’epo quelli al centro dell’inchiesta dei senatori francesi. Epo selvaggia, dove il barrage al 50% di ematocrito era un semplice campanello di allarme, capace al più di provocare – ove superato – uno stop di 15 giorni. A tutela della salute dell’atleta, secondo una formula dell’epoca, la cui ipocrisia è evidente anche ai meno esperti. Senza alcuna squalifica. Sospensione dall’attività a tutela della salute dell’atleta. Per questo in tanti hanno potuto dire: “Non sono mai stato trovato positivo”. Eppure in molti a ruota delle notizie sul Tour 1998 hanno abbassato il capo: Jalabert e Durand, hanno dignitosamente ammesso e confessato; altri hanno pagato con l’allontanamento da posizioni di prestigio (O’Grady, Blijlevens, Olano, ecc.). Detto di striscio che nessuno degli italiani più o meno citati come coinvolti nella vicenda (Cipollini, Tafi, ecc.) abbia avuto il coraggio di ammettere alcunché, va segnalata l’ennesima battaglia – sbagliata – dell’associazione internazionale dei corridori (CPA). A proposito dell’inchiesta senatoriale francese l’associazione comunica che: ”Il CPA si rammarica per la pubblicazione di questi elementi che tornano, nonostante tutte le riserve della Commissione, a screditare gli ex corridori per dei fatti risalenti a più di 15 anni fa. Non lasciando loro alcuna possibilità di difendersi e di contestare la loro messa in causa soprattutto in assenza di possibili contro-perizie, come il CPA affermava già nel suo comunicato stampa del 18 luglio scorso”. E ancora: “: “I risultati di quell’inchiesta non possono in alcun modo valere come riconoscimento di doping. La Commissione stessa sottolinea negli allegati della sua relazione che nessuna sanzione può essere presa sulla base di tali elementi da uno studio a scopo scientifico e pubblicato 15 anni dopo i fatti”.
Che non sia possibile prendere sanzioni equivale a dire che i corridori sono innocenti, dunque “screditati”? Equivale a dire che i fatti messi in rilievo dalla commissione francese sono tecnicamente discutibili? Sono opinabili i risultati di positività dei test? Tecnicamente opinabili? Cioè: è possibile che i test si siano sbagliati e che l’epo non sia stata rintracciata in quelle analisi visto che manca la (legittima) controprova delle controanalisi? La risposta è nelle 800 pagine della relazione in cui in termini tecnici molto chiari si spiega tutto l’iter tecnico-scientifico seguito; un iter che porta ovviamente a risposte univoche, ottenute dall’applicazione ad ogni campione di ben TRE metodi per ricercare l’epo. Il risultato è chiaro. E, combinazione, è proprio Olano, campione mondiale del 1995 a Duitama, quello cui è stata ritrovata la più alta percentuale di epo nelle urine: 100%, come riporta la Gazzetta dello sport. Il test del tedesco Ullrich (secondo in quel Tour ’98), del 2 agosto è positivo all’epo al 99,9%. E così via anche per gli altri. Continua »
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