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Lunedì 30 Maggio 2016 - Aggiornato alle 17:19 - Lettori online 693
VITTORIA - 10/08/2015
Sport - Calcio: dopo 8 anni di attività tra serie D ed Eccellenza arriva la radiazione

Vittoria, un fallimento non solo calcistico ma di tutta la città

il calcio –quello vero, luogo di passione e vivo coinvolgimento cittadino, imprenditoriale e politico – non è morto lo scorso 6 agosto bensì molto tempo fa, bistrattato da dirigenze non all’altezza, in continuo mutamento, e senza alcun tipo di beneficio economico Foto Corrierediragusa.it

Otto anni di calcio. Otto anni di colori biancorossi. Otto anni di Vittoria andati in fumo. Gettati al vento come se niente fosse. In barba a chi, quei colori classici e a strisce verticali, li ha amati, tifati e sudati in mezzo agli spalti e gli stadi di un’intera Sicilia. La società A.C.D. Città di Vittoria – nata dall’allora fusione tra il Comiso calcio di Franco Caruso e lo Junior Vittoria di Giovanni Pinnolo – ha smesso di esistere lo scorso 6 agosto, ovvero 4 giorni fa, quando dal comunicato ufficiale emesso dal comitato regionale della Figc la sentenza è arrivata puntuale ed inconfondibile: Vittoria non iscritto al campionato ed escluso da ogni forma di attività agonistica.

Che in altre parole significa radiazione in vista. E questo perché sulla carta non sembrerebbero esserci nemmeno semplici stralci di progetti aventi a che fare con il settore giovanile. Niente di niente. Una realtà triste, sconcertante, priva di ogni possibile giustificazione. Perché il calcio – quello vero, luogo di passione e vivo coinvolgimento cittadino, imprenditoriale e politico – a Vittoria non è morto lo scorso 6 agosto bensì molto tempo fa, bistrattato da dirigenze non all’altezza, in continuo mutamento, e senza alcun tipo di beneficio economico – specialmente negli ultimi anni – in grado di permettersi persino una mediocre Categoria come quella dell’Eccellenza regionale. E da sciocchi sarebbe anche pensare al fallimento come logica di una certa crisi economica della società.
L’origine è ben più lunga e piena di prove. Continui cambi al vertice dirigenziale (6 presidenti in 8 anni) immense difficoltà di gestione, inadeguatezza di ruoli e mancanza di programmazione (squadre smantellate puntualmente ogni mese di dicembre) organici onerosi per vincere campionati ma senza equivalenti risorse economiche (la stagione Alacqua e l’ultima targata Campanella ne sono la prova) atleti indefinibili per quanto riguarda concetto di sport (vedi lo scempio di Vittoria-Paternò dell’ultimo campionato con 56 giornate di squalifica totali per rissa tra giocatori, 15 denunce e 13 provvedimenti di Daspo) tutto quanto unito al disinteresse generale di una classe politica vicina soltanto a sprazzi (ci si ricorda di un progetto, o di un solo sostegno legato alla valorizzazione del settore giovanile con i soldi deliberati alla società in tutti questi anni? Invece niente, soltanto un inutile balletto legato ai conti delle delibere e dei contributi comunali da rinfacciare, quando attaccati, al presidente di turno).

Perché il fallimento di una società di calcio in una città come Vittoria, più di 65 mila abitanti e con il 60 per cento di ragazzini che si affacciano allo sport per la prima volta allacciando calzoncini e scarpette, non può, e non deve passare inosservato al tavolo delle responsabilità. Impossibile non focalizzare l’attenzione sul tema dell’impiantistica (qualche anno fa per una partita Giovanissimi una società di Vittoria dovette chiedere ospitalità ad Acate a causa di 3 stadi tutti quanti inagibili ancora a settembre) che seppur muovendosi a passo di formica – la nuova struttura polivalente «Marco Verde» progettata e portata a realtà grazie al progetto «Pon» del Ministero dell’Interno, è un’opera che i cittadini aspettavano non da giorni ma da decenni – rimane tuttavia lontanissima da quell’idea e quel modello di modernizzazione e riqualifica delle strutture che ogni buona Amministrazione in tema di sport dovrebbe mettere in cima alle priorità.

Tralasciando le pessime e già storiche condizioni degli stadi «G. Cosimo di Vittoria», «Nino Andolina» di Scoglitti e del campo Emaia, citiamo soltanto il pessimo stato di abbandono dell’ex piscina Terranova e della pista d’atletica «Raffa» di contrada Montecalvo. Ecco perché il fallimento di cui parlavamo prima, riguarda oggi molto di più che il semplice titolo della squadra di calcio cittadina.


purtroppo
12/08/2015 | 17.39.11
franco

la città era già fallita da qualche anno si aspettava solo il calcio.....bisogna solo ringraziare chi ha provato in tutti i modi a salvare il calcio dal menefreghismo imprenditoriale e istituzionale.