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Giacomo Rizzolatti: “Non c’è cultura senza imitazione”

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La scoperta dei neuroni specchio nei lobi frontali delle scimmie e la loro rilevanza potenziale per l’evoluzione del cervello umano è la singola storia “non comunicata” (o, almeno, non pubblicizzata) più importante del decennio. Io prevedo che i neuroni specchio diventeranno per la psicologia ciò che il DNA è stato per la biologia”.



Questo scriveva Vilayanur S. Ramachandran, uno dei più importanti neuroscienziati del mondo a proposito di un particolare tipo di neuroni che è stato finora identificato nei primati e negli uccelli. Perché tanto interesse? Perché il meccanismo del loro funzionamento fornisce risposte, e pone altrettante domande, riguardo all'evoluzione e al funzionamento della nostra mente, e le pone tanto alla scienza quanto alla filosofia.

Abbiamo intervistato il suo scopritore, il Professor Giacomo Rizzolatti. Conosciuto in tutto il mondo e membro delle più prestigiose istituzioni scientifiche, tra le quali l’Accademia delle Scienze Americana, ha cominciato e prosegue il suo lavoro nell'ateneo di Parma, dove ora detiene la cattedra di Fisiologia Umana all'interno del Dipartimento di Neuroscienze, del quale è stato direttore dal 2002 al 2010.

Qual è stato il percorso che l’ha portata alla scoperta dei neuroni specchio?

Negli anni ‘80 presso l’Università di Parma abbiamo condotto degli esperimenti di neurofisiologia usando un approccio nuovo: invece di condizionare gli animali, nel nostro caso macachi, ad eseguire determinati compiti ed osservare come i neuroni si attivavano durante la loro esecuzione, abbiamo studiato come si comportavano i neuroni qundo la scimmia “giocava” con noi, senza quindi avere “preconcetti” su quello che avremmo osservato.

In questo modo per prima cosa scoprimmo che il sistema motorio non organizzava solo i movimenti, ma rispondeva anche a stimoli visivi, ad esempio alla visione di un oggetto: se abbiamo un neurone che si attiva quando la scimmia afferra una nocciolina, lo stesso neurone si attiva anche quando la scimmia vede una nocciolina. Questo meccanismo di trasformazione da oggetto ad azione era stato in parte previsto, quello che proprio non ci aspettavamo era di trovare dei neuroni, ora chiamati neuroni specchio o neuroni mirror, che rispondevano quando la scimmia vedeva un’azione compiuta da un altro individuo. Ad esempio il neurone si attivava quando la scimmia guardava qualcuno, per esempio lo sperimentatore prendere la nocciolina.

E l’uomo?

Appena convinti di avere scoperto un nuovo meccanismo, ci siamo messi alla ricerca del sistema mirror anche negli esseri umani. Fortunatamente proprio in quegli anni nascevano le prime tecniche di brain imaging, che consentono di osservare il funzionamento del cervello in maniera non invasiva. Decisivi furono gli esperimenti condotti presso l’Ospedale San Raffaele di Milano, dotato in quegli anni di apparecchiature all'avanguardia, in particolare la PET, tomografia a emissione di positroni, dove si iniettano al paziente sostanze a bassa radioattività e una macchina rileva come questi si distribuiscono nel cervello. Osservammo delle attivazioni nelle aree motorie sia alla vista degli oggetti, sia quando il soggetto dell’esperimento guardava una azione compiuta da altri. Fu molto emozionante, tra i soggetti c’erano anche mio figlio e i suoi amici. Per quanto riguarda la risonanza magnetica, più pratica perché non utilizza composti radioattivi e più precisa, ci siamo invece rivolti all'estero, a Los Angeles, dove un team di ricerca si era interessato al nostro lavoro. Là conobbi anche Marco Iacoboni, neuroscienziato italiano emigrato negli Stati Uniti che ha firmato successivamente importanti lavori sugli specchio.

Ma qual è la funzione di questo meccanismo?

Nei primati non umani il sistema dei neuroni specchio consente di comprendere lo scopo delle azioni osservate, un'abilità fondamentale in specie con struttura sociale complessa, dove è importante ad esempio conoscere le intenzioni degli altri individui. I neuroni specchio “uditivi” scoperti negli uccelli (e quindi di origine evolutiva completamente differente), servono invece a imparare rapidamente a rispondere ed eseguire i canti caratteristici del proprio gruppo.

Per quanto riguarda gli uomini abbiamo proposto che i neuroni specchio, oltre che nella comprensione delle azioni altrui, siano implicati anche nell'evoluzione del linguaggio. Come capiamo i suoni che produciamo? Dal punto di vista sonoro le stesse parole possono essere molto diverse a seconda di chi le pronuncia. I neuroni specchio potrebbero essere la conferma della criticata teoria motoria del linguaggio di Libermann, secondo la quale capiamo i suoni di una lingua e il loro significato ripetendo dentro di noi i movimenti necessari per produrli.

Un'altra ipotesi riguarda l'imitazione. Le grandi scimmie, ad esempio gli scimpanzé, hanno qualche capacità imitativa, ma nulla di lontanamente paragonabile all'uomo: un bambino è una macchina per l'imitare. I nostri neuroni specchio si attivano per qualunque movimento vediamo compiere, anche privo di senso, e siamo immediatamente in grado di ripeterlo. Secondo il neuroscienziato Ramachadran, il meccanismo dei neuroni specchio è il responsabile dell'evoluzione culturale della nostra specie, quella che circa 100.000 anni fa diede una svolta verso la civiltà.

In che senso?

Immaginiamo, semplificando la questione, due tribù di ominidi di specie diverse. Gli individui di entrambe sono dotati di neuroni specchio, ma in una questi consentono l’imitazione, nell'altra no. Se nella prima tribù un individuo particolarmente dotato scoprisse qualcosa, ad esempio un nuovo modo di accendere il fuoco, in brevissimo tempo quella capacità si trasmetterebbe per imitazione a tutta tribù, e col tempo eventualmente ad altre tribù della stessa specie o di un’altra in grado di imitare. Nella seconda tribù del nostro esempio, nessun altro membro è capace di imparare per semplice imitazione, e la nuova tecnologia non si diffonderà. Senza imitazione non c’è cioè modo di creare una cultura, non nel senso nel quale noi la intendiamo. Come affermava Engels, il mondo si trasforma attraverso le mani.

Nelle ultime decine di migliaia di anni la famiglia umana era piuttosto affollata, più specie di ominidi molto simili all'uomo  ad esempio i Neanderthal, convivevano con esso e ora sono scomparse: avevano i neuroni specchio?

Quasi sicuramente sì, ma probabilmente la loro capacità imitativa non era pari alla nostra. Nessuno di noi era ovviamente là per poterlo raccontare, ma l’imitazione è una capacità talmente vantaggiosa che forse i nostri antenati hanno prevalso perché hanno imparato ad imitare meglio di tutti gli altri.

Ma la cultura umana sembra un po’ più di una trasmissione di movimenti “utili”...

Riguardo a questo, bisogna ricordare che i neuroni specchio sembrano la chiave neurofisiologica dell’empatia. La scoperta delle basi neurali dell’empatia la abbiamo fatto assieme a un nostro ex-dottorando, Christian Keysers, ora professore in Olanda. In un centro di Marsiglia particolarmente specializzato nella somministrazione e studio degli odori, osservammo quali punti del cervello si attivavano con odori diversi tra cui l’odore di uova marce. Questo odore genera immediatamente una caratteristica reazione di disgusto. Scoprimmo che quando un soggetto osservava la espressione di disgusto in un altro individuo, si attivavano le stesse aree cerebrali. Pochi mesi dopo un gruppo di ricercatori di Londra replicò il nostro studio con stimoli dolorifici: applicando stimoli dolorifici a delle ragazze durante uno studio di risonanza magnetica e mostrando poi alle stesse le espressioni facciali dei loro compagni durante il dolore, scoprirono che si attivavano le stesse corticali...
Questo vuol dire che i neuroni specchio non sono solo implicati nell'empatia di tipo motorio - per questo lo sport ci coinvolge tanto, ci riconosciamo in prodezze che nella maggior parte dei casi sono al di fuori della nostra portata - ma anche nell'empatia propriamente detta. In altre parole capiamo le emozioni non in maniera fredda cognitiva ma vivendole come nostre.

Possibile allora che l’autismo, dove uno dei problemi sembra l’empatia, sia dovuto a un malfunzionamento dei neuroni specchio?

Per prima cosa bisogna mettere in chiaro che l’autismo è una malattia complessa, della quale sappiamo ancora molto poco e che è determinata da diverse cause. Si presenta inoltre in molte forme, ed è per questo che si parla di “spettro” autistico. Detto questo la nostra ipotesi è che se il sistema motorio del bambino non si sviluppa correttamente i neuroni specchio potrebbero essere deficitari, e quindi responsabili sia della mancanza di risposte empatiche, sia della difficoltà di imitazione, riscontrate nei bambini con autismo.

Il biologo Richard Dawkins nel 1976 propose il concetto di “meme”, una unità di informazione culturale che come il gene si replica e muta in modo egoistico: trova un’affinità con le sue scoperte?

Siamo ovviamente nel campo delle speculazioni, ma la metafora di Dawkins è interessante. Gli studi dimostrano che il nostro cervello si è evoluto verso un legame che instauriamo gli uni con gli altri, e se è vero che la cultura procede per imitazione quale ambiente migliore di questo per la replicazione dei memi? Lo vediamo tutti i giorni, i media producono espressioni che entrano nel linguaggio comune, e Internet è oggi il veicolo di trasmissione per eccellenza. Un meme può essere qualcosa di utile, ma è molto più facile osservare i memi in azione quando diventano dei veri e propri virus. Il populismo ad esempio prospera su questa nostra pulsione a ripetere, rende “vere” le bufale per ripetizione. In ultima analisi è il miglior modo per fare propaganda ed eventualmente vincere le elezioni, ma anche di portare al potere persone incompetenti.

Spesso anche dal punto di vista della cultura scientifica…

Per il 150esimo anniversario dell’Accademia delle Scienze Americana ebbi l’occasione di assistere a un discorso di Obama. Il Presidente degli Stati Uniti raccomandò agli scienziati di insegnare ai nuovi parlamentari che cosa fosse la scienza, perché senza questo tipo di cultura non è possibile che il parlamento possa votare in modo informato. Penso sia significativo che un politico esperto e progressista come Obama si preoccupi di avere un parlamento istruito, non semplicemente rappresentativo.

Pensa sia per questo che in Italia invece è stata approvata una legge contro la sperimentazione animale?

Non è un segreto che in Italia la cultura scientifica sia bistrattata. Quindi non stupisce che il parlamento, invece di recepire la legge europea, già ampiamente e lungamente discussa, sia stato sopraffatto dalla demagogia e ne abbia stravolto completamente il senso.

Avrebbe potuto scoprire i neuroni specchio con questa legge?

Temo di no, non in Italia. Nella legge c’è scritto che il governo dovrebbe “vietare l'utilizzo di primati, cani, gatti ed esemplari di specie in via d'estinzione a meno che non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell'uomo”. Nel nostro caso si tratta di ricerca di base. Un magistrato animalista potrebbe dire che non è finalizzata alla salute dell’uomo. Si è in mano all'arbitrio più assoluto.

Alternative?

Speriamo ancora nel Governo e nell'Europa, altrimenti bisognerà guardare all'estero. Lubiana, o forse Nizza. Fortunatamente invece potremo continuare ad approfondire la nostra comprensione dei neuroni specchio negli esseri umani, con tutti i limiti che questo comporta...

Cosa possiamo ancora imparare dagli specchio?

Per quanto riguarda il mio gruppo di ricerca, nell'ultimo anno abbiamo lavorato con il centro di Neurochirurgia dell’Ospedale di Niguarda a Milano, che inserisce elettrodi nel cranio di pazienti epilettici particolarmente gravi per localizzare il focolaio epilettico. Abbiamo reso la strumentazione più sensibile, e vogliamo in questo modo ottenere un livello di dettaglio paragonabile a quello che abbiamo con le scimmie, molto più dettagliato di qualsiasi tecnica di brain imaging attualmente disponibile. Ad esempio potremmo scoprire come reagiscono i neuroni specchio quando ascoltiamo una parola. Bisogna però specificare che nelle scienze cognitive non esistono solo meccanismi “diretti” come quello degli specchio, ma anche processi innegabilmente logici, ragionamenti. L’obiettivo, ambizioso, della scienza è oltrepassare questo dualismo e comprendere in una teoria unitaria come funziona la nostra mente.




Crediti foto: Festival Della Scienza














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