Milano, 29 giugno 2014 - 08:23

«Il muratore di sera vicino a casa
di Yara»: gli indizi oltre il Dna

Non è ancora emerso alcun elemento dalle comparazioni fatte con peli e capelli trovati sul corpo della ragazzina

di Fiorenza Sarzanini

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L?arresto di Massimo Giuseppe Bossetti (Ansa)
L’arresto di Massimo Giuseppe Bossetti (Ansa)

Ci sono almeno tre testimoni che smentiscono quanto ha raccontato Massimo Giuseppe Bossetti sulle proprie abitudini. Non è vero che il muratore accusato di aver ucciso Yara Gambirasio trascorreva le serate soltanto con la moglie e i figli e le domeniche con i genitori, come lui ha dichiarato a verbale. Usciva anche da solo, ci sono persone pronte a giurare di averlo visto di sera proprio nella zona dove la ragazzina viveva con la sua famiglia. Piccole bugie che diventano dettagli importanti per l’accusa perché rappresentano un’incongruenza rispetto alla difesa dell’indagato. Circostanze apparentemente banali sulle quali ha ritenuto di non dover dire la verità. E ciò rischia di fornire un vantaggio al pubblico ministero Letizia Ruggeri, intenzionata a farlo valere qualora gli avvocati decidessero di fare ricorso al tribunale del Riesame, oppure in sede processuale. Il nuovo tassello si aggiunge a quelli ritenuti validi dal giudice Ezia Maccora nell’ordinanza di custodia cautelare che tiene Bossetti in carcere a Bergamo. Un altro pezzo del mosaico che ha certamente come prova regina la coincidenza del suo Dna con quello lasciato sugli slip e sui leggins di Yara e denominato «Ignoto 1».

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Yara, fermato il presunto assassino

Le verifiche genetiche

Al momento l’unica traccia utile per dire che Bossetti è «Ignoto 1» è quella sugli indumenti della vittima. Le analisi sulla macchia sono state effettuate da laboratori diversi e hanno fornito sempre lo stesso risultato «escludendo qualsiasi possibilità di contaminazione», come hanno ripetuto più volte il magistrato e i consulenti. Del resto gli stessi avvocati di Bossetti non hanno finora messo in dubbio la validità del test, limitandosi a dichiarare che potrebbe esserci una spiegazione alla presenza di quel fluido sui vestiti di Yara. La possibilità che l’abbia lasciata chi ha rubato gli attrezzi di Bossetti è esclusa perché la denuncia di furto è stata presentata subito dopo la sparizione degli strumenti da lavoro, esattamente due anni dopo il delitto. In ogni caso, se davvero Bossetti è in grado di fornire una pista alternativa, non si comprende per quale motivo non abbia chiesto di essere interrogato dal pubblico ministero in modo da poter sollecitare l’immediata scarcerazione. Nessun elemento utile è invece arrivato, almeno fino a ieri, sulle comparazioni effettuate con peli e capelli trovati sul corpo della vittima.

Le contraddizioni

Il quadro fornito dall’uomo ha «buchi» che appaiono incomprensibili. Perché al momento di rispondere all’interrogatorio Bossetti ha preferito celare anche circostanze normali come gli incontri con gli amici oppure la sua frequentazione bisettimanale di un centro solare. E questo ha rafforzato la convinzione degli inquirenti sul fatto che non volesse sbilanciarsi, che temesse di cadere in contraddizione. La strategia si sta però rivelando controproducente perché sono stati i suoi stessi amici e conoscenti a fornire una versione discordante avvalorando i sospetti sulla sua personalità, soprattutto nei mesi precedenti l’omicidio di Yara e in quelli immediatamente successivi. Persone che lo frequentavano, lo incontravano, forse ne hanno carpito anche un cambiamento, sia pur limitato nel tempo. E forniscono indizi per collocarlo nelle vicinanze della villetta dei Gambirasio anche negli orari serali, quando lui ha invece assicurato di essere stato a casa.

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Sigilli alla casa di Massimo Bossetti

Le tracce telefoniche

Un elemento ritenuto «indizio grave» dal giudice riguarda la presenza di Bossetti sul luogo della scomparsa di Yara un’ora prima che la ragazzina fosse portata via. Perché completa un quadro tracciato dagli inquirenti ben prima di arrivare all’identificazione del presunto colpevole. Oltre a cercare un uomo con lo stesso Dna di «Ignoto 1», la polvere di calce trovata nei polmoni della vittima aveva convinto carabinieri e polizia sulla necessità di indirizzarsi verso qualcuno che lavora nel settore dell’edilizia e abita in zona. Esattamente le caratteristiche di Bossetti. Altri elementi sono arrivati dopo l’arresto, quando le verifiche sulle tracce lasciate dal suo cellulare attraverso l’aggancio delle celle, hanno mostrato che almeno tre volte nel periodo precedente la scomparsa di Yara l’uomo era nei pressi della Città dello Sport mentre lei faceva ginnastica ritmica. Tanto da avvalorare il sospetto che possa averla pedinata e spiata.

La famiglia e i computer

Sin dal primo giorno, sia pur frastornati dalla scoperta che Massimo Giuseppe e la sua gemella Letizia Laura non erano i figli di Giovanni Bossetti, tutti i familiari hanno escluso che l’uomo possa essere l’assassino di Yara. Lo ha fatto anche sua moglie Marita Comi, sia pur mantenendo un atteggiamento apparso più misurato. Una scelta motivata probabilmente dalla necessità di proteggere i tre figli. Le circostanze rivelate dalla donna sulla vita familiare e di coppia nel corso di due interrogatori come testimone vengono adesso rilette con attenzione. E rimane ancora inspiegabile la decisione di non rispondere alle domande quando le sono stati chiesti dettagli sull’utilizzo dei computer. Questa scelta, suggerita dai legali del marito, alimenta il dubbio che nell’attività informatica dell’uomo possa esserci qualche circostanza difficile da spiegare. Siti internet, immagini o documenti che potrebbero aggravare ulteriormente la sua posizione.

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