Il grano saraceno |
Il grano saraceno viene da lontano; fin dalla sua comparsa nel XV secolo questo grano particolare venne chiamato furmentùn (o formentone in una sorta di italianizzazione), anche se la pianta si differenzia molto da quella del frumento e dei comuni cereali, poiché essa, in effetti, appartiene e diversa famiglia, che è quella delle poligonacee.
Si potrebbe ipotizzare l’origine della voce furmént (frumento) quasi a sottolineare il rigoglio e la copiosità, dopo breve permanenza in terra, ben diversamente dal cereale che richiede un periodo molto lungo per la crescita e la maturazione dei chicchi, sia in senso dispregiativo di vile frumentum, un “cereale” di poco conto. In Italia si registra nelle regioni del nord-est, dove aveva fatto capolino verso la metà del XVI secolo: a quel periodo corrisponde anche la prima documentazione in Valtellina, riscontrabile in un atto relativo alle proprietà della famiglia Besta di Teglio, dove si riscontra il nome di formentone. La sua coltivazione in modo diffuso prende piede però solo nel secolo seguente. Interessante in proposito quanto segnalato da una studiosa emiliana circa l’introduzione del grano saraceno nel Ducato di Modena nel 1621 ad opera di un commerciante ebreo di nome Donato Donati. La capillare diffusione della nuova coltura nel continente deve essere avvenuta infatti attraverso persone che nella loro attività di commercio erano venute in contatto con popolazioni e realtà agricole diverse…”. Certamente in Valtellina la produzione di grano saraceno ebbe il suo massimo fiorire prima del 1900 per poi scendere inesorabilmente fino quasi ad essere abbandonata intorno agli anni 1950; ora solo in poche località quali Teglio e Baruffini, grazie soprattutto alla passione di alcuni giovani, alle molteplici iniziative della Accademia del Pizzocchero di Teglio e del Presidio Slow-Food, sta ora riprendendosi. Gianluigi Garbellini
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