2.1.2.8) La posizione di Massimiliano FACHINI

 

2.1.2.8.1) Il ruolo del FACHINI nella destra padovana ed i suoi rapporti con Roberto RINANI

 

Dalle dichiarazioni istruttorie di Luigi VETTORE PRESILIO, nelle parti che qui interessano (303), emerge che Roberto RINANI apparteneva all'organizzazione facente capo al FACHINI, con la quale aveva contatti ancora all'epoca della carcerazione nel corso della quale fece le note rivelazioni al VETTORE.

 

Giova riprendere un passo del verbale 13/11/1980 (304): "...Egli" (il RINANI) "mi disse che era rimasto sempre in contatto con l'ambiente dell'estrema dx padovana ed in particolare con la cellula veneta già facente capo a FREDA e VENTURA e di cui è attualmente principale esponente a Padova FACHINI Massimiliano.

 

Commentando poi il fatto che era stato fissato il processo d'appello per la strage di Catanzaro mi disse che tuttavia STIZ non avrebbe avuto il piacere di conoscere l'esito del processo, ed alla mia domanda di spiegarmi perché, disse che stavano preparando un attentato nei confronti del

* * * * * (303) - Cfr. supra, sub 1.1.3.1), 1.1.9) e 1.2.5).

(304) -EA, V10/a-1, C30, p65 recto e verso. suddetto Magistrato..."

 

Dal RINANI il VETTORE aveva appreso altresì che l'attentato al dott. STIZ sarebbe stato preceduto da altro attentato (agevolmente identificabile `a posteriori' nelle strage di Bologna), che avrebbe dovuto esser posto in essere dal medesimo gruppo.

 

Si è visto ancora, in narrativa, come il VETTORE avesse riferito agli inquirenti della pregressa attività dinamitarda del FACHINI.

 

Si tratta di verificare se il ruolo e l'attività del FACHINI nell'ambito dell'eversione neofascista padovana ed i suoi collegamenti con Roberto RINANI restino affidati soltanto alle dichiarazioni del VETTORE PRESILIO, ovvero siano provati attraverso conferme `aliunde' provenienti.

 

Per ciò che attiene all'antica vocazione eversiva e dinamitarda del FACHINI, ed alla sua risalente `operatività' all'interno della cellula veneta, la conferma viene dalle dichiarazioni rese il 1° novembre 1980 da Sergio TONIN al PUBBLICO MINISTERO di Padova (305). * * * * *

(305) - EA, V10/a-6, C279, pp. 3 verso ss. Le dichiarazioni del TONIN, deceduto, sono state dichiarate utilizzabili: cfr. vu 26/2/88, p30. Nel verbale (segue)

Si avrà occasione di menzionare, in altra parte della

 

* * * * *

(segue) si legge, tra l'altro: "...L'ascendente dello SWICH sui giovani si manifestò in modo evidente fin dal 1969. A quel tempo apparivano a lui particolarmente legati, nell'ambito della federazione, Massimiliano FACHINI, Gustavo BOCCHINI,

Giancarlo PATRESE, Nicolò PEZZATO, Alberto e Nicola SCATTOLIN, Giorgio MUNARI, Marco FIORONI, Michele FIORETTA, Loris LOMBRONI, Presilio VETTORE. Tutti costoro erano aderenti al movimento giovanile e in parte ne erano anche dirigenti.

A.D.R. Particolarmente significativo mi sembrò, nel senso che ho appena accennato, l'episodio avvenuto una sera dell'aprile 1969 davanti alla sede comunale di Padova, che la stampa definì con la locuzione `notte di fuoco del Municipio'.

Era allora federale e capo gruppo missino al Consiglio comunale di Padova l'Avv. Lionello LUCI, il quale da qualche tempo non riusciva a parlare in consiglio per l'ostruzionismo dei seguaci del PCI che, provenienti anche dalla provincia, affollavano sistematicamente l'aula.

In occasione del Consiglio comunale dell'aprile 1969 le forze giovanili del Partito che facevano capo -oltre che allo SWICH- al FACHINI e al BOCCHINI decisero di intervenire in massa presso il Municipio con l'intento di affrontare l'opposto schieramento politico edi consentire al capogruppo del MSI di svolgere il suo intervento in seno al Consiglio.

Io ero allora vicefederale e mi trovavo nell'aula consiliare quando udii provenire dall'esterno il rumore ripetuto e fragoroso di spari di armi da fuoco. Corsi all'esterno e constatai che gli spari erano stati provocati da pistole lanciarazzi che vidi in mano a numerosi giovani del MSI che si erano scontrati con gruppi contrapposti del PCI.

Fra i giovani missini riconobbi il FACHINI, il BOCCHINI, il PATRESE, il VETTORE e un certo BORDIGNON. Notai anche lo SWICH che, prima di uscire dalla federazione per recarsi davanti al Municipio con i suddetti giovani, mi aveva confidato che aveva organizzato gli scontri unitamente al FACHINI...

Ricordo che il FACHINI indossava quella sera una tenuta da battaglia, con tuta da paracadustista di color grigio verde e stivaletti anfibi.

Ricordo inoltre la presenza nel gruppo di un certo MARIGA di Mestre, che era armato -a quanto appresi successivamente da alcuni dei partecipanti agli scontri, che adesso non rammento più- con alcuni involucri contenenti materiale esplosivo e provvisti di miccia...

Soltanto dopo qualche tempo mi accorsi che lo SWICH usava metodi e perseguiva obiettivi politici che erano radicalmente opposti ai miei e compresi, purtroppo tardivamente, che egli aveva usato di me per radicarsi e imporsi nel Partito." (segue)

trattazione, ulteriori tappe del `curriculum vitae' del

 

* * * * *

(segue) "Infatti, pur essendo entrato a far parte della federazione, egli continuò a far lega con FREDA e VENTURA, di cui non faceva mistero di condividere metodi e strategie e il cui operare politico andava sviluppandosi al di fuori e in contrasto con il MSI, essendo entrambi fra i massimi esponenti del `Gruppo di AR' che costituiva la principale articolazione di `Ordine Nuovo' nel Veneto.

A.D.R. Più precisamente, mi risulta che di tale gruppo facevano parte FREDA, VENTURA, FACHINI, TRINCO, POZZAN, DE ECCHER, MERLO, DE CANIO, BRANCATO...

Si trattava di un gruppo paramilitare che si proponeva di realizzare attentati per sovvertire l'ordine costituito.

Esso aveva la disponibilità di esplosivo, che si procurava rubandolo dalle cave in attività nella zona dei Colli Euganei: ciò appresi, confidenzialmente, dal PARNIGOTTO...e, se non ricordo male, da un giovane iscritto al `Fronte della Gioventù' che mi pare si chiamasse PARISOTTO...

Il gruppo si rese responsabile, per quanto ne so, di alcuni episodi avvenuti in Padova nel 1968/69, fra cui rammento:

1) l'attentato alla Chiesa degli Ebrei in prossimità del teatro Verdi, di cui fu danneggiato -mi sembra- il portone d'ingresso con ordigni incendiari e sporcato il muro esterno con svastiche e scritte antisemitiche;

2) la deflagrazione di una carica di esplosivo sulla terrazza della federazione in via Zabarella, verificatasi mentre io e altri componenti della federazione stavamo partecipando ad una manifestazione in piazza Pedrocchi;

3) l'attacco ad una sezione del PSIUP di via S.Sofia.

Per quanto riguarda il primo attentato...

Per quanto riguarda gli altri due fatti, avvenuti lo stesso giorno, venni a sapere da un dirigente del gruppo giovanile del Partito, che adesso non sono in grado di ricordare, che gli autori di esso erano stati FACHINI, BRANCATO e alcuni giovani della federazione giovanile di Vicenza e il loro scopo era stato quello di farne ricadere la responsabilità sull'estrema sinistra...

A.D.R. Qualche giorno dopo l'esplosione dell'ordigno che distrusse l'ufficio del Rettore di Padova Prof. OPOCHER, nell'aprile 1969, Giuseppe MAZZOLA mi confidò di aver sentito parlare tra loro, in federazione, un gruppetto di 7/8 giovani fra cui il FACHINI, il BRANCATO, il BOCCHINI, il PEZZATO e -mi sembra- il DE ECCHER i quali, rievocando l'attentato e congratulandosi l'un l'altro per la buona" (segue)

FACHINI. Lo si troverà nel 1973 in Ispagna, assieme a Stefano DELLE CHIAIE. Lo si ritroverà nel 1975 ad Albano Laziale, in occasione del tentativo di riunificazione di Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale.

 

Che la sua vocazione eversiva e dinamitarda non si fosse affievolita ad un decennio di distanza dai fatti riferiti dal TONIN emerge da quanto si verrà dicendo nel capitolo relativo al delitto di banda armata. Si vedrà come e attraverso quali fonti restino complessivamente provate una serie di circostanze: la centralità della figura del FACHINI nell'ambito della cellula veneta (o `gruppo del Nord'), che, attraverso di lui, nell'ambiente di Costruiamo l'Azione era autorevolmente rappresentata; la sua funzione di procacciatore di armi ed esplosivo; il suo ruolo di esperto di tecnica esplosivistica e di promotore di una campagna di attentati. Non deve sfuggire che l'esperienza di Costruiamo * * * * *

(segue) "riuscita di esso, se ne erano attribuita implicitamente la paternità...Chiamai il BRANCATO e, dopo averlo messo al corrente di quanto mi era stato riferito, senza peraltro rivelargliene la fonte, gli chiesi espressamente di confermare o di smentire che egli, il FACHINI, il BOCCHINI, il PEZZATO e -mi pare- il DE ECCHER avessero compiuto l'attentato.

Il BRANCATO tergiversò e alla fine confermò che la notizie era vera..." l'Azione si colloca fra il 1978 ed il 1979 e si esaurisce nella primavera di tale ultimo anno, costituendo, quindi, l'antecedente immediato della banda armata di cui al presente procedimento, formatasi, con le caratteristiche che si vedranno, alla fine del 1979. E all'interno di tale esperienza è dato rinvenire fra il FACHINI, il SIGNORELLI ed il SEMERARI un legame eversivo cui proprio il VETTORE -come si è avuto modo di rilevare- era stato in grado difar riferimento prima che le vicende di Costruiamo l'Azione fossero ricostruibili attraverso i contributi processuali di chi in quell'ambiente aveva gravitato (306).

 

In ordine all'indicazione relativa ai collegamenti FACHINI-

* * * * *

 

(306) -Si rilegga quanto riferito in narrativa sub 1.1.9), lettera b). Il fatto che la circostanza della riunione al `Pino Verde' di Camposampiero non ha trovato conferma (cfr. RA, V5, C172) e che il VETTORE indica presenti alla riunione, oltre a quelle citate in narrativa, anche altre persone per le quali -a differenza del FACHINI, del SIGNORELLI e del SEMERARI- non è stato poi rinvenuto alcun riscontro di collegamento con l'ambiente nel quale germinarono gli attentati del '79, se impone di riaffermare la necessità di utilizzare accusatoriamente quelle sole parti dei contributi provenienti dal VETTORE che resistono alla più rigorosa verifica processuale, non vale a scalfire il nucleo delle dichiarazioni che qui interessa: quello che attiene, appunto ai legami eversivi, in epoca significativa, tra il FACHINI ed il SIGNORELLI, e che ha trovato ampia conferma `ab externo'.

RINANI, si deve rilevare quanto segue. Gli imputati hanno

 

escluso persino di essersi personalmente conosciuti. Tanta e

tale era la preoccupazione di allontanare da sé il sospetto di rapporti di natura terroristica, che essi hanno preferito arroccarsi su una posizione logicamente inaccettabile: inaccettabile tanto con riferimento all'attività politica lecita ed ufficiale, quanto con riferimento all'attività eversiva.

 

Per quanto attiene al primo aspetto, basti rammentare che entrambi gli imputati sono stati politicamente attivi in Padova nelle file del Movimento Sociale Italiano: il FACHINI -per sua stessa ammissione, come si è visto- è stato iscritto al partito sino al 1973, ricoprendo anche la carica di consigliere comunale, fino alla naturale scadenza del

mandato, nel 1975; il RINANI si iscrisse al M.S.I. nel 1975

(dopo aver incominciato a frequentare il partito -a suo dire- in quello stesso anno) e fu segretario delle Sezione Arcella di Padova dall'autunno '76 al dicembre '77 (307).

* * * * *

(307) -La debolezza della linea difensiva adottata dai due imputati non sfugge allo stesso RINANI, che pure si ostina a sostenerla. Interrogatorio dibattimentale, in vu 7/4/87, p13: "...A.D.P.R.: FACHINI non l'ho neanche mai visto per strada; sembra impossibile che due Padovani in una città, che hanno svolto attività politica non si siano conosciuti..."

Ma è soprattutto con riferimento al secondo aspetto che la linea difensiva adottata dagli imputati si scontra con una

serie di acquisizioni processuali che confortano le indicazioni provenienti dal VETTORE PRESILIO. Posta la centralità della figura del FACHINI rispetto all'eversione neofascista veneta ed a quella padovana in particolare, e la sua posizione di comando rispetto ad un gruppo, ad una cellula terroristica (come si vedrà meglio in sede di trattazione del delitto di banda armata), occorre qui valutare una serie di elementi probatori dalla cui complessiva valutazione è dato desumere l'internità del RINANI alla medesima organizzazione clandestina.

Delle dichiarazioni rese il 2/11/1980 da Sergio TONIN al PUBBLICO MINISTERO di Padova si è dato conto in narrativa

sub 1.2.6). Traggono esse conforto anche da quanto riferito

da GHEDINI Niccolò (308): "...Preciso, anche se non ho * * * * *

(308) - Dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria il 27/9/80 (EA, V10/a-2, C82, p2) e confermate in giudizio (vu 1/2/88, p26). In tale ultima sede, peraltro, il teste ha precisato il contenuto delle sue conoscenze personali: "...Il Presidente interviene: `per quanto è a sua conoscenza, questa violenza si limitava a degli scambi di pugni, a scontri di piazza, diciamo così, anche senza uso di armi, oppure a uso di armi o addirittura di esplosivi?' Il teste: `per quanto ne so io era semplicemente...si bastonavano per le piazze. Dopo, da quello che si era appreso per esempio dai giornali, si sapeva che o si presupponeva che facessero anche uso di armi ma questo ovviamente lo si sapeva de relato.' Il Presidente: `non ha mai sentito parlare di esplosivi?' Il teste: `no'."

nessuna prova che CONTIN allora faceva parte di un gruppo violento della Sez. Arcella, almeno presumo. Il gruppo del quale faceva parte CONTIN era formato da: RINANI, BENELLE, BERTOCCO, FASOLATO ed altri conosciuti da me solo di vista che frequentavano p.zza Cavour, il Pedrocchi. Il CONTIN con il gruppo summenzionato faceva capo a RINANI, unica persona che secondo me aveva un'ascendenza su questi ragazzi, capace di trascinarli e di indottrinarli secondo il suo volere. Preciso che da quando RINANI si è dato alla latitanza il gruppo anzidetto mi è sembrato che fosse sbandato, che non

avesse più un capo carismatico. Il predetto gruppo era formato da circa 20 unità..."

Marco AFFATIGATO, al Giudice Istruttore di Bologna, in altro

 

procedimento, ha riferito (309) d'aver partecipato, fra il '73 ed il '74, in Padova, ad una riunione cui era presente anche il RINANI: riunione "nella quale si parlò dell'acquisto o del passaggio a titolo gratuito di armi che

avrebbero dovuto esserci consegnate dagli Ustascia".

 

* * * * *

(309) - EA, V10/a-5, C215, p24. Le dichiarazioni dell'AFFATIGATO, assente dalla Repubblica quando avrebbe dovuto essere escusso dalla Corte, sono state dichiarate utilizzabili (vu 3/12/87, p13).

Maurizio CONTIN ebbe a sua volta a rendere, in forma alquanto prudente e guardinga, timide ma eloquenti dichiarazioni (310): "...Successivamente dopo le sue dimissioni dall'Arcella ho avuto la sensazione che" (il RINANI)"sia entrato a far parte di un ristretto gruppo che forse rappresenta la continuità rispetto ad `Ordine Nuovo' disciolto. Io dirigo i giovani di Piazza Cavour e il RINANI

rappresenta il tramite tra me ed il gruppo cui egli appartiene..." Si legge, nello stesso verbale: "...Un'altra volta alcuni manifesti li ebbi direttamente da FACHINI che incontrai casualmente alla stazione FF.SS e col quale" (li) "andai a prendere direttamente a casa sua in via Annibale da

 

Bassano..."

* * * * *

(310) - Al PUBBLICO MINISTERO il 2/9/80 (EA, V10/a-2, C66, p3): dichiarazioni lette in dibattimento (cfr. vu 23/11/87, p14) essendo il CONTIN, citato come teste, assente dalla Repubblica. Il motivo della circospezione del CONTIN in occasione della testimonianza istruttoria è reso palese dal seguente passo del verbale: "...Si dà atto che invitato il CONTIN a chiarire i propri rapporti con il FACHINI ed il RINANI nonché a specificare l'attività svolta dagli stessi egli dichiara, senza fare alcun riferimento preciso a dette persone di essere stato già minacciato di aver paura di loro più che per un mandato di cattura, aggiunge di non sapere niente, di volersene stare fuori e basta, che non sono cose perlui dal momento che egli è solo un ragazzo di piazza. Si dà atto altresì che il CONTIN scoppia in lacrime e invitato a riferire quanto sa con l'assicurazione che le cose da lui dette rimarranno coperte dal segreto istruttorio, dichiara che Padova non c'entre niente, è tutto a Roma..."

Si son riportate, sub 1.8.8), le dichiarazioni di Gianluigi NAPOLI circa la consegna, da parte del FACHINI al RINANI, di manifesti raffiguranti una colomba bianca su fondo grigio. In giudizio, all'udienza del 26/11/1987 (311): "Il P.M.: `se conferma le proprie dichiarazioni in ordine ai rapporti tra FACHINI e RINANI.' NAPOLI: `questo senz'altro, comunque non posso dire nulla di particolare; però FACHINI disse espressamente che lo conosceva, che gli aveva dato i manifesti con la colomba e le inferriate di ferro sullo sfondo.'" Circa la provenienza dei manifesti raffiguranti la colomba, soccorrono le seguenti dichiarazioni (312) di Sergio CALORE, confermate in giudizio (313): "Il 7 maggio 79 se mal non rammento si doveva tenere una manifestazione al

cinema Holliwod di Roma sul tema dei carceri speciali e dei manicomi criminali: per tale manifestazione SEMERARI si era reso disponibile a tenere una relazione di carattere tecnico...Per propagandare tale manifestazione furono stampati due manifesti, uno riproducente un fotomontaggio

* * * * *

(311) - Vu 26/11/87, p858.

(312) - AA, V4, C24, p167.

(313) - Vu 9/12/87, p61. raffigurante le sbarre, due mani, una colomba recante la

 

dicitura `Libertà per i detenuti politici Comitati Popolari contro la repressione'...Preparai ambedue i manifesti dal punto di vista grafico, il primo fu stampato presso la tipografia che stampava anche C.L.A." (cioè, Costruiamo l'Azione).

 

Si è visto, sub 1.12.4.4), come al RINANI, nel 1978, fossero state sequestrate (314) 4 copie di un altro manifesto, che si è appreso da Sergio CALORE essere stato allegato al n. 1 di Costruiamo l'Azione del marzo 1978. Orbene, sempre il CALORE, all'udienza del 9/12/87 ha confermato (315) le seguenti dichiarazioni rese in istruttoria (316): "Sui rapporti che FACHINI aveva con l'ambiente padovano, non so quasi nulla poiché egli gestiva in modo rigorosamente

personale tutti i rapporti con l'ambiente veneto. Egli era talmente esclusivista in questo senso che rifiutò di stabilire contatti diretti tra Roma e il Veneto anche per

normali attività politiche come la distribuzione del

* * * * *

(314) - Cfr. PQA, V2, C55, p20. (315) - Vu 9/12/87, p26.

(316) - IA, V9/a-1 bis, C6, pp. 5-6. giornale. Tutto il materiale di Costruiamo l'Azione destinato al nord passava esclusivamente per le sue mani."

 

Gli elementi di prova sin qui passati in rassegna sono idonei a corroborarsi vicendevolmente, in quanto convergono, in modo corale, nella medesima direzione. E' idonea a

confermarli, ricevendone a sua volta conforto, un'ulteriore indicazione, proveniente da Paolo ALEANDRI. Nel verbale in atti in data 5/11/1981 si legge, tra l'altro (317) "... Certo è che del gruppo veneto ho conosciuto anche" (318) "il RAO, certo Vittorio mi pare LE PENNE, Marino GRANCONATO, sentito da loro parlare di RINANI come appartenente al loro gruppo..." Successivamente, il 4/10/1985, l'ALEANDRI riferiva ancora all'Istruttore (319): "...Il nome di RINANI l'ho sentito fare da FACHINI come uno che apparteneva al

loro gruppo , insieme a RAHO e gli altri del Veneto che io

 

conoscevo. Peraltro di RINANI non saprei dire altro..."

 

In giudizio (320): "Il Presidente: `lei ha mai conosciuto

* * * * *

(317) - EA, V10/a-4, C190/3/2, p1 verso.

(318) - L' "anche" è giustificato dal contesto: si tratta di conoscenze ulteriori rispetto al `leader' del gruppo veneto: rispetto, cioè, a Massimiliano FACHINI.

(319) - EA, V10/a-4, C190/3/2, p71. (320) - Cfr. vu 7/1/88, pp. 22-23. RINANI?' ALEANDRI: `di RINANI...il nome, quando mi fu

 

chiesto, non mi diceva molto, ho il dubbio di averlo incontrato, ma in ogni caso non c'è mai stata frequentazione.' Il Presidente: `ne ha mai sentito parlare in quel periodo?' ALEANDRI: `probabilmente sì, ma non saprei dirlo con precisione.' Il Presidente: `lei in uno degli interrogatori che ha reso ha dichiarato di aver sentito parlare di RINANI come componente del gruppo del nord da FACHINI? Ricorda questo?' ALEANDRI: `in questo momento non lo ricordo, c'è anche un discorso, che per questi ricordi un pò marginali, cioè di persone che ho conosciuto molto poco, a volte l'evoluzione del discorso porta a certi ricordi che in quel momento sono precisi; ora non ricordo, è molto probabile che l'abbia sentito, ma comunque in ogni caso posso averlo soltanto sentito.' Il Presidente:`si tratta di cose che lei avrebbe recepito di seconda mano?' ALEANDRI:

`non ho assolutamente avuto una frequentazione di nessun

 

tipo.'..."

 

Il giorno successivo (321), l'ALEANDRI, che pure ribadiva la

* * * * *

(321) - Cfr. vu 8/1/88, p32. vaghezza dei suoi attuali ricordi, specificamente interpellato sul punto, confermava le dichiarazioni rese nel verbale dell'81, così motivando: "certo, confermo il verbale perché evidentemente ci sono due elementi che vorrei mettere in evidenza. Intanto l'elemento temporale penso sia chiaro per tutti, è chiaro che a distanza di anni posso ricordare meno, ma c'è un altro elemento ancora. Quando si sostiene un interrogatorio e questo va avanti per ore, si concentra l'attenzione su una serie di fatti e, inevitabilmente, si arriva anche a ricordare di più, perché la concentrazione non è come quella che ci può essere in aula, a distanza di anni, relativa a una sola domanda; c'è una serie di fatti che io riporto alla mente e che mi riportano un flusso di ricordi maggiore. Comunque confermo il verbale."

 

L'ALEANDRI veniva a quel punto posto i fronte al fatto che il 21/10/1981, al Giudice Istruttore di Roma aveva

dichiarato (322) cosa diversa, e cioè che il nome RINANI

 

Roberto non gli suggeriva alcun ricordo, che egli poteva

* * * * *

 

(322) - cfr. EA, V10/a-4, C190/3/1, p65.

averlo sentito, ma, essendo accanito lettore di giornali, non escludeva di averlo letto in qualche occasione in cui era comparso sulla stampa. L'ALEANDRI, nel confermare anche quel verbale, così spiegava: "...Come le ho già fatto presente, evidentemente in quell'altra occasione ho avuto modo di sviluppare un discorso più ampio che mi ha portato quest'altro ricordo, ma io non presento mai tesi precostituite, se ho dichiarato questo può anche darsi che abbia fatto questa confusione. Io riferisco solo le cose che mi appaiono, non studio gli atti."

 

Così prosegue il verbale d'udienza: "Il Presidente: `dalle risultanze di questo verbale lei oggi che cosa può dire? Che non ricorda se il nome di RINANI l'ha sentito sui giornali o meno?' ALEANDRI: `ma quello che avrà percepito anche lei, cioè che è un ricordo assolutamente confuso quindi può darsi che l'abbia sentito da FACHINI, adesso non ricordo, può darsi che l'abbia sentito in questo ambiente, può anche

darsi che l'abbia appreso dai giornali, non lo escludo. Non è sicuramente una persona che ho conosciuto quindi non è un

particolare molto importante, secondo me.'..."

L'ALEANDRI dà prova, con le dichiarazioni che si son volute diffusamente riportare, di profonda onestà intellettuale. Già prima di ricevere lettura di quanto riferito al Giudice Istruttoredi Roma, aveva mostrato di non avere alcuna intenzione di calcare la mano, di forzare il ricordo in senso accusatorio. Poi, con distacco e lucidità, ha tenuto ben distinti il piano del ricordo attuale da quello delle conoscenze affidate, in tempi diversi, ai verbali istruttori, ed ha saputo dar conto, in modo efficace e perfettamente attendibile, di come determinate circostanze possano affiorare o non alla memoria in relazione all'ordine ed al grado di approfondimento con cui un certo argomento viene affrontato.

 

Tanto premesso, osserva la Corte: l'ALEANDRI non ha attualmente ricordi specifici sulla circostanza in esame e si tratta quindi di rifarsi a quanto egli ricordava nelle varie sedi istruttorie; l'ipotesi che egli possa aver

appreso il nome del RINANI dalla stampa è residuale rispetto a quella più specifica dell'aver attinto la notizia

direttamente da esponenti del `gruppo del nord'; tale secondo ricordo è emerso due volte, a distanza di quattro anni l'una dall'altra; che nell'ambiente di Costruiamo l'Azione-M.R.P. il FACHINI o persone a lui vicine possano aver comunicato all'ALEANDRI il nome di un loro sodale è cosa non soltanto credibile, ma assai probabile; la militanza del RINANI all'interno della cellula eversiva facente capo al FACHINI trova conferma nelle dichiarazioni del VETTORE PRESILIO ed in tutti gli elementi probatori sopra passati in rassegna per verificare l'attendibilità del VETTORE PRESILIO stesso in relazione alla specifica questione che si sta esaminando.

 

Conclusivamente: da tutto quanto precede risulta complessivamente provata in modo certo non semplicemente la conoscenza tra il RINANI ed il FACHINI, ma l'internità del primo rispetto alla cellula veneta capeggiata dal secondo. Alla luce di questa prova, l'assenza di contatti ufficiali tra i due imputati -che emerge dalla lettura degli atti- è

idonea a definire ulteriormente la natura dei loro rapporti. Occorre all'uopo rileggere alcune illuminanti dichiarazioni di NAPOLI che si sono già riportate sub 1.8.8): "...Poiché ho parlato di FACHINI, voglio precisare che i miei rapporti con lui prima della detenzione comune si riducono a due incontri fugaci ed occasionali. Bisogna comprendere che FACHINI è un maniaco della sicurezza e della compartimentazione e per nessuna ragione egli deroga alla regola di non incontrare mai persone appartenenti all'area della destra al di fuori dei contatti programmati e con le persone a ciò appositamente preposte..."

 

2.1.2.8.2) L'esplosivo

 

E'dimostrato che: Roberto RINANI fu in grado di anticipare a Luigi VETTORE PRESILIO la perpetrazione della strage di Bologna ad opera di un gruppo di cui egli stesso faceva parte; capo della cellula veneta cui apparteneva il RINANI era Massimiliano FACHINI; quest'ultimo, all'esito dell'inchiesta condotta dal `commissario politico' Edgardo BONAZZI, che attinse notizie da qualificatissime fonti nel periodo immediatamente susseguente la strage, venne indicato

come colui che, assieme al SIGNORELLI, per l'esecuzione dell'attentato aveva avuto il torto, o l'imprudenza, di affidarsi a dei "ragazzini". Si tratta di vedere se altre acquisizioni confortino tale complesso di indicazioni, convergenti nel senso della responsabilità del FACHINI per la strage del 2 agosto 1980. Orbene, una significativa e puntuale conferma viene dalle emergenze processuali in ordine alla natura dell'esplosivo usato per la strage ed alla sua provenienza.

 

Si è visto, sub 1.2.8), che la relazione di perizia in atti indica il T4 tra i costituenti principali della carica esplosiva utilizzata per l'attentato del 2 agosto. Nondimeno, sull'effettiva presenza del T4 nel composto esplosivo sono state espresse delle riserve. Si è sostenuto che tale presenza potrebbe ricollegarsi al fatto che la stazione ferroviaria di Bologna è stata, in periodo bellico, bersaglio di bombardamenti aerei. Ma siffatto rilievo non ha evidentemente pregio, dal momento che il T4 è stato rinvenuto anche sotto le carrozze e sui carrelli del treno straordinario 13534 Ancona-Basilea (323), interessato dall'esplosione. Si è poi fatto leva sul fatto che il T4 non compare nei campioni repertati nell'immediatezza

* * * * *

(323) - Cfr. prospetto n. 5, alla pagina 41 della relazione peritale, in PA, V1. dell'esplosione, ma soltanto in campioni prelevati a distanza di tempo. Non si vede a quali conclusioni processualmente utili si possa pervenire sulla base di tale ulteriore rilievo: infatti, di fronte al dato obiettivo del rinvenimento del T4, resterebbe una mera illazione, priva del supporto del benché minimo principio di prova e di ogni verosimiglianza, quella secondo cui taluno, eludendo i controlli, avrebbe potuto, dopo la strage ed i primi prelievi, disseminare tracce di T4 sulla carrozze del treno Ancona-Basilea e nel cratere dell'esplosione.

Tanto premesso, occore dar conto di quanto segue. Così i periti chimico-esplosivistici (324): "...Per ciò che riguarda il T4 è da notare che, nelle attuali formulazioni Nazionali, il particolare tipo di esplosivo non viene più richiamato esplicitamente. La sua presenza è quindi conseguente all'impiego di tritolo di recupero, ossia derivante da sconfezionamento di cariche di esplosivo; tale

tipo di tritolo contiene, molto frequentemente, un'aliquota

 

 

* * * * *

 

(324) - Cfr. relazione di perizia, pp. 47-48.

di T4...sulla riscontrata presenza del T4 potrebbe essere formulata l'ipotesi che, per rendere migliore la innescabilità della carica di esplosivo da mina, sia stato usato un detonatore secondario confezionato con T4, flemmmatizzato o plastico. La predetta ipotesi non è peraltro molto probabile, considerato che gli esplosivi gelatinati sono sicuramente innescabili anche con un semplice detonatore del numero 6;..."

 

Tecnicamente parlando, dunque, per quanto concerne il T4, due sono le alternative: o con esso fu confezionato un detonatore secondario, ovvero esso entrò a far parte della miscela esplosiva, in quanto frammisto al tritolo che della miscela stessa era un componente principale. In tale ultima ipotesi, il tritolo sarebbe stato proveniente da recupero, cioè da sconfezionamento di cariche esplosive. Così la perizia chimico-esplosivistica comparativa (325): "...In proposito è però da considerare" (che) "il T4 è un esplosivo che in genere non compare nelle formulazioni riportate per

 

* * * * *

 

(325) - Cfr. relazione di perizia, pp. 26-27, in PA, V1.

gli esplosivi per impieghi civili, considerato anche il suo costo. Nella fabbricazione degli esplosivi anzidetti, per motivi di economia, viene quasi sempre utilizzato tritolo di recupero da sconfezionamento di munizioni militari. In tal caso, a seconda del materiale caricato in dette munizioni, il tritolo di recupero sarà costituito da tritolo puro (caso di munizionamento caricato a tritolo) o da tritolo inquinato da altri esplosivi (ad es. come nel caso di munizionamento caricato con COMPOUND B, per cui il tritolo contiene del T4). In pratica quindi si può verificare che un determinato tipo di esplosivo gelatinato, fabbricato in tempi o stabilimenti diversi, contenga T4 o meno a seconda delle disponibilità momentanee della fabbrica e quindi dell'impiego di Tritolo puro o di Tritolo di recupero da sconfezionamento di munizioni caricate a Tritolo-T4..."

 

Quindi, meglio precisando i termini dellla questione: o innesco secondario al T4 o T4 proveniente da recupero di munizionamento militare.

 

Orbene, non soltanto il T4 `tout court', ma l'una e l'altra delle due alternative sopra individuate riconducono a Massimiliano FACHINI. Udienza 10/12/1987, interrogatorio di Sergio CALORE ex art. 450 bis C.P.P.: "...Il P.M.: `conferma quanto ha dichiarato il 10/3/85: <<L'unico esplosivo T4, da me conosciuto, aveva quella provenienza>>, cioè Veneto e cioè FACHINI.' CALORE: `sì, lo confermo.'" (326)

 

Udienza 9/12/1987 (327): "CALORE interviene: `quello di provenienza di FACHINI era di tipo militare e c'era sia dell'esplosivo che assomigliava a dei pezzi di parmigiano, per essere precisi...' Il Presidente: `e che esplosivo era?' CALORE:`FACHINI riferiva che questo proveniva da recuperi fatti da materiale bellico in un laghetto veneto e poi c'era dell'altro esplosivo, che era dell'anfo, che in particolare fu la causa del fallimento di alcuni attentati dimostrativi, perché era un esplosivo particolarmente sordo all'innesco, ossia richiedeva l'applicazione di un innesco secondario, cioè di una piccola carica di esplosivo più sensibile che rendesse possibile la detonazione della carica principale'..."

 

* * * * *

(326) - Vu 10/12/87, p55. Le dichiarazioni 10/3/85 cui si fa riferimento in detto verbale trovansi in Cal., V5, C12, p63.

(327) - Vu 9/12/87, p19.

Così Paolo ALEANDRI, il 7/8/1981, al Giudice Istruttore di Roma (328): "...Io nel frattempo mi ero messo in contatto con quelli del gruppo di Padova ed in particolare con FACHINI e RAO, giacché dai discorsi fatti mi era sembrato di capire che il gruppo di Padova fosse ben organizzato e disponesse di esplosivo. Fu così che Roberto RAO mi portò una borsa contenente una decina di chili di esplosivo di tipo speciale: si trattava infatti di un composto cristallino compatto diviso parte in pezzi aventi la forma di tocchi di parmigiano e parte in forme circolari con un buco in mezzo. Non sono sicuro delle presenza delle forme circolari complete mentre sono certo delle forme che ho chiamato tocchi di parmigiano (mi è venuta in mente quest'ultima definizione perché mia madre casualmente rinvenne l'esplosivo nel mio appartamento a Roma e lo scambiò appunto per pezzi di parmigiano avariato) detto esplosivo aveva una particolarità tecnica: infatti, per il suo corretto impiego doveva essere preinnescato nel senso che accanto al detonatore doveva essere collocata un'altra * * * * *

(328) - EA, V10/a-4, C190/3/1, pp. 7-8.

sostanza esplosiva più sensibile all'azione del detonatore stesso. Infatti, tra il materiale portatomi dal RAO vi era oltre al detonatore anche alcuni cilindri di esplosivo da utilizzare a tale scopo fatti di sostanza che non so precisare..." (329)

 

La precisazione è stato in grado di farla il CALORE (330):

 

"... l'esplosivo di FACHINI comprendeva oltre quello a forma di parmigiano, l'ANFO e delle `pizzette' di T4 da usare come innesco per gli esplosivi più sordi..."

 

Ancora l'ALEANDRI sul modo in cui il FACHINI provvedeva ad approvvigionarsi (331): "...FACHINI diceva che questo esplosivo veniva recuperato da un lago da una persona chiamata da loro il `sub' ed era un esplosivo di provenienza bellica, erano delle bombe che poi venivano disattivate e veniva estratto questo esplosivo, recuperato da materiale bellico..."

 

Dall'interrogatorio dibattimentale dell'ALEANDRI (332), a

* * * * *

(329) - L'esplosivo fornito dal RAHO era di pertinenza del FACHINI; ad ogni modo, l'ALEANDRI ha riferito d'aver ricevuto esplosivo direttamente anche dal FACHINI: cfr. vu 7/1/88, p25.

(330) -Cfr. confronto CALORE-ALEANDRI 13/12/84, in Cal., V5, C12, p27.

(331) - Vu 7/1/88, p26.

(332) - Vu 7/1/88, p25.

proposito dell'innesco secondario o preinnesco: "Il Presidente: `FACHINI ebbe modo di spiegarle come doveva essere usato l'esplosivo?' ALEANDRI: `certo'. Il Presidente: `e spiegò la necessità del preinnesco? fu lui o fu una vostra deduzione?' ALEANDRI: `per essere precisi la questione del preinnesco fu spiegata la prima volta che scese con esplosivo di provenienza FACHINI, RAHO, e ci spiegò lui la faccenda del preinnesco insieme ad altre'..."

 

Dall'interrogatorio dibattimentale di Gianluigi NAPOLI, ex art. 450 bis C.P.P. (333): "...Il Presidente: `conferma di aver sentito fare dal MELIOLI il discorso del laghetto veneto come luogo dove potevano essere recuperati dei materiali esplosivi?' NAPOLI: `il MELIOLI accennava d'aver sentito -questo si riferiva sicuramente al FACHINI- che avvenivano recuperi di esplosivo in acqua, in un laghetto si parlava.' Il Presidente: `parlava di un laghetto?' NAPOLI continua: `anche se lui non ha mai detto di aver praticamente partecipato...Si dice...così, insomma sempre nel solito modo, piuttosto..."

 

* * * * *

(333) - vu 26/11/87, p857.

Più avanti (334): "L'Avv. MENARINI: `vorrei porre al NAPOLI questa domanda, che nasce dalla lettura di questa deposizione e in sostanza la tipologia dell'esplosivo proveniente dal recupero di munizioni militari.' Il Presidente: `lasciamo dire tutto quello che ricorda di questo discorso.' NAPOLI: `quello che mi ricordo di questo discorso è il discorso della tipologia, cioè di esplosivo di tipologia militare è riferito al fatto che era esplosivo, da quello che si diceva, recuperato dal fondo di un lago, o di un laghetto. E quindi era sicuramente di tipo militare. Per ciò che riguarda il discorso di MELIOLI con riferimento al FACHINI, non ricordo esattamente se ho fatto esplicitamente il nome del MELIOLI o se ho addebitato il fatto al FACHINI, perché l'uno me ne parlò dettagliatamente anche con il discorso dei detonatori, mentre MELIOLI ne parlava, ma con il suo solito modo di affermare le cose, ma sinceramente mai in maniera dettagliata che avesse potuto vedere o provare di persona il tutto.' Il Presidente: `secondo le sue precedenti dichiarazioni, FACHINI non le avrebbe parlato * * * * *

(334) - vu 26/11/87, pp. 871.

della provenienza, cioè laghetti, di questo esplosivo, mentre di questo avrebbe parlato MELIOLI. Se lo ricorda?' NAPOLI: `probabilmente è così come lei me lo riferisce. Però probabilmente il discorso portato avanti dal MELIOLI, cioè del possibile recupero di esplosivi da un lago, era qualcosa che già da tempo circolava nell'ambiente di destra.'..."

 

Un altro passo del medesimo interrogatorio (335): "Il Presidente: `le parlò anche del confezionamento di esplosivi FACHINI?' NAPOLI: `ma sì, parlò in altre discussioni, quella che si parlava.....e fu in quel frangente che parlò del discorso dell'esplosivo sordo e quindi aveva bisogno di essere mischiato con doppio detonatore' Il Presidente: `Perché?' NAPOLI: `per avere una migliore deflagrazione'. Il Presidente: `cioè le disse che c'era un modo di fabbricare l'esplosivo?....Vuole ripetere?' NAPOLI: `no di fabbricare l'esplosivo' Il Presidente: `voglio dire di confezionarlo'. NAPOLI: `di confezionare l'esplosivo...cioè la bomba...ecco, e quindi venivano immessi due detonatori, nel caso * * * * *

(335) - Vu 26/11/87, pp. 853-854.

elettrici,per avere una migliore deflagrazione poiché, essendo esplosivo sordo, necessitava di questo, altrimenti esplodeva in parte..."

 

Quantunque -come si è testé visto- il NAPOLI abbia in qualche modo tentato in giudizio di `alleggerire' la posizione del MELIOLI, le dichiarazioni precedentemente rese sul conto del FACHINI sono state sostanzialmente confermate. D'altronde, attesa la natura dei rapporti MELIOLI-FACHINI, quale sarà illustrata in sede di trattazione della banda armata, non è lecito dubitare del fatto che il MELIOLI fosse fonte degna del massimo credito, in possesso di notizie di prima mano, del tutto genuine, che attingeva non già in conversazioni salottiere intrecciate con esponenti militanti neofascisti a lui vicini, ma direttamente dal `leader' della cellula veneta. Non a caso, infatti, il contenuto delle informazioni ricevute dal NAPOLI era in tutto analogo a quanto appreso dal CALORE e dall'ALEANDRI direttamente dalla voce del FACHINI e del RAHO.

 

Complessivamente quindi, attraverso l'esame delle dichiarazioni del CALORE, dell'ALEANDRI e del NAPOLI, in larga parte sovrapponibili, ed idonee, in virtù dei rispettivi apporti, a fornire una ricostruzione coerente di talune circostanze, è dato ricavare che: il FACHINI ed il gruppo a lui facente capo disponevano di notevoli quantitativi di esplosivo di recupero militare; il FACHINI ed i suoi fedelissimi indicavano tale esplosivo come proveniente dallo sconfezionamento di materiale bellico giacente in un laghetto del Veneto; fra le altre sostanze esplosive di recupero militare figurava anche il T4; il gruppo facente capo al FACHINI adottava la tecnica del preinnnesco o innesco secondario (tecnica poi trasmessa anche al `gruppo M.R.P.'); quale innesco secondario potevano essere usate `pizzette' di T4.

 

Va rilevato che `pizzette' di T4 furono utilizzate da Marcello IANNILLI come detonatore secondario in uno degli attentati M.R.P.: precisamente, nell'attentato a Regina Coeli (336).

 

* * * * *

(336) - Cfr. CALORE, confronto CALORE-ALEANDRI 13/12/84, in Cal., V5, C12, p27, e interrogatorio dibattimentale, in vu 9/12/87, p37. Lo IANNILLI, che è autore confesso dell'attentato, si è ben guardato dall'ammettere la circostanza riferita dal CALORE. "...Del detonatore al T4 non ho mai sentito parlare..." (vu 30/4/87, p25).

E va rilevato ancora che il Giudice Istruttore di Treviso procede (337) oggi nei confronti di Massimiliano FACHINI per il reato di cui agli artt. 56 e 280 C.P. in danno dell'On. Tina ANSELMI, commesso in Castelfranco Veneto l'8/3/1980 (attentato ricompreso nel programma terroristico della banda armata che qui si giudica e sul quale si dovrà tornare in prosieguo). In quel procedimento è stata disposta una perizia (338) tecnica, la quale, tra l'altro, doveva servire ad acclarare se l'esplosivo utilizzato in occasione di detto fallito attentato fosse "della stessa natura" di quello, descritto dal CALORE, dall'ALEANDRI e dal NAPOLI, che sarebbe stato -secondo costoro- nella disponibilità del FACHINI, nonché se le caratteristiche di innesco e di mancato funzionamento dell'ordigno corrispondessero a quanto riferito negli interrogatori delle persone sopra indicate. Le conclusioni in ordine alla natura del materiale esplosivo: "...Per quanto sopra visto, accertato che l'esplosivo usato per l'attentato di Castelfranco era * * * * * (337) - Cfr. vu 13/6/88, p225. (338) - Cfr. vu 13/6/88, pp. 226 ss. La relazione è stata acquisita agli atti con ordinanza ex art. 469 C.P.P. (cfr. vu 17/6/88, pp. 12-13).

tritolo, proveniente da una mina anticarro e quindi

 

sicuramente di provenienza militare (recupero e scaricamento

di ordigni bellici rinvenuti? provenienza furtiva da cantieri di scaricamento?), si può affermare che la natura di questo esplosivo ben si accorda con le descrizioni fornite dall'ALEANDRI e dal NAPOLI." Le conclusioni in ordine alle caratteristiche di innesco: "...In definitiva, punti di corrispondenza fra le caratteristiche di innesco dell'ordigno di Castelfranco e le descrizioni degli interrogati si riscontrano: - nell'impiego di un detonatore secondario; - nell'impiego di un detonatore elettrico."

 

Si è dato conto in narrativa, sub 1.12.4.2), delle acquisizioni processuali attraverso le quali gli elementi di prova sin qui passati in rassegna hanno trovato una formidabile complessiva conferma di carattere oggettivo: sulla base delle dichiarazioni del NAPOLI, attinte da Dario FIGNAGNANI (339), è stato possibile individuare i luoghi ove era sommerso il materiale bellico dal cui sconfezionamento proveniva l'esplosivo utilizzato dalla cellula di * * * * *

(339) - Costui,citato a comparire in giudizio, si è avvalso della facoltà di non rispondere all'interrogatorio ex art. 450 bis C.P.P. (cfr. vu 15/2/88, p16).

Massimiliano FACHINI. Più specificamente, dal rapporto dei Carabinieri in data 2/11/1987: "...La prima immersione dei CC subacquei aveva luogo nello specchio antistante il forte San Nicolò di Riva, ove i militari, su una scarpata a fondo fangoso, a circa otto metri di profondità e ad otto/dieci metri dalla linea di battigia a partire dall'angolo -versante di Torbole- di detto fortino,localizzavano alcuni proiettili di grosse dimensioni, verosimilmente di mortaio e di cannone, riportandone a riva due di mortaio...infine, in prossimità dell'isolotto di Malcesine, altre immersioni venivano effettuate lungo una scarpata con sedimento fango- roccioso, ad una profondità di circa trenta metri. Nel corso di tale ispezione, venivano notati proiettili di grosso calibro sparsi sul fondale, che non venivano recuperati per difficoltà tecniche..."

 

Osserva la Corte che la significatività del riscontro costituito dai ritrovamenti di cui si è detto non è scalfita dal fatto che essi siano avvenuti non in un `laghetto' (secondo l'indicazione proveniente dalle fonti sopra menzionate), ma nel più vasto lago italiano. Innanzitutto, il lago ed i punti di rinvenimento si collocano, geograficamente, sotto la `giurisdizione' del FACHINI. Quanto al fatto che al CALORE ed all'ALEANDRI non fosse stata fornita un'indicazione topograficamente precisa, esso si spiega agevolmente con l'impostazione assolutamente esclusivistica adottata dal FACHINI nella gestione della cellula veneta. Anche dopo il suo ingresso nell'area di Costruiamo l'Azione-M.R.P., egli continuò a gestire in modo personale i contatti con i componenti della cellula veneta, al punto che -come si è visto trattando altro argomento- tutto il materiale di Costruiamo l'Azione destinato all'Italia settentrionale doveva passare necessariamente per le sue mani. Il fatto di considerare proprio `feudo' la cellula veneta e le sua risorse comportava per il FACHINI, coerentemente, che la chiave d'accesso all'arsenale dovesse rimanere riservata al `leader' ed ai suoi fedelissimi veneti. Non a caso, all'individuazione dell'arsenale subacqueo si è pervenuti soltanto grazie alle informazioni indirettamente provenienti dal neofascista veneto Dario FIGNAGNANI.

Osserva ancora il Collegio che il recupero di materiale bellico dal fondo di un bacino idrico è operazione assai delicata, ma tecnicamente realizzabile; e che la lunga permanenza in acqua di ordigni bellici non necessariamente ne comporta l'inutilizzabilità. Tanto discende anche dal parere scritto del Prof. Aurelio GHIO, perito di balistica ed esplosivistica, interpellato dalla stessa difesa del FACHINI. Si riporta di seguito, nelle parti che interessano, il parere in questione (340): "...Premetto che il recupero di `proiettili' -e quindi si intende munizionamento inesploso impiegato dalle artiglierie terrestri o bombe lanciate da aeroplani- prevede

 

- il disinnesco delle stesse

 

- lo svuotamento ed il recupero della carica di scoppio.

 

Che nel caso non si può parlare di `cariche di lancio' bensì solo ed unicamente di cariche di scoppio.

 

Il disinnesco non è operazione per dilettanti. Sappiamo tutti quanti artificieri sono rimasti uccisi pur avendo pratica di questo tipo di lavoro.

* * * * *

(340) - Parere inserito nel corpo di note d'udienza dell'Avv. BEZICHERI (cfr. vu 14/6/88, pp. 28-30).

Il recupero poi se in acqua prevede idonea attrezzatura non

 

solo per il ritrovamento (metal detector, ecc.) ma altresì per il sollevamento dal fondo.

 

Tutte operazioni cioè complesse, delicate che non si possono eseguire senza adeguatapreparazione, cognizione, esperienza...

 

...c) - per il recupero vale quanto già detto: sono fin stati fatti dei films sulla pericolosità del recupero stesso e sulle varie tecniche. Quindi nozioni specifiche sulle singole `spolette', sui congegni interni delle stesse, attrezzatura per il recupero da fondali (in massima le munizioni sono immerse nel fango del fondo quindi appositi strumenti rivelatori), e tutta la attrezzatura per il recupero fisico del munizionamento. Sovente sono di peso notevole specie quelle di aereo e ne consegue una macchinosità del recupero. Infatti i `tecnici' non le recuperano ma le fanno esplodere sul posto.

 

d) - lo stato di conservazione varia molto dall'ambiente, dall'involucro (se sottile o meno) dall'impatto che pur senza esplosione può aver incrinato l'involucro, ecc. Si hanno peraltro munizioni con polveri ben conservate anche dopo decenni in quanto il caricamento avviene con particolari cure ed in massima per compressione o per fusione sia si tratti di tritolo che di T4 flemmatizzato.

 

In sostanza: tutto si può fare. Basta esserne capaci, avere la attrezzatura e la tranquillità necessarie. Ma non è cosa semplice.

 

Si potrebbe scrivere dei romanzi e fare tutte le illazioni che si vogliono. Ma un conto è fare dei progetti su carta un conto è la pratica.

 

Ripeto: tutto si può fare ma all'atto pratico -e basta pensare le `prove' che si devono fare per vedere se l'esplosivo è ancora attivo- è cosa assai complicata..."

Che l'operazione di recupero sia tecnicamente realizzabile, con riferimento allo specifico contesto che qui viene in considerazione, è poi dimostrato -come si è avuto modo di vedere poco sopra- dall'avvenuto recupero, ad opera dei Carabinieri subacquei, di due proiettili di mortaio nello specchio d'acqua antistante il forte di San Nicolò di Riva.

Né mancavano al FACHINI preparazione ed esperienza adeguate

in materia esplosivistica.

 

Si pensi poi che lo stesso gruppo FIORAVANTI, dotato di esperienza, mezzi ed organizzazione di livello assai inferiore rispetto alla cellula veneta, era stato in grado di realizzare operazioni analoghe. Così Cristiano FIORAVANTI (341): "Di procacciamento di esplosivo posso solo dire che gli attentati fatti dal nostro gruppo (tre al PSI uno al PCI-zona Alberone) furono fatti con esplosivo procurato nei seguenti modi: con balestite granulare ricavata da proiettili di contraerea pescati in più riprese nell'estate e inverno 1979 a Ponza su un relitto di nave americana. Mio fratello provvedeva a predisporlo ed a preparare l'ordigno che esplodeva con semplice miccia. A pescarlo provvedevamo io, mio fratello, ALIBRANDI e TIRABOSCHI..."

 

Non soltanto dunque l'esplosivo veniva ripescato, ma, a dispetto dell'ambiente e del tempo trascorso, si era conservato in condizioni tali da poter poi essere utilmente impiegato in una serie di attentati dinamitardi.

 

* * * * *

(341) - EA, V10/a-3, C140 bis, p10.

2.1.2.8.3) L' `avvertimento' del FACHINI a Jeanne COGOLLI

 

Si è dato conto, sub 1.5.9) ed 1.6.3), rispettivamente delle dichiarazioni rese da Mauro ANSALDI al Procuratore della Repubblica di Torino il 28/10/1982, e dallo stesso ANSALDI e da Paolo STROPPIANA al Giudice Istruttore del presente procedimento il 9/5/1983, in merito all'incontro avvenuto prima della strage tra Massimiliano FACHINI e Jeanne COGOLLI.

 

Va segnalato che sia l'ANSALDI che lo STROPPIANA (342), nel dicembre '85, ebbero a confermare all'Istruttore le dichiarazioni precedentemente resegli sul punto.

 

Nel dicembre del 1984 erano stati sentiti anche nel procedimento cosiddetto `della calunnia': ed in quella sede avevano reso dichiarazioni (343) sostanzialmente in linea con le precedenti.

 

In giudizio, mentre lo STROPPIANA non ha avuto indecisioni nel confermare (344) quanto già dichiarato sull'episodio, l'ANSALDI (345) ha introdotto qualche elemento di

* * * * *

(342) - Cfr., rispettivamente, EA, V10/a-5, C230 bis, p5, ed EA, V10/a-5, C226 bis, p14.

(343) - Cfr., rispettivamente, Cal., V5, C4, pp. 5-6, e Cal., V5, C54, pp. 3 verso e 4 recto.

(344) - Cfr. vu 19/11/87, pp. 58-59.

(345) - Vfr. vu 18/11/87, pp. 49 ss.

confusione. Ma si tratta di titubanze che non scalfiscono il nucleo delle sue dichiarazioni. Infatti, è vero che l'ANSALDI ha affermato di non essere in grado di precisare se il FACHINI -secondo il racconto della COGOLLI- avesse detto alla donna che sarebbe potuto "succedere" o che sarebbe potuto "succederle" qualcosa; ma ciò, a ben vedere, non introduce alcun dubbio circa il vero contenuto del messaggio trasmesso dal FACHINI alla COGOLLI; non dà adito ad interpretazioni alternative rispetto all'unica plausibile, cioè a quella dell'amichevole avvertimento ad allontanarsi per tempo, onde evitare di rimanere coinvolta negli arresti degli estremisti di destra che sarebbero verosimilmente seguiti alla strage. Quale che sia stata l'espressione letterale adottata, essa non poteva suonare come minaccia: ciò resta escluso dalla conferma (346), da parte dell'ANSALDI, del contenuto complessivo del discorso fattogli dalla donna. E quel discorso era tale per cui, se anche l'espressione usata fosse stata "succederle", essa non avrebbe potuto riferirsi che alle conseguenze, per * * * * *

(346) - Cfr. vu 18/11/87, p72.

l'interlocutrice del FACHINI, dell'ondata di repressione

in danno dei militanti della destra che sarebbe eventualmente scaturita dall'attentato.

Le dichiarazioni dell'ANSALDI e dello STROPPIANA sono dunque tra loro coerenti ed idonee a corroborarsi a vicenda. Non appaiono dettate da intenti gravatori nei confronti del FACHINI: manca, nel generico avvertimento attribuito all'imputato, ogni riferimento diretto alla strage, che pure, da chi avesse velleità calunniatorie, o, comunque, la volontà di forzare la mano, avrebbe potuto essere inserito nel riferire il racconto della COGOLLI. Non deve sfuggire che l'ANSALDI, anche nel dar conto dei commenti della donna a proposito dell'episodio, anziché caricare le tinte, ebbe ad esprimersi in termini alquanto distaccati, riferendo semplicemente aver ella detto che avevano trovato conferma certi sospetti, suoi e dello ZANI, in ordine alle responsabilità per la strage.

 

Neppure si può dire che le dichiarazioni in esame siano viziate da un sospetto `volontarismo': l'ANSALDI, lungi dal mettersi in contatto con i giudici bolognesi che indagavano sulla strage, per rilasciare clamorose rivelazioni in vista di benefici processuali, disse quanto sapeva, per la prima volta alla fine del 1982, rispondendo ad una specifica domanda del PUBBLICO MINISTERO di Torino, che lo interrogava su delega del Giudice Istruttore di Roma. Quest'ultimo provvide poi a trasmettere gli atti, ai sensi dell'art. 165 bis C.P.P., al Giudice Istruttore del presente procedimento. Lo STROPPIANA fu in seguito sentito sui fatti in esamesolo in quanto indicato dall'ANSALDI.

 

Si è messa in risalto la circostanza che i due hanno subito un periodo di carcerazione comune: ora, a meno di non cedere alla logica del `post hoc, ergo propter hoc', non è dato in alcun modo, in assenza di diversi concreti elementi in merito, far discendere da un fraudolento accordo la conferma che alle dichiarazioni dell'ANSALDI è venuta da parte del suo ex sodale.

 

Si è fatto leva su due ulteriori circostanze. Nelle prime dichiarazioni, rese al PUBBLICO MINISTERO di Torino, l'ANSALDI aveva riferito che -secondo il racconto della COGOLLI- destinatario dell'avvertimento era stato anche Fabrizio ZANI, che sarebbe stato presente in occasione dell'incontro con il FACHINI. Ora, è risultato che lo ZANI nei mesi a cavallo della strage era detenuto (347). Osserva la Corte che non soltanto non v'è più traccia della presenza dello ZANI all'incontro con il FACHINI nelle dichiarzioni dell'ANSALDI successive alle prime, ma che la circostanza in questione non compare nei verbali dello STROPPIANA. Poiché l'ANSALDI ebbe rapporti di frequentazione di apprezzabile durata con la COGOLLI e lo ZANI, dagli stessi ricevendo numerose confidenze, è comprensibile che le prime dichiarazioni al PUBBLICO MINISTERO di Torino in ordine alla presenza dello ZANI siano state frutto della sovrapposizione di due diversi ricordi, ovvero che, richiamando alla memoria i fatti, l'ANSALDI, prima di mettere meglio a fuoco i suoi ricordi, abbia fatto confusione, per esser stato lo ZANI presente in occasione del racconto della donna (si è visto che era presente quando lo STROPPIANA ne chiese conferma dopo qualche tempo).

 

* * * * *

(347) - Cfr. AAD, V4, C31, p3. La circostanza era stata prontamente rilevata dal PUBBLICO MINISTERO: cfr. RI, C4, p280.

La seconda circostanza sulla quale si è fatto leva (348) riguarda un particolare riferito dall'ANSALDI al Procuratore della Repubblica nel procedimento `della calunnia'. Dopo aver ripreso il racconto dell'avvertimento, l'ANSALDI nell'occasione soggiungeva (349): "...Fu così che COGOLLI mi disse di avere lasciato precipitosamente la sua abitazione e di essersi nascosta con NALDI, per un breve periodo, in una cascina molto fredda perché priva di riscaldamento, ubicata in una campagna emiliana..." Dell'allontanamento del NALDI e della COGOLLI da Bologna si dirà in prosieguo. Qui si osserva come si debba ritenere che il particolare dell'aver la COGOLLI trovato rifugio nella cascina e l'ulteriore particolare dell'esser la cascina stessa fredda perché priva di riscaldamento non fossero collegati tra loro nel racconto della donna, nel senso che costei non poteva aver indicato il soggiorno estivo come in qualche modo caratterizzato dall'assenza di riscaldamento. E in effetti, a ben vedere, l'ANSALDI non dice che la COGOLLI gli abbia riferito d'aver * * * * *

(348) - Cfr. appunti dell'imputato FACHINI inseriti nelle note difensive 22/6/88 dell'Avv. BEZICHERI, in vu 22/6/88, p413.

(349) - Cal., V5, C4, p5 recto.

sofferto il freddo in quell'occasione. L'incongruenza è

quindi, verosimilmente, soltanto apparente: e tale apparenza

deriva dalla giustapposizione, nel verbale, di due particolari logicamente scollegati. Ma se pure l'ANSALDI avesse inteso porli in relazione ed indicare quindi il soggiorno emiliano di piena estate funestato dal freddo, ciò, lungi dal incidere negativamente sulla sua credibilità, finirebbe paradossalmente per rafforzarla. Si intende dire che la grossolanità dell'incongruenza dimostrerebbe non esser stato affatto il racconto predisposto `a tavolino' con fini calunniatori, ma esser lo stesso invece frutto della meccanica ed acritica narrazione di circostanze effettivamente apprese dalla fonte indicata. Sarebbe tale incongruenza garanzia di genuinità, anche perché presente in dichiarazioni rese ad oltre due anni di distanza dalle prime, quando, cioè, chi fosse stato animato dall'intento di appesantire maliziosamente le proprie rivelazioni, aggiungendo particolari, avrebbe avuto tutto il tempo per non incorrere in banali incidenti di percorso.

 

E' a chiedersi a questo punto se sia verosimile che la COGOLLI possa aver fatto determinate confidenze all'ANSALDI ed allo STROPPIANA. Di ciò non sembra sia ragionevole dubitare, atteso il rapporto di conoscenza e frequentazione all'interno degli ambienti dell'eversione neofascista (350); rapporto protrattosi per vario tempo, dopo che lo STROPPIANA e l'ANSALDI, referenti torinesi del FIORE e dell'ADINOLFI, ebbero provveduto, per incarico di costoro, nell'autunno del 1981, a far rimpatriare lo ZANI e la COGOLLI dalla Francia (351).

 

Alla stregua di quanto precede -e nonostante la scontata smentita proveniente dalla COGOLLI e dallo ZANI, delle cui ragioni si dirà in prosieguo- resta dunque provato che: agli inizi dell'82 la COGOLLI rivelò all'ANSALDI d'esser stata amichevolmente avvertita dal FACHINI, in epoca prossima alla strage, di allontanarsi da Bologna, per evitare noie, dal momento che sarebbe dovuto accadere `qualcosa di grosso'; l'ANSALDI, dal canto suo, mise lo STROPPIANA a parte di tale * * * * *

(350) - La stessa COGOLLI ha dovuto ammettere d'aver conosciuto l'ANSALDI e lo STROPPIANA: cfr. vu 17/12/87, p40. E lo ZANI, dal canto suo, ha riferito non soltanto d'averli frequentati nell' '81-'82, ma d'aver con loro parlato del FACHINI: cfr. vu 11/2/88, p17. (351) - EA, V10/a-5, C226 bis, p3.

confidenza; di lì a qualche tempo, lo STROPPIANA, presente

 

lo ZANI, chiese alla COGOLLI la conferma di quanto la donna aveva precedentemente riferito all'ANSALDI, e si sentì rispondere "che era tutto vero".

 

Ci si deve ora chiedere se la COGOLLI potesse aver

effettivamento ricevuto l'avvertimento dal FACHINI e se ella, comunque, non abbia inteso porre l'odierno imputato in cattiva luce presso i due militanti torinesi di Terza Posizione, inventando di sana pianta l'episodio dell'avvertimento. Che all'epoca della strage di Bologna la COGOLLI potesse aver già maturato una sorta di avversione politica -interpretata dall'ANSALDI come vero e proprio odio- nei confronti del FACHINI, in quanto rappresentante della `vecchia destra', è certamente possibile. Peraltro, la donna e lo ZANI erano confluiti soltanto da poco in Terza Posizione, e, poiché negli anni precedenti avevano avuto rapporti con personaggi dell'area da cui venivano in qualche modo prendendo le distanze, è del tutto naturale e, quindi, perfettamente credibile, che con costoro mantenessero rapporti, almeno a livello personale. E' bene ricordare in proposito che la COGOLLI, per conto di Massimiliano FACHINI, aveva provveduto a diffondere il giornale `Costruiamo l'Azione'. In giudizio, la donna aveva significativamente negato d'aver conosciuto il FACHINI (352) e di aver diffuso il giornale (353). Poi, posta di fronte a talune dichiarazioni rese in proposito dall'odierno imputato in sede di interrogatorio dibattimentale (354), ebbe a dichiarare quanto segue (355): "...io non posso che confermarle quanto ho detto prima, ossia, io non ho mai distribuito il giornale e perlomeno....posso aver incontrato questa persona senza sapere che era lui, però....secondo me può essere avvenuto soltanto in occasione di comizi o conferenze..." Il FACHINI è, sul punto, fonte assolutamente insospettabile, dal momento che avrebbe avuto tutto l'interesse a negare ogni rapporto di conoscenza e collaborazione con la COGOLLI. Eppure costei, anche così smascherata e pur mostrando l'affanno, si sforza di non ceder terreno.

* * * * *

(352) - Vu 17/12/87, p39.

(353) - Vu 17/12/87, p40.

(354) - Per la sintesi dell'interrogatorio dibattimentale dell'imputato, cfr. supra, sub 1.11.4.1).

(355) -Vu 17/12/87, p43.

Non deve sfuggire che anche lo ZANI, davanti a questa Corte,

ha negato (356) recisamente che la COGOLLI (357) abbia mai distribuito della stampa per conto del FACHINI o su suo incarico.

 

La COGOLLI e lo ZANI mentono spudoratamente, per allontanare dalla donna il sospetto della persistenza di contatti operativi -in epoca relativamente vicina alla strage- con coloro che, nel gergo delle nuove generazioni dell'eversione neofascista, vengon definiti `vecchi tramoni'. Senonché, per avere la misura dell'inserimento della COGOLLI in certi ambienti, occorre por mente al fatto che ella potrebbe esser stata raccomandata al FACHINI, quale possibile distributrice di Costruiamo l'Azione, nientemeno cheda Paolo SIGNORELLI (358).

La preoccupazione che spinge la COGOLLI e lo ZANI a negare

**** *

(356)- Cfr.vu11/2/88,pp.17-18. (357)- I rapporti fra la COGOLLI e lo ZANI sono assai stretti: o di coniugio, o -in libertà- di convivenza.

(358) - Si è visto -sub 1.11.4.1)- che il FACHINI, nell'interrogatorio dibattimentale, ha riferito che il nominativo della COGOLLI gli fu fornito dal SIGNORELLI o da altri. Visto che la conoscenza avvenne nell'ambito dell'esperienza di Costruiamo l'Azione, gli "altri" erano comunque persone vicine al SIGNORELLI. Ad ogni buon conto, ai fini che qui rilevano, decisivo è il fatto che -secondo lo stesso FACHINI- l'indicazione potrebbe essere venuta, appunto, da Paolo SIGNORELLI.

il ruolo di distributrice del giornale ed i contatti all'uopo avuti dalla donna con il FACHINI impone ai due, a maggior ragione -se l'episodio dell'avvertimento ha avuto realmente luogo- di sostenere con decisione la falsità di quanto riferito dall'ANSALDI e dallo STROPPIANA a proposito

 

del racconto che questi ultimi avrebbero ricevuto. E la preoccupazione in tanto si acuisce, in quanto l'episodio dimostra che, all'epoca della strage, non erano ancora stati recisi definitivamente i legami con determinati ambienti.

 

Conclusivamente: la verosimiglianza del fatto che il FACHINI,in ossequio a pregressi e non remoti legami, possa aver dato alla COGOLLI il noto avvertimento si misura sui collegamenti operativi certi fra il FACHINI e la donna all'epoca di Costruiamo l'Azione, nonché sul fatto che la COGOLLI godeva di favorevoli referenze da parte del SIGNORELLI o di persone a lui vicine; e riceve conforto dallanegativadello ZANI e della COGOLLIsulpunto:negativa

 

che offre la spiegazione dell'interesse -certamente maggiore- ad escludere anche la circostanza dell'avvertimento.

Si potrebbe ancora sostenere che l'episodio, pur verosimile, non è accaduto, ed il racconto della COGOLLI all'ANSALDI ed allo STROPPIANA fu frutto del malanimo della donna verso il

FACHINI: malanimo che sarebbe maturato nel periodo di avvicinamento agli ambienti di Terza Posizione.

L'ipotesi è del tutto inattendibile, giacché, ove si fosse trattato di diffondere nell'ambiente dell'eversione neofascista notizie calunniose sul conto del FACHINI, non si vede perché si sarebbe fatto ricorso ad un espediente così indiretto, che, isolatamente considerato, a ben vedere, stava a dimostrare soltanto che il FACHINI era preventivamente a conoscenza della programmazione dell'attentato.

 

Ma v'è molto di più: Jeanne COGOLLI lasciò precipitosamente Bologna poco prima della strage..

 

Così Elio NALDI ai Carabinieri, il 4/8/1980 (359): "Sono fratello di NALDI Mario Guido, nato a Bologna, con me residente. Mio fratello, Mario Guido, in atto si trova in Corsica, almeno così ha detto che andava con mia madre; poi * * * * *

(359) - EA, V10/a-1, C17, p1.

si sarebbe diretto in Francia.

 

Mio fratello è partito Sabato Mattina 2/8/1980 all'alba a mezzo di autostop e per quanto mi risulta è partito insieme ad un suo vecchio amico tale MANCINI Claudio da Bologna via Scipione del Ferro n. 13 e credo insieme ad una amica a nome COGOLI Giovanna da Bologna.

 

Mio fratello è partito attrezzato con zaino di colore verde militare e tenda; sconosco come egli sia vestito in quanto al momento della sua partenza io dormivo.

 

Credo che faccia rientro in Bologna per la fine del mese di Agosto.

 

A.D.R. l'appartamento occupato da me e mio fratello è composto da due camere tinello e cucina e vi abitiamo da circa due mesi; periodicamente mio fratello riceve amici e amiche nella sua stanza tra questi suppongo che riceva anche la COGOLI Giovanna.

 

A.D.R. Conosco la COGOLI Giovanna solo di vista avendola incontrata solo due volte..."

 

Il teste, il 22/1/1985, al Giudice Istruttore (360): * * * * *

(360) - EA, V10/a-1, C17, pp. 2-3.

"A.D.R.: In effetti, così come dichiarai ai CC 4/8/80, mio fratello, Mario Guido, partì da Bologna sabato mattina 2/8/80 all'alba.

 

Ciò fece insieme al suo amico Claudio MARTINI, col quale si recò in vacanza in Corsica. Dissi ai CC. che ritenevo fosse partita insieme a mio fratello anche la sua amica COGOLLI Jeanne. Ciò perché in quel periodo la COGOLLI dormiva, anzi aveva dormito, in casa nostra perché il suo ragazzo ZANI Fabrizio era detenuto in San Giovanni in Monte. Per tale ragione avendomi mio fratello detto che partiva con una ragazza pensai che fosse partito con la COGOLLI.

 

So invece che la COGOLLI non partì con mio fratello.

 

Infatti qualche giorno dopo il mio esame dinanzi ai Carabinieri, essendo stata disposta una perquisizione in casa, mi misi in contatto con mio fratello...il quale mi disse che era partito insieme a Claudio MARTINI ed a due ragazze Sofia e Fiorenza da me non meglio conosciute." (361) "Se non ricordo male la COGOLLI lasciò la nostra abitazione il giorno in cui ZANI Fabrizio fu scarcerato...

* * * * *

(361) - Le due donne, comparse avanti a questa Corte, hanno confermato la circostanza: cfr. vu 12/12/87. pp. 30 ss. e 35 ss.

...A.D.R.: Durante il periodo in cui la COGOLLI rimase nostra ospite io la vedevo anche il sabato e la domenica e non mi risulta che viaggiasse fuori Bologna. Va detto però che io stavo fuori dalla mattina alla sera lavorando anche 15 ore al giorno e quindi spesso non la vedevo neppure..."

 

In giudizio, la deposizione di Elio NALDI, dopo la conferma sia delle dichiarazioni rese ai Carabinieri che di quelle rese all'Istruttore (362), si è così sviluppata (363): "...L'Avv. BEZICHERI: `se la Giovanna COGOLLI ha pernottato e si è fermata nella loro abitazione solo nel periodo in cui aveva bisogno di fermarsi a Bologna per andare a trovare Fabrizio ZANI in carcere.' Il teste: `che io ricordi sì, perché ricordo che lei dormiva lì perché la mattina andava a San Giovanni in Monte. Io la vidi un paio di volte prima perché frequentava mio fratello così, però non so se la vedeva spesso o meno. Io l'ho vista un paio di volte. Poi, quando ho visto che dormiva in casa, era perché aveva detto che andava a trova" (sic) "Fabrizio che era a San Giovanni in Monte.' Il Presidente: `glielo aveva detto lei o suo * * * * * (362) - Con la sola precisazione che il cognome del compagno di viaggio del fratello era "MANCINI".

(363) - Vu 23/11/87, p17. fratello?' Il teste: `no, l'ha detto mio fratello'. L'Avv. BEZICHERI: `se ricorda quale è stato il periodo in cui la COGOLLI si fermò presso la loro abitazione per andare a trovare Fabrizio ZANI in carcere.' Il teste: `potrebbe essere stato ottobre-novembre, adesso di preciso non ricordo.' L'Avv. BEZICHERI: `dell'anno?' Il teste: `del 1980.'..."

 

Osserva la Corte: l'idea che la COGOLLI fosse partita assieme a Mario Guido NALDI poté esser suggerita al fratello di costui soltanto da un soggiorno della donna in casa NALDI nel periodo immediatamente precedente la strage. E non e possibile che il teste abbia fatto confusione, riferendo al periodo di fine luglio-inizio agosto un precedente soggiorno della COGOLLI, in occasione di un periodo di detenzione dello ZANI in Bologna. Infatti, l'ultimo periodo di carcerazione patito da Fabrizio ZANI in Bologna prima dell'attentato si viene a collocare fra il 15 ed il 20 maggio 1980 (364) e precede quindi la strage di oltre due mesi. Le prime dichiarazioni del teste sono di due giorni soltanto posteriori all'attentato. E' ben possibile -come

* * * * *

(364) - Cfr. AAD, V4, C31, p4.

traspare dalle parole di Elio NALDI- che questi non incrociasse la donna anche per vari giorni, durante i periodi in cui la stessa alloggiava nella camera di Mario Guido. Ed è quindi possibile che, alla data del 2 agosto, la COGOLLI si fosse allontanata già da qualche giorno, senza che il teste se ne fosse accorto, al punto da essere indotto a crederla partita la mattina del 2 assieme a Mario Guido. Ma non è ragionevolmente sostenibile che, soltanto 48 ore dopo la partenza del fratello, Elio NALDI possa aver posto tale partenza in relazione con un soggiorno della COGOLLI di oltre due mesi precedente. Un simile appiattimento della prospettiva diacronica del ricordo è invece giustificabile soltanto ad anni di distanza e spiega le successive dichiarazioni del teste.

 

Le prime dichiarazioni di Elio NALDI sono di estrema importanza, perché rappresentano anche l'unica testimonianza raccolta sulla partenza da Bologna di Mario Guido nell'immediatezza dei fatti: dunque, in epoca non sospetta. Orbene, il teste riferì essere il fratello partito all'alba del 2 agosto, ed ha poi sempre confermato la circostanza. Dell'indicazione, puntuale e proveniente da persona che non si ha certo motivo di ritenere sfavorevolmente orientata nei confronti di colui sul cui conto è chiamata a deporre, non è dato in alcun modo dubitare. Chi ricorda male è dunque la teste IORI Fiorenza, una delle compagne di viaggio di Mario Guido NALDI, la quale, escussa in istruttoria per la prima volta il 15/11/1985 (365), non ebbe a precisare l'orario della partenza, e soltanto in giudizio (366), a distanza di oltre sette anni dai fatti, ha indicato le ore 8 e 3/4 - 9.

 

Quanto poi a Mario Guido NALDI, si è visto che egli aveva riferito al CALIPATTI un orario ancora diverso (367). Ma su tale indicazione non è dato fare, evidentemente, alcun affidamento, provenendo essa da persona condizionata da varie ed opposte esigenze. Il NALDI, esponente dell'ultradestra legato a pericolosi terroristi, in contatto con quel Luca DE ORAZI coivolto nell'inchiesta sin dalle prime battute, aveva interesse, da un lato, a sostenere d'aver lasciato Bologna prima della perpetrazione dell'attentato, e, dall'altro, a collocare la partenza in * * * * * (365) - EA, V10/a-6, C294, p9.

(366) - Vu 12/12/87, pp. 35-36. (367) - Cfr. supra, sub 1.1.3.3)

orario tale da non farla apparire precipitosa.

 

La partenza all'alba -che resta quindi provata attraverso la deposizione di Elio NALDI- non era legata ad esigenze di viaggio, pacifico essendo che il gruppo viaggiò in `autostop' sino a La Spezia e che il traghetto per la Corsica non era stato prenotato. Altre dunque erano le ragioni che avevano imposto la `levataccia'. E' lecito quindi supporre che il NALDI avesse urgenza di lasciare Bologna.

 

Non ci si potrebbe sospingere al di là delle ipotesi, se la precipitosa partenza non si inserisse coerentemente nel quadro sin qui passato in rassegna, ricevendone conforto, e corroborandolo a sua volta. Si intende dire che la

circostanza non può essere considerata e valutata se non unitamente a quella della partenza della COGOLLI da Bologna il 2 agosto o pochi giorni prima, e che entrambe debbono poi venire ad inserirsi -come parte essenziale del compendio- nella costellazione degli indizi a carico di Massimiliano FACHINI.

 

Prima di chiudere l'argomento, occorre soltanto rilevare come la circostanza dell'avvertimento lanciato dal FACHINI alla COGOLLI sia cronologicamente compatibile con gli spostamenti dell'imputato nel periodo a cavallo della strage.

 

Risulta dagli atti (368) che il FACHINI, fra il 26 luglio ed il 7 agosto del 1980, avrebbe alloggiato, con moglie e figlio, presso il campeggio `Riviera', sito in Ugento, in provincia di Lecce. Anche a prescindere dalla possibilità che il prevenuto, durante il periodo di soggiorno della famiglia in Puglia, sia risalito nel settentrione per uno o più giorni, va comunque rilevato che l'incontro con la COGOLLI in Bologna si può collocare, in data 26 luglio o prossima al 26 luglio, lungo il percorso fra Padova ed Ugento. Sin dal 9/5/1983, chiarendo le precedenti dichiarazioni, Mauro ANSALDI aveva affermato (369) quanto segue: "...In realtà la COGOLLI non mi disse con precisione quanto tempo prima del 2 agosto incontrò il FACHINI; ma ripeto mi disse di averlo incontrato `quasi casualmente' a Bologna prima della strage del 2 agosto 1980..."

* * * * *

(368) - Cfr. RA, V2, C30, p2.

(369) - EA, V10/a-5, C230 bis, p3.