Paese del Monferrato Ovadese situato a 254 metri di altezza sul livello del mare, in provincia di Alessandria, si sviluppa su di una superficie di 720 ettari ed ha una popolazione di circa 490 abitanti
E’ un paese di fondovalle, l’ abitato si sviluppa lungo l’ argine sinistro del torrente Lemme, affluente dell’ Orba. - Storia -
Esiguo tassello appenninico di cultura e di tradizione ligure (anche se incluso, dal 1859, nella provincia di Alessandria)
Carrosio è situato lungo la via della Bocchetta, sull’antico percorso commerciale tra Genova e la valle padana. Il
territorio era compreso, in epoca romano-imperiale, nell’area libarnese, e la frazione Ricoi (Rivi caput)
sembra conservarne una labile traccia toponomastica. Così come esigue testimonianze indirette della presenza longobarda
nella località permangono nelle denominazioni dei colli Erbano (Haribann), Gazego (Gahagi) , Garbletta
(Wald)... La genesi storica del borgo, soggetto alla signoria dei Vescovi-Conti di Tortona nel X secolo e a
quella degli Adalbertini marchesi di Gavi tra XI e XII secolo, appare composita e relativamente tardiva. La prima citazione
nelle fonti documentarie risale infatti all’anno 1006, ma soltanto nel 1141, allorché i genovesi acquistarono il castello
di Aimero, nucleo originario del primitivo paese, risulta testimoniata la presenza di un centro demico (ubicato peraltro
in altura, a sud est dell’attuale insediamento).
Nella seconda metà del XII secolo, il territorio era controllato da un fortilizio, eretto dai marchesi di Gavi “in
podio Caroxii” , sulla collina tuttora denominata “Casté” . La struttura venne smantellata dalle milizie della
Repubblica nel 1197, dopo la conquista genovese dell’alta val Lemme. Nelle più antiche fonti, il nome del paese è indicato
come Caroxium, Carosium, Carosio, mentre dalla fine del XVIII secolo il toponimo inizia ad essere trascritto,
anche se non sistematicamente, nella forma attuale (Carrosio, con geminazione della “erre”). Fra XIII e XV secolo
Genova concesse l’investitura di Carrosio a famiglie nobili e consortili della Superba: Castagna, Grimaldi, Di Negro. Una
conferma, indiretta, dell’esistenza del Comune (gli Statuti sono irreperibili), si può dedurre da una nota d’archivio del
1391, in cui gli uomini di Carrosio ribadiscono il giuramento di fedeltà alla Repubblica di Genova. Successivamente, nel
XVI secolo, la sovranità sul paese fu avocata dall’autorità regia, e il feudo imperiale di Carrosio venne
assegnato agli Spinola, a cui subentrarono, nel 1586, i Salvago.
Nel 1622 il possesso del borgo risulta condiviso tra la Repubblica di Genova, gli Imperiale Lercari e i Doria. Pochi anni
dopo, nel 1625, durante l’invasione della valle del Lemme da parte delle truppe sabaude, i buoni villici, rafforzati da
reparti polceveraschi, depredarono l’esercito di Carlo Emanuele I, accampato in prossimità del paese. Nel 1735 Carrosio
viene assegnato al re di Sardegna Carlo Emanuele III e si trasforma in una sorta di “enclave” piemontese
nell’ambito di un’area controllata dalla Repubblica. Nella seconda metà del XVIII secolo, con la signoria dei
Migliorati-Gavotti, si conclude la secolare vicenda del feudo, cancellato, nel 1798, dall’onda lunga della presenza
francese nella valle.
A Carrosio confluisce un gruppo giacobino (“Armata Patriottica Piemontese”), che tenta l’azione militare contro il
Ducato di Savoia. Accolti senza particolare simpatia dalla popolazione, i rivoluzionari insediano nel borgo un governo
autonomo, e estendono via via il controllo sulle aree contermini, con azioni nelle valli dell’Orba e della Scrivia.
Le turbolenze si protraggono per oltre due mesi, e segnano la vicenda rivoluzionaria di più lunga durata fra i moti
insurrezionali che hanno caratterizzato gli anni finali del XVIII secolo in Piemonte. Dopo la debellatio degli
insorti da parte delle truppe sabaude, nel paese si instaura un governo autonomo, controllato dal comando francese
della Divisione di Genova, sino al 1802, allorché l’area viene annessa alla Repubblica Ligure. Da questo momento
Carrosio seguirà le sorti della città capoluogo, con la provvisoria incorporazione nell’impero napoleonico (1805)
e la definitiva assegnazione al Piemonte sancita, nel 1815, dal Congresso di Vienna. Incluso, dal 1831, nell’effimera
provincia di Novi, Carrosio entrerà poi a far parte, dal 1859, della provincia di Alessandria.
L’economia del paese, essenzialmente rurale sino al XIX secolo, fu integrata, nella seconda metà del 1800, da modeste
attività veteroindustriali, da tempo scomparse: una conceria (“afeitàia”) e una fornace (“furnòxe”)
, ubicate nelle località che ancora ne conservano il toponimo; un maglietto per la produzione di attrezzi
agricoli; un filatoio per la seta, in seguito trasformato in opificio per la lavorazione della juta, che nei
decenni centrali del Novecento ha costituito una fra le più significative attività industriali del Novese.
Attualmente Carrosio è sede di un’impresa di rilevanti dimensioni, organizzata su diversi segmentati operativi;
dalla costruzione, manutenzione e bonifica degli oleodotti, alla realizzazione di strutture prefabbricate in cemento,
al comparto edilizio.
G. Ameri
Bibliografia:
Da: R. BENSO – G. AMERI, Guida di Carrosio, Ovada 2002, pp. 5-8.
Immagini più rappresentative di Carrosio
Il panorama di Carrosio dalla strada per la fonte solforosa
Il frontale della chiesa Parrocchiale e dell' oratorio