Momò

Momò avv. = Presto, a breve

Entro breve tempo, da un momento all’altro, fra poco tempo, ecc.

Aspettéte quà ca momò vöne ‘u màstre = Aspettate qui che fra poco arriva il maestro artigiano.

Quann’jì ca véje a pegghjé i péne? Momò = Quando è che vai a prendere il pane? Fra poco.

Cujöte

Cujöte agg. = Calmo

In italiano si può tradurre letteralmente con quieto, nel senso tranquillo, sereno, calmo, riferitio a persona, o all’andamento meteorologico.

Stàtte cujöte! Momò vüte ca torne. = Sta’calmo! A breve vedrai che tornerà.

Nescjüna carne ruméne alla vucciarüje

Nessura carne rimane in macelleria.

Come nessuna carne rimane invenduta in macelleria, così nessuna ragazza rimane zitella in casa dei suoi.

Si tratta di un incoraggiamento verso le ragazze da marito che disperano di trovare un bravo giovine per accasarsi. Ma sì, tutte troveranno un marito!

Mené ‘u fjirre a Sande Lunarde

Mené ‘u fjirre a Sande Lunarde loc.id. = Ringraziare Dio

Traduzione letterale: Lanciare il ferro a San Leonardo.

Modo di dire incomprensibile, ermetico, che ha un significato plausibile solo a Manfredonia.

Bisogna sapere che San Leonardo è considerato dalla Chiesa Cattolica il protettore dei carcerati.
Infatti è raffigurato nelle immaginette agiografiche in mezzo a dei penitenti inginocchiati e in catene.

In passato quando qlc detenuto veniva liberato o per indulto, o per condono, o perché riconosciuto innocente, o anche perché tornato indenne da un campo di prigionia, per devozione e ringraziamento portava un ceppo, un pezzo di catena all’Abbazia di San Leonardo in Lama Volara, a 10 km da Manfredonia.

L’Abbazia era recintata, non aperta a tutti, e si lanciava il ferro all’interno dello spiazzale facendolo volare sopra il muro di cinta. Ecco il perché di mené = lanciare.

Quindi il detto significa “devi essere grato a qlcu, perché, nonostante tutto, ora hai superato tutte le tribolazioni che ti avevano afflitto in precedenza.”

Questo qlcu può essere Dio, un benefattore, un amico, la sorte.

La statua del Santo, che ora è situata in una nicchia della Chiesa di S.Maria delle Grazie, era ricoperta, almeno così la ricordo, con delle catenelle simboleggianti la prigionia trascorsa.

Io ho assistito da bambino (avevo 10 anni) al gesto di ringraziamento di un devoto che, dall’ingresso della chiesa e fino alla nicchia del Santo, avanzava ginocchioni con una catenella al collo. Davanti alla nicchia ha lasciato la sua catena, con pianto e lacrime.

Rimasi molto colpito da questo gesto. Mia madre dopo mi ha spiegato il significato profondo di quell’atto di umiltà.

Nuöje

Nuöje s.f. = Novena, novenario.

Ciclo di preghiere, pratica di devozione cattolica in cui si dedicano nove giorni consecutivi alla ripetizione di preghiere o riti in preparazione di una festa, per implorare la grazia o per onorare un santo.

Notissime la novena dell’Immacolata o quella di Natale, tuttora praticate dai devoti cattolici.

Qlcu, influenzato dall’italiano, dice anche nuöne o addirittura nuvöne…che volete, al giorno d’oggi tutti hanno frequentato la scuola dell’obbligo, sono senz’altro più istruiti dei loro nonni, ma stanno modificando il dialetto.

Anticamente si implorava la pioggia con novena e processione per i campi. La fede era più schietta e sentita. Credo pure che funzionasse!

Qlcu, che di Dio aveva un concetto aberrante, faceva per conto suo ‘i nuöje per implorare vendetta contro un suo nemico. Qualche mamma apprensiva faceva ‘a nuöje per far maritare la figlia.

Insomma ‘a nuöje era considerata una pratica da stregone di tribù africane piuttosto che una devozione popolare.

In questa forma sbagliata il concetto era: io dò a Dio le preghiere e Lui mi deve esaudire. Do ut des.

Io te dòngo ‘na cosa a tte, e tu mme daje ‘na cosa a mme: roba da tarantella napoletana col Signore.

Che meschinità…