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Luigi Luzzatti per gli Ebrei della Romania

La libertà religiosa come prova fondamentale della saggezza dei popoli

 

di  Daniela Franceschi

 

 
Nel marzo del 1913, durante le trattative susseguitesi alla Prima Guerra Balcanica (1912-1913), che vide la Turchia attaccata da una coalizione formata da Bulgaria, Serbia, Grecia e Montenegro, emerse il problema degli Israeliti abitanti le terre bulgare che potevano essere cedute alla Romania.
    Il senatore Luigi Luzzatti, importante collaboratore del «Corriere della Sera», faceva notare come non vi fosse alcuna garanzia per il mantenimento dei loro diritti politici e civili1, e scriveva che la diplomazia europea non poteva permettere una simile degradazione. Agli Israeliti Romeni era vietato risiedere in certi distretti rurali, di esercitare libere professioni e commerci perché cittadini stranieri, in ambito culturale erano imposte a loro opprimenti limitazioni, come la proibizione delle lingue jiddish ed ebraica e l’esclusione dalle scuole pubbliche e dalle università2.
    Se la Romania avesse emancipato gli Israeliti, gli ultimi servi d’Europa, «essa avrebbe emancipato anche la propria anima da quei peccati inesorabili che hanno la sorgente nella persecuzione e nell’intolleranza», mentre non facendolo dimostrava un’organica inferiorità. Soltanto gli Stati più maturi assicuravano la libertà religiosa, la più ardua delle libertà, la prova essenziale della saggezza dei popoli3.
    Per il senatore, gli uomini stentavano in genere a tollerare la convivenza del proprio culto con gli altri. Inoltre una volta che gli oppressi per la libertà religiosa divenivano vincitori, raramente rinunciavano alla vendetta. Non era da meravigliarsi per il «medievale rincrudimento delle intolleranze religiose», perché anche le grandi guerre, intraprese per la redenzione della patria, accendevano le più vili passioni. Solo la Bulgaria n’era immune, la più degna di divenire un grande Stato.
    La diplomazia europea doveva impegnarsi per imporre ai Paesi balcanici l’uguaglianza dei culti attraverso sanzioni efficaci, essendo la tolleranza religiosa uno dei problemi più gravi, poiché «i territori si rimaneggiano più agevolmente delle anime dei credenti».
    Il trattato di Berlino (1878), che obbligava la Romania a dare l’uguaglianza politica e civile agli Israeliti, era impunemente e continuamente violato. «I Rumeni non hanno ridotto gli Ebrei allo stato d’abiezione servile per colpa della loro religione, ma per incolumità della stirpe che i semiti così macchierebbero». Il senatore menzionava Carlo Cattaneo e Roberto D’Azeglio4, che abbatterono inesorabilmente quei sofismi, affermati anche in Italia, da quanti erano contrari all’emancipazione degli Ebrei.
    Il Ministro degli Esteri italiano Di San Giuliano si stava impegnando per tutti coloro che erano condannati per reato di religione, comprendendo come la questione della libertà religiosa negli Stati Balcanici non riguardasse solamente gli Ebrei, ma anche i Cattolici e i musulmani, e come tutte le oppressioni si somigliassero poiché chi perseguitava gli Israeliti oggi, domani avrebbe fatto lo stesso con i credenti di altri culti.
    Nell’agosto dello stesso anno, il senatore Luzzatti rispondeva a chi lo aveva accusato di aver taciuto nelle ultime settimane sulla questione degli Ebrei Romeni5. Lo statista scriveva di aver mantenuto il silenzio durante la Seconda Guerra Balcanica essendo la Romania impegnata in complesse operazioni militari e politiche, inoltre gli Ebrei avevano partecipato alla difesa della patria ingrata e ciò favoriva la causa della loro emancipazione.
    Per l’onorevole vi era la certezza della vittoria, poiché gli appelli alla giustizia erano stati ascoltati dai Governi civili, che dopo la sistemazione delle altre questioni balcaniche, avrebbero chiesto alla Romania di applicare interamente il trattato di Berlino.
    Alle parole del Ministro dell’Agricoltura romeno Xenopol, secondo il quale il sindaco di Roma, Ernesto Nathan, non gli aveva mai parlato della questione degli Ebrei Romeni e il senatore non era bene informato, lo stesso Luzzatti ricordava come durante il loro incontro ribadisse il suo affetto per la Romania, ma allo stesso tempo facesse presente come le singole naturalizzazioni fossero una prova della continua violazione della convenzione di Berlino, poiché emancipare per legge alcuni Ebrei significava lasciarne molti altri nel servaggio.
    Riguardo al comportamento del sindaco di Roma, polemicamente il senatore faceva notare come non fosse responsabile dei silenzi altrui, anche se ne capiva le ragioni diplomatiche.
    L’onorevole rivendicava la veridicità delle informazioni contenute nei suoi articoli sul «Corriere», informazioni fornite non solo dai perseguitati ma anche da osservatori indipendenti, credenti e non, che domandavano la liberazione di quei servi.
    Il senatore auspicava che la riforma fosse varata spontaneamente dal Governo, come consigliava quel sentimento internazionale che lo aveva spinto, con Georges Clemenceau su «L’Homme Libre», a prendere le difese degli Israeliti. Luigi Luzzatti concludeva riponendo la sua fiducia nella costituzione di un Comitato per la tutela della libertà religiosa, che avrebbe avuto «la gratitudine di tutti gli spiriti eletti del mondo civile, e i problemi balcanici che in alcuni punti dividono, ricongiungerebbero nel principio di una santa uguaglianza».
    Sicuramente furono i pogrom degli anni successivi nei Paesi dell’Europa Centrale ed Orientale a spingerlo a scrivere di nuovo sul tema della libertà religiosa, riproponendo in sintesi l’articolo appena menzionato6, estendendone le considerazioni agli Ebrei Polacchi, Tedeschi e Ungheresi. Tuttavia, l’avvenuta instaurazione del regime fascista e l’estromissione del direttore Luigi Albertini, di cui l’onorevole Luzzatti era stato mentore, relegarono l’importante contributo nelle pagine finali del giornale. Il famoso economista e filantropo focalizzò l’attenzione sul problema della libertà religiosa, senza affrontare i nuovi nodi delle contrapposizioni etniche, e particolarmente dell’antisemitismo, per la virulenza dei nazionalismi.

 
Note

1 Luigi Luzzatti, Un appello alla democrazia europea per salvare la libertà religiosa, «Corriere della Sera», 3 marzo 1913.
2 Il «Corriere della Sera» aveva sempre segnalato, attraverso resoconti dettagliati, la difficile condizione degli Ebrei Romeni, soggetti a pesanti restrizioni.
Anonimo, I moti antisemiti in Romania. Terribili scene di violenza a Bucarest, «Corriere della Sera», 12-13 dicembre 1897.
Anonimo, L’antisemitismo romeno, «Corriere della Sera», 22-23 luglio 1900.
Anonimo, Gli Ebrei in Romania, «Corriere della Sera», 28-29 settembre 1902.
Anonimo, Apprensione per l’agitazione antisemita in Romania, «Corriere della Sera», 23 maggio 1903.
Anonimo, L’antisemitismo in Romania, «Corriere della Sera», 26 maggio 1903.
Anonimo, Gli eccessi antisemiti in Romania, «Corriere della Sera», 22 marzo 1907.
Anonimo, Intervento diplomatico in Romania, «Corriere della Sera», 23 marzo 1907.
Anonimo, La jacquerie in Romania, «Corriere della Sera», 24 marzo 1907.
Anonimo, I moti agrari in Romania, «Corriere della Sera», 25 marzo 1907.
Anonimo, La rivolta in Romania, «Corriere della Sera», 27 marzo 1907.
Anonimo, In Romania. Il Governo domina la situazione, «Corriere della Sera», 29 marzo 1907.
Anonimo, La verità sui disordini agrari in Romania, «Corriere della Sera», 31 marzo-1° aprile 1907.
3 Luigi Luzzatti, La nostra felina umana natura, «Corriere della Sera», 27 marzo 1913.
4 Su Roberto D’Azeglio: Anonimo, Chi prese l’iniziativa della liberazione degli Ebrei in Piemonte?, «Corriere della Sera», 3 aprile 1913.
5 Luigi Luzzatti, Ancora degli Ebrei oppressi in Romania, «Corriere della Sera», 12 agosto 1913.
6 Luigi Luzzatti, Un appello alla Società delle Nazioni, «Corriere della Sera», 24 febbraio 1925.
(dicembre 2010)