Milano, 26 aprile 2014 - 11:26

Renzi: «Io tranquillo sulle riforme Governeremo fino al 2018»

Il presidente del Consiglio dopo l’incontro con Napolitano: «Ce la faremo.
Sul Senato possibili modifiche». Boschi e Alfano: avanti senza Forza Italia.

di Redazione Online

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È durato più di un’ora il colloquio tra Renzi e il capo dello Stato, al Quirinale, deciso per fare il punto sull’ingarbugliata matassa delle riforme, finite sotto diktat incrociati e venti della campagna elettorale. Ancora non si sa quali siano gli esiti del vertice. Rientrando a Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio ha attraversato a piedi piazza Colonna ed è stato quasi assalito da passanti e turisti. Renzi si è concesso alla folla per qualche foto ricordo, molte le strette di mano, soprattutto con i bambini. «Ora rientro senno’ non si lavora più», ha detto ai cittadini che insistevano per salutarlo. Ai cronisti che gli chiedevano un commento sul faccia a faccia con Napolitano sulle riforme, non ha invece risposto. Ha parlato però coi suoi, e dall’incontro è filtrato che il premier ha intenzione di mantenere «l’orizzonte dell’azione di governo fino al 2018. Abbiamo davvero troppo da fare, troppo da cambiare per lasciarci distrarre da chi vorrebbe che non cambiasse mai nulla in questo paese». Per ribadire poi quanto già detto nei giorni scorsi: le inquietudini di Berlusconi sulle riforme elettorali sono da attribuire a «fibrillazioni elettorali. Io sono tranquillo: siamo un passo dal chiudere positivamente la partita delle riforme»

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Renzi al Colle. Poi le foto con i turisti

Il vertice

Fonti parlamentari spiegano che l’incontro tra il presidente della Repubblica e il premier rientra nella normale dialettica parlamentare, ma è vero che il destino delle riforme attraversa un momento delicatissimo. E, dopo aver visto giovedì Anna Finocchiaro, sabato il capo dello Stato vuole capire come rilanciare il cammino al netto dei toni da campagna elettorale. Renzi, però, non mette in conto, almeno ufficialmente, una moratoria del capitolo riforme in campagna elettorale, uno slittamento che consentirebbe di riprendere in mano il dossier dopo le elezioni.
Per questo, al netto delle oscillazioni di Forza Italia, il primo obiettivo del presidente del Consiglio è mettere in sicurezza il Senato delle Autonomie dentro il Pd. Con una full immersion di incontri a partire da lunedì, quando Renzi vedrà sia Finocchiaro sia Luigi Zanda per poi affrontare personalmente i senatori e capire se ci può essere una mediazione in vista della presentazione mercoledì del testo base in commissione.

Il patto del Nazareno e l’appoggio di Ncd

L’auspicio è che il tavolo del Nazareno non salti, ma il governo, come ha già ripetuto, sulle riforme andrà avanti, anche senza Forza Italia. E dopo l’affondo di Silvio Berlusconi a Porta a Porta, venerdì è stato il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, a rispondere a muso duro al leader di FI. Con parole che traducono il pensiero di tutto l’esecutivo e di buona parte del Pd, alla vigilia del rush finale per l’approvazione del testo base in commissione al Senato.
A dare un’ulteriore sponda a Matteo Renzi è il suo alleato di governo Angelino Alfano, che assicura come, anche senza FI, i numeri ci siano e Ncd non si tirerà indietro. L’impressione, tuttavia, è che la tensione non si allenterà da qui fino al 25 maggio. Con FI che oggi rientra solo parzialmente dall’affondo di ieri del suo leader. «Nessuno osi pensare che Forza Italia non rispetta i patti. Chi non li ha rispettati fino ad oggi è il Pd», è la replica di Giovanni Toti. I toni, insomma, restano alti, con una Commissione Affari Costituzionali chiamata ad approvare un testo base entro mercoledì ma ancora segnata dalle divisioni e con il M5S che si conferma pronto a votare il ddl Chiti,il ddl alternativo a quello di Renzi. Le proposte in ballo in prima commissione sono 51, ma un punto di equilibrio andrà trovato. Di questo il premier ha parlato con il Capo dello Stato e parlerà martedì nella riunione con i senatori Pd. Al di là dell’ombra delle Europee la gestazione di un testo condiviso resta quindi in salita. E forse anche per questo Boschi frena sulla data «X» indicata da Renzi per l’approvazione in prima lettura in Aula: il 25 maggio? «Con una o due settimane in più non sarà un dramma».

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