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  • 2 Ordona
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Cenni storici sui 5 Reali Siti

Il 10 dicembre 2008, alle ore 18,00, dopo un lungo percorso di elaborazione concettuale ed un serrato confronto politico, finalmente è nata l’«Unione dei comuni dei 5 reali siti», il nuovo ente locale – di cui all’art. 32 del D. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 – tenacemente voluto dai sindaci del comprensorio con la finalità ultima di dare dignità storica e giuridica alla «città sovracomunale», da decenni «immaginata» e «pensata», non solo come occasione per riannodare i fili della memoria alla ricerca dell’«identità comune» dei 5 centri del Basso Tavoliere (Ortanova, Carapelle, Ordona, Stornara e Stornarella), ma anche e soprattutto per dare una prospettiva di senso e di futuro alle comunità coinvolte nel progetto. Con l’«Unione» - operazione culturale e politica ad un tempo – si è così avviato un “nuovo” corso, che recupera l’importante segmento storico delle origini in chiave moderna: non si dimentichi, infatti, che negli anni Settanta del XVII sec., le infrastrutture, gli interventi agricoli, l’assistenza sanitaria e quella religiosa furono «pensati» ed attuati in maniera unitaria, oggi diremmo, come un unico sistema locale, così come è nelle attese della «città sovracomunale» appena nata. La nascita, infatti, dei 5 paesi è legata all’esperimento di colonizzazione agraria avviato nel 1774 da Ferdinando IV di Borbone sui territori già appartenuti ai gesuiti della «badia d’Orta», sia per far fronte, attraverso l’ampliamento delle superfici di seminativi, all’incremento demografico determinatosi nel regno di Napoli a metà degli anni Settanta del Settecento sia per dare risposte concrete alla pressione dei feudatari, massari e massarotti produttori di grano che insistevano per un allargamento della cerealicoltura, dal momento che, a partire dagli anni Sessanta, erano aumentati i prezzi dei cereali, in seguito all’insufficiente offerta sul mercato rispetto all’aumentata richiesta. Così, sul territorio della «Casa d’Orta», dopo aver spazzato via la Compagnia di Gesù dal regno di Napoli e dopo l’accantonamento di una parte di terreno per il pascolo doganale, furono stralciate quattromilacento versure e furono divise in cinque colonie agricole: quella di Orta, nella quale vennero stabilite 105 famiglie, quella di Ordona dove si stanziarono 93 famiglie, quella di Stornara con 83, quella di Stornarella con 73, quella di Carapelle con 56 famiglie. Ogni colono, però, avrebbe dovuto pagare all’erario un censo di 18 carlini a versura, cioè 18 ducati a famiglia con un introito per lo Stato di 7380 ducati. Inoltre, per render possibile la colonizzazione, il re divise tra la misera gente accorsa la limitata dote di buoi, di giumente e di attrezzi da lavoro e fece costruire le chiese e le case, ovviamente con un nuovo canone che, aggiunto al precedente, doveva rendere un gettito di 17.320 ducati. Furono anni difficili quelli dell’insediamento: l’assoluta mancanza, infatti, sia di acqua che di legna e la presenza sul territorio di uomini disposti a prestare orecchio alle facili lusinghe di far fortuna ma privi di mezzi, di capacità tecnica e dell’esperienza necessaria a trasformarli in pionieri fecero il resto, tanto che, tra il 1793 e il 1795, le colonie appena impiantate erano in piena dissoluzione e si sarebbero riprese soltanto agli inizi del periodo dei napoleonidi (Orta e Stornarella conquistarono l’autonomia amministrativa il 1° maggio 1808: il comune di Orta, con annesse le frazioni di Carapelle e Ordona; il comune di Stornarella, con annessa la frazione di Stornara). Cominciò così un cammino di crescita lungo e faticoso, segnato dalle mille vicissitudini di chi, per la propria sopravvivenza, era costretto ad una dura e continua lotta contro l’avarizia di una terra non prodiga di messi e l’insalubrità di un luogo nocivo alla salute: ancora nel 1859 Carlo De Cesare descrive le colonie borboniche della Capitanata come villaggi miseri ed oscuri che hanno l’aspetto di masserie mal tenute. Gradatamente, poi, i restanti tre centri conquistarono uno dopo l’altro vita autonoma sul piano amministrativo: dapprima Stornara, a partire dall’ottobre del 1906 (cfr. L. 25 giugno 1905, n. 352); poi Carapelle, a decorrere dal 1° febbraio 1958 (cfr. L. 22 dicembre 1957, n. 1233); infine Ordona, a far data dal maggio 1975 (cfr. L. R. 2 maggio 1975, n. 35). Oggi fortunatamente i cinque «meschinissimi villaggi» sono diventati centri considerevoli sul piano non solo dell’incremento demografico e dello sviluppo urbanistico, ma anche dei fermenti culturali e delle trasformazioni sociali, ma non possono e non devono ignorare la loro identica matrice storica dalla quale occorre partire per inventare lo sviluppo del territorio sul quale insistono i «5 reali siti», cioè i comuni di Ortanova, di Carapelle, di Ordona, di Stornara e di Stornarella che ricordano nell’espressione citata le loro origini. Il nome di siti, infatti – rispondo così al viandante che attraversa il nostro territorio – appare per la prima volta in una lettera scritta il 17 ottobre 1775 dal governatore don Emilio Minossi all’amministratore dei beni ex gesuitici della «Casa d’Orta», don Francesco Nicola De Dominicis, per indicare le 5 colonie, che altrove sono anche denominate come «unioni» o «dipartimenti». A partire dal 1776, poi, i 5 centri sono chiamati «reali siti» - cioè luoghi nati per volontà del re – non solo dal governatore Minossi quando scrive ufficialmente, ma anche dai loro abitanti: con tale nome o con quello di «colonie», i 5 centri vengono generalmente appellati in seguito. Oggi la scritta «terra dei reali siti» campeggia sui cartelli che riportano il nome del paese all’ingresso di ognuno dei 5 centri: è il segno che accomuna 5 comunità che non intendono perdere il loro legame con le origini e con la storia, ma è anche espressione della volontà comune di non continuare più ad operare come monadi isolate, ma di adoperarsi tutti insieme per elaborare una cultura comune, in grado di predisporre strumenti aggiornati e nuovi di coinvolgimento e di valorizzazione di tutte le possibilità del comprensorio.

 

(da: Alfonso Maria Palomba, I 5 reali siti. Storia, identità, prospettive. Perché l’Unione? Foggia, Edizioni il Castello, 2006).

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