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Effetti a breve e lungo termine del colpo di frusta: lesioni anatomopatologiche e quadri clinici

Marco Monticone, Stefano Negrini

In questo capitolo verranno considerate le conseguenze anatomopatologiche del trauma conseguente a colpo di frusta, con tutti i relativi quadri clinici, sia a breve che a lungo termine. Partiremo analizzando il paziente prima del trauma, in quanto le condizioni pre-esistenti, siano esse patologiche o semplicemente le caratteristiche del soggetto, sono tra i determinanti fondamentali della risposta al trauma. Seguirà una approfondita revisione dei danni anatomopatologici verificabili a breve e lungo termine, ed infine dei quadri clinici caratteristici degli esiti del colpo di frusta.


Introduzione

Caratteristiche del paziente

Esiti a breve termine (o short term effects)

Esiti a distanza (o long term effects)

Principali esiti clinici a distanza

Conclusione

Bibliografia


Introduzione

La lesione dei tessuti molli in seguito a colpo di frusta cervicale rimane tra i disturbi più enigmatici e contraddittori di tutte le patologie dell’apparato locomotore e la sua definizione, descrizione e previsione a lungo termine rimangono ancora alquanto elusivi.

Per molte patologie è invalso delegare il compito diagnostico ad indagini strumentali con elevato valore predittivo. Di fronte a questo tipo di lesioni nonostante l’esistenza di sofisticatissimi strumenti diagnostici, i clinici rimangono spesso spiazzati ed imbarazzati di fronte al preciso inquadramento delle lesioni da colpo di frusta, chiedendosi se sono disturbi reali o immaginari, se ad essi è possibile offrire un reale substrato obiettivo, qual è la via migliore per curarli, e soprattutto qual è la loro prognosi.

Negli ultimi cinquant’anni ha, dunque, assunto una sempre più crescente importanza clinica e medico legale la necessità di valutare, quantificare e prevedere gli esiti a distanza dei pazienti con colpo di frusta cervicale.

Dopo anni di esperienze collettive e di autorevoli revisioni sull’argomento, ci siamo accorti quanto sia fondamentale un approccio clinico, con meticolosa registrazione dei sintomi riferiti dai pazienti (storia clinica) e dei segni riscontrati all’esame obiettivo.

La valutazione clinica deve essere la più ampia possibile, tenendo in considerazione il presente (ed il pre-esistente) del paziente, cercando, poi, di intravederne il futuro. Tentare di curare primariamente il “sintomo dolore” nel paziente con recentissimo colpo di frusta, senza considerare la possibilità di evitare i potenziali esiti a distanza o considerare guarito il paziente una volta regredito unicamente il dolore o recuperato il danno neurologico che presentava in fase acuta, senza considerare la situazione funzionale familiare o lavorativa possono essere degli errori. Non si può infatti considerare il paziente come una lesione distorsiva cervicale e non come un essere umano, dimenticando quindi le imprescindibili aspettative soggettive che devono ricomporsi dopo l’evento traumatico, compreso il sentimento di rivalsa, di giustizia, di controllo a proprio favore della situazione assicurativa che possono essersi ingenerati.

Scopo di questo capitolo è descrivere gli effetti a breve termine e quelli a lungo termine (con descrizione sistematica delle lesioni dei tessuti molli) per il paziente con colpo di frusta, tenendo a mente che la conoscenza dei primi è di fondamentale importanza per la previsione ed il giusto inquadramento (clinico e riabilitativo) dei secondi.


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Caratteristiche del paziente

Alcune caratteristiche del paziente al momento del trauma devono essere considerate attentamente, poiché sono in grado di influenzare l’insorgenza e la prognosi degli esiti a distanza. In relazione a tali fattori, gli esiti di un colpo di frusta possono differire considerevolmente tra loro, variando in funzione del paziente stesso.



Età

Pazienti molto giovani (0-16 anni) sono particolarmente esposti a lesioni midollari, ma raramente sono esposti a fratture, favoriti dalla grande elasticità dei muscoli paraspinali. Alterazioni quali l’osteoporosi possono rendere più vulnerabili alle fratture pazienti con età maggiore di 60 anni, così come iperestensioni violente possono esporli a lesioni midollari di primaria gravità. La lentezza o la rapidità del recupero è nuovamente in funzione dell’età.

Dimensioni del canale spinale

E’ stato studiato in funzione del rischio di insorgenza di mielopatie e di erniazioni discali, riscontrando una correlazione significativa in entrambi i quadri clinici. Comprensibilmente, infatti, pazienti con canale spinale cervicale di dimensioni ridotte (stenosi serrata e moderata, con diametri inferiori a 10 e 13 mm, rispettivamente) sono esposti a sviluppare più facilmente deficit di natura neurologica. Le dimensioni del canale spinale possono essere ridotte congenitamente, ma anche in conseguenza ad ipertrofia delle faccette articolari posteriori, ossificazione del legamento longitudinale posteriore, pseudo-spondilolistesi.

Artrosi

E’ il fenomeno degenerativo a carattere non infiammatorio di più frequente riscontro. In particolare, la degenerazione faccettaria posteriore conduce a restringimenti degli spazi articolari, formazioni di becchi osteofitosici, sclerosi subcondrale ed irregolarità articolari zigapofisarie e diffuse. Oltre al riscontro di outcome peggiori nei pazienti con lesione artrosica pre-esistente al trauma, è ben definito il contributo alla manifestazione di canale spinale stretto e di manifestazioni mielopatiche.

Degenerazione delle articolazioni del Luschka

Le articolazioni unco-vertebrali del Luschka fanno parte dell’articolazione intervertebrale. È tipico il riscontro di alterazione articolare a livello cervicale inferiore. Diviene importante per il coinvolgimento a livello neurologico periferico, con danno radicolare a livello del forame intervertebrale di coniugazione. Le alterazioni ipertrofiche delle articolazioni unco-vertebrali possono anche causare danno vascolare diretto.

Degenerazione discale

Il processo di invecchiamento discale esita in precoce disidratazione nucleare, con alterazione delle proprietà bio-meccaniche a livello intervertebrale. La pre-esistenza di degenerazione discale è indice di outcome sfavorevole sia in termini di progressiva degenerazione, di formazioni erniarie, ma anche di presenza osteofitaria, con elevato rischio di mielopatia negli esiti a breve (mielopatia acuta) e lungo termine (mielopatia cronica).

Processi infiammatori cronici, locali e sistemici

La loro presenza costituisce indice prognostico molto negativo, con elevata incidenza di fenomeni degenerativi, potenziali dislocazioni e danno neurologico. Di rilievo, in questo caso, ricordare la possibilità di lesioni pre-esistenti riferibili a spondilite anchilosante ed artrite reumatoide (con particolare ed elevatissimo rischio di erosione odontoidea).

Alterazioni congenite

Sindrome di Klippel-Feil, con multiple fusioni ossee congenite e predisposizione alla presenza di alterazioni del diametro canalare.


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Esiti a breve termine (o short term effects)

Di seguito sono schematicamente riportate le principali alterazioni a breve termine conseguenti a colpo di frusta.

Lesioni muscolari

Come già appreso nello scorso capitolo, quando un veicolo è tamponato posteriormente, il tronco subisce una repentina accelerazione anteriore mentre il capo e il collo seguono obbligatoriamente un vettore di forza con direzione opposta. La progressiva estensione del capo determina un allungamento violento dei muscoli cervicali anteriori con allungamento e conseguente lesione tissutale. Tanto più il grado di stretching improvviso ed indotto dalla inaspettata estensione di questi muscoli è rapido, tanto più le fibre muscolari esitano in danno muscolare, danno alle strutture fasciali, stravaso ematico e linfatico locale. Al termine della fase di accelerazione, al termine cioè della fase di estensione del rachide, inizia la fase di flessione, potenziata dalla violenta contrazione dei muscoli flessori del capo per l’insorgenza del riflesso da stiramento evocato durante la precedente fase estensoria. Sia la fase estensoria che la fase flessoria rivestono importanza nel determinismo del danno muscolare, con particolare attenzione al tratto cervicale superiore, punto pivot biomeccanico della patogenesi del danno.

Grande attenzione, dunque, ai grandi muscoli paraspinali posteriori, ma anche ai piccoli muscoli occipitali ed ai muscoli cervicali anteriori (come lo sterno-cleido-mastoideo) ad elevatissimo rischio di danneggiamento e conseguente degenerazione.

Lesioni legamentose

La lesione da colpo di frusta non coinvolge solo le strutture muscolari del nostro rachide. Una volta che l’estensibilità ed i riflessi muscolari di difesa sono superati, il trauma in accelerazione/decelerazione si estende anche ai legamenti.

Studi sperimentali condotti da Wickstrom hanno per primi permesso di evidenziare gravi ed importanti lesioni a carico dei legamenti, in particolare a carico del legamento longitudinale anteriore (LLA). Queste lesioni possono essere così severe da esitare nelle cosiddette “rim lesions”, caratterizzate dalla separazione del disco dalla rispettiva e corretta allocazione vertebrale. Altre lesioni includono danni e stravasi ematici diffusi nel legamento longitudinale posteriore. A differenza delle prime, non visibili radiologicamente, queste ultime sono identificabili con adeguato approfondimento neuroradiologico (RMN), e sono molto più frequenti di quanto non si pensasse in passato. Webb ha descritto il cosiddetto danno al “complesso cervicale posteriore” in seguito a colpo di frusta cervicale, con danno capsulare, del legamento interspinoso e del legamento giallo. Tale grave lesione è fortunatamente molto rara, mentre le precedenti lesioni legamentose descritte sono meno severe, sebbene riscontrate con altissima frequenza, esitando in instabilità cervicale e prognosi peggiore (esiti a lungo termine).

Sebbene rare, sono anche riportate in letteratura lesioni dei legamenti trasversi (in particolare della vertebra atlante) e dei legamenti alari. Lesioni a tali livelli peggiorano enormemente le capacità stabilizzanti della colonna cervicale, divenendo ulteriore elemento prognostico negativo.

Lesioni discali

Come già accennato, Wickstrom e Gotten hanno descritto le possibili lesioni sul disco (rim lesions), con conseguente degenerazione del disco e limitazione alla mobilità cervicale segmentaria e globale.

Involuzione precoce dell’anulus fibroso è stata descritta da Green dopo colpo di frusta. Un danno a livello discale esita, infatti, primariamente in anomalie dell’anulus fibroso: è visibile alle radiografie con ampliamento dello spazio discale posteriore, restringimento dello spazio discale anteriore e, spesso, coesistenza di sub-lussazione anteriore vertebrale.

Il riscontro di perdita in altezza del disco può essere correlata anche a danno del materiale nucleare, con estrusione discale (protrusione o erniazione).

Lesioni ossee

Descritta per la prima volta da Chance (1948) la frattura a fulcro dei corpi vertebrali avviene per severa flessione anteriore del torace, riconoscendo come fattore favorente il limite imposto dalla cintura di sicurezza. Si delinea, così, una frattura ossea orizzontale, con estensione ai processi spinosi, ai peduncoli vertebrali ed al corpo vertebrale.

Altre tipiche lesioni ossee includono le fratture per compressione, le fratture con dislocazione, le fratture dell’arco posteriore vertebrale. Non infrequente è anche il riscontro di fratture pelviche e di fratture costali.

Lesioni neurologiche e neuro-vascolari

Traumi alle radici nervose possono derivare dalla violenta riduzione del forame intervertebrale, durante l’estensione di capo e collo. I pazienti riferiscono sintomatologia correlata ad irritazione delle radici nervose, con dolore irradiato a spalle ed arti superiori, iporeflessia tendinea, spasmo e fascicolazione muscolare, parestesie ed anomalie sensitive più o meno diffuse.

Sebbene non molto frequenti, è importante differenziare i disordini di natura neuro-vascolare dai disordini di natura neurologica e vascolare pura.

A. Compressione neuro-vascolare

Si distinguono due entità cliniche.

La prima è meglio conosciuta come sindrome delle stretto toracico (thoracic outlet sindrome), nonostante molti clinici si riferiscano a questa entità clinica con altri nomi. Si tratta di un coinvolgimento delle strutture neuro-muscolari che passano per il cosiddetto stretto toracico superiore delimitato dai muscoli scaleni, prima costa e clavicola, in una zona che può essere a volte già congenitamente o patologicamente ristretta. Sanders and Pearce hanno meticolosamente descritto i principali segni e sintomi ad essa correlati. Si riporta: dolore cervicale (90%), parestesie (90%), dolore all’arto (84%), cefalea (80%), dolore alla spalla (75%), debolezza all’arto (47%), dolore toracico (10%), fenomeno di Raynaud (1-3%), edema (1-4%). Predomina nel sesso femminile. La causa primitiva è probabilmente neurologica, anche se c’è evidenza di un primitivo danno a livello miofasciale con conseguenze lesive successive a livello delle strutture neuro-vascolari, a causa delle modificazioni primitive a livello muscolare.

A livello istologico vi è un’assoluta predominanza di fibre di tipo II rispetto a quelle di tipo I.

Molti dei test ortopedici (come il test di Adson) non sono affidabili, come pure le indagini EMG sono normali. I Potenziali Evocati sono, al contrario, di aiuto.

La seconda è definita distrofia simpatica riflessa. L’esatta eziologia rimane incerta. Numerose ipotesi rimandano ad un trauma della funzionalità del plesso simpatico. A causa della complessa innervazione simpatica si possono avere quadri clinici molto diversi tra loro. Obiettivamente si rileva: dolore (costante, gravativo), edema, limitazione funzionale, spasmo muscolare, modificazioni cutanee, instabilità vasomotoria, modificazioni ossee (osteoporosi), dolore articolare, fascite palmare. La diagnosi è esclusivamente clinica.

B. Compressione nervosa

Può risultare da danno discale diretto o da lesione neurologica periferica, conseguenti a colpo di frusta.

Nel primo caso, il danno discale può essere primitivo oppure aggravarsi in seguito a situazioni cliniche già pre-esistenti. Le manifestazioni cliniche sono caratteristiche: dolore cervicale associato a dolore radicolare prossimale, dolore radicolare costantemente aggravato dai movimenti cervicali, parestesie distali a distribuzione dermatomerica, formicolio delle mani, debolezza muscolare con distribuzione radicolare, diminuzione o abolizione dei riflessi, fascicolazione muscolare spontanea. Negli esiti a distanza si può aggiungere anche atrofia muscolare.

Può coesistere (sebbene raramente) mielopatia. Quest’ultima dipende dalla presenza di osteofiti posteriori e da pre-esistente degenerazione discale posteriore con compressione diretta e neurofisiologicamente significativa del midollo spinale cervicale. Insorge acutamente con tetraplegia o, più sfumatamente, negli esiti a distanza con segni neurologici diffusi, pseudo o francamente paretici, accompagnati anche da iporeflessia, ipostenia agli arti inferiori e, talvolta, spasticità.

Nel secondo caso, la sofferenza interviene lungo il decorso del nervo periferico, per compressione e trazione (soprattutto ad alta velocità) indirette, determinando danno assonale diffuso, edema perineurale ed ischemia, con immediati riflessi clinici. A seconda dell’entità della compromissione, il nervo può andare incontro a categorie di danno diverse (classificazione di Seddon): neuroaprassia (danno lieve con recupero entro 3-6 settimane), assonotmesi (danno più grave, prognosi favorevole per gli effetti a lungo termine e recupero entro 6 mesi), neurotmesi (danno neurale grave, prognosi sfavorevole per gli effetti a lungo termine, recupero compromesso).

I danni in compressione, allungamento o trazione possono coinvolgere il nervo in uno o più punti. Il fenomeno del “double crash” (Upton e McComas) descrive propriamente una condizione in cui il nervo è compresso a due livelli, determinando un peggioramento del danno assonale e l’insorgenza della manifestazione clinica altrimenti non evidente. La sindrome del tunnel carpale secondaria a colpo di frusta ne è un tipico esempio, ma frequentemente si riscontrano compressioni ulnari e radiali.

In tali tipi di lesioni il danno non coinvolge, come detto, la radice del nervo, ma il suo plesso, con danno completo o parziale (infraclavicolare o sopraclavicolare).

C. Disordini vascolari puri

Alterazioni vascolari subacute e croniche possono essere peggiorate gravemente da un colpo di frusta cervicale. In particolare, le arterie vertebrali (e vertebro-basilari) sono tra le più colpite. Fattori favorenti sono la presenza di formazioni ossee degenerative (osteofiti), ma anche muscolari, spasmi transitori, edema vasogenico.

Raramente sono state descritte dissezioni arteriose e formazioni di pseudo-aneurismi post-traumatici, così come furti della succlavia o liberazioni emboliche da foci ateromasici carotidei.

Molto importante considerare gli esiti a distanza, poiché tali alterazioni emodinamiche possono favorire nel tempo i ben noti fenomeni di cerebrovasculopatia cronica.

Lesioni temporo-mandibolari

I rapporti tra colpo di frusta e disfunzione temporo-mandibolare sono preconizzati già da molto tempo. Già Steigerwald e, successivamente, Lader hanno teorizzato le alterazioni disfunzionali conseguenti a colpo di frusta in termini di patologia dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM). Lo spasmo muscolare anteriore cervicale indurrebbe al conseguente spasmo della muscolatura masticatoria, con danno articolare locale. Anche il complesso disco-articolare può essere coinvolto. Weinberg e Lapointe hanno descritto come la mandibola venga portata in fuori violentemente durante l’estensione del capo e come il complesso condilo-discale ne possano risentire negativamente con possibile dislocazione discale, danno articolare e sinoviale. Molti studi in vivo si sono succeduti negli anni e numerose sono le prove a favore di un coinvolgimento diretto della ATM conseguente a colpo di frusta. Numerosi dubbi sussistono, però, in merito all’effettiva entità del danno che si viene a determinare, lasciando perplessità in merito. Si sono sviluppati numerosi iter clinici e semeiologici per quantificare la gravità del danno. Purtroppo, sia i dati che possono derivare dalle indagini cliniche che dall’esame radiologico e neuroradiologico non sono completamente dirimenti, nonostante forniscano elementi di grande spunto e dibattito clinico. Sono numerosi i tentativi finalizzati alla creazione di terapie ad hoc (interventi gnatologici, bite, rieducazione), ma non vi sono ancora certezze né evidenze.

Lesioni splancniche (o viscerali)

Sono molto più diffuse di quanto si pensasse in origine. Se ne parla molto poco poiché sono spesso misconosciute o asintomatiche.

Ricordiamo le lesioni tracheali, del piccolo e grosso intestino, del mesentere, dell’omento, del rene, del fegato, della milza, dell’utero, del diaframma, dello stomaco e dei grandi vasi dell’intestino. Anche le mammelle possono essere coinvolte nel trauma da colpo di frusta, con verosimile degenerazione del tessuto adiposo mammario.

Sono descritte anche perforazioni esofagee ed ipolaringee. A particolare rischio durante la fase estensoria del colpo di frusta, possono esitare frequentemente in piccole lesioni con stravasi ematici locali, praticamente misconosciuti. Talvolta, esitano in gravi lesioni a tutto spessore dell’esofago, con disfagia, ematemesi ed emottisi.

Mal di schiena

La lombalgia acuta si riscontra nel 35-57% dei casi di colpo di frusta. In circa un paziente su quattro (24%) tende a persistere nel tempo e la si ritrova anche a lungo termine.

Si segnala che sono state sollevate molte perplessità circa la storia naturale della lombalgia in esiti a colpo di frusta, poiché non vi è assoluta certezza se nei casi riportati negli studi considerati il mal di schiena era già esistente oppure è conseguente all’evento distorsivo cervicale.

Cinture di sicurezza: protezione o danno potenziale?

L’utilizzo delle cinture di sicurezza, obbligatorio per legge, deve essere fermamente incoraggiato durante la guida. Le cinture di sicurezza hanno fatto diminuire enormemente il numero di incidenti mortali, di gravi traumi cranici, facciali e toracici.

Paradossalmente, però, l’utilizzo delle cinture ha fatto aumentare i danni cosiddetti “minori”, a livello cervico-toracico e lombare. Dati dello Spine Research Institute riportano oltre il 90% di lesioni di questo tipo dovute all’utilizzo delle cinture di sicurezza. Le cinture di sicurezza sono i principali responsabili di lesioni vascolari, soprattutto a livello delle strutture ematiche del collo (carotidi e giugulari).

I più colpiti sono i bambini per la frequente inadeguatezza dei sedili e delle cinture finalizzate alla protezione di un soggetto adulto. In particolare, nel 50% dei tamponamenti in cui sono coinvolti bambini sono descritti traumi toracici ed intestinali pediatrici.

Perché questo avviene? Il primo motivo è rappresentato dai sistemi eccessivamente restrittivi delle cinture di sicurezza, con immobilizzazione pressoché completa del torace, mentre capo e collo sono liberi di seguire l’inerzia del movimento conseguente a trauma. Il fulcro cervico-occipitale e quello cervico–toracico sono maggiormente colpiti ed è per questo motivo che il trauma in flessione diviene tanto importante quanto quello in estensione. Il secondo motivo è rappresentato dal fatto che l’immobilizzazione toracica sfavorisce l’escursione articolare cervicale, con aumento del fenomeno di decelerazione. Questo aspetto è potenziato dannosamente durante gli impatti molto violenti. Per questo motivo, alcune macchine (soprattutto quelle sportive) sono dotate di cinture di sicurezza con pre-tensionatori, con la finalità di ridurre l’impatto in decelerazione.


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Esiti a distanza (o long term effects)

Il ritardo della guarigione da colpo di frusta non è infrequente come pure i sintomi ad esso correlati. Dati di prevalenza riportano che dal 12 al 100% (ovviamente questo dipende dall’inclusione di popolazioni diverse alla partenza – tutti i traumatizzati, solo quelli sintomatici subito o a distanza) dei pazienti affetti possono continuare ad essere sintomatici dopo la lesione per molto tempo, arrivando in media anche a due anni. In particolare, i pazienti che continuano ad essere sintomatici ad un anno dal trauma è improbabile possano recuperare completamente, con prognosi peggiori se i sintomi sono dovuti a tamponamenti posteriori, e non laterali o frontali.

Diversi studi di outcome negli Usa portano ad affermare che avvengono circa due milioni di colpi di frusta all’anno. Tenendo conto di questi numeri e se si assume, teoricamente, che il 25% non vada incontro a risoluzione spontanea, raggiungiamo una prevalenza degli effetti a distanza del 6.7%; se si assume, invece, in una previsione ancora peggiore, che ben il 50% non vada incontro a risoluzione spontanea, allora si avrà una prevalenza del 9.6%. La situazione descritta, comunque, rischia di essere ben peggiore se pensiamo ai riflessi che gli esiti a distanza possono provocare in termini di disabilità globale (outcome globale) del paziente.

Quali sono i principali fattori di rischio per lo sviluppo degli esiti a distanza?

Purtroppo rispondere a questa domanda è estremamente difficile. L’esatto ruolo dei meccanismi lesivi e la probabilità di stimare gli esiti a distanza nei pazienti con colpo di frusta è spesso difficile ed alquanto aleatorio.

Foreman e Croft hanno sviluppato a tal riguardo una scala numerica volta a classificare i colpi di frusta nel tentativo di riconoscere i pazienti con elevata probabilità di sviluppare gli effetti a lungo termine del colpo di frusta.

Secondo gli Autori, i reperti obiettivi sono in grado di orientare il clinico nella classificazione (categorie di danno, major injury category o MIC). La categorizzazione verrà, infine, completata dall’introduzione di modificatori (clinici e strumentali).

Categorie MIC secondo la classificazione di Foreman e Croft

Ad ognuna delle tre categorie è assegnato un punteggio pre-definito e rispettivamente 10, 50 e 90 punti. Esistono, come detto, dei modificatori prognostici (predittivi per gli esiti a distanza) e relativi punteggi. Ad ogni riscontro si considererà il punteggio del modificatore, sommandolo al punteggio base della categoria MIC.

A seconda del punteggio totale si creano 5 categorie di prognosi.

Riportiamo di seguito altri fattori di primaria importanza e direttamente correlati all’insorgenza di effetti a lungo termine:


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Principali esiti clinici a distanza

Dolore cervicale

Sebbene sia molto spesso presente già in fase acutissima, il dolore cervicale è pressoché costantemente presente negli esiti a distanza, già a partire da 24-48 ore dal trauma distorsivo. Non è, comunque, infrequente l’insorgenza del dolore cervicale dopo settimane o mesi dal trauma.

Cefalea

Cefalea di origine cervicale

È frequentemente riportata nella maggior parte dei traumi per colpo di frusta (70-90%). Persiste negli esiti a distanza. Il dolore è multiforme e può essere descritto come unilaterale o bilaterale, intermittente o costante, localizzato o diffuso. La regione occipitale e quella frontale sono le zone maggiormente colpite, lievemente meno le regioni temporali e parietali.

Molte volte ci viene chiesto dell’origine cervicogenica della cefalea. A causa delle molte controversie, deve essere considerata unicamente come diagnosi d’esclusione nel dubbio di altri tipi di cefalee, e dovuta primariamente a contrattura della muscolatura paravertebrale cervicale. Tessuti muscolari e legamentosi danneggiati possono, inoltre, contribuire alla creazione di uno stimolo infiammatorio cronico, con dannoso rilascio di sostanze pro-infiammatorie, quali la sostanza P, bradichinine, ed altri peptidi pro-algogeni, che contribuiscono alla persistenza delle cefalea.

Cefalea post-traumatica

Non va confusa con la cefalea ad origine cervicogenica, è caratterizzata da perdita di coscienza con durata superiore a 10 minuti al momento dei trauma e coesistenza di anormalità in almeno due dei seguenti ambiti: esame neurologico, radiografie del cranio, indagini di neuro-imaing, esame del liquido cerebro-spinale, esecuzione dei potenziali evocati, test vestibolari, test neuro-fisiologici. Questa cefalea è stata descritta per la prima volta nel 1988 dalla Società Internazionale Cefalea. L’eziologia è riferibile a danno diretto all’encefalo.

Sindrome cervicale post-concussiva (trauma cranico minore)

Rappresenta una forma più complicata del classico colpo di frusta, in cui la lesione in accelerazione/decelerazione provoca una concussione con trauma diretto all’encefalo (è stata anche definita da Radanov come sindrome cervico-encefalica). Costituisce la maggior parte (80%) dei traumi cranio-encefalici ed è largamente sottostimata.

È stata definita come una alterazione del funzionamento cerebrale ad origine traumatica, con perdita di coscienza o di memoria o alterazione dello stato mentale o deficit neurologico transitori.

La sindrome post-concussiva non deve superare i seguenti criteri di gravità: perdita di coscienza inferiore a 30 minuti, Glasgow Coma Scale con score non inferiore a 13 dopo 30 minuti dal trauma, amnesia post-traumatica inferiore alle 24 ore.

I pazienti presentano una elevata variabilità in ambito di presentazione clinica. I sintomi sono caratterizzati da: cefalea aspecifica, difficoltà attentive, di memoria, di concentrazione, di riposo, precoce affaticabilità, alterazioni comportamentali…

Il variegato (e spesso sfumatissimo) corredo sintomatologico può durare mesi o anni dopo il trauma, prima di ritornare a livelli neuropsicologici considerati normali. I pazienti possono entrare molto spesso in fase cronica, con prognosi molto sfavorevole.

Dolore alla spalla

È molto frequente ed è dovuto sia al trauma da colpo di frusta diretto, che al trauma indiretto provocato dalle cinture di sicurezza. Lesioni tissutali (sofferenze aspecifiche della cuffia dei rotatori) e legamentose possono insorgere successivamente al trauma cervicale. È uno tra i più diffusi sintomi avvertiti anche a distanza e può essere presente in oltre il 53% dei casi. È fondamentale differenziare il dolore di spalla puro da quello muscolare (soprattutto al muscolo trapezio) e da quello radicolare (con distribuzione dermatomerica). È importante condurre una attenta valutazione articolare ed eventualmente strumentale.

Dolore toracico

È riportato talvolta in fase acuta, ma soprattutto nella fase degli esiti. Porre attenzione alla possibile coesistenza di sindrome dello stretto toracico, nonché alla presenza di lesioni splancniche misconosciute.

Disfagia

Disturbi deglutitivi sono spesso presenti, anche se molto difficili a spiegarsi. Il riscontro di disfagia negli esiti a distanza è un segno prognostico negativo poiché correlata al riscontro di lesione esofagea (o ipofaringea), stravaso ematico locale muscolare ed edema post-traumatico.

Disturbi visivi

Tra i disturbi più frequentemente riferiti troviamo la visione sfuocata (“blurred vision”), associata a dolore retrobulbare, per alterazione meccanica ematica o per danno al sistema simpatico. Associati sono i disturbi di accomodazione e la fotofobia. I disturbi possono insorgere già precocemente, più frequentemente sono tardivi e comunque in gran parte sfumati.

Disturbi uditivi

Sono rari, associati a sindrome di Barrè-Lieou (con sofferenza selettiva di C2) e disfunzione articolare temporo-mandibolare. La diminuzione della sensazione uditiva è comunque per lo più transitoria.

Disturbi dell’equilibrio

Un chiaro rapporto è stato stabilito tra colpo di frusta e disturbi dell’equilibrio. Si rimanda il lettore ai capitoli 6 e 7, per la specifica trattazione del problema.

Alterazioni del comportamento

È frequente il riscontro a lungo termine di precoce affaticabilità e di irritabilità generale. Nonostante vi siano molti studi in letteratura sull’argomento, permangono ancora molti dubbi sull’esattezza di tali profili comportamentali e cognitivi. Possono essere correlati alla sindrome post-concussiva come precedentemente descritto.


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Conclusione

Da quanto descritto in questo capitolo, l’evento traumatico distorsivo cervicale in sé è solo la punta dell’iceberg. Il problema, alquanto vasto e complesso, prevede la considerazione di numerose variabili.

Dai numerosi studi presi in considerazione si evince, infatti, l’esistenza di effetti a breve termine e di effetti a lungo termine. In molti pazienti i sintomi persistono ben più del tempo necessario alla guarigione, con riparazione dei tessuti danneggiati e rimodellamento biologico.

Inoltre, a parità di danno biologico è possibile il delinearsi di quadri clinici diversi tra loro, prefigurando una possibile variabilità inter-paziente. A tal riguardo, infatti, riferendosi a condizioni pre-esistenti nonché a lesioni intercorrenti in fase acuta, gli esiti a distanza possono essere già previsti in anticipo.

Se è vero che si deve dare importanza innanzitutto al dolore cervicale cronico ed alla cefalea, sarebbe un errore sottovalutare molti altri segni e sintomi che il paziente riferisce, magari anche con insistenza, ma che il clinico fa fatica a riconoscere poiché sembrano non presentare un legame biologico e post-traumatico diretto.

Ultimo, ma non per questo di minore importanza: la disabilità. La sindrome post-distorsiva nei suoi postumi è una sindrome ad elevato potenziale disabilitante, che non coinvolge il paziente solo nell’aspetto “dolore” o di “limitazione articolare cervicale”, ma lo può stravolgere in termini di alterazione delle attività lavorative, ricreative e della vita quotidiana.


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Bibliografia

Ultimo aggiornamento: 28/4/2006


 

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