'Dietro Aiello c' è Provenzano'

Villa Santa Teresa, la clinica privata dell' imprenditore Michele Aiello, il «centro di eccellenza» della sanità siciliana, sarebbe in realtà di proprietà del capo dei capi di Cosa nostra, Bernardo Provenzano. In quel fiore all' occhiello della sanità, il superlatitante corleonese avrebbe investito molti soldi per l' acquisto delle costosissime attrezzature. E con Provenzano avrebbero investito anche il boss di Brancaccio, il medico Giuseppe Guttadauro, il boss di Bagheria, Giacinto Scianna ed Enzo Giammanco ritenuto il manager di Bernardo Provenzano. La rivelazione è del boss pentito ed ex capo della famiglia di Caccamo Antonino Giuffrè nelle recentissime dichiarazioni rese ai sostituti procuratori Michele Prestipino, Nino Di Matteo e Maurizio De Lucia, coordinati dal procuratore aggiunto, Giuseppe Pignatone, che conducono l' inchiesta sulle «talpe» in Procura che ha già portato in carcere lo stesso Michele Aiello, il suo socio «ufficiale», il radiologo Aldo Carcione e i marescialli della Dia e del Ros, Giuseppe Ciuro e Giorgio Riolo. Le dichiarazioni del boss pentito Giuffrè sono state inserite nell' ordinanza del Tribunale della libertà, che ha respinto la richiesta di scarcerazione di Michele Aiello, presentata dal suo difensore, Sergio Monaco. Aiello dunque rimarrà in carcere perché ritenuto semi-organico a Cosa nostra, non vittima come lui avrebbe dichiarato nell' ultimo interrogatorio. Per i magistrati del Tribunale della libertà, Michele Aiello, sin dagli anni Ottanta, «era nelle mani di Provenzano» con cui faceva affari finanziando anche l' organizzazione mafiosa. Provenzano dunque, assieme agli altri boss e all' imprenditore Michele Aiello, avrebbe una partecipazione diretta nella gestione di Villa Santa Teresa. Giuffrè ha sostenuto che Michele Aiello «era persona economicamente molto agiata ed era diventata negli anni persona di fiducia del boss Pietro Lo Jacono e di Bernardo Provenzano». Non solo, il pentito ha affermato che «la Diagnostica per immagini (società di Michele Aiello, ndr) era un centro nella disponibilità degli uomini d' onore di Bagheria, e che tanto il Provenzano che Giacinto Scianna, Enzo Giammanco e Giuseppe Guttadauro avevano versato i capitali per l' acquisto delle attrezzature della clinica di Bagheria». Rivelazioni, quelle di Giuffrè, che hanno fatto puntare l' attenzione dei carabinieri del comando provinciale di Palermo sugli affari di Cosa nostra e, soprattutto, sui personaggi che ruotano attorno alla sanità siciliana rivelati dalle inchieste sugli arresti dell' ex assessore Mimmo Miceli, del medico Giuseppe Guttadauro e poi di Michele Aiello. Ed è in questo contesto che i giudici del Tribunale della libertà affermano che «la caratura criminale di Michele Aiello può cogliersi dalla fitta e radicata trama di rapporti instaurati con persone a capo di settori vitali della pubblica amministrazione regionale e dalla capacità di Aiello di coltivare rapporti di altissimo livello istituzionale». I magistrati si riferiscono espressamente alla vicenda del «tariffario regionale per le prestazioni sanitarie». «Dalle indagini - si legge nell' ordinanza - emerge inequivocabilmente l' attività di avvicinamento posta in essere direttamente o indirettamente, tramite Roberto Rotondo (consigliere comunale Udc di Bagheria, ndr), da Aiello e persone a lui riferibili verso organi istituzionali regionali che avrebbero dovuto da lì a poco deliberare su tale questione includendo le voci che avrebbero consentito alle società del gruppo Aiello di fare rientrare tra le prestazioni inserite nel convenzionamento quelle erogate dal gruppo stesso».

FRANCESCO VIVIANO