Massimo Ghini, protagonista di Natale in Sudafrica: «Non dovrò mica giustificarmi?»

06 dicembre 2010 
<p>Massimo Ghini, protagonista di <em>Natale in Sudafrica</em>:
«Non dovrò mica giustificarmi?»</p>
PHOTO FRANCESCO ESCALAR - COURTESY OF VANITY FAIR

E con questo fanno cinque. Cinque volte nel cinepanettone. Coppia fissa con Christian De Sica, eccolo lì che balla il waka-waka con Belén Rodriguez negli spot di Natale in Sudafrica (uscita 17 dicembre) che ci tormentano da giorni in tutti i luoghi e tutti i laghi.

Massimo Ghini prima mi dice: «E che palle, non mi dovrò mica giustificare?». Ma poi, lo fa: si giustifica. «Guardi che quella è una formula seriale che si è evoluta. È diventata una commedia, soprattutto da quando sono arrivato io, che non sono il comico di Zelig con il suo pezzetto di repertorio da sparare. Basta con i preconcetti, che poi non è da escludere che i cinepanettoni di oggi siano gli spaghetti western di domani, ovvero B movie alla nascita e rivalutatissimi anni dopo».

Ci troviamo al piano sottoterra di una libreria di Roma, in una saletta sigillata, arredata con divani di pelle e armadi a vetri pieni di scatole di sigari costosi. Legittimamente, Ghini si accende una sigaretta, ma l'iniziativa viene stroncata sul nascere dal ragazzo che è venuto a portarci i caffè. «Qui, solo sigari».

Con una silenziosa espressione «non capisco ma mi adeguo», Ghini spegne subito. Mi vengono in mente altri personaggi che avrebbero fatto il diavolo a quattro o semplicemente infranto la regola, modello Marchese del Grillo («perché io so' io e voi non siete un c….»), ma Ghini non è così. È uno a cui piace rispettare l'ordine costituito, non sarebbe stato quindici anni ai vertici del sindacato attori e non avrebbe la pazienza di starmi a spiegare per venti minuti buoni le ragioni della vertenza dei lavoratori dello spettacolo.

Guardi che, però, al pubblico, i vostri scioperi non stanno simpatici. Voi siete ricchi, privilegiati, famosi.

«Ma noi siamo i frontmen di una protesta che riguarda un sacco di lavoratori che stanno dietro le quinte e che famosi non sono. Questa è un'industria che produce cultura e intrattenimento e glielo dice uno che fa il film di Natale che certo non si è avvalso di fondi pubblici».

E che la farà guadagnare bene.

«Non creda. Guadagno molto di più con gli sceneggiati televisivi».

L'intervista completa la troverete sul n.49 di Vanity Fair in edicola l'8 dicembre

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