Martin Scorsese: «Potevo diventare un gangster o un prete»

05 marzo 2010 
<p>Martin Scorsese: «Potevo diventare un gangster o un prete»</p>
PHOTO CORBIS IMAGES

La sua formazione culturale è quella del cinéphile, le sue esperienze nascono dal duro confronto con la realtà sociale di Little Italy, dove è cresciuto. Martin Scorsese è uno dei quattro "Movie Brats", monelli del cinema, insieme a Spielberg, Lucas e De Palma. «Quando si è stati allevati a Little Italy, diventi un gangster o un prete», racconta nascondendo lo sguardo dietro il ben noto e pesante paio di occhiali. Con quell'aria da persona per bene non poteva certo diventare un gangster; prete forse sì, visto che per alcuni anni ha fatto il chierichetto. Ma il cinema ha avuto la meglio, e oggi, con una cinquantina di pellicole alle spalle e quattro Oscar, Scorsese sbarca sugli schermi con Shutter Island (nelle sale dal 5 marzo). «Si tratta di un thriller psicologico, ambientano negli anni Cinquanta, in cui ho cercato di creare il senso di pericolo, la suspense e il mistero a livello interiore. Sono entrato nella psiche del personaggio di Leonardo DiCaprio, un poliziotto incaricato di indagare sulla scomparsa di una paziente dall'ospedale psichiatrico -dove si sospetta vengano eseguite pratiche illegali- che cadrà lentamente nella follia».

Ma cos'è esattamente Shutter Island?
«Era l'isola su cui sorgeva il manicomio criminale di Boston. Lì, ai malati di mente, venivano inflitti trattamenti disumani come elettrochoc e lobotomia. Tutto questo è descritto molto bene nel libro di Dennis Lehane (l'autore di Mystic River, ndr), da cui ho tratto il film».

Dopo quattro film insieme, si può dire che ha stretto con DiCaprio un vero sodalizio?
«Con Leo posso andare dove voglio; lui è dotato di una grande sensibilità e riesce a cogliere l'essenza di ciò che immagino. Questa volta ha superato se stesso, sono rimasto colpito dall'intensità che ha raggiunto».

Quando la rivedremo alla prese con un po' di buona musica?
«Ho in cantiere un documentario, si tratta della storia di George Harrison».

Ma quant'è importante per lei la musica?
«È il treno che fa viaggiare la mia ispirazione, fondamentale per il mio mestiere».

Come le canzoni dei Rolling Stones?
«Ah, gli Stones hanno una forza straordinaria. Riescono a suggerirmi immagini, sentimenti, impressioni e colori che poi tento di ricreare quando giro; per questo le loro canzoni ricorrono spesso nei miei film».

Condividi:
  • Twitter
  • Facebook
  • Delicious
RISULTATI
Lunghezza massima del commento: 1000 caratteri
Style.it si riserva di cancellare commenti con contenuto diffamatorio o volgare, i messaggi autopromozionali e/o commerciali, oppure in cui vengano indicati dati sensibili o personali (indirizzi mail, numeri di telefono,...).