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27/06/2015 06:02

MISTERI D'ITALIA

Strage di Bologna, "Era seria la pista palestinese"

Archiviata la querela del terrorista Kram contro Priore

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Strage di Bologna: la pista palestinese è basata su una «seria e attendibile piattaforma storiografica». Queste le pesanti parole del gip di Roma Pierluigi Balestrieri che ha archiviato la querela per diffamazione dell'ex terrorista tedesco Thomas Kram contro il giudice Rosario Priore. Questi, nel 2013, aveva rilasciato un'intervista all'Huffington Post in cui, sulla base di documenti della Stasi e della magistratura tedesca, aveva definito Kram, membro del gruppo Carlos ed esperto di esplosivi. Kram, a Bologna il 2 agosto 1980, nel 2011 era stato iscritto dalla procura felsinea nel registro degli indagati, nell'ambito del fascicolo, aperto nel 2005, sulla cosiddetta pista palestinese, secondo la quale, la strage sarebbe stata una ritorsione del Fplp - che per molte azioni ingaggiava il gruppo Carlos - per la rottura dell'accordo segreto con il governo italiano, accordo noto anche come «lodo Moro», avvenuta dopo il sequestro a Ortona (novembre 1979) di due missili Sam-7 Strela e l'arresto di Abu Anzeh Saleh, responsabile del Fplp in Italia. Il «lodo» sarebbe stato un patto non scritto che da un lato risparmiava il nostro Paese dal terrorismo palestinese, dall'altro garantiva impunità ai commando che usavano l'Italia come transito e deposito di armi. Nel luglio 2014, la procura bolognese, ha chiesto l'archiviazione del fascicolo sulla pista palestinese, accolta poi dal gip nel febbraio 2015. I procuratori bolognesi Enrico Cieri e Roberto Alfonso, pur ammettendo che la presenza di Kram a Bologna il giorno della strage costituiva un «grumo residuo di sospetto», l'hanno ritenuto insufficiente «alla formulazione dell'accusa di partecipazione alla strage». Uno dei cardini della richiesta di archiviazione è l'inesistenza del «lodo». Per i magistrati c'erano stati al più «meccanismi vari» - di cui scrisse Moro dalla prigionia brigatista - ossia espedienti grazie ai quali venivano liberati i palestinesi arrestati o condannati in Italia. Chi avrà ragione tra il gip bolognese che ha archiviato la pista palestinese e il gip romano che l'ha ritenuta invece basata su di una «seria e attendibile piattaforma storiografica»? In contemporanea con l'ordinanza di Balestrieri, quasi a suffragarne l'impianto, è stato reso noto un documento dei nostri servizi segreti, datato 18 febbraio 1978, parzialmente sconosciuto, il quale sembra attestare in modo preciso l'esistenza del «lodo». Il 17 giugno scorso, nel corso di un'audizione alla nuova Commissione Moro, lo storico Marco Clementi ha letto integralmente tale documento. Nella parte inedita, un interlocutore del Fplp, comunica che il gruppo di Habbash «opererà in attuazione confermati impegni miranti escludere il nostro Paese da piani terroristici in genere». Si tratta di una delle più chiare formulazioni del «lodo», anche perché questa attestazione proviene dall'interno del Fplp, la stessa organizzazione palestinese che rivendicherà la proprietà dei missili di Ortona, chiedendone la restituzione al governo italiano oltre alla scarcerazione di Saleh. Il Sismi aveva occultato quella parte del documento in sintonia con le direttive dei governi italiani. Nel 1984, quando la magistratura interrogherà il colonnello Stefano Giovannone sulla scomparsa in Libano il 2 settembre 1980 dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo, il capocentro del Sismi a Beirut, solleverà il segreto di Stato e il governo Craxi confermerà che i rapporti dello Stato italiano con le organizzazioni palestinesi dovevano essere tutelati al massimo livello. Scaduto quel segreto, il 28 agosto 2014, le carte sono ancora blindate e inaccessibili. La nuova Commissione Moro le ha acquisite, ma le ha immediatamente classificate come «segrete», perpetuando di fatto, con un segreto funzionale, quello che sta diventando un segreto di Stato infinito, il vero nodo occulto e inconfessabile della storia della prima Repubblica. In quelle carte c'è forse la prova dell'esistenza del «lodo Moro»? Perché i magistrati bolognesi non hanno atteso di leggerle?

Gabriele Paradisi






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